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Autore: AriiiC_    20/01/2013    10 recensioni
Finnick Odair aveva quattordici anni, un bel visetto e tanta paura.
Voleva solo tornare nel suo Distretto Quattro sano e salvo.
Non uccidere.
Finnick avrebbe voluto solo un altro giorno per giocare con Tess nella grande villa sul mare degli Odair. Avrebbe speso un po' del tempo per un'ultima nuotata o una notte sulla spiaggia. Avrebbe costruito una rete e portato a casa la cena come faceva di solito. Avrebbe solo voluto che uno di quegli armadi in prima fila gridasse "Mi offro volontario!", come ogni anno. Ma nessuno lo fece, e Finnick rimase in piedi su quel palco, calcolando quante probabilità avesse di tornare.
Poi, Finnick pianse.
Perchè Finnick era solo un bambino che aveva paura.
[Dal secondo capitolo]
Finnick non aveva scampo, non più.
Finnick aveva voglia di scappare, di correre.
Finnick aveva voglia di urlare al mondo che tutto ciò era ingiusto.
Finnick li voleva condannare.
Finnick voleva essere a casa; voleva morire per tornare vicino al mare in una cassa di legno sporca.
Ma Finnick non si mosse: semplicemente, tacque.
Assaporò ogni respiro preparandosi a quella che sarebbe potuta diventare la fine.
E che gli Hunger Games abbiano inizio, caro Finnick Odair.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Chapter eleven:
  Help.

 
 
 
 


