Film > Le 5 Leggende
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Autore: AngelsOnMyHeart    21/01/2013    3 recensioni
[FANFICTION IN REVISIONE DAL 15/11/2015]
[Capitoli revisionati: 11/15]
Gli anni sono trascorsi dalla vittoria dei Guardiani e la conseguente sconfitta di Pitch, l'Uomo Nero.
Dieci anni, ad essere precisi.
Tutte le attività delle Leggende sono tornate alla normalità e di quei difficili giorni, non è rimasto altro che un lontano ricordo.
Ma non tutto è esattamente tornato come prima, poiché, da quella notte, una luce sul Globo ha smesso di brillare.
Scarlett è una studentessa di diciotto anni, una semplice ragazza la cui vita non ha nulla che possa ritenersi degno di nota ma che cela nel proprio petto un peso oscuro, il quale sta lentamente trascinando la sua mente nell'oblio.
Incubi.
Da che la ragazza riesca a ricordare, la sua mente è sempre stata tempestata da neri, asfissianti ed orribili incubi e non è mai stata in grado di capire il motivo per cui questi infestassero il suo sonno. Sapeva solamente che erano sempre presenti e che, qualunque cosa facesse, sarebbero tornati notte dopo notte.
Ma il tempo inizia a stringere e, con questo, molte verità verranno a galla, portandosi dietro altre domande le cui risposte non sempre saranno un sollievo per l'anima.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II 
Quando l'Incubo diventa realtà 




La sveglia suonò. 
Cadde, sprofondando nel proprio letto e l'aria sembrò mancarle, un altro classico. 
Fermò l'allarme della sveglia, si tirò su lentamente e, con estrema pigrizia si diresse nel bagno. 
Una bassa figura sfilò dinanzi allo specchio. Una ragazza minuta dal viso pallido e scavato, con un piccolo naso a punta spruzzato da poche lentiggini, fissava il proprio riflesso con i suoi grandi occhi neri, contornati da profonde occhiaie. Storse le sottili labbra in una smorfia di disappunto, prendendo tra l'indice ed il pollice alcune ciocche dei suoi capelli biondi, evidenziandone la radice scura della ricrescita. 
È arrivato il momento di comprare un'altra confezione di decolorante. Pensò, evidentemente scocciata dalla cosa. 
Sciacquò il viso con una buona dose di acqua fresca, cercando di darsi una svegliata, e tornò nella propria camera in tutta fretta. Aprendo la porta dell'armadio a muro lasciò scivolare una celere occhiata alla sveglia sul comodino, la quale ticchettava segnando le 08:04. Puntualmente in ritardo, come al solito. 
Senza prestare molta attenzione, tirò fuori i primi abiti che le capitarono sotto mano ma quando si accorse di stare per infilarsi un secondo paio jeans, lungo le braccia, si sbrigò a lanciarli chissà dove sul pavimento per sostituirli con una bella felpa blu petrolio calda e larga, come piaceva a lei. 
La porta si aprì e la testa bruna di una donna fece capolino. 
«Eccola qui, la nostra dormigliona» 
Scarlett le rivolse un sorriso forzato mentre, tenendo una scarpa nella mano sinistra, cercava attentamente con lo sguardo la sua gemella «Buongiorno a te mamma. Non si usa più bussare?» Le rispose distrattamente la ragazza, troppo presa dalla ricerca della scarpa perduta. 
La donna entrò chiudendosi la porta alle spalle, era leggermente più bassa della figlia ed i suoi occhi erano dello stesso colore, solo più grandi e sporgenti, il naso invece era aquilino, con la punta rivolta all'ingiù, l'esatto contrario di Scarlett. 
Teneva le braccia conserte mentre osservava la giovane cercare di vestirsi «Lo sai che per andare a lavoro passo davanti alla tua scuola» pronunciò la frase con fare un po' scocciato, quasi l'avesse ripetuta per centinaia di volte «..guarda lì tesoro» Aggiunse poi, indicandole lo spazio che vi era tra le gambe del comodino e quello del letto: ecco dove la sua scarpa aveva deciso di nascondersi, quella mattina. 
La ragazza fu così libera di allacciarsi le scarpe «Non preoccuparti. E poi Jamie mi aspetta» Rispose lei, pacatamente. 
«Posso portare anche lui» 
Non le rispose, bensì andò a schioccarle un bacio sulla guancia, portandosi la cartella sulle spalle «Faremo in tempo promesso»
E senza attendere ulteriormente, la salutò sgattaiolando fuori dalla porta. In fondo al vialetto di casa l'attendeva un ragazzo alto dai corti capelli castano rossicci e tondi occhi nocciola, avvolto in un pesante cappotto marrone. 
Si trattava di Jaime Bennett, suo vicino da una decina scarsa di anni e caro amico d'infanzia. 
«Buongiorno dormigliona» La salutò con uno smagliante sorriso. 
Lei sbuffò, correndogli incontro «Non ti ci mettere anche tu! Andiamo, siamo -anzi sono- già abbastanza in ritardo»
Si incamminarono quindi lungo il marciapiede, percorrendo la strada che li avrebbe portati a scuola, discutendo dei professori esigenti e della valanga di compiti che gli veniva assegnata ogni giorno, ma non erano solo queste le loro argomentazioni. 
