«Il tema da svolgere questa settimana è “Cosa vorresti dalla vita”. Mi raccomando ragazzi, deve essere  lungo almeno due colonne» la voce della professoressa fu sovrastato dal suono della campanella che segnava la fine dell’ora e tutti i miei compagni uscirono dall’aula facendo un gran baccano.
Tornai a casa da sola e quando aprii la porta il silenzio regnava, come al solito.
Ignorai il mio stomaco che continuava a brontolare, e mi sedetti alla scrivania per cercare di far uscire dalla mia mente qualcosa di brillante per il tema.
Il vuoto.
Insomma, sapevo benissimo cosa volevo dalla vita, ma non volevo trasformare il mio tema in una lettera di suicidio.
Eppure presi un foglio a righe dal quaderno e iniziai a scrivere tutto ciò che mi ero tenuta dentro per tanto tempo, ignorando completamente di dover scrivere un tema da consegnare alla prof.
 
 
 
“Vorrei non esistere.
O meglio, vorrei guardare il mondo girare esternamente, vorrei non fare parte di esso.
Vorrei non aver controllo sulla mia vita, così da non poter rovinarla, come sto rovinando me ora.
Vorrei sapere sempre la cosa giusta da fare, vorrei essere diversa, vorrei essere una persona migliore, vorrei non essere ME.
Mi sento come se tutto quello che faccio e che ho in me è sbagliato.
E questa sensazione è ricorrente.
E’ come se urlassi, ma nessuno ti sente.
E’ come annegare.
E fa male.
Vorrei avere più autostima.
La gente ancora crede che dico di essere brutta per sentirmi dire “Ma no, non è vero!”.
La verità è che non mi piaccio quando mi guardo allo specchio.
Non mi piacciono i miei capelli crespi, i miei occhi che non trasmettono niente se non tristezza, o il mio corpo, ricoperto solo da cicatrici e grasso.
Nessuno capisce.
Mi sono tinta i capelli per cambiare all’esterno, quando dentro continuo a torturare con una lama il mio corpo, quello che io chiamo gabbia, perché mi sento intrappolata in esso.
Non mangio, per questo a ricreazione sono sempre preoccupata, sono circondata da cibo, da gente che mastica caramelle, merendine, panini o qualunque cosa sia, ma io non posso ingoiare niente.
Mi sento in pericolo in quei momenti, è come se avessi paura del cibo, di cedere e mangiare, per questo quando lo faccio mi odio sempre di più, vado nel panico e in quel momento preferisco ficcarmi due dita in gola per vomitare anzi che prendere peso.
Vorrei essere come quattro anni fa, quando non mi importava del mio peso e mi sentivo carina anche solo indossando un vestitino.
Ma nessuno mi sente.
Nessuno mi ritiene importante, a nessuno importerebbe se morissi, forse neanche a me.
Mi sento a disagio quando le mie amiche iniziano a parlare del loro primo bacio perché io non ne ho mai avuto uno, perché nessuno ha mai pensato che fossi carina.
Mi si è spezzato il cuore quando il ragazzo che mi piaceva mi ha detto in faccia per la prima volta che ero brutta e grassa e che dovevo morire.
Mi sentii come se avesse lanciato un enorme pietra sul mio cuore.
Ma ne sono venuti altri dopo, e tanti altri ne verranno.
Non mi sento in grado di rendere orgogliosi mia madre e mio padre, li ho solo e sempre delusi.
Quando sono in un gruppo di persone penso che potrei anche sparire, loro non si accorgerebbero della mia assenza.
Non credo in Dio, o meglio, non ho fede in lui.
Ma ho fede in qualcos’altro, un domani migliore.
Vivo giorno per giorno con questa piccola scintilla in fondo al mio cuore.
Ed io resterò qui, ad aspettare l’incendio.”