 RIP Ptery.
 xoxo♥











 «Come diamine hai fatto?» chiese Junior per la millesima volta, strabuzzando gli occhi.
 «Ho tirato la freccia… – disse Alliyah a bocca piena, rosicchiando un ossicino di pterodattilo – più precisamente, della sua ala. Un ghigno indescrivibile le curvò le labbra, mentre mordeva di nuovo. – E l’ho preso in fronte.» il suo sguardo non nascondeva minimamente il suo orgoglio per l’impresa eroica che aveva compiuto. In effetti, rifletté Finnick, non era certo una cosa da tutti abbattere un ibrido in un colpo solo. Che poi, a dirla tutta, lui non aveva neppure capito come avesse fatto la compagna. Gli eventi si erano susseguiti troppo velocemente, per i suoi gusti. In un primo momento, Marilyn lo tirava forte, facendo in modo che si muovesse per non venire ammazzato. Poi si era ritrovato nel lago accanto alla Cornucopia, quasi inerme, mentre le due ragazze erano corse ad armarsi. In meno di un secondo, la bestia gli era addosso. Aveva artigliato il suo braccio e l’aveva sollevato da terra, prima che ricadesse con un tonfo sordo. Con il volatile addosso. I suoi arti erano intorpiditi, ma il peso dell’animale lo soffocava. E tutto era diventato buio, mentre sentiva due voci femminili litigare.
 «Uccidiamolo. – disse la prima, priva di emozioni. – Facciamolo fuori, e non sarà più un pericolo.»
 «Ci serve. – sottolineò la seconda. – È l’unico che potrebbe far colpo e portarci qualche profitto dagli sponsor.»
 «Me ne fotto degli sponsors! – urlò in tono cavernoso di nuovo la prima. – Non ci metterebbe più di un secondo ad ucciderci. Solo Junior può tenergli davvero testa.»
 Finnick sentì un’ombra accovacciata sul suo corpo. Aveva capito le intenzioni di Marilyn, ed era intenzionato a non contraddirla. In fondo, se si fosse mostrato stordito e danneggiato dall’impatto, allora avrebbe potuto avere qualche possibilità in più per scappare.
 O in meno.
 Non sapeva come agire, come comportarsi. Ancor meno quando sentì la lama fredda sfiorargli la giugulare.
 Spalancò gli occhi. L’espressione di Alliyah passò da tranquilla a concentrata. Il ragazzo scommise per un attimo che lo avrebbe tagliato, velocemente e in modo tutt’altro che preciso, lasciandolo a morire dissanguato in cerca dell’aria che non sarebbe mai riuscito a respirare. I suoi occhi azzurri erano vuoti, le pupille dilatate come uno che ha appena preso un colpo. Quelli verdi mare del ragazzino si fusero nei suoi. Non aveva mai prestato tanta attenzione alla sua compagna come ora, nell’istante in cui avrebbe potuto ammazzarlo con un movimento. Allora, Finnick Odair sarebbe stato out. Uno in meno e un altro passo verso la fine. Le iridi chiare di Alliyah parvero ghiaccio, pronte a far gelare il sangue nelle vene dello sciagurato che se la fosse trovata davanti. Era cattiva e preparata. Forse, una tra le avversarie peggiori. Il suo respiro diventò affannoso, il suo petto faceva su e giù freneticamente. Non sarebbe morto. Non senza opporsi almeno un po’.
 «Spostati. – disse inaspettatamente la favorita dal 2. Vedendo che l’altra ragazza non aveva la minima intenzione di muoversi, la prese di peso, tendando di allontanarla dal quattordicenne. – Mi hai sentito? – ringhiò poi, sentendo il suo grugnito. – Ti ho detto di levarti.»
 Quasi come a sentirsi chiamati, Junior e Kae arrivarono accanto a loro, strabuzzando gli occhi alla vista della carcassa.
 «Direi che abbiamo la cena!» esclamò allora l’albina, prima di prendere un coltello e iniziare l’operazione di scuoiamento della bestia.
 Finnick la osservò, ringraziando silenziosamente che la testa fosse ancora al suo posto prima di osservarsi intorno, provando a capire meglio le cose. Il lago era sempre quello, sempre lì a circondare lo stretto isolotto con la Cornucopia nel centro. Nessun albero, tranne il salice sotto il quale Calypso era morta e un’altra pianta come quella dalla parte opposta. Erba per lo più alta e fitta, con grotte sotterranee usate come nascondiglio qua e là. Ma ora tutto era in un’ottica diversa, per il quattordicenne: niente vulcani, certo; niente di tutto ciò che aveva immaginato leggendo il libro di storia. Eppure non avrebbe mai potuto immaginare quell’animale che quasi l’aveva ucciso. Quello era vero. Vivo e vegeto una volta, ora quasi del tutto disossato dalla ragazza dell’1. E, se c’era uno pterodattilo, quanto ci sarebbe voluto perché comparissero anche i brontosauri e i tirannosauri? E il meteorite?, quanto ci avrebbe messo il meteorite a cadere e distruggerli?