«Stanotte come è andata?» Le chiese Jamie. 
Lui era l'unico a cui Scarlett avesse confidato il proprio problema. 
Agli inizi, a dire il vero, anche sua madre era a conoscenza dei fatti ma, quando agli incubi avevano preso ad aggiungersi le frequenti visite in diversi studi psichiatrici e la seguente prescrizione di psico farmaci, lei aveva deciso di iniziare a fingere di star meglio, fino a non averne più fatto parola con nessuno. Jamie escluso, in questo caso. 
Si conoscevano da una vita e, forse, quel ragazzo era stato l'unico che non l'avesse mai trattata come una pazza ogni qual volta che lei gli parlava dei suoi incubi e di come, giorno per giorno, le sembrassero più reali. 
«Come sempre» rispose scalciando una lattina vuota che incrociò lungo la strada «Ormai faccio lo stesso incubo da quasi un mese» 
Il volto dell'amico si crucciò «Quello della foresta?» 
Scarlett annuì. 
Gli incubi erano ormai diventati una parte integrante della sua vita, per quanto il terrore che le instillavano non avrebbe mai potuto permetterle di abituarsi a loro, ma non le era mai capitato che lo stesso si ripetesse più e più volte. 
Rivolse a Jaime un triste sguardo rassegnato «Tu che dici? Forse dovrei cominciare a prendere in considerazione di ritornare a fare quelle sedute psichiatriche, l'ultimo medico non mi era sembrato troppo scettico alla fine» 
Jaime scosse il capo, deciso «Non ci devi pensare nemmeno. Ti imbottirebbe soltanto di psicofarmaci che non servirebbero a nulla, proprio come l'ultima volta. In altri casi non sarei dello stesso avviso ma sono certo che a te non serva un aiuto di quel tipo. Fidati, Scarlett, sono solo incubi e la consistenza di un incubo è talmente sottile che basta solo un soffio della tua fiducia per farlo volare via, devi solo crederci» 
Scarlett sorrise «Eppure non erano così male, quando ti abituavi a non sapere nemmeno il tuo nome» 
Il ragazzo le diede una fraterna pacca sulla spalla, ridacchiando «Sei pessima»
A suo modo, le parole di Jamie le facevano piacere e, con tutta se stessa, avrebbe voluto credere a quel che diceva ma era pressoché impossibile per lei non pensare al peso che le gravava costantemente sul cuore come un macigno e che non faceva altro che aumentare esponenzialmente alla sua paura, di giorno in giorno. 
Finalmente giunsero dinanzi alla scuola, con soli cinque minuti di ritardo dall'insopportabile trillo della campanella, ma quello non era di certo un problema dato che nessuno entrava così presto, solitamente doveva passare anche un intero quarto d'ora, prima che tutti gli studenti si trovassero nelle proprie aule. 
Gli orari delle loro lezioni erano differenti, a Jaime sarebbe toccata letteratura, a Scarlett scienza, motivo per cui, una volta entrati nell'edificio, i due amici si salutarono, ognuno diretto alla propria aula. 
Il rapporto di Scarlett con l'ambiente scolastico non era dei migliori. Non che la ragazza odiasse la scuola, quello no, anzi, spesso e volentieri non si dispiaceva nel mescolarsi tra la massa, solo che, non appena qualcuno posava gli occhi su di lei, anche solo distrattamente, mentre camminava nel corridoio durante l'intervallo tra una lezione ed un'altra o, peggio ancora, veniva chiamata per un'interrogazione, si rinchiudeva subito in se stessa, desiderando ardentemente di diventare invisibile, così da potersi dileguare senza problemi. 
Ragion per cui spesso si ritrovava da sola, che lo volesse o meno, troppo impaurita all'idea che qualcuno potesse anche solo rivolgerle la parola, magari persino conoscerla ed infine deriderla. No, non avrebbe potuto sopportarlo. 
Per questo motivo Jamie era il suo unico amico, l'unico di cui si era sempre fidata e che, sapeva, non l'avrebbe mai giudicata. 
Per quel che concerneva lo studio, invece, non poteva certo definirsi una studentessa modello ma, la sua preparazione, era quel tanto che le bastava per evitarsi fastidiosi rimproveri o esagerati elogi. Le bastava un banco in fondo alla classe, sotto ad una finestra e lì, sarebbe rimasta in silenzio per tutte le ore di lezione, fino al suo rientro a casa. 
Probabilmente qualcuno, che magari si trovava a frequentare i suoi stessi corsi, poteva averla già adocchiata, notando i suoi modi un po' bizzarri e poco comuni ma, per sua fortuna, nessuno glielo aveva mai fatto notare e, di questo, gli era grata. 
La giornata quindi trascorse come tante altre, quel giorno tra una lezione di scienze ed una di letteratura inglese sino al suono della campanella alle cinque del pomeriggio, annunciando agli studenti d'essere liberi dai doveri scolastici. 
