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Autore: Akilendra    21/01/2013    6 recensioni
Gli Hunger Games sono giochi senza un vincitore, ventitrè ragazzi perdono la vita, l'ultimo che rimane perde sè stesso in quell'arena, non c'è nulla da vincere, solo da perdere. Nell'arena si è soli, soli col proprio destino, Jenna però non è sola...
Cosa sei disposto a fare per non perdere te stesso? E se fossi costretto a rinunciare alla tua vita prima ancora di entrare nell'arena?
Gli Hunger Games saranno solo l'inizio...
(dal Capitolo 1):
"Un solo rumore e so che lei è qui...l'altra faccia della medaglia, il mio pezzo mancante, la mia immagine riflessa allo specchio, una copia così perfetta che forse potrebbe ingannare anche me, se non fosse che io sono la copia originale dalla quale è stata creata. Dopotutto sono uscita per prima dalla pancia di nostra madre, quindi io sono l'originale e lei la copia."
(dal Capitolo 29):
"'Che fai Jenna?'
Mi libero della menzogna.
'Che fai Jenna?'
Abbraccio la verità.
'Che fai Jenna?'
Mostro l'altra faccia della medaglia."
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Angoletto dell'autrice che comincia a perdere colpi:
Ciao a tutti! Questo è stato un capitolo difficile da scrivere, non riuscivo a trovare le parole, non mi era mai successo che dovessi riscrivere un capitolo, questa volta invece l'ho riscritto tante volte prima di pubblicarlo, non riuscivo proprio ad essere soddisfatta... ma del resto è raro che lo sia, comunque questa è la versione che più mi piace, spero piaccia anche a voi!
grazie come sempre a nica98 per la sua recensione, grazie anche per le recensioni di lula99 e Bessie , grazie per aver inserito la storia nelle seguite a captin, bessie e lula99 e grazie di avermi messo fra gli autori preferite a lula99...  GRAZIE DI CUORE!
Alla prossima, un bacio, Akilendra





Capitolo 6


È come se il mio corpo fosse addormentato, uno strano formicolio riempie le mie membra, la mia testa è pesante, e i miei occhi registrano solo nebbia intorno a me.

 

Cosa ho fatto?

'Hai mostrato l'altra faccia della medaglia'

Cosa sta succedendo?

'Stanno tutti guardando il riflesso sbagliato nello specchio'

Chi sono?

'L'altra faccia della medaglia'

Chi sono?

'Il riflesso sbagliato'

Chi sono?

'Anna, Anna Wellington!'

 

- Che sciocca! Scusami Caesar, il suo nome è Jenna!

 

La maschera si ricompone, la medaglia mostra la faccia che tutti vogliono vedere, lo specchio riflette l'immagine che tutti si aspettano; ma dentro di me, sento che qualcosa in quel precario equilibrio che avevo costruito, si è spezzato.

È doloroso rivolgere un sorriso convincente alle telecamere, fa male, fa male al cuore, fa male all'anima, fa male a me.

- Oh, non preoccuparti, l'emozione gioca brutti scherzi! - Smettila Caesar, smettila! Non dire niente, smettila di far finta che tutto questo non sia sbagliato, smettila di far finta di essere un uomo; un uomo non riuscirebbe a sopportare tutto questo, un uomo non lascerebbe morire così, ogni anno dei bambini.

- Ma torniamo a te. 12...mi piacerebbe sapere cosa hai mostrato agli strateghi per ottenere un punteggio così alto! -

Ora il mio sorriso è amaro. Ora il mio sorriso è solo mio, non per il pubblico, non per le telecamere, per Jenna, solo per Jenna.

- Temo che sia un segreto...- la mia voce esce in un sussurro, sottile e affilata come la lama della mia spada, il mio sguardo si alza verso gli spalti riservati agli strateghi - Ma credo concorderanno con me se dico che è stato qualcosa di...indimenticabile –

Ora le mie iridi buie cercano gli occhi verdi del primo stratega, lui sostiene il mio sguardo ' Si, dico proprio a te: puoi provarci, ma non scorderai mai il mio nome!'

- Nessuno in tutta Panem ti dimenticherà Anna! È stato un piacere conoscerti! Signore e Signori, Anna Wellington, distretto 7! - Caesar prende la mia mano, la bacia e la alza al cielo, mentre il pubblico esplode in urla assordanti che minacciano di ferirmi le orecchie e mi accompagnano fin dietro le quinte.

Ma fuori dal palcoscenico non c'é niente che possa ferirmi se non i suoi occhi, quegli occhi inconfondibili che ora mi fissano, arrabbiati.

