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Autore: B i z a r r e    20/01/2013    2 recensioni
Dopo una manciata di secondi, il suono sordo si arrestò davanti la porta della stanza. Il qualcuno dietro di essa esitò un attimo e poi aprì la maniglia.
Sarei morto giovane. E vergine. E senza sapere come sarebbe finito Scrubs.
La persona sgattaiolò, avvicinandosi velocemente a me che ero girato di spalle e non avrei potuto vederlo.
Le coperte si alzarono e un corpo freddo si intrufolò sotto di esse.
La bambola assassina, un morto o un vampiro.
...E da quando io credevo a quelle cazzate?
«Chi è?» riuscii balbettare.
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Era la sua follia.
Uno scrittore ha bisogno dell'ispirazione e dei personaggi.
Lui aveva le persone reali, che uccideva e trasformava in storie. Avevo letto il libro di un anonimo, in realtà era il suo.
Niall era davvero esistito.
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Unearthly.

Holidays.

 
 A Valeria.
  

 
Le idee di Louis erano sempre state le peggiori, quelle più spericolate e senza dubbio le più amate. Qualunque cosa quel ragazzo facesse sarebbe stata comunque considerata ''figa'' da tutti, anche andarsene in giro indossando delle ridicole bretelle. A detta dei miei adorabili compagni di scuola, i party alla Tomlinson erano i migliori che si potessero organizzare, con la migliore musica e i migliori alcolici. Io ovviamente non ero mai tra i prescelti invitati o raramente, e le poche volte in cui il mio nome risultava tra la lista degli eletti era solo grazie a Elaice che metteva una buona parola.
Tra me e Louis non correva buon sangue fin dalla prima infanzia, ma in presenza della nostra migliore amica reprimevamo gli istinti omicidi per evitare eventuali litigi che avrebbero solo scaturito una serie di inevitabili reazione a catena, il cui effetti principale sarebbe stata una sfuriata di El. E a nessuno avrei augurato una filippica da parte di quella ragazzina di un metro e sessanta scarso.
La verità era semplice e banalmente scontata: eravamo gelosi persi.
Era la migliore amica d'entrambi e provare un sentimento di reciproco odio era quasi normale, se non per il fatto che lei non commettesse errori quali dimostrarsi più affettuosa con uno o abbracciare più stretto un altro. Ci detestavamo, punto e basta, non c'erano motivi, perché eravamo tutti e due consapevoli che Elaice ci volesse bene in egual modo. O forse era questo che ci infastidiva, la consapevolezza di non apparire l'uno migliore dell'altro davanti ai suoi occhi.
Eravamo i suoi migliori amici, seppur in modi diversi. Louis interpretava il ruolo della checca isterica che le regala preservativi per il sesso sicuro e le consiglia l'abito più succinto e provocante, mentre io ero il fratello maggiore, protettivo, scassa coglioni e innamorato di lei. Ma ovviamente questo non lo sapeva nessuno, se non mia sorella a cui avevo rivelato tutto. Inutile sarebbe specificare che avevo commesso l'errore più grande e imperdonabile della mia vita.
Elaice aveva i lineamenti orientali, la pelli color avorio e il viso candido, dei profondi occhi neri e dei capelli chiari. Di corporatura era molto minuta che quasi sfiorava i limiti dell'anoressia. Era forse quel suo aspetto da bambina, il suo fisico acerbo a renderla così irresistibile ai miei occhi.
Tuttavia, prima di quel fatidico 23 giugno, se avevo giudicato il mio acerrimo nemico un completo idiota avevo sbagliato: Louis Tomlinson era una emerita testa di cazzo. Me ne ero reso conto quella mattina, il nostro ultimo giorno di scuola, quando quello lì si era buttato su Elaice e la aveva schiacciata sull'erba del cortile della scuola, poi, come se nulla fosse accaduto, mi si era gettato tra le braccia. Avevo ricambiato la stretta titubante, sotto gli occhi a cuore della castana, domandandomi perché il più popolare dell'intera Doncaster stesse abbracciando me.
«Come ben saprete, oggi è l'ultimo giorno di scuola.» aveva esordito staccandosi da me, pronunciando le parole con tono solenne nemmeno stesse sancendo i punti principali di una carta dei diritti universali e come se noi non avessimo contato e aspettato con impazienza che quel maledetto giorno arrivasse.
«E qual è il miglior modo per festeggiare la fine di questo strazio e il nostro ingresso nel mondo degli adulti?» domandò retorico.
Gli esami erano finiti e l'anno prossimo ci saremmo dovuti iscrivere all'università, Louis aveva diciannove anni e noi diciotto. Ipotizzai mentalmente una festa, ma non era propriamente nello stile del ragazzo rigato, il quale, per un evento così importante, avrebbe preferito qualcosa in grande stile. Qualcosa di enorme e indimenticabile.
