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Autore: kay33    20/01/2013    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo essere arrivata a New York, Rose dovrà decidere cosa fare della sua vita...Jack è morto, ma qualcosa di lui è rimasto ;D
Se vi ho incuriosito e volete saperne di più leggete la storia :D
Pubblico in maniera piuttosto regolare, ma avviserò in caso di ritardi!
Baci
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caledon Hockley, Rosalinda Dewitt Bukater, Ruth Dewitt Bukater | Coppie: Jack Dawson/Rosalinda Dewitt Bukater
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fissavo il mio pancione e pensavo; ero seduta in salotto, insieme a mia madre, siccome il dottore mi aveva vietato di uscire a passeggiare, o anche solo a prendere un po’ di Sole; nonostante fosse autunno, il clima era piuttosto mite e i raggi del Sole facevano capolino dietro alle nuvole…mi mancavano molto i pomeriggi passati a leggere seduta sull’erba; erano stati probabilmente la parte migliore della mia luna di  miele.

Il rapporto tra me e Ruth era un po’ migliorato, non litigavamo più come l’anno prima, subito dopo la morte di mio padre. Quei mesi erano stati un inferno per me, avevo perso una delle figure più importanti della mia vita, e l’unica cosa a cui pensava mia madre era trovarmi un marito. Arrivai a detestarla per la sua freddezza. Certo, mio padre era stato un incosciente ad accumulare tutti quei debiti senza farne parola con nessuno, ma in quel momento per me la cattiva era lei…Poi arrivò Cal, con il suo fare sicuro e il portafogli pieno, ed il Titanic, e Jack…mi venne da sorridere.
 
Il piano per la fuga stava procedendo piuttosto bene, ero riuscita a vendere alcune collane e braccialetti, ricavandoci però meno di quanto sperato; per non farmi scoprire, infatti, avevo dovuto scegliere gioielli di valore modesto. Nelle prossime settimane avrei fatto lo stesso con altri oggetti, ben sapendo che mi sarebbero servite diverse centinaia di dollari per andarmene.
Mancavano ancora tre mesi al parto, e architettai di scappare non più tardi di novembre, poiché mi sarebbe servito del tempo per trovare una casa, e non volevo rischiare che le doglie mi cogliessero impreparata; il benessere del mio bambino era la cosa più importante.
 
Per quanto riguarda la destinazione, ero piuttosto indecisa; avevo scartato a priori l’idea di tornare in Europa, poiché rabbrividivo al solo pensiero di tornare di nuovo su una nave. Non conoscevo molto gli Stati Uniti, avendo vissuto tutta la vita in Inghilterra. Avevo visitato Washington, e mi era piaciuta, ma temevo che fosse una località scontata e che uno degli investigatori di Cal mi avrebbe trovata. Consultai cartine e mappe di vari Stati durante i mesi di “segregazione” e decisi che avrei cercato rifugio in una città di grandi dimensioni, per potermi nascondere più facilmente; scartai San Francisco e la California a causa del tremendo terremoto di pochi anni prima, e tutte le città che si affacciavano sull’oceano per paura di nuovi incubi.
La candidata perfetta mi parve Beaumont, in Texas; era una città ricca grazie al petrolio, e in veloce espansione, così non avrei fatto fatica a trovare alloggio (e lavoro, in futuro).
 
Ero a buon punto; mi mancava solamente di acquistare il biglietto del treno e di aspettare l’occasione perfetta per scappare. Sperai vivamente che Cal avesse in programma qualche viaggio d’affari.
 
Naturalmente avrei dovuto portare solo una leggera valigia con me, in modo che non mi fosse d’intralcio e per poterla portare facilmente da sola, siccome il pancione cominciava a crescere e a rendermi pesanti anche attività che prima avrei svolto senza problemi. In ogni caso, non avrei potuto preparala con largo anticipo, per paura che qualcuno potesse scoprirmi.
 
L’occasione perfetta si presentò nel giro di poche settimane; Cal sarebbe dovuto andare fuori città a visitare una nuova acciaieria in costruzione, e sarebbe stato via almeno una settimana. Decisi di agire.
Mia madre aveva ripreso la sua frenetica vita sociale, e si era unita a un club di facoltose signore, con cui si incontrava spesso nel pomeriggio. Naturalmente non mancava mai di far notare loro l’importanza e la ricchezza di Cal, in modo che le altre la guardassero con invidia. Non sarebbe mai cambiata.
 
Uno di quei pomeriggi appunto, mi ritirai in camera mia con la scusa di un forte mal di testa, in modo che nessuno sarebbe venuto a importunarmi. Le cameriere erano molto fedeli a mia madre, e non mancavano mai di riferirle le mie attività in sua assenza. Radunai in una piccola valigia solo lo stretto necessario; un po’ di biancheria, il mio gruzzolo, e poche altre cose indispensabili.
 
Fu un’impresa uscire di casa; dovevo aspettare il momento giusto per attraversare i corridoi, in modo da non essere vista. Percorrendo a piedi la via, dovetti mantenere un’andatura calma e tranquilla per non destare sospetti. Percorso l’isolato, decisi di prendere un taxi, siccome il tragitto era troppo da fare a piedi. Per tutto il viaggio, e anche mentre attendevo il treno sulla banchina, ero costantemente in ansia; temevo che da un momento all’altro qualcuno mi sarebbe piombato alle spalle per riportarmi a casa.
 
Mi sentii libera solamente quando fui sul treno, comodamente seduta in uno scompartimento di seconda classe. Ci sarebbero volute parecchie ore e diversi cambi di treno per arrivare a destinazione. Cullata dalla rinnovata speranza per il futuro, mi addormentai.
  
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