'Ti prego Sam, non lasciarmi sola anche tu!', qualcosa nel suo sguardo cambia, la mascella serrata, il respiro irregolare, mi prende per un polso, mi porta lontano, quando arriviamo al nostro piano si ferma. Guardo attentamente i suoi occhi lucidi e invidio quelle lacrime che minacciano di uscire, gli invidio quelle lacrime che lui sta tenendo a forza dentro gli occhi, quelle lacrime che vorrei tanto bagnassero i miei.
-Che cosa ti è successo? - mentre me lo chiede il mio sguardo si abbassa, chiudo gli occhi, batto un pugno sul tavolo facendo tintinnare i bicchieri di cristallo che ci sono sopra. Nonmi fermo, continuo a picchiare le mani sul legno in un gesto diventato isterico e disperato, continuo esasperata, anche se i vetri rotti di un bicchiere mi feriscono le mani, è Sam a bloccarmi. Mi tiene stretta, così tanto da farmi male, così tanto da FARSI male, e io non ho la forza di opporre resistenza, in questo momento non ho nemmeno la forza di respirare, mi sento come un palloncino sgonfio che ha buttato fuori tutta la sua aria, come quel burattino a cui hanno tagliato i fili e ora non sa camminare.

Sam allenta la sua stretta, mi rigira piano tra le sue braccia, come fossi così delicata da potermi rompere da un momento all'altro, le sue mani alzano il mio viso, in un gesto improvvisamente dolce ed apprensivo, la rabbia di poco fa è completamnete scomparsa nei suoi occhi – Non ci hanno fatto caso...nessuno se n'è accorto...andrà tutto bene...- le sue parole servono più a lui che a me, eppure quando avvicina il suo viso al mio, non ho la forza di ritrarmi, non ho più la forza di essere forte, non ho la forza di fargli del male, di FARMI del male, non riesco davvero a trovare un buon motivo per cui dovrei negarmi anche quest'ultimo piccolo attimo di felicità.

E così esplodo, butto fuori tutto, ed è come se finora avessi trattenuto il respiro, il palloncino sgonfio capisce che può ancora riempirsi d'aria, il burattino impara che si può camminare anche senza fili, Jenna ora sa che non vale la pena essere forte: gli Hunger Games lo sono più di chiunque altro!

Premo forte le mie labbra sulle sue, assaporando ogni angolo della sua bocca, e per la prima volta mi rendo conto quanto io dipenda da lui, dalle sue labbra, dalla sua pelle, dalle sue carezze, dai suoi baci.

Senza sapere come ci siamo arrivati ci ritroviamo sul pavimento della mia camera, adesso sono io a stringerlo tra le mie braccia, fino a fargli male, fino a FARMI male; tolgo con impazienza i suoi vestiti, ostacoli inutili che mi separano dal profumo della sua pelle, e poi faccio quello che so fare meglio: corro.

Corrono le mie labbra, corrono a baciarlo come non hanno mai fatto.
Corrono le mie mani, corrono a strappare ogni piccolo brivido dal suo corpo.
Corre il mio cuore, corre allo stesso ritmo del suo, batte come se non lo avesse mai fatto.

E la sua bocca, di cui credevo di sapere ogni cosa, adesso ha un sapore nuovo, i nostri baci sono umidi e salati, ma non come le sue lacrime...come le mie!

Piccole gocce di sentimento scivolano via dai miei occhi, e piango, piango per tutte le volte che non l'ho fatto, piango perchè avevo dimenticato come si faceva, ora come una sirena che impara a camminare, lascio che il mio viso si bagni di quelle gocce d'acqua, salate come il mare, salate come il dolore. Piango perché in questo mondo per vivere bisogna pagare un prezzo troppo alto, piango perchè voglio promettere a me stessa che un giorno, prima o poi, sarò davvero padrona della mia vita, che un giorno, prima o poi, i miei figli non dovranno pagare nessun prezzo per vivere, piango per promettermi che questo giorno, prima o poi, arriverà.

E rido, rido perchè finalmente posso sentirmi libera anche solo per un minuto, rido perchè in questo momento non devo fingere di essere nessun altro, rido perchè per un istante posso sentirmi padrona di me stessa, rido perchè questo è l'attimo più bello di tutta la mia vita!

Qui tra le braccia del ragazzo che amo, non c'è niente che possa farmi male, qui gli Hunger Games non possono portarmi via niente, qui il tempo si ferma, non c'è nessun altro posto in cui vorrei stare, ma prima o poi anche le sue barccia dovranno lasciarmi.

- Ho paura - le mie parole sussurrate nella notte sono rivolte soltanto a me, ma Sam è troppo vicino per far finta di non averle sentite, con una mano porta la mia testa sul suo petto nudo, mi stringe forte, le sue labbra baciano la mia tempia, il calore del suo corpo sembra curare almeno in parte le ferite del mio cuore.