 Forse, gli strateghi avevano chiara in mente l’immagine di un’edizione senza vincitore. Senza accorgersene, qualcuno gli andò accanto bendandogli il braccio con della stoffa bianca immacolata, pronta a diventare rossa. Bruciava, e la completa mancanza di disinfettante faceva temere un’infezione. Eppure questo fu l’ultimo dei problemi che si presentarono nella lista del ragazzo.
 «Odair, ancora a guardare le farfalline?» gli chiese il diciottenne, prima di tornare ad osservare la compagna. Solo in quel momento, il giovane si rese d’essersi incantato a guardare il cielo. I suoi pensieri erano così confusi: non s’era, certo, mai fidato della compagna. Eppure pensava che avrebbe potuto avere una maggiore considerazione di lui. Un po’ come Marilyn, che l’aveva risparmiato. Non perché gli voleva bene, ma perché gli serviva. Comunque era vivo grazie a lei. Provò per la prima volta riconoscenza verso la gigantesca tributa del Distretto 2. La stessa che non ci aveva pensato su due volte quando si trattava di uccidere il giovane Zeph. Lo Zeph con cui aveva passato una settimana a mangiare nella stessa stanza, a dormire porta a porta, a salutarsi e ad elaborare strategie. Lo Zeph che aveva solo un anno in meno di Finnick…
 Finn mandò via i brutti pensieri che lo tormentavano solo quando Kae urlò: «Ragazzi, la cena!» e fu costretto a raggiungerli. Il fuoco venne acceso nel silenzio più totale, mentre una nuvola oscurava il cielo. La luce rossa delle fiamme riverberava sull’erba, lanciando ombre lugubri sul corno d’oro che le rifletteva di nuovo intorno a loro.
 E, insieme al calore, arrivò il vento. Col vento ci furono i brividi, gli abbracci, la sensazione dell’aria fresca sulla pelle. La paura di non provarla mai più.
 Insieme al vento, il freddo. Con il quale ci furono i primi bocconi e il silenzio. Un silenzio lontano, come nuovo. Come se ognuno volesse morire o andarsene da lì in quel momento. Ma nessuno voleva morire, così come nessuno poteva andarsene.
 Insieme al freddo, il buio.
 Ed eccoci tornati al punto di partenza, con un’Alliyah che aveva ancora in mano l’ossicino dell’ala di pterodattilo mangiucchiato e, miracolosamente, nessuna testa staccata dal collo del proprietario.
 «Sì: diciamo che hai avuto una gran botta di culo.» disse Marilyn alla bionda, che le lanciò un’occhiata assassina. Finnick pensò che sarebbero potute essere amiche, se si fossero conosciute in un posto diverso e in un momento differente. Un po’ come lui e la sedicenne del Distretto 1. Kae non s’avvicinava più: lanciava sguardi furtivi e complici al ragazzo, sapendo che li avrebbe colti senza farsi vedere. In fondo, era l’ultimo dei suoi desideri vederlo ucciso da Junior in un lapsus di gelosia.
 «Chi fa la guardia?» chiese il Rosso, indifferente. Un coltello in mano e un osso spesso nell’altra, stava modellando la punta del resto in modo che fosse acuminata. Sarebbe potuta diventare un ottima arma, attaccata ad un supporto rigido. Il diciottenne rifletté: non sarebbe mai stato in grado di costruire una cosa del genere, se non fosse passato dalla sessione “Costruzione armi” all’addestramento. Fu la prima volta in cui capì che la forza bruta non era tutto, se si voleva vincere. Ma faceva la sua parte, Junior lo sapeva bene: se non fosse servita, Sam non sarebbe mai morta. Invece non c’era più. Forse, era l’unica cosa che gli faceva intuire che tutto ciò stava accadendo davvero e non era un incubo. Che Junior Abbey ancora respirava. E non avrebbe smesso presto.
 Scusse la testa. Una ciocca arancione gli andò in viso e dovette portarla dietro all’orecchio con il dito, mentre aspettava la risposta dei compagni.
 «Faccio io il primo turno.» sussurrò il Figlio del Mare, lasciando gli altri a bocca aperta.
 «Sicuro, Odair? – gli domandò il Rosso. – Hai presente cosa vuol dire? Stare sveglio, senza dormire, per due o tre ore… non so quanto sia conveniente nelle tue condizioni, bambolina.» finì sarcastico, con un sorriso dipinto in viso.
 «Non preoccuparti. – ribatté acido. – So quello che faccio.»
 Anche se questo non era esattamente vero. Finnick non aveva idea dei pericoli che avrebbe corso se un tributo – di quelli grossi, ovviamente – fosse arrivato e lo avrebbe colto di sorpresa. Il suo braccio gli mandava ancora dolorose fitte, ma il suo volto rimase impassibile: alla luce degli avvenimenti del giorno, non voleva assolutamente essere visto come il “debole” della situazione.