Notando le nostre facce da domanda, sospirò sconsolato.
«Questi giovani d'oggi, devo insegnare tutto io.» borbottò, «Ci vuole un bel viaggio di gruppo, sciocchini.»
Lo guardammo perplessi.
Lui rispose con uno sguardo allegro quanto stupido.
«Be', non siete contenti? E su, con quelle facce.» ci riprese.
Io e Elaice ci osservammo per un po'.
«E dove avresti intenzione di portare tutti e tre?» domandò lei.
Da Tomlinson mi sarei aspettato qualunque cosa, da Ibiza e New York, da Corfù e Palma di Maiorca, e persino Berlino, Miami o Tokio, ma non la risposta che ci gracchiò eccitato.
«Holmes Chapel.»
Sapevo che gli ospedali di sanità mentale, comunemente noti come manicomi, avessero chiuso tanti anni prima per le disumane condizione e gli atroci trattamenti a cui venivano sottoposti i pazienti, ma forse per quel quasi biondo avrebbero fatto un'eccezione. Io sarei stato totalmente d'accordo alla sua rinchiusione.
«E cioè?» chiese titubante El, palesemente dubbiosa riguardo la mete delle nostre vacanze.
«Oh, è un paese nel Cheshire.» la buttò sul vago il ragazzo che mi stava davanti. 
«Oh, interessante. Vuoi trascinarci in un buco di paese di cui nessuno sa l'esistenza?» lo interrogai sarcastico.
«Esatto.»
Quando dicevo ''trascinarci'' non lo intendevo sul serio, ma il cartellone che il giorno dopo mi si prospettava davanti mi fece capire che lo strano umorismo di Louis era scherzo fino ad un certo punto. I miei genitori e quelli di Elaice non avevano obbiettavo, anzi, aveva accettato con una naturalezza tale da farmi sospettare che fosse tutto architettato. Dalla mente malata del mio compagno di banco ci si sarebbe potuta aspettare qualsiasi cosa.
«Perché proprio Holmes Chapel?» domandò la mia amica provando ad affondare la testa nel sedile del treno.
«Conosco un ragazzo, Harry, quello di cui vi ho parlato.»
«Quello che hai conosciuto al concerto degli Script di Manchester?» chiesi curioso.
«Esatto verginello.» mi sfotté.
Lo guardai truce. Ogni occasione era buona per ricordarmi della mia prima volta che non aveva mai avuto luogo.
«Lou.» lo rimproverò El colpendolo su una coscia.
Il primato mi lanciò un bacio volante e tornò a scrutare il panorama che scorreva fuori dalle finestre del mezzo in cui viaggiavamo, mentre lei si scusava con i suoi profondi occhi carbone. Mi sorrise e sentii uno strano calore impossessarsi del mio piccolo muscolo cardiaco, il quale mi costrinse ad assumere un'espressione ebete, la stessa che avevo ogni qualvolta Elaice mi osservasse.
«Bene gente, tra meno di un quarto d'ora si arriva.» fremette gioioso il decerebrato mentale, riprendendosi da quello stato di trance in cui era caduto e interrompendo i dolci sguardi che ci stavamo scambiando.
«Posso sapere cosa ha di così speciale questo paesino sperduto da farti rinunciare a Los Angeles?» sbottai innervosito da tutta quella gioia malcelata. Tra noi tre era di sicuro l'unico a gioire al pensiero di passare un mese in quel buco di civiltà sepolto dalla brughiera inglese.
Louis mi riservò uno sguardo enigmatico.
«Tu credi nei fantasmi?»
In quel momento non feci caso a quella stupida domanda, la quale sarebbe di sicuro stata un preambolo di qualche storiella da strapazzo su materie ectoplasmiche e manifestazioni sovrannaturali, narrate giusto per intrattenermi o forse distrarmi da una richiesta scomoda, e mi limitai a sbuffare. I fantasmi non esistevano, poco ma certo, e tutti quei programmi e racconti erano sole invenzioni per perditempo.
Mi sbagliavo.




.
Jaaaa.
Nuova ff, di genere sovrannaturale (spero di riuscire a caratterizzare bene gli eventi al di fuori della razionalità che si manifesteranno qualche capitolo dopo questo). L'ispirazione è stata ritrovata D:
Volevo fare un banner figo, di quelli che ti illudono che l'autrice sia una grafica professionista, ma poi ho aperto GIMP e non ci ho capito un cazzo, ho aperto Paint e mi è uscita una barchetta con il mare e i gabbiani. 
Dopo di questo ho rinunciato. Qualche buon'anima che so offrei per farne uno a questa povera sfigata?
Questa è Elaice (sì, è un nome strano e si legge ''Ilais''):
Elaice.
Carina lei *-*
Spero vi sia piacuta, recensite se vi va :)
-Frances
...
E ah, per me Zayn sarà sempre uno sfigato cronico (come nella mia altra ff), solo che in questo caso sarà anche uno studioso razionale.
sfigghy *-*
   
 
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