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Autore: Nori Namow    20/01/2013    14 recensioni
«Ther, nessuno può separarci. Tu sei la mia combinazione perfetta.»
***
«Smettila idiota.».
«Ti amo.»
«Lo so.»
«E sono un idiota. Sai anche questo?»
«So anche questo.»
«E tu non mi ami più?»
«Io ti amo. Ma se mi lasci di nuovo o fai il coglione, giuro che ti strappo i testicoli.» borbottò seria più che mai.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi consiglio come sottofondo la canzone
Everything - Lifehouse






-HARRY.
Ingranai la terza con rabbia, accelerando subito dopo. L’ ospedale. Dovevo arrivare in ospedale perché Katherine era lì.
Avevo un terribile presentimento, un macigno sul petto che non si decideva a svanire, come se qualcosa stesse tentando di avvisarmi che ciò che avrei trovato fra quelle pareti bianche, non mi sarebbe affatto piaciuto. Forse era dovuto al fatto che non aveva una bella cera in quel periodo, o forse perché frequentava quel tipo del tutto inaffidabile.
L’ aveva trascinata nel suo circolo vizioso, e la cosa più terribile era che io non sapevo cosa ci fosse per davvero.
Potevano limitarsi alle canne, all’ alcol. Oppure potevano osare di più; cocaina, eroina, hashish. Solo nominare quelle droghe pesanti, capaci di procurare la morte, mi faceva venire brividi di terrore e le lacrime agli occhi.
Ripensai a quegli occhi blu che mi avevano rapito da molto tempo, alle sue lentiggini. Come in un film, passarono velocemente tutte le scene, i momenti vissuti con lei. E mi sentii tremendamente male ricordando l’ ultima sera.
Lei che mi implorava di ascoltarla e io, orgoglioso e stupido com’ ero, me ne andavo via.
I disegni strappati, che però avevo provato a ridisegnare senza successo. Katherine aveva portato con sé tutta la mia voglia di vivere.
Forse qualcuno avrebbe detto che ero esagerato, o addirittura stupido. Eppure era così, era quello in modo in cui mi sentivo.
Io non ero perfetto, affatto. E quella sera avevo solo un pensiero fisso in testa: “Se io non sono perfetto, perché lei non potrebbe desiderare lui?”
Diedi un’ occhiata alla strada, stranamente libera a quell’ ora e agguantai il cellulare. Due chiamate di Monique, che ignorai.
Composi frettolosamente il numero, attento a non sbagliare destinatario.
«Harry?» la sua voce era preoccupata, o forse esaltata. Ero troppo nervoso per accorgermene.
«Grace, sto andando in ospedale, Katherine è lì. Non so cosa le è successo, ti farò sapere dopo.»
Non le diedi il tempo di rispondere che le chiusi bellamente il telefono in faccia. Non dovevo parlare, non doveva uscire alcun suono dalla mia bocca o avrei perso il controllo e mi sarei trovato a maledirmi al centro della strada.
Volevo che mi perdonasse, mi sarei inginocchiato, amputato un braccio, una gamba. Le avrei permesso di prendermi a calci nelle palle, di insultarmi in tutti i modi possibili. Sarei andato in giro vestito da donna, da infermiera sexy, pur di sapere che lei a me ci teneva ancora. Almeno un po’.
Vidi a qualche centinaio di metri di distanza il grande edificio bianco che urlava ‘morte’ da tutte le parti e respirai profondamente quando entrai nel grande parcheggio. Poi presi la busta con il peluche e scesi dall’ auto dopo aver parcheggiato alla bell’ e meglio.
 
 

