Questione
di frizione
“Ciao.”
“Ciao. Scusa il ritardo.”
“Non sei in ritardo.”
“E allora perché sei già seduto in auto?”
“Ti anticipo.” sorrise Arturo, facendole segno di
prendere posto.
“Hai
allacciato la cintura?” chiese lei, chiudendo la portiera e aggiustando
lo specchietto.
Arturo sospirò e obbedì, l’espressione esasperata:
“Devo dedurne
che ancora non ti fidi di me?”
“Il problema
sono io, non tu.” negò Aurora, accendendo la macchina.
“Mi stai forse
lasciando?”
“Non oserei mai,
c’è il rischio che tu poi mi schiacci.”
Arturo aggrottò la
fronte, fulminandola:
“E questa è un
velato riferimento a cosa, di grazia?”
“Alla tua
spropositata altezza.” annuì lei, convinta “Ora. Cominciamo
o restiamo fermi, oggi?”
“Non sono così
alto.” borbottò il ragazzo, indicandole di immettersi nel traffico.
“Non ci
pensare.” gli sorrise Aurora “Dove andiamo?”
“Autostrada.”
“Quindi vado a
destra?”
“Sì.”
“Qualcosa non
va?”
“Stai correndo
troppo.”
Aurora decelerò e
inarcò un sopracciglio castano:
“Non ti sarai
offeso, spero.”
Un grugnito
indefinito le giunse in risposta.
“Oh, ma dai, Artù! Non è un male essere alti! Stavo
scherzando!”
“Guarda la
strada.”
“Sei
permaloso, sai? Non è un bene, ragazzo mio.”
“Come mai sei
così tranquilla, oggi?”
“Mi è finito
il ciclo.” gioì lei, prendendosi anche il lusso di accendere la radio.
“Che... ma che
dici?!” scattò Arturo, irrigidendosi.
“Cosa? Ho solo
detto che mi è passato il ciclo, non sei contento?”
“Oh, Signore!
Non sono cose da dire con tanta leggerezza!”
“Ma...”
“L’autostrada,
Aurora, l’autostrada!”
“Dove?”
“Destra! Svolta a destra!”
“Sì, sì, non
mi diventare ansioso!” sbottò la ragazza, girando il manubrio.
Un clacson li
raggiunse da lontano, la macchina che si immetteva di gran carriera nella
corsia.
“Ti
scandalizzi per così poco, Artù?” domandò Aurora non appena la situazione
divenne più calma.
“Io non mi
scandalizzo.”
“Il ciclo è
una cosa normalissima di cui parlare.”
“Non
mi trovi d’accordo. E smettila, per cortesia.”
piagnucolò lui, reclinando il capo contro il sedile.
“Cos’è
che ti impressiona tanto? L’idea del sangue?”
“Dio! Basta! Cos’è, un nuovo tipo di tortura?”
“Se ti
chiedessi di comprarmi gli assorbenti me li compreresti?”
“Aurora...”
“No, davvero.
E’ una domanda seria.”
“Non lo so!”
“Metti che io
sia bloccata in casa, okay? Ci andresti?”
“Certo che sì, ma non mi sembra comunque il caso
di continuare a...”
“Quanti
orecchini hai?”
Arturo sbatté le
palpebre, l’espressione persa:
“Come?”
“Orecchini. Li
ho notati ieri: sull’orecchio destro, no? Quanti sono?”
“Fatti più a
destra, così se vogliono gli altri possono superarti.”
“Non posso
accelerare, invece?”
“L’obiettivo
è riuscire a proseguire ad una velocità costante: non devi né accelerare né
decelerare. Non puoi distrarti. E’ fondamentale.”
“E la mia
velocità costante non può essere superiore a questa attuale.”
“Non alla tua
seconda guida.”
“Alla terza?”
“Nemmeno fra
un mese.”
“Perché?”
si lamentò lei, mordicchiandosi il labbro.
“Perché sei
agli inizi e non devi correre rischi inutili.”
“E va bene, ma
così è noioso!”
“Stai
aumentando la velocità.”
“Oh.”
“Stai più
attenta.”
“Va bene, va
bene, e tu rispondi.”
“Sette.”
“Sette? Ma dai, non
sembravano tanti! Fai vedere!” fece lei, sporgendosi
verso il ragazzo.
“Che... che
diavolo fai?! Non ti spostare!”
“Da qua non
riesco a vederli, però!”
“Li vedrai
quando ci fermiamo!”
“Mi fermo ora,
allora?”
“Non ti
azzardare.”
“Oh. Va bene.” brontolò lei “Come mai
sette?”
“Perché otto
non c’entravano?”
“Prendi in
giro?”
Arturo ridacchiò,
dicendole di cambiare marcia.
“E il
tatuaggio?”
“Excalibur.”
E Aurora si girò di
nuovo, la macchina che sbandava di diversi centimetri:
“Non devi perdere di vista la strada.”
scandì con tono duro il ragazzo, fulminandola.
“Perché ti sei
tatuato Excalibur?” fece lei, ignorandolo.
“Sai almeno
cos’è?”
“La spada di
Artù.”
“E allora
perché lo domandi?”
“Non vedo il
nesso.” scosse il capo Aurora “Sei forse convinto di essere la sua
reincarnazione?”
