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Autore: Yvaine0    20/01/2013    3 recensioni
Harry Styles sta per farsi un nuovo tatuaggio, ma, mentre aspetta il suo turno, si ritrova ad avere a che fare con Christal, la segretaria, che dimostra di avere un bel caratterino.
Il suo intento? Dimostrarle di essere un vero uomo.
La sala d'aspetto dello studio del tatuatore era completamente vuota e Harry non aveva la minima idea di cosa fare. Di solito c'era una segretaria seduta dietro al bancone che, al suo arrivo, bussava alla porta e informava Frank dell'arrivo di un nuovo cliente. Ma quel giorno non c'era nessuno.
Raccolta di 16 drabble.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Challenge accepted!'
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, nè offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.

Raccolta di drabble scritta in risposta alla sfida di MN125.
Insieme formano un'unica One Shot, ma ero in fissa con le drabble, quindi... :3
 
Harry/OC - Prompt: orologio, viaggio, ricevuta, fotografia
 

Un vero uomo
 
La sala d'aspetto dello studio del tatuatore era completamente vuota e Harry non aveva la minima idea di cosa fare. Di solito c'era una segretaria seduta dietro al bancone che, al suo arrivo, bussava alla porta e informava Frank dell'arrivo di un nuovo cliente. Ma quel giorno non c'era nessuno: niente persone in fila, niente segretaria, niente Frank. Dov'erano tutti? Forse avrebbe fatto bene ad accettare la proposta di Louis di accompagnarlo, pensò osservando una fotografia appesa alla parete –un uomo completamente ricoperto di tatuaggi, proprio come sarebbero diventati lui e Zayn, secondo Niall– quel posto lo metteva in soggezione.
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Continuava a passeggiare tra gli espositori di piercing e gli album con i tatuaggi, scompigliandosi di tanto in tanto i capelli. Cosa stava aspettando? Avrebbe dovuto entrare nello studio senza avvisare, trovandosi davanti, magari, una persona mezza nuda intenta a farsi imprimere in qualche porzione di pelle sconveniente chissà cosa? Lanciò un'occhiata alla porta chiusa, sorridendo divertito. Avrebbe potuto farlo: magari quel qualcuno sarebbe stato una bella ragazza.
Poi però lo sguardo gli cadde sull'immagine di un enorme motociclista che sfoggiava la sua pelle tatuata e cambiò idea.
Perché non c'era nessuno lì dentro? Si strofinò le mani sulle braccia, a disagio.
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Era in ritardo, era in ritardo. Diavolo, era in ritardo!
Christal si fiondò all'interno del negozio e si guardò rapidamente attorno. Sembrava non esserci nessuno. Forse, anche se era in ritardo di mezz'ora, non aveva recato danno a nessuno. Forse.
Si tuffò sulla sedia dietro al bancone e sfilò rapidamente il cappotto rosso e la sciarpa bianca, tenendo lo sguardo fisso sull'orologio a muro che segnava le quindici e trentasette: più di mezz'ora. Maledizione. Frank l'avrebbe uccisa quella volta.
Si stava sistemando i capelli biondi in una pratica coda di cavallo, quando, «Ehm, ciao», quasi cadde dallo sgabello per lo spavento.
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«E tu chi sei?» chiese, stupita, quando vide il ragazzo riccio in piedi accanto alla porta. La domanda che avrebbe voluto porre, in realtà, era “come diavolo ho fatto a non vederti?”.
«Harry – rispose lui, con un sorriso.– Ho un appuntamento per le tre» spiegò.
Chris si costrinse a distogliere lo sguardo dalle appariscenti fossette sulle guance del ragazzo e annuì. «Certo, scusami: non ti avevo visto. Ora controllo se Frank è libero. Se senti grida disumane, non spaventarti, quando tatua è molto più delicato» snocciolò, sorridendogli cordialmente, mentre sgattaiolava verso lo studio. Certo che quell'Harry era davvero carino...
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Meno male, pensò quando la bionda entrò nel negozio. L'attesa precedente l'impressione di un'immagine indelebile sulla propria pelle non era mai molto piacevole, affrontarla in perfetta solitudine, poi, non faceva che aumentare la sua agitazione. Avrebbe dovuto ringraziarla.