Tutti si precipitarono fuori dalle proprie classi, correndo come forsennati e riversandosi numerosi nel cortile della scuola, incamminandosi verso casa o spintonandosi per essere i primi a salire sugli autobus. 
Scarlett invece attese assistendo silenziosamente dal suo banco a quel fenomeno di svuotamento, riponendo pigramente i materiali nel suo zaino e, quando nella classe rimase solo lei, si avviò fuori dall'aula. I corridoi erano già vuoti, come se la calca di poco prima non vi avesse mai messo piede. 
Si ricordò quindi, in quel momento, che era giovedì. Ed il giovedì Jamie aveva gli allenamenti con la squadra di nuoto. Motivo per cui sarebbe tornata a casa da sola. 
Sbuffando, mise la cartella in spalla e si incamminò verso l'uscita quando uno strano ronzio proveniente dal soffitto, non la costrinse ad alzare lo sguardo: una lampada, proprio sopra la sua testa, sembrò avere uno strano calo di tensione, il che parve provocare un curioso effetto a catena che si rivolse in successione a tutte le lampade del corridoio, una dopo l'altra, rendendo eccessivamente scarsa l'illuminazione in un pomeriggio dei primi giorni di novembre e, quando anche l'ultima luce in fondo al corridoio, dinanzi all'uscita, subì lo stesso curioso calo di tensione, quella scoppiò riversando i cocci sul pavimento. 
La ragazza si coprì la bocca con le mani, soffocando un urlo «Non è possibile!» Esclamò mentre anche le altre luci scoppiarono a ritroso, lasciando che il buio, eccessivamente denso e surreale per quell'ora del giorno, avanzasse verso di lei, come se stesse camminando mentre le porte delle classi si chiudevano, sbattendo rumorosamente, come se qualcuno le stesse sbattendo. Ma non c'era nessuno lì. 
«E' solo un cortocircuito» Tentò di convincersi, pronunciando quel pensiero ad alta voce, ma lei lo sapeva. Dannazione, lo sapeva! 
«Non è giusto! Non puoi seguirmi qui! Sono sveglia non sto dormendo!» 
Urlò alla massa nera, pizzicandosi una mano per provare quello che aveva appena detto ma, nel confermarlo, non vi trovò alcun conforto. Perché questo rendeva l'incubo dinanzi ai suoi occhi reale e, questo, la sua mente non poteva accettarlo. 
Il cuore le martellò nel petto, facendole quasi male ma non ebbe il coraggio di fuggire via, troppo paralizzata dalla paura per fare un solo passo. 
Il buio era ad un passo da lei e l'unica luce rimasta ad illuminare quelle fitte tenebre era quella sopra la sua testa. Pregò intensamente, affinché questa resistesse. 
Un sottile fiato freddo le andò a sfiorare il collo scoperto. 
Ti ho trovata! 
La lampada esplose, facendo ricadere i pezzi di vetro su di lei, ed ogni cosa si spense. Erano rimasti solo lei ed il Buio. 
Spinse i palmi delle mani contro le tempie «Non è reale!Non è reale!Non è reale!» Si ripeté, tenendo gli occhi fortemente chiusi, al punto da sentire la testa dolerle per lo sforzo. 
Il soffio gelido arrivò a sfiorarle l'orecchio, si sentì morire. 
Hai paura, piccola Scarlett, non è così? 
«Non sei altro che un incubo! Non esisti! NON SEI REALE!» 
Una risata riempì l'aria soffocante attorno a lei, deridendola. 
Oh ma certo che sono reale, Scarlett! Io sono la paura. E, la paura, è la realtà stessa!  
Non sapeva perché ma, quelle parole, sembravano darle una sorta di conforto. Era come se il suo cuore ne sentisse la necessità, come se desiderasse quelle tenebre e lei non riusciva a comprendere il perché, di quell'insensata attrazione. 
Trovami! Allora la realtà ti sarà chiara!  
Il freddo, allora, sembrò svanire proprio come era arrivato e Scarlett cadde sulle proprie ginocchia, respirando affannosamente. 
«Tutto bene?» 
Fu come destarsi da uno dei suoi incubi, tutto attorno a lei era esattamente come prima, come se nulla fosse successo, ogni luce era tornata al suo posto, perfettamente funzionante, e le porte erano di nuovo aperte. 
Me lo sono immaginato?  Si chiese alzandosi mentre ricercava con lo sguardo la voce che l'aveva destata dal suo stato di trance e, quando la incontrò, vide una donna, probabilmente una docente ma non si trattava di una sua professoressa «Posso fare qualcosa per te?» Chiese nuovamente quella, facendo un passo verso di lei, allungando una mano sulla sua spalla. 
Scarlett scosse velocemente il capo e senza risponderle, o permetterle di dire altro, scappò via, raggiungendo finalmente l'uscita. 
DANNAZIONE!DANNAZIONE!DANNAZIONE!  
Non fece altro che ripetersi mentre fuggiva alla ricerca di un posto in cui sentirsi al sicuro, anche se, lo sapeva, non era possibile. 
Quanta fatica le era costata tentare di assumere un atteggiamento normale? Quanto ci aveva provato? Ed ora.....ora era sicuramente andato tutto a rotoli.
   
 
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