“Stai
straparlando.”
“Il film a
cartoni l’ho sempre adorato, sai?”
“Attenta alla
moto.”
“Quale moto?”
Arturo si sporse
verso di lei e afferrò il manubrio, girandolo verso di sé.
“Oh. Non l’avevo vista.” fece spallucce Aurora “Che
dicevo?”
“Ti stai
distraendo troppo.”
“Anacleto era
il mio preferito.”
“Chi?”
“Il gufetto, hai presente? O era una civetta?”
“Prendi la
prossima uscita.”
“Perché?”
“Da lì
possiamo cominciare a tornare.”
“Di già?”
“Sei troppo a
sinistra.”
“Non mi hai
ancora spiegato il perché della spada.”
“Non lo farò.”
Aurora sospirò e
mise la freccia a destra.
“Quanti anni
hai, Artù?”
“Venticinque.”
“Come fai a
essere un istruttore?”
“Non
potrei.”
“E quindi come fai?”
“Papà è il
proprietario della scuola.”
“Oh. Non lo
sapevo.”
“Conosci la
strada?”
“Sì. Alla prossima rotonda a sinistra, no?”
“Sì.”
“E insegni
solo o hai qualche altro lavoro?”
“Devi scalare
di marcia, Aurora.”
“Lo so.”
“C’è uno
stop.”
“L’ho
visto.”
“Rallenta.”
“Sto
rallentando.”
“Aurora,
rallenta!”
La macchina si fermò
dolcemente, il sopracciglio di lei che s’inarcava al tempo stesso:
“Mi sono
fermata.” sibilò, punta sul vivo “Chi è che non si fida, adesso?”
“Io... non mi
sembrava che stessi rallentando e...”
“Lo so che ci
si deve fermare agli stop.”
“Scusa, non
volevo. Ora con calma riparti, su.”
“Stai per
dirmi di nuovo di non emozionarmi?” brontolò lei, mettendo la prima.
“No. Mi fido di te.”
“Paraculo.”
soffiò la ragazza, premendo l’acceleratore.
E la macchina si
spense.
“Tranquilla,” fece Arturo, girando la chiave “riprova.”
Aurora mise in moto,
prese un bel respiro e ritentò. Con calma.
E la macchina si
spense.
“Al
diavolo!” sbottò “E’ colpa tua!”
“Come fa a
essere colpa mia?”
“Mi hai
abbattuto l’autostima, ecco come!”
“Riprova.”
“Non ci penso
proprio. Abbiamo di nuovo la fila dietro.”
“Riprova.”
“E se uno di
quelli scende e vuole picchiarmi?”
“Riprova.”
“Perché non lo
fai tu e ci togliamo il pensiero, invece?”
“Aurora,
riprova.”
“E va bene!
Sei insopportabile, lo sai? Ne sei consapevole, almeno? Come fai a...”
“Siamo
partiti.”
Aurora guardò
davanti a sé e vide la macchina camminare tranquilla.
“Oh.”
“Basta farti
arrabbiare per riuscirci, a quanto pare.”
“Non
scherzare.” sussurrò lei con un filo di voce “Sono incapace.”
“Non è vero.”
“Siamo quasi
arrivati, contento?”
“Non sei
incapace, Aurora. Anzi. Sei migliorata tanto in un solo giorno, sul serio.”
“Hai rischiato
l’infarto due volte.”
“Quest’ultima
curva l’hai fatta da Dio.”
Aurora sorrise, gli
occhi che si illuminavano divertiti:
“Ruffiano.”
“Parcheggia,
da brava.”
“Ecco fatto. Soddisfatto?”
“Tanto.”
annuì lui, slacciando la cintura con un sospiro rilassato.
“Ci vediamo domani?”
“Certo. E
giriamo per la città.”
“Uh. Livello successivo, eh?”
“Riusciremo ad
espugnare il castello alla fine, non temere.”
Scesero insieme e
lei gli restituì le chiavi, aggiustandosi la sciarpa azzurra:
“Dì la
verità.” disse poi Aurora, a mo’ di saluto, cominciando ad
allontanarsi.
“Su
cosa?”
“Excalibur.”
ghignò lei “E’ un’allusione al tuo attrezzo?”
“No comment.”
“E se imparo a
usare la frizione come si deve?”
“Anche gli
asini ogni tanto volano.” si strinse nelle spalle il ragazzo.
“Oh. Colpo
basso. Cattivo.” soffiò lei “Questa me la segno.”
Arturo le diede le
spalle, salutandola con la mano:
“Ricorda: è
tutta una questione di frizione.”
§
Mmm.
Piove. Tira vento. Il cielo è di un triste che non vi dico.
L’unica soluzione sembrerebbe una cioccolata calda davanti al camino e
qualcosa di bello in tv.
Qualche bono che si spoglia anche,
se proprio volessimo raggiungere l’apice u.u
Da voi che si dice? Com’è il tempo?
… divagazioni (o si dice divagamenti?) inutili
a parte, devo ancora rispondere alle recensioni; ma non temete, lo farò appena
posso.
Anche perché siete state tutte dolcissime <3
Spero continuiate a seguire con piacere,
un bacio
Sara