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Autore: strawberryfield_A    20/01/2013    1 recensioni
Questo è il seguito di "Girl on Fire". Dal testo:
-Baciami.- mi dice.
-Perché non mi baci tu, invece?- Sarebbe più semplice.
-Perché voglio vedere se hai il coraggio di farlo.
-No, non ce l’ho il coraggio, perché so che se lo faccio me ne pentirò.- Ho il respiro sempre più corto e molto probabilmente tra poco il mio cuore scoppierà dal petto.
Continuo ad accarezzargli il collo e i capelli, ed è una soddisfazione.
-Perché dovresti pentirtene?
-Perché tu… insomma tu…
Vedendomi in difficoltà, ride. Poi però rimane solo il suo sorrisino malizioso e si avvicina sempre di più. Comincia a baciarmi dolcemente sul collo, salendo verso mandibola. –Non ti bacerò.- A questo punto ha raggiunto l’orecchio, così quando mi sussurra, i brividi aumentano. -Mi accontenterò di farti impazzire.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Erica Reyes, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Peter Hale
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La luce si accende all’improvviso, quasi accecandomi. Mugugno tra le braccia di Isaac, come ribellandomi; anche lui è scocciato.

-Fuori.- dice Derek, con una voce talmente calma e seria da far paura.

Ci metto un po’ per capire che sta succedendo, perché con un risveglio così brusco il mio cervello non è ancora completamente attivo.

Isaac è quello che si riprende per primo. Si stacca da me e alza lo sguardo.

-Ho detto: fuori.- ripete mio cugino.

Sgrano gli occhi e vedo Isaac alzarsi velocemente dal letto, nonostante questo lo faccia barcollare. Esce dalla stanza, senza smettere di lanciare sguardi a me o a Derek. Quest’ultimo lo segue.

Capisco che le cose si possono mettere male, quindi mi affretto a raggiungerli.

Mio cugino ha preso Isaac per una spalla e lo ha appoggiato al muro. Non è proprio arrabbiato; o meglio, forse un pochino sì, ma ho come la sensazione che si diverta, come se finalmente dopo tanto tempo fosse riuscito beccarci con le mani nel sacco, e ora eravamo fregati.

-Derek!- esclamo. –E dai, non abbiamo fatto niente.

-Era sdraiato nel tuo letto!- risponde quello, fissandomi torvo.

Esito. –Bè… perché… nel suo letto… non ci sta più.- butto lì. –È cresciuto molto nell’ultima settimana.

Ok, riconosco di star sparando cazzate, ma saranno le nove del mattino! Considerando che sono andata a letto alle sei e mezza…

Entrambi, infatti, mi guardano stupefatti.

Derek lo lascia andare, ma in fondo so che non gli avrebbe mai fatto nulla di male: Isaac è il suo miglior beta, è anche il più fedele, in un certo senso. Gli piace.

-In camera tua.- gli dice poi, indicandogli la sua stanza in fondo al corridoio.

-Prima devo… andare in bagno.- risponde il ragazzo, messo in imbarazzo dalla situazione e passandosi una mano tra i capelli.

Possibile che sia sempre così meravigliosamente bello, anche appena sveglio?

Derek si rivolge a me.

-In camera mia, lo so.- mormoro, prima che possa dirmi qualcosa.

Lui non aggiunge altro, ma mi segue nella stanza e chiude la porta. So già che adesso mi farà una predica su come funziona la vita, sui rischi che potrei correre facendo certe cose, che devo stare attenta, e blablabla…

-Senti, non abbiamo fatto niente, ok?- sbotto, sedendomi sul letto. –Non riuscivo a dormire e lui mi ha semplicemente abbracciata, non…

-Ehi!- mi blocca. Poi alza le braccia. –Ho capito, ti credo. Anche perché saprei se stai mentendo, comunque.- aggiunge.

Prende la sedia della scrivania, la gira e si siede a cavalcioni.

-Ti fidi di Peter?- mi chiede, di punto in bianco.

-Sì.- rispondo subito, quasi involontariamente la risposta mi è uscita di bocca, senza che potessi pensarla o prepararla. So che non dovrei fidarmi, e in fondo pensandoci bene non lo vorrei neanche; ma mi viene spontaneo. –Bè, penso che… se mia madre si fidava di lui, posso farlo anch’io.- penso ad alta voce.

