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Autore: suunshine    20/01/2013    0 recensioni
"Ciao mamma, come va? E' da tanto che non ti scrivo, scusami. Sai ho conosciuto un ragazzo. E' bello, divertente, solare. Con lui mi sento bene mamma, per la prima volta da quando te ne sei andata posso dire di essere veramente felice."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What doesn't kill you


Ciao Mamma, sono di nuovo io, Allyson. Oggi è il quarto giorno dopo l'anno nuovo che ti scrivo. Ieri sono stata un po' malinconica, perciò oggi voglio essere più allegra con te, ho deciso di raccontarti la mia giornata.
Sta mattina sono andata a scuola, nell'aula di chimica c'era un nuovo ragazzo, Robert. Abbiamo fatto amicizia, è un tipo simpatico. Ma non ti fare strani pensieri, nulla di che. Alla terza ora mi sono vista con Elisabeth, dice che le manchi. Io ho però non le ho raccontato nulla di come mi sento, non sono pronta ad esprimere tutto il mio dolore.
Quando ho preso il bus guardavo le foglie gialle cadere dagli alberi e sorridevo: sapevi quanto mi piacesse l'autunno. Papà al mio ritorno non c'era, ho trovato un bigliettino scritto con la sua solita grafia disordinata e piena d'ansia che mi diceva che era a lavoro, come al solito. Anzi, devo dire che da quando te ne sei andata cerca di stare il più possibile a casa, ma comunque in disparte nel salotto, magari guardando le partite del Chelsea. Già, non ha ancora perso l'abitudine. Sono salita in camera a fare i compiti, sapendo di avere il compito di spagnolo il giorno seguente. Ed ora eccomi quì, a scriverti come tutte le sere, a pancia in giù sul mio morbido letto. Tu mamma? Come stai? Vado a preparare la cena a papà, sarà affamato. 
Ti voglio bene mamma, mi manchi.


Chiusi lentamente il diario e affondai la testa nel cuscino, ripetendo mentalmente le regole grammaticali spagnole.
Il campanello della porta di casa mi fece sobbalzare e sbuffai sapendo che ero costretta ad alzarmi. Mentre scendevo le scale osservavo le venature degli scalini in legno, pensai di preparare un semplice toast a mio padre. Quando spalancai la porta di casa mi si presentò davanti un uomo fradicio che sbatteva i denti per il freddo. Mi scostai permettendogli di passare e vidi che si toglieva il cappotto, lasciando cadere alcune goccie d'acqua sul parquet scuro. Si incamminò verso la cucina ed io lo seguii guardandolo alle spalle.
"Allora signorina, che si mangia di buono?" disse sedendosi sul divano per togliersi le scarpe bagnate. Io scrollai le spalle, aprendo l'anta del frigorifero.
"Ti va una pizza?" aggiunse dietro di me, senza darmi neanche il tempo di proporgli del pollo.
Annuii e accesi la tv, prendendo il telecomando al mio fianco pronta per cambiare una sfilza di programmi squallidi del martedì sera.
"Ti ho detto che giovedì sera arriverà tua cugina Vanessa a trovarci? Starà da noi per due settimane, per poi ripartire per l'Italia." disse mio padre facendomi sobbalzare dallo spavento. Rise appena vide la mia faccia intimorita.
"No non ti preoccupare, non verrà anche Sophie." disse capendo a quello che mi volevo riferire. Io tirai un sospiro, avevo terrore di quella bambina di nove anni, nonostante fosse mia cugina. 
"Papà và a farti una dormita, sei distrutto." sussurrai passandolgi una mano sulla spalla destra, per poi andare ad aprire al fattorino della pizza. Una canzone si diffuse nell'aria appena svoltai l'angolo del salotto e un sorriso mi si dipinse sul volto: amavo i Pink Floyd e mio padre lo sapeva benissimo. Presi il portafoglio dalla tasca esterna del giubotto di mio padre e aprii la porta.
Un ragazzo dagli occhi verdi mi si presentò davanti con il cartone della pizza in mano. Gli sorrisi timidamente, portandomi dietro l'orecchio una ciocca di capelli ramati.
Lui alzò le sopracciglia e porse ancora più in avanti il cartone della pizza. Io arrossii capendo che non l'avevo ancora pagato e misi a frugare nel portafoglio di mio padre. Una risata cristallina mi fece alzare la testa e potei vedere i denti bianchi del ragazzo in bella mostra. Risi a mia volta senza saperne il motivo, porgendo i soldi al ragazzo e leggendo il nome sul cartellino che portava attaccato alla giacca: Harry.
Lui li accettò e fece un cenno con la testa a mò di saluto, per poi sparire sotto la pioggia. Richiusi la porta alle mie spalle e mi appoggiai sopra di essa per alcuni secondi, respirando profondamente. Perchè ero così agitata? 
"Che figura di merda." sussurrai appoggiando la pizza sull'isola della cucina. Mi sedetti su uno segli sgabelli e appoggiai entrambi i gomiti sul ripiano in marmo, sostenendomi la testa.
"Lo conoscevi?" la voce profonda di mio padre mi fece sobbalzare -nuovamente- e girare verso la sua direzione.
Era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, reggendosi su un'unica gamba.
"Sembri un ragazzino papà." dissi sorridendo, mentre aprivo il cartone della pizza.
"Perchè io sono un ragazzino!" esclamò e non appena finì di parlare scoppiò a ridere. Io lo guardai sconvolta, dopodichè mi unii a lui.
"Tu non dovevi andare a dormire, ragazzino?" dissi inarcando un sopracciglio.
"E tu non dovevi rispondere alla mia domanda, ragazzina?" biasciò mentre mangiava un trancio di pizza. 
Scrollai le spalle e feci segno di no con la testa. 
Dopo che mio padre salì in camera sua io rimasi una mezz'oretta sul divano e quando capii che di lì a poco sarei caduta in un sonno profondo salii in camera mia.
Nel letto pensai al ragazzo dagli occhi verdi. Pensai al suo nome, Harry, il nome di mio nonno. Pensai che l'avevo visto da qualche parte, che già lo conoscevo. Ma i miei pensieri su di lui finirono solo quando mi accorsi che non l'avrei mai più rivisto, probabilmente.
  
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