Feci vagare lo sguardo in ogni direzione, cercando qualche infermiere che avrebbe potuto aiutarmi. E la vidi, una signora sui cinquant’ anni dal viso dolce e con il camice azzurro, mentre leggeva delle cartelle mediche con la fronte corrugata. Mi avvicinai titubante, stringendo la presa sui manici della busta che conteneva il regalo.
Tossii per attirare la sua attenzione, e quando si voltò verso di me con un sorriso cordiale, per poi togliere gli occhiali e focalizzare l’ attenzione su di me, non seppi cosa dirle.
«Ehm… Stavo cercando una ragazza che credo sia ricoverata qui… Ha i capelli rossi, e ricci.» mi morsi il labbro inferiore, aspettando che mi mandasse a quel paese, ritornando poi ai propri affari.
«Come si chiama la paziente, signor…?»
«Styles. Mi chiamo Harry Styles, signora.» borbottai abbassando lo sguardo. «Comunque lei si chiama Katherine Price.» le dissi poi, mentre attendevo che guardasse la sua cartella clinica.
«Poche ore fa è stata ricoverata una ragazza qui, ma non hanno detto il suo nome. Non la conoscevano e l’ hanno trovata sul ciglio della strada mentre era scossa da tremori. È andata in overdose.» disse con tono professionale, osservando una cartella in particolare.
Rabbrividii alla parola ‘overdose’ e attesi che la donna finisse di raccontare. Sapevo che non era tutto.
«Dalla descrizione che mi ha fornito, direi che è proprio lei. Aveva dei bei capelli rossi.» sorrise tristemente, e il mondo mi cadde addosso come una valanga di neve.
Non poteva essere vero. Non doveva.
Immaginare Katherine stesa in un lettino d’ ospedale priva di coscienza, la cocaina in eccesso che le aveva causato tutto ciò.
Come aveva potuto Kath, la mia Kath arrivare al punto di assumere quel tipo di droga?
Mi sentii tremendamente in colpa, perché sapevo che era stata tutta colpa mia e della mia stupidaggine. Era colpa mia perché, se quella sera avessi cercato di perdonarla adesso sarebbe ancora con me, magari eravamo spaparanzati sul mio divano a guardare qualche film stupido dove ci perdevamo metà della trama, troppo impegnati a baciarci.
La donna mi poggiò una mano sulla spalla, poi svanì in un lungo corridoio, cercando probabilmente la stanza di Katherine o un dottore.
Ero indeciso se avvisare Grace, ma ciò che desideravo in quel momento era stare solo con lei, accarezzarle il viso pallido e offendermi in tutti i modi, chiedendole di perdonarmi. L’ avrei aiutata in tutti i modi, le avrei ridato l’ affetto e l’ amore che le avevo negato in quel mese. Le avrei parlato dei miei progetti futuri, dove speravo ci fosse lei. Vidi l’ infermiera dirigersi nuovamente verso di me, con una cartellina in mano e lo sguardo basso. Quando si avvicinò, aveva gli occhi leggermente lucidi.
«Io non so come dirglierlo, signor Styles.» balbettò a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore. Puntò il suo sguardo nel mio e prese un profondo respiro. Io sentivo il macigno nello stomaco aumentare di dimensioni, come ad uccidermi.
«Purtroppo la ragazza ha avuto un arresto cardiaco, circa un’ ora fa. Non ce l’ ha fatta, mi dispiace.»  disse soltanto, sospirando. Poi si scusò nuovamente e ritornò alla sua postazione di lavoro, dove l’ attendeva un medico. 
E le parole infine, mi colpirono come una fucilata.
Non ce l’ ha fatta.
Non ce l’ ha fatta.
Katherine non ce l’ha fatta.
E iniziai a piangere accasciandomi contro il muro, per poi finire a terra.
 



 
-KATHERINE.
«Voglio solo che tu te ne vada, adesso.» scandii bene quelle parole, sperando che il ragazzo mi sentisse. Boccheggiò incredulo e con gli occhi gonfi di lacrime, abbassando poi lo sguardo colpevole.
«Ther, non è stata colpa nostra.» cercò di giustificarsi, provando ad accarezzarmi un braccio. Lo evitai senza pentimento, guardandolo con sguardo rabbioso.
«Vattene. Adesso. Trova un passaggio, vai a piedi, ruba un’ auto. Non mi importa come te ne vai, ma devi andartene.» sibilai a denti stretti, bloccando sul nascere ogni suo tentativo di persuasione.
«Non è colpa nostra.» ripeté nuovamente, e sentii la rabbia salire.
«Non… Non è colpa nostra, Chris?» sussurrai a bassa voce, incredula. «Sei tu che l’ hai invitata, tu che te la ridevi mentre lei si sparava in vena della cocaina. Se ti fossi fatto i cazzi tuoi, a quest ora Lika non sarebbe morta!» gli diedi un pugno sul petto, facendolo gemere di dolore.
Quella ragazza era morta e a lui non sembrava interessare minimamente. Arrivati in ospedale avevamo detto che era stata trovata sul ciglio della strada in preda alle convulsioni. Se avessero capito che la conoscevamo, avremmo passato guai grossi.
«Cosa ne sapevo io Ther, non pensavo che schiattasse proprio oggi, porca puttana.» ringhiò passandosi una mano fra i capelli, nervoso.
«Vattene a fanculo, non voglio rivederti mai più.» sussurrai, pronta ad eliminarlo dalla mia vita, per sempre.
«Rimarrai sola. Sono tutto ciò che ti rimane.» borbottò invece di andarsene, sbattendomi in faccia la cruda realtà. Ma non mi importava più.
Preferivo stare sola, piangere da sola, farmi del male da sola. Non avrei più accettato il fatto che quel dolore me lo provocasse lui.
Voltai lo sguardo dall’ altra parte, evitando il contatto visivo con lui che mi procurava solo ribrezzo. Preferivo suicidarmi, piuttosto che passare un altro minuto in sua compagnia. E poco importava se Harry avrebbe continuato ad odiarmi, se Grace e Louis avessero fatto finta di non conoscermi.
Sentivo la collana, la sua collana, chiamarmi a gran voce, come a volermi consolare. Era tutto ciò che mi bastava, in quel momento. Chris respirò profondamente, poi prese una sigaretta dal suo pacchetto e uscì dalla sala d’ attesa, scomparendo per sempre dalla mia vita.
 