Mentre la ragazza camminava svelta verso la porta, Harry non poté fare a meno di lasciar indugiare un po' troppo a lungo il proprio sguardo sul suo sedere tondo.
Così, quando lei si voltò per scusarsi nuovamente, lo sorprese a guardarle il fondo schiena. La sua espressione mutò in una maschera di disappunto che impedì al ragazzo di trattenere un sorriso divertito e colpevole.
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Christal tornò in sala d'attesa con una smorfia contrariata in volto. Marlon le aveva attaccato una pezza infinita durante la pausa pranzo, lei era arrivata in ritardo al lavoro, Frank l'aveva strigliata per bene davanti ad un cliente e lei doveva rimanere lì, con quel ragazzetto riccio –e carino– che le guardava il culo.
Gran bella giornata.
Sospirò e tornò al suo sgabello. «Purtroppo c'è già un cliente in studio, appena avrà concluso sarà il tuo turno» disse, senza degnarlo di uno sguardo.
«D'accordo. Posso sapere qual è il tuo nome?»
Chris inarcò un sopracciglio. Ci stava provando con lei?
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Quando lei alzò gli occhi castani su di lui, Harry le sorrise. Voleva solo essere gentile, scusarsi in qualche modo per essere stato un po' troppo invadente con le proprie occhiate. D'altra parte, non era colpa sua se la ragazza dall'altra parte della stanza ancheggiava in quel modo, camminando: a chiunque sarebbe caduto l'occhio.
«Christal» rispose lei con evidente diffidenza.
Harry non capiva perché le ragazze si comportassero sempre così con lui: ci provavano spudoratamente o lo etichettavano fin da subito come uno sciupa femmine da allontanare il prima possibile.
Annuì, facendo scorrere lo sguardo sulle fotografie appese alle pareti.
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«Io sono Harry».
Christal alzò gli occhi al soffitto, sperando di non essere vista –sicuramente quello non era un comportamento professionale, ma era stufa di clienti che le facevano avances e le chiedevano di annotare il suo numero sulla ricevuta di pagamento.
«Sì, questo l'hai già detto». Accompagnò quelle parole con un mezzo sorriso, giusto per essere cortese.
«Lavori qui da molto? Non ti ho mai vista».
Si chiese se la domanda successiva sarebbe stata “Ti sei fatta male quando sei caduta dal cielo?”.
«Qualche settimana. Purtroppo sono sempre in ritardo, quindi mi licenzieranno prima che mi abitui agli orari».
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Strano che lui non l'avesse mai vista prima, ormai faceva tappa fissa allo studio di Frank ogni due o tre settimane. Da quanto lavorava lì?
Qualche settimana. Ecco spiegato il motivo. Annuì, «Ora capisco perché non ci eravamo ancora incontrati, sono tornato giusto qualche giorno fa. Sono spesso in viaggio per lavoro» spiegò.
Christal rise e Harry la guardò incuriosito. Lei lo notò e pensò bene di giustificare il suo divertimento: «Viaggi per lavoro? Scusa, ma sembri a malapena in età da college» disse sincera.
Harry scrollò le spalle e si scompigliò i capelli, in imbarazzo. In effetti lo era.
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In viaggio per lavoro. Proprio non riusciva a crederci. Questo ragazzino credeva forse di prenderla in giro? Non era mica nata ieri lei. Di lui non si poteva dire lo stesso. Certo, non poteva permettersi di sfottere un cliente. La sua buona condotta sul lavoro –ritardi esclusi, ovviamente– era l'unica cosa che aveva impedito a Frank di licenziarla fino a quel momento.
«Quanti anni più di me credi di avere, sentiamo» la sfidò allora Harry, mettendo nuovamente in mostra le fossette. A Chris veniva da ridere, ma questa volta riuscì a trattenersi dal farlo; aveva ferito l'orgoglio del moccioso?
«Otto?».
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Non gli piaceva passare per il bambino della situazione. Aveva diciotto anni, viveva da solo –be', con Louis– ed era il suo lo stipendio maggiore in famiglia. Magari la sua situazione non era esattamente nella norma, ma lui si dava da fare, lavorava, aiutava la sua famiglia. Lo aveva sempre fatto. Era questo a fare di lui un uomo, si diceva.
La risposta di Christal lo spiazzò. Otto anni di differenza? Lei ne dimostrava appena una ventina; gli stava dando del dodicenne? «Fammi capire–, incrociò le braccia.– Hai trent'anni?»
