Anime & Manga > Rossana/Kodocha
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Autore: jeess    21/01/2013    9 recensioni
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Quelle poche parole mi colpirono in pieno petto. Come poteva, come poteva darmi questa notizia così all’improvviso? Aveva promesso che sarebbe tornato, io l’avevo aspettato, e invece lui stava buttando tutto all’aria come se niente fosse, come se non sapesse ciò che mi stava provocando. Non ebbi nemmeno la forza di rispondere che il telefono cadde per terra scivolandomi dalle mani che non smettevano di tremare .Le mie guance iniziarono a bagnarsi, non riuscivo a fermare le lacrime, ero completamente assente, apatica, in quel momento c’erano solo domande nella mia mente. Perché? Perché aveva preso una decisione così importante senza nemmeno chiedermi cosa ne pensavo! Aveva deciso anche per me, non mi aveva lasciato modo di scegliere. Mi chiedevo come avrei fatto a continuare a vivere senza lui, lui che ormai rappresentava il mio mondo. Mi accasciai per terra stringendo tra le mani la nostra foto, Akito che mi stringeva da dietro posando il viso sulla mia spalla. Allora eravamo felici ma sembrava un tempo così lontano, come se non fosse mai esistito. Una vampata di rabbia prese il sopravvento, il mio viso si accese di un rosso
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Altro personaggio, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Freddi Ricordi


Pov Akito

 Era Tsuyoshi. Da quanto non ci sentivamo? Da mesi, se non anni. Già. Perché da quando avevo rotto con Kurata, avevo proprio rotto con il mondo.
< Ciao Tsu, io sto bene e tu? Come procede la vita a Tokyo? >Volevo chiedergli di lei. Una parte di me voleva sapere che fine aveva fatto, se mi aveva già dimenticato. Ma non ne avevo nemmeno più il diritto. Non dovevo chiedere come stava, se si era rifatta una vita, una vita con qualcuno che non fossi io. 
D’altronde lei ne aveva tutto il diritto, ero stato uno stronzo, quando senza darle alcuna spiegazione l'avevo lasciata vigliaccamente per telefono. In quel momento pensavo fosse
la scelta più giusta, forse anche la più sensata. Non potevo permetterle di aspettarmi per altri due anni, ne erano già passati tre : sarebbe stato chiedere troppo. 
Dirle di lasciarci fu la peggiore bestemmia che avessi mai detto in vita mia, perché io sarei appartenuto per sempre a lei e lei a me. Ma non sono mai stato bravo con le parole, fui diretto sperando così di evitarle altro dolore.
< Pronto, ci sei ancora? > Mi domando Tsu probabilmente irritato dietro la cornetta
< Sì, scusa, comunque volevo dirti che tra due settimane torno a Tokyo,
definitivamente. La mano è guarita del tutto e non c’è più motivo che resti qui> Sussurro quasi in maniera impercettibile. Guardai le dita mentre aprivo e chiudevo il pugno….. tra po’ sarei
tornato, ci saremmo sicuramente rivisti. Avrei rivisto i suoi grandi occhi color cioccolato, quegli stessi occhi che mi avevano attirato come fossero una calamita per tutti questi anni e dove avrei voluto specchiarmi per il resto della vita, il suo fantastico viso illuminato da quel sorriso che tanto avevo sognato durante le mie notti qui a L.A. Ma sapevo anche di dover smettere con
questi pensieri e guardare avanti.
< Ma è una splendida notizia e quando pensavi di dirmelo?? Dai dimmi il giorno preciso che vengo a prenderti! >
< Il 19 mattina sarò a Tokio,  Tsu mi raccomando niente abbracci e niente
pianti sai quanto mi irritano > il mio amico era completamente elettrizzato per il mio rientro a casa. Se non altro qualcuno ad aspettarmi c’era.
< Akito non cambierai mai non è vero? comunque, andando al punto, hai più sentito Sana?da quando l’hai lasciata si è chiusa
in un mondo tutto suo, non è più la stessa >

< Sta di nuovo male?>
< No , Akito, non è di nuovo malata si vede dal suo viso e siamo stati preoccuparti per lei e anche per te, come stai? >
< Bene> Bugiardo
< Non capisco, perché cercate sempre di complicarvi la vita? >
< Tsu, non voglio più parlarne> fui molto duro ma non avevo intenzione di parlarne per telefono < Devo andare, sono le undici di sera e non voglio che Natsumi e mio padre si svegliano, ci vediamo al mio rientro. > Riagganciai il telefono e respirai.Immaginarla piangere e soffrire a casusa mia era come morire. Avevo paura tornasse quella maledetta malattia che le aveva levato ogni espressione dal viso, il suo sorriso.  Mi buttai a letto sperando di prender subito sonno.

 

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La voce stridula di mia sorella quasi mi fece sobbalzare,  mi  voltai nel letto e osservai il piccolo orologio  sul comodino, il sonno sparì non appena realizzai quanto tardi fosse tardi. Mi diedi una pulita, mi vestì e scesi giù, le valigie erano già pronte davanti la porta.  Salutai Nat  con un cenno e un mezzo sorriso, e infine salutai mio padre
<qualcuno”>>. L’ultima parola la disse piano ma sapevo a cosa alludeva. << Sì, papà. Non preoccuparti me la saprò cavare, adesso vado che è già tardi, ci sentiamo appena arrivo.>>Presi le valigie e salì sul taxi che mi avrebbe portato all’aeroporto.
 
