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Autore: tommmlinson    20/01/2013    1 recensioni
Valentina ha tredici anni, e pratica ginnastica ritmica da quando ne aveva cinque. Questo sport è tutta la sua vita. In una fredda giornata di allenamento, in palestra, incontrerà un ragazzo, che riuscirà a farle provare una nuova sensazione: l'amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO - THE MEETING

"Valentina, cos'è questa schifezza?" L'allenatrice continuava ad urlare, e ogni altra anima nella palestra stava zitta, muta. Ricominciai tutto da capo. Ripresi il nastro, e rifeci l'esercizio. La stanchezza di quattro ore di allenamento iniziava a farsi sentire. "Se devi farlo così allora cancelliamo l'iscrizione alla gara, perché fa schifo." Quelle parole erano dure, ma io sono forte, no? Ricominciai da capo. Stavolta non sbagliai una virgola. L'allenatrice sorrise leggermente e io dopo di lei. "Devo farlo sempre bene, non una volta si e tre no." Mi diede una leggera pacca sulla spalla. Sara, una mia compagna, mi raggiunse corsicchiando. "Vale, potresti andare nella palestra di artistica a prendere il mio cerchio? L'ho lasciato di là e sai che non mi vanno tanto a genio quelle lì." Annuii. Sara è l'unica amica che per me c'è sempre stata. Anche quando volevo mollare ginnastica, lei mi ha sempre convinta a rimanere. Camminai lentamente fino alla parte di palestra dedicata alla ginnastica artistica. Un ragazzo alto un po' più di me, con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi mi si avvicinò lentamente. "Salve straniera." disse con un largo sorriso. "E-ehm.. c-ciao.." Risposi balbettando. Diciamo che non sono la classica persona socievole, anzi, ho un carattere schifoso. Feci un respiro profondo e mi guardai intorno per cercare il vecchio cerchio da allenamento di Sara, mi scansai da quel ragazzo, che continuò a fissarmi mentre camminavo svelta in direzione dell'attrezzo. Lo afferrai e cercai di ritornare nel 'mio mondo', ma lo stesso ragazzo di prima mi si ripiazzò davanti. "Piacere, io sono Daniele." disse porgendomi la mano. "E io devo andare.." Dissi oltrepassando la porta lasciandolo lì da solo.
Tornai velocemente da Sara, e le porsi il cerchio: "La prossima volta te lo vai a prendere da sola." Dissi  scocciata, poi presi il nastro e riprovai varie volte l'esercizio. Fra due giorni avrei avuto la gara più importante fino ad adesso: le nazionali. Riprovai tutto così tante volte, che alla fine mi sembrò di non conoscere più altro. Uscii per ultima dalla palestra: erano le nove e mezza, e avevo fame. Fuori dalla palestra, lo stesso ragazzo di prima era seduto su un muretto. Appena alzò lo sguardo e mi vide sorrise. "Che hai da sorridere?" Chiesi abbastanza imbarazzata. "Ti ho aspettato, non mi hai ancora detto come ti chiami." Sorrisi leggermente. Non tanto, solo un po'. "Mi chiamo Valentina." Dissi continuando a camminare. Lui si alzò dal muretto e iniziò a camminare di fianco a me. "Posso accompagnarti a casa?" Chiese. Aveva una bella voce, di quelle che ti entrano nelle orecchie e te le ricordi a distanza di giorni, settimane, mesi.. Una voce roca ma dolce, e anche simpatica, dai. "Basta che non fai troppe domande." risposi secca. Camminammo fianco a fianco, come dei fidanzati buoni amici. Mi accompagnò fino a casa mia. "Io sono arrivata, ci si vede!" Dissi entrando in casa. Salutai il mio fratellino e mia mamma, preparai un toast veloce e mi infilai sotto le coperte. Ero stanchissima.
Il giorno dopo mi svegliai presto, come sempre, feci colazione e andai in palestra. Quella mattina la palestra era tutta per me. Ero sola. A molte persone questa cosa avrebbe fatto almeno un po' di paura, ma a me piace il silenzio, e la solitudine. Facendo la spaccata frontale vidi due ragazze che non avevo mai visto: un castana e una bionda. Mi guardavano a ridacchiavano. Decisi di ignorarle. Finito il riscaldamento presi il nastro, feci partire la musica e provai l'esercizio. Ma le risate delle due ragazze coprivano la musica. Quindi mi avvicinai a loro e molto gentilmente dissi: "Scusate, potete abbassare un po' la voce?" Una delle due si alzò e mi guardò dritta negli occhi. Sperava di farmi paura? "Siamo venute qui solo per avvertirti di lasciare in pace Daniele, lui non fa per te." Alzai le sopracciglia, non capendo. "In che senso, scusa?" Dissi io. "Ieri ti abbiamo vista con lui, non fare la finta tonta." Davvero credevano che io potessi essere interessata a lui? Decisi di lasciarle stare, dopotutto niente avrebbe dovuto distrarmi da quell'esercizio: doveva per forza uscire perfetto. Dovevo vincere quella fottuta gara. L'avrei vinta. Impugnai la bacchetta del nastro e ricominciai tutto da capo. Ora niente mi avrebbe fermato. Ero solo io, io e il mio nastro.

   
 
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