Derek annuisce. –Io non mi fiderò mai di lui.

-Tu non ti fidi di nessuno.- Alzo le spalle, come se la cosa non mi avesse sorpreso un granché.

-Invece sì.- ribatte. –Mi fido di te, per cominciare. Ma anche di Scott.

-E di Isaac?

Esita. –Probabile.

Rimango sorpresa: la mia domanda era retorica, ero quasi del tutto sicura che mi avrebbe risposto di no. Invece mi rallegro che non lo consideri un semplice beta, o il semplice beta che esce con sua cugina.

-Ora torna a dormire.- dice poi, alzandosi e mettendo a posto la sedia. Esce dalla stanza, quando ormai sono quasi risprofondata nel sogno.

 

Isaac non ha origliato, non si sarebbe mai permesso. Ha dovuto ficcarsi le dita nelle orecchie per impedirsi di sentire la conversazione tra Martha e Derek.

Ma quando esce dal bagno e si ritrova davanti il suo Alpha, si sente comunque in colpa, anche se in realtà non ha fatto proprio niente.

I due si guardano, semplicemente: il ragazzo con una sorta di timore, l’altro un po’ seccato, ma comunque tranquillo.

Si voltano e fanno entrambi per andare dalla parte opposta, verso le loro stanze, quando Isaac si blocca.

-I cacciatori lo sanno?- domanda, sempre rivolgendo le spalle a Derek. –Di Martha?

-Che è mia cugina? Certo che lo sanno.- risponde l’altro, confuso da una domanda del genere.

-No.- Il ragazzo si gira e fissa l’Alpha dritto negli occhi. –Che moriresti per lei.

C’è un attimo di silenzio.

-Mi auguro di no.- dice Derek.

-Perché sarebbe un problema.

Questo ragazzino è più intelligente di quanto sembra, pensa l’Alpha con un certo rammarico.

-Lo so.- mormora. Cambia idea, e scende le scale, per allontanarsi il più possibile dalla sua unica debolezza: sua cugina.

 

Il ritorno a scuola non è affatto piacevole. Anzi, a dir la verità io e Isaac non lo iniziamo per niente bene.

È appena la terza ora, e siamo già davanti all’ufficio del preside, in attesa che lui si liberi per riceverci. Non è che abbiamo combinato qualche guaio o roba del genere, ci stavamo solo baciando durante l’ora di biologia. Ok, magari il prof ci ha ripetuto più volte di smetterla e di staccarci, ma il fatto è che tutta questa storia è più forte di noi: senza neanche accorgercene, ci ritrovavamo con le labbra appiccicate.

Ma ora che abbiamo davanti a noi la prospettiva di un colloquio ravvicinato con Gerard, non siamo più così spensierati. Posso sentire il suo nervosismo, nonostante sia io quella che è stata quasi uccisa da quel vecchio pazzo!

Poi sembra ricordarsi all’improvviso di qualcosa, e mi guarda, pronto a chiedermela.

-Tuo padre è… risorto?- chiede, non del tutto sicuro se usare quell’ultima parola.

-Già.- annuisco. –È una lunga storia.

Per un attimo non dice più nulla. Guarda dritto davanti a sé, con gli occhi persi nel vuoto, pensando a chissà cosa.

-Non tornerà anche mio padre, vero?- fa, sempre mantenendo la stessa posizione.

La domanda mi prende in contropiede. Ecco, il momento che più di tutti aspettavo e temevo allo stesso tempo: mi assale una grande paura di dire qualcosa di sbagliato, di ferirlo, di fraintenderlo.

-Non credo, no.- riesco a dire. Mi sembra un po’ smorta come risposta, quindi, come per volerlo tirare su di morale, dico: -Cioè è.. è nel posto in cui vanno… tutti i morti, credo.- Ma che diavolo sto dicendo? Non potevo tenermi la bocca chiusa? Mi ritrovo a sperare che il preside Argent si spicci a finire con quello che deve fare, di modo da troncare la nostra conversazione.

-Intendi l’inferno?

Sgrano gli occhi. –No.- rispondo determinata.

A questo punto mi guarda confuso.