<< Signori, allacciate le cinture per l’atterraggio, siamo quasi arrivati>> La voce ovatta dell’hostess mi giunse alle orecchie e  di scatto mi sporsi dal finestrino. Potevo riconoscere la mia Tokio, illuminata da mille luci, contornata da enormi palazzi . Sono arrivato! Era così strano,era da ben cinque anni che non tornavo.
Arrivato a terra presi le valigie e mi incamminai verso l’uscita. All’improvviso, però, davanti a me di spalle si materializzò una ragazza: snella, alta, con dei lunghi capelli rossicci. Lo stomaco iniziò a farmi male, non poteva esser lei. D’istinto la chiamai avvicinandomi  ma il colpo che arrivò dopo mi fece ancora più male, non era la mia Sana. Di corsa mi avvicinai ad un bar e ordinai dell’acqua, dovevo assolutamente rinfrescarmi prima di muovere anche solo un altro passo .Mi resi conto, proprio in quel momento, di quanto la mia situazione fosse grave, che avevo avuto da sempre una vita incasinata si sapeva, ma  che  continuasse a peggiorare era paradossale. Per fortuna qualcuno mi distolse dai miei drammatici pensieri  nell’istante in cui mi sentì posare una mano sulla spalla. Mi girai ed erano loro.
<< Ben arrivato caro, A-chan,>> dissero quasi in coro
 C’erano tutti: Tsu il mio vecchio amico, Aya la sua ragazza fino ai tempi dell’elementari, Fuka la mia ex ragazza nonché sua migliore amica, Gomi e Hisae che non facevano che battibeccarsi.
<< Hi ragazzi>> alzai semplicemente la mano, non ero il tipo da smancerie e per lo più in pubblico
<< Hayama, non cominciare,  qui non siamo nella tua L.A quindi parla nella nostra lingua>> Matsui non cambierà mai, sempre la solita scontrosa e diretta.  Le feci un mezzo ghigno e tornai serio.
<< Allora andiamo?abbiamo il taxi che ci aspetta>>
 Aya invece era sempre stata quella con più giudizio, notai con piacere un anello all’anulare della mano sinistra  mano sinistra. Prova di come le cose erano andate avanti in mia assenza.
<< Tsu , devi dirmi qualcosa? >>gli diedi uno spintone col braccio incitandolo a parlare.  Prima di rispondere, come al solito quando era nervoso, si sistemò meglio gli occhiali ,prese per mano la sua fidanzata e mi sorrise
<< Già, te l’avrei detto appena arrivati a casa. Io e Aya ci siamo fidanzati  e presto ci sposeremo.  E la cosa più bella è che il mio testimone è arrivato giusto in tempo>> mi fece l’occhiolino e salì in macchina.
Pensai con terrore al vestito da damerino che avrei dovuto indossare , ma a lui, che mi aveva sopportato fin dalla nascita, dovevo questo ed altro.
Girai le chiavi nella toppa di casa, apri appena la porta e presi le valigie. La mia vecchia casa, mi fece uno strano effetto tornarci. Non era cambiato nulla, ma le pareti con la pittura scrostata, e la polvere sopra ogni cosa erano un chiaro segno del tempo passato. Mi sarei dovuto dare da fare per renderla di nuovo abitabile. Salì al piano di sopra, posai le valigie nella mia stanza e mi distesi per un attimo sul mio letto. Sembrava come se non fossi mai partito, come se tutto quello che avevo vissuto fosse stato solo un sogno. immaginai le urla di Natsumi che mi invitavano, gentilmente,  a scendere per la cena e di trovare mio padre seduto sul divano a parlare al televisore con lei.
Sbuffai alzando la schiena dal freddo materasso. Non era possibile che lei fosse in ogni mio pensiero. Fu proprio in quel momento che decisi che avrei completato il mio rientro a Tokio con l’unica cosa che ormai mancava, la maratona.
L’aria ricca dell’odore degli alberi della mia città mi investì piacevolmente il viso. Correre era                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      sempre stato l’unico rimedio per sfogare il mio mal umore. Iniziai man mano ad accelerare il passo  senza una meta precisa. All’improvviso però mi fermai,lasciai andare le braccia lungo le gambe e presi fiato. Troppo tardi mi accorsi di dove mi ero fermato: la casa di Sana. La stessa di come l’avevo lasciata, la stessa di come l’avevo vissuta anni fa. 
 Mi venne l’ impulso improvviso di aprire il grande cancello, andare da lei e dirle che avevo sbagliato tutto, che mi ero comportato da egoista, un po’ come lei, ma forse era meglio che  le cose restassero com’erano.
In fondo, Sana, non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare veramente  il nostro amore.  In fondo  siamo sempre stati un po’ vigliacchi. Rimasi solopochi minuti a fissare la grande villa e poi ripresi la mia corsa  da dove l’avevo interrotta.

Ed ecco il secondo capitolo, che ne pensate?  Akito è tornato! Cosa accadrà adesso? Chiarirà con Sana e soprattutto lei saprà perdonarlo? Scopriamolo insieme, ne sarei felice, grazie a tutte e a presto!

Jeess <3


 
  
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