Christal rise. Aveva una bella risata, Harry si ritrovò a sorridere.
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«Li porto bene, eh?»
La conversazione aveva preso una piega che la divertiva profondamente. Harry si era imbronciato, quando lei aveva fatto la sua supposizione sulla differenza d'età, e aveva assunto un'espressione indicibilmente adorabile.
Lo osservò sorridere sornione e scompigliarsi i capelli. Nonostante sapesse che era solo un ragazzino, troppo piccolo per lei, non poté non percepire un formicolio allo stomaco.
Era attraente. Lo avrebbe definito un classico caso di CBCR, “cresci bene che ripasso”.
Rise anche lui e quando parlò di nuovo, assorto, usò un tono basso che le fece venire la pelle d'oca.
Controllati, Chris, è minorenne. Purtroppo.
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«Dimostri al massimo dieci anni di meno. Ma non importa, mi piacciono le donne mature» commentò, senza pensarci. Improvvisamente stava ripensando alla sua storia con Caroline Flack e a quanto fosse stato criticato per quella breve relazione. Forse era davvero fissato con le donne più grandi.
«Ne ho ventiquattro» svelò lei improvvisamente.
Harry alzò lo sguardo e la guardò dritto negli occhi. Ci era andata vicina: avevano sei anni di differenza. Le sorrise. «Questo spiega molte cose». Il sedere sodo, tanto per cominciare. Non che a trent'anni una fosse direttamente da buttare, ovviamente.
«Rischio la galera se ti chiedo il numero di telefono?»
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Harry rise e sgranò gli occhi, meravigliato da quell'inaspettata domanda.
Christal si chiese se avesse capito che lo stava prendendo in giro. Stava solo cercando di tenergli compagnia in attesa che entrasse a farsi marchiare la pelle.
«Oh, aspetta – rincarò, alzando un dito con aria dubbiosa.- Forse devo accompagnarti, quando entri nello studio? Vuoi che ti tenga la mano?»
La risata calda di Harry si spense, per poi ricominciare subito. Fortunatamente, osservò, non sembrava essersi offeso. E lei aveva messo in chiaro le cose.
«Ne ho diciotto, puoi farmi tutto ciò che vuoi» rispose alla sua provocazione con un tono basso e maledettamente sensuale.
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Harry guardò con soddisfazione la ragazza accigliarsi e boccheggiare in silenzio. Si stava divertendo un mondo. Chi era il bambino, ora? Sorrise trionfante, con quel sorriso sghembo che, a detta dei suoi amici, piaceva tanto alle ragazze – chissà se era vero.
Il suo scopo non era provarci, ma dopotutto Christal non era affatto male.
Lei si schiarì la voce e strinse le labbra con disappunto. «Uh, sei grande, allora. -commentò sarcastica.- Dimmi, la tua mamma lo sai che sei venuto qui? Le hai chiesto il permesso?»
Harry aprì bocca per rispondere a tono, poi gli venne un dubbio: l'aveva avvisata?
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Christal non riusciva più a smettere di ridere. Era accasciata sul bancone e rideva come una matta, come non faceva da giorni, completamente dimentica di tutte le sfortune che le erano capitate quel giorno.
Non riusciva a credere che stesse succedendo davvero.
Harry, il sexy Harry, il diciottenne ricciolino con i magnetici occhi verdi e quelle adorabili fossette sulle guance, lo stesso che le aveva appena detto che avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che voleva, in quel preciso momento era al telefono con sua madre, supplicandola in tono lamentoso che gli desse il permesso di farsi un tatuaggio.
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Avete una vaga idea di quanto ci si senta fighi quando una drabble esce di cento parole tonde tonde senza dover essere aggiustata? *^*
Questa raccolta è stata scritta in parte per evitare che i nostri profili diventassero GayDirectionLandia. XD Bisogna pur variare, ogni tanto, no? u.u Anche se, strano ma vero, avrei preferito rimanere sullo slash. u_u

Va be', a parte questo *si sente figa per la storia delle cento parole*, spero che a qualcuno sia piaciuta, o che per lo meno vi abbia fatto sorridere. :)
  
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