-Insomma…- balbetto. –Lui… magari era solo perché… non voleva…

-Picchiarmi a sangue a ogni minimo sgarro?- esclama.

Lo sapevo: l’ho ferito.

-Non sto cercando di difenderlo.- dico. –Ma non puoi pensare che fosse una persona così…- mi blocco. –Ha sbagliato. Ma chi ti dice che non si sarebbe pentito?

Si ferma un attimo a pensare. –Perché pensi sempre che ci sia del buono in tutti?

Scuoto la testa. –Hai mai visto Star Wars?- gli chiedo.

Lui annuisce, un po’ sorpreso dalla domanda.

-Alla fine, quando l’Imperatore sta per uccidere Luke, Dart Fener si mette in mezzo: protegge suo figlio. Era la persona più cattiva di tutto l’universo, ma poi…- esito. –C’era ancora un briciolo di bontà dentro di lui. Anche tuo padre deve averlo avuto.

-Allora io non sono stato un bravo Luke da farglielo uscire.- conclude, abbassando lo sguardo.

-No, non è colpa tua.- continuo, sorridendo appena perché ha capito la metafora. Gli afferro la mano, finché non alza gli occhi su di me.

Si avvicina e mi bacia dolcemente.

-Che scena commuovente.- commenta quelle voce glaciale che mi rimbomba in testa anche nei miei incubi peggiori.

Ci alziamo, sempre mano nella mano, e scambiandoci un intenso sguardo di incoraggiamento, entriamo nell’ufficio del preside.

 

Bene, un mese di punizione. A essere sinceri, mi aspettavo peggio dal terribile e psicopatico capo dei cacciatori.

È ormai pomeriggio, quando devo riportare dei quaderni a una mia compagna di classe. Non ho ancora capito se si chiama Jennifer o Jessica, ma non importa. È carinissima ad invitarmi a bere un caffè e io accetto volentieri. Verso le cinque però devo andare, perché Isaac mi aspetta a casa.

Mi sto già incamminando per la strada verso la vecchia casa di John, quando mi accorgo che qua vicino c’è la clinica veterinaria, dove lavora Scott. E anche il dottor Deaton, naturalmente. Quell’uomo mi sta simpatico: ha sempre aiutato Scott, anche se non capisco ancora bene come faccia a sapere così tante cose sui lupi mannari. Fatto sta che raggiungo la clinica, giusto per salutare il mio amico e magari riuscire a convincerlo a giocare alla partita di stasera.

Mi avvicino alla porta, ma riesco a sentire anche a questa distanza l’odore di Isaac. Aguzzo le orecchie e lo sento dire qualcosa a Scott. Non sapevo fossero così amici.

Sta parlando di Erica e Boyd, credo di capire che se siano andati via.

Andati? E dove? Perché?

Scott dice che non se ne andrebbe mai: ha troppe persone che hanno bisogno di lui.

È in questo momento che Isaac dice la frase che non mi sarei mai aspettata dicesse, che mi ferisce più di quanto possa fare un proiettile allo strozzalupo: -Io non ho nessuno.

Lascio che la rabbia si impossessi di me, non cerco neanche di controllarla. Entro come un furia e li raggiungo nell’altra stanza, dove però di sicuro mi avranno già sentito arrivare.

-Che vuol dire?- sbotto. –Non hai nessuno? Chi cazzo sono io?

Sento gli occhi bruciarmi e umidirsi di lacrime. No, non devo piangere! No!

Isaac si alza in fretta dal tavolino su cui era appoggiato e si avvicina.

Io tengo un braccio steso in avanti, per allontanarlo. –No, sai che ti dico?- dico, con la voce tremante. –Vattene!- urlo a questo punto, senza però più riuscire a trattenere le lacrime. –Chi ha bisogno di te? Chi non saprà come diavolo andare avanti senza di te? Nessuno! Vattene!

Il dottor Deaton è arrivato appena mi ha sentita entrare, ma era rimasto in disparte e aveva assistito a tutta la mia scenata.

Mi sto davvero rendendo ridicola, quindi corro verso l’uscita.

-Martha!- mi chiama Isaac, ma non gli rispondo. Sono già in strada, e sto già correndo alla velocità della luce verso la riserva.

  
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