Spostai i capelli da un lato, e non sapevo se tornare a casa o rimanere ancora un po’ lì, anche come gesto di rispetto per Lika. Stavo per entrare nel corridoio numero 32, quando mi giunse alle orecchie un pianto disperato, strozzato.
Come una falena attratta dalla fiamma, mi avvicinai cauta alla fonte di quel suono straziante.
E lì lo vidi, un ragazzo dai capelli ricci, castani. Un ragazzo che piangeva disperato accasciato contro il muro, seduto a terra.
Accanto a lui, una grande busta con probabilmente un regalo dentro. Il ragazzo passò una mano fra i capelli, lasciando scoperto il viso per qualche istante. Occhi verdi come smeraldi. Occhi lucidi e contornati dal pianto.
Chiuse nuovamente gli occhi, e io mi avvicinai con passo silenzioso, incredula da ciò che i miei occhi stavano vedendo. Gli poggiai una mano sulla spalla, chiedendomi perché fosse lì, perché stesse piangendo così disperatamente. Era così distruttivo vederlo in quello stato.
Lui non alzò gli occhi per controllare chi stesse invadendo la sua privacy, come se l’ ultima cosa che gli importasse era sapere chi lo stesse scuotendo con dolcezza quasi disumana. E sussurrai, sussurrai talmente piano che mi stupii quando i suoi occhi incontrarono i miei, allettati da quelle sillabe.
«Harry?»
 