 «Contento tu, Odair, contenti tutti.» disse Alliyah finalmente a bocca vuota, mentre si stuzzicava i denti con un ossicino appuntito, ormai finemente rosicchiato. Fatto ciò, si alzò lesta e andò a prendere un sacco a pelo nel Corno d’Oro, prima di mettersi nel lato ombroso di esso.
 «Vado anche io.» sentenziò Marilyn, ripercorrendo i passi fatti dalla Favorita del 4.
 Il ragazzo pensava che sarebbe toccato a Kae.
 Ma lei non si mosse.
 Junior neppure. A momenti pareva osservasse il fuoco. In altri istanti, il ragazzo sentiva come se i suoi occhi gli si fossero puntati addosso. Non sapeva come comportarsi, in effetti: una parte di lui urlava forte di correre dalla sedicenne e di abbracciarla forte, stretta, perché sarebbe potuta essere l’ultima volta che si trovavano vicini. L’altra metà della sua anima gli imponeva di stare fermo, di non muovere muscolo. Gli sussurrava all’orecchio che il Favorito non ci avrebbe messo nulla a colpirlo.
 Che non ne valeva la pena.
 Ma, lui lo sapeva bene: per Kae, questo ed altro.
 I suoi glutei strisciarono sul terreno, senza che si alzassero mai da terra. I metri vennero bruciati in fretta, mentre gli occhi chiari di lei non riuscivano a staccarsi dai suoi. Junior se ne accorse, certo. Ma capì che non era quello il momento di ucciderlo.
 «Non ti riposi?» chiese Finnick alla ragazzina.
 «Non vi lascio da soli, voi due. – rispose, non troppo calma. – Ho paura.»
 «Allora portalo via con te.» risolse per lei il quattordicenne. Vedendo la sua espressione interrogativa, le sfiorò una mano in cerca di un po’ di sicurezza anche per lei. Kae s’aggrappò a quelle dita come se fossero la sua ancora di salvezza, l’ultimo appiglio verso la luce.
 Poi s’alzò risoluta, andando verso il compagno. La sua mente era tutto tranne che sgombra, ma provò a sembrare disinvolta, quando aiutò Junior a mettersi in piedi e lo trascinò sottobraccio verso il punto in cui le altre si riposavano. Il Rosso la seguì di malavoglia, sorridendo solo quando lei gli stampò un bacio sulla guancia e di allontanò. Guardò il Figlio del Mare per cogliere la sua reazione, ma lo trovò a guardare da tutt’altra parte e si coricò.
 Il quattordicenne s’era già perso, affogando i suoi occhi nella luce che la luna lanciava dal cielo. Ogni cosa aveva dei contorni definiti e il buio in mezzo.
 Tutto poteva farti male, chiunque poteva ucciderti.
 Ma ora l’importante non era quello.
 Non in quell’istante, quando un paracadute argenteo cadde dal cielo verso il canale che circondava l’isolotto. Il riflesso dell’astro notturno sulla stoffa lucida lo costrinse a socchiudere gli occhi per capire che stesse accadendo. Si avvicinò piano all’acqua, senza toccarla. Osservò l’involucro inzupparsi fin quasi ad affondare con il “dono”. Fu un riflesso involontario del suo braccio a fargli afferrare la stoffa e tirarla a sé. Era pesante, ed ebbe bisogno di un paio di secondi per portarlo del tutto sull’erba. Le sue dita erano intorpidite dal freddo dell’acqua, ma si mossero rapidamente per rivelare cosa gli sponsor avessero inviato al Figlio del Mare. Quando si iniziò ad intravedere qualcosa, il cuore del quattordicenne mancò un battito: un manico d’oro e tre punte acuminate. Avrebbe riconosciuto quella sagoma ovunque.
 Mentre le sue dita carezzavano la parte innocua dell’arma, pensò a quanto aveva desiderato trovarlo alla Cornucopia. Pensò a quanto poteva essere costato e, quindi, a quante persone avevano scommesso su di lui. Ricordò quando sulla barca di famiglia pescava qualcosa, aiutato anche da delle reti costruite al momento.
 Concretizzò il fatto che, forse, Finnick Odair avrebbe potuto davvero vincere quegli Hunger Games.
 Le sue dita stavano ancora girando intorno all’arma, come per rendersi conto che fosse vera, quando trovò un biglietto. Una calligrafia inconfondibile, solo poche parole: “So che puoi farlo. vai, e vinci.”




























 Adolf's corner.

 Ho partorito di nuovo.
 Ora... spero non faccia schifo come temo.
 Sì, Mags è una figa e la amo da fare schifo.
 Penso che non aggiornerò prima del 10 febbraio, causa ragazzo e impegni vari.
 So che sono sintetica, ma è tutto oggi che scrivo.
 Ciao belli♥
 Ariii, Jared, Shannon, Tomo e Marshall♥
  
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