 
-HARRY.
«Harry?»
Fu come se una ventata d’ aria gelida mi invadesse nel pieno dell’ estate. Strano, impagabile, impossibile.
Eppure la voce, quella voce, era indubbiamente la sua. E se fosse stata un’ allucinazione, se quel sussurro non l’ avessi realmente sentito? Trattenni il respiro, indeciso se alzare o no lo sguardo e incontrare il nulla.
Chiusi per un attimo gli occhi, poi tolsi le mani dal viso, cercando qualcosa, qualunque cosa avesse detto il mio nome.
Ed eccoli lì, capelli rosso fragola impressionantemente ricci. Le lentiggini sul naso e sulle guance, le labbra sottili appena socchiuse, come distratte e sconvolte da ciò che vedevano. E infine occhi, occhi blu come il mare del Polo Nord, freddi da impazzire e belli da togliere il fiato.
Quegli occhi, i suoi occhi.
Sbattei più volte le palpebre, indeciso se urlare dallo spavento o piangere ancora di più.
«Hey, cosa è successo?»  sussurrò tristemente, sedendosi subito dopo accanto a me.
Forse sembrai uno stupido, o probabilmente lo ero davvero, ma non riuscii ad evitare quel gesto quasi infantile.
Le toccai le guance con l’ indice, quasi come se mi aspettassi che passasse oltre, come se lei fosse davvero un fantasma.
Quella donna ha detto che è morta.
«Tu… Tu sei qui.» balbettai, sentendo altre lacrime che salivano su, prepotenti. Lei sorrise appena, arrossendo a quel contatto che le mancava.
Dio, era mancato tantissimo anche a me.
«Una ragazza è andata in overdose e l’ abbiamo portata qui. Non ce l’ ha fatta.» continuò poi, mordendosi ferocemente il labbro inferiore.
Ora i conti tornavano, più o meno.
Quindi lei non era morta, era ancora con me, viva più che mai.
«Perché piangi?» domandò cautamente lei inclinando la testa da un lato, curiosa. Invece di risponderle, l’ attirai verso me, abbracciandola forte come se quella fosse l’ ultima occasione per farlo. L’ abbracciai e piansi silenziosamente fra le sue braccia, aspirando quel profumo che faceva parte della mia essenza e che avevo perso da un po’.
Ogni tanto il mio corpo veniva scosso dai singhiozzi, e lei si limitava a stringermi ancora più forte, accarezzandomi dolcemente la schiena.
Ma c’erano cose che dovevo dirle, cose che doveva sapere. Non avrei più aspettato, mai più. Sciolsi piano l’ abbraccio, affogando nel blu dei suoi occhi che sembravano aver ripreso la loro scintilla.
« Tutto ciò che ti ho detto quella sera dimenticalo, ti prego. Sono un idiota, ero un idiota e probabilmente lo sarò sempre. I nostri tre mesi non erano una stronzata, perché io ti amavo davvero Katherine, e lo faccio tutt’ora. Non ho mai smesso di farlo e anche se probabilmente mi manderai al diavolo perché sono un cazzone, e me lo merito, voglio che tu sappia che con quella sgualdrina di Monique non è successo nulla, perché io amavo te.» dissi frettolosamente, asciugando una lacrima con la manica della giacca.
«Guardavo te, guardavo Will e mi chiedevo ‘cosa ho io che lui non potrebbe darle?’. Lui potrà renderla felice, lui è capace di portarmela via con un solo sguardo, con un solo sorriso. Perché diciamocelo Katherine, cosa ho io che lui non potrebbe darti? Nulla, ecco cosa. Lui se vuole può darti molto di più, e io pensavo che tu volessi andare a New York con lui e ti ho facilitato il compito. Ma sono un coglione perché non ho pensato al fatto che poi io sarei rimasto solo, anche se saperti felice mi sarebbe bastato, per un po’. » la vidi scuotere leggermente la testa, mentre sorrideva imbarazzata.
Il cuore mi scoppiò di gioia.
«E quella sera ero andato a comprare il regalo per i nostri tre mesi, e anche se poi ho distrutto tutti i disegni, il regalo l’ ho tenuto. E quando stasera Joe mi ha detto che eri in ospedale io temevo il peggio. Poi l’ infermiera mi ha detto che una ragazza dai capelli rossi è morta di overdose e ho fatto due più due. Cristo, pensavo fossi morta e se fosse stato vero, io… io…» il mio respiro era irregolare, avevo troppe cose da dire e le stavo dicendo tutte insieme, come se ci fosse un timer che una volta arrivato a zero, mi avrebbe portato via la mia unica ragione di esistere.
«E io ti amo e non voglio lasciarti mai più.» aggiunsi poi, scrutando con attenzioni le reazioni sul suo volto. Lei alzò il braccio sinistro, mostrandomi un bracciale (che probabilmente era una collana attorcigliata al polso) e un ciondolo. Un ciondolo rotondo con un’ incisione sopra. ‘Io ci sarò.’
«Quel pomeriggio, quando ti ho detto di essere malata, l’ avevo fatto perché dovevo comprarti questo. Per poi aiutare Will con il suo strambo piano che ti racconterò un’ altra volta. Avevi promesso che ci saresti stato, e invece tu non c’eri più.» abbassò il braccio sconfitta, e osservò la punta delle sue scarpe.
«Pensavo di… non essere abbastanza per te. Abbastanza bravo a ballare, abbastanza carino, abbastanza coccoloso.»
«Smettila idiota.» mi ammonì lei, incrociando le gambe come un indiano, senza però staccare lo sguardo dal pavimento.
«Ti amo.»
«Lo so.»
«E sono un idiota. Sai anche questo?»
«So anche questo.»
«E tu non mi ami più?»
Alzò piano lo sguardo, incollandomi nuovamente con i suoi occhi gelidi, che brillavano di luce propria. Temevo una sua risposta, un suo rifiuto.
Cosa avrei fatto se lei mi avesse risposto con un ‘no’?
«Io ti amo. Ma se mi lasci di nuovo o fai il coglione, giuro che ti strappo i testicoli.» borbottò seria più che mai.
La vidi sorridere, ma poi fui troppo occupato a baciarla dolcemente per accorgermi di ciò che stesse accadendo intorno a me.
Poteva finire anche il mondo, ma niente mi avrebbe costretto a lasciarla di nuovo.
Il mio puzzle era completo.





SCIAO BELEEEE (piange disperatamente)
Ed ecco l' ultimo capitolo prima dell' epilogo.
Bho, spero vi sia piaciuto il modo in cui sono andate le cose.
Tutto così happy, poi depry e ora di nuovo happy c:
l' epilogo vi farà pisciare, sappiatelo HAHAHAHAHAHAHAHAHA
Bho, è stato un piacere per me scrivere questa storia, e 
i ringrazio dalla prima all' ultima per aver letto, amato, odiato 
questa sottospecie di storia (la prima che scrivevo :O  )
Ho molte idee ancora da sviluppare, quindi non vi libererete di me.
Ho altre OS, un' altra storia in corso e presto ne inizierò un' altra,
quindi attente ai miei avvisi, blblblblblblbl.
Passiamo alla pubblicità HAHAHAHA Vi consiglio di leggere queste storie, le amo.
E FATELO, DANNAZIONEEEEE ♥

Skyscraper (harry è un fantasma)
Stop for a minute and smile (molto commovente blbl)
Never try to out stubborn with a cat (la mia suuuuun c':)
Shoes laces (su Ed c:)
Secrets (questa è fdrgfthgynbf, quindi leggetela bitches.)

Ma siccome non sono un fottuto cartellone pubblicitario, allora vi consiglio di spiare fra le mie storie seguite.
E boh, ci vediamo all' epilogo con tutti i piagnistei HAHAHAHAHAHA
Ciao.


   
 
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