- Ti amo – mi dice con le labbra ancora poggiate sulla mia testa, io non gli rispondo, non l'ho mai fatto quando me lo diceva le notti che passavamo insieme nel nostro distretto, e non lo farò ora, così spero di ingannarmi, di far credere a me stessa che non sia cambiato niente da quelle notti che adesso sembrano lontane anni luce. Mi ritrovo a chiudere gli occhi e a sperare di riaprirli e di trovarmi di nuovo a casa, nei miei boschi, mi scopro a pregare che sia tutto un sogno, mi rifiuto di pensare che questa potrebbe essere l'ultima notte che passiamo insieme, mi rifiuto di pensare che tra qualche ora potrei essere morta, ma l'alba sorge maligna e crudele e oggi iniziano i miei Hunger Games.

Quando Zelda entra in camera, come al solito senza bussare, non mi preoccupo neanche di cercare inutilmente di allontanarmi da Sam, non mi preoccupo di spiegare che non è come sembra, è esattamente come sembra, sono un acondannata a morte e voglio il mio ultimo desiderio, mi alzo dal pavimento gelido e lo guardo: eccolo il mio ultimo desiderio, il mio ultimo attimo di felicità.
Spingo Zelda, rimasta pietrificata sull'uscio, fuori dalla porta e gliela chiudo in faccia, prima che possa dire qualsiasi cosa che in questo momento non ho voglia di sentire - Apri! - le parole di Zelda arrivano ovattate da dietro la porta ' Non ci penso nemmeno' – Anna! Apri subito! -
'Qualsiasi cosa tu dica rimarrai fuori' - Apri! Il presidente Snow vuole vederti! - I miei occhi corrono subito a fissarsi in quelli di Sam, lui serio si alza e va ad aprire la porta – Cosa vuole il presidente Snow da lei? - chiede quasi ringhiando – Non lo so...-
- Io non voglio andarci! - dico risoluta – Non si può dire di no al presidente! - la voce di Zelda ha qualcosa che mi spaventa, Sam richiude la porta piano, lasciando una Zelda interdetta fuori, mi fissa a lungo, ci vestiamo in fretta e poi veniamo scortati in una saletta dal soffitto, pavimento e pareti completamente nere.

Continua a stringermi la mano, non vuole proprio saperne di lasciarmi neppure quando uno dei due uomini vestiti di nero gli dice esplicitamente che deve farlo perchè lui non può entrare, sono io che mi alzo e lascio a malincuore la sua mano, gli rivolgo uno sguardo che vorrei sembrasse rassicurante, ma lui mi conosce troppo bene per non notare che dentro di me, tremo.
Oltrepasso la porta metallica e mi ritrovo in una stanzina dalle dimensioni opprimenti, completamente bianca, preferivo l'angusto e tetro nero della precedente, al bianco innaturale e accecante di questa. C'è qualcosa in questo colore di cui è ricoperta ogni cosa, di perverso e maligno, c'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo bianco. Una figura anch'essa bianca si muove in un angolo della sala, e voltandosi mi mostra il suo viso, se non fosse per la faccia di un rosso paonazzo, quest'ometto dall'altezza discutibile, si potrebbe tranquillamente mimetizzare col resto della sala, ma quel suo viso per niente pallido tradisce l'illusione.
Quando sento i suoi occhi puntati addosso, un istinto antico quanto la vita mi dice che non dovrei essere qui, che forse farei meglio a scappare via finché sono in tempo, ma non lo faccio e mi costringo a rimanere esattamente dove sono senza distogliere lo sguardo dai suoi spaventosi occhi da rettile.
- Si sieda, stia comoda! - la falsa gentilezza nella sua voce non mi inganna, per un momento vorrei rifiutare, ma decido che forse non è una buona idea, ma sebbene mi siedo, tengo i muscoli tesi, pronti a correre via da tutto questo bianco – Ti chiederai perchè ti ho invitata qui... - ' No, tu mi hai costretta!' vorrei ribattere, ma mi mordo la lingua - Ebbene, volevo augurarti personalmente buona fortuna – le sue parole escono dalla sua bocca insieme ad un sibilio piuttosto inquietante – Ti ho subito notata sai? Fin dalla sfilata dei carri, ho visto anche quanto sei veloce e che te la cavi bene con la spada – mentre dice tutto questo si insinua nella mia mente il dubbio che qualcuno abbia spiato ogni mia mossa per riferirla al presidente, il solo pensiero mi fa sentire braccata, in trappola, ma mi dimentico che io sono un tributo degli Hunger Games, la gente si divertirà guardandomi morire, il fatto che qualcuno mi abba spiata passa in secondo piano.

- Ma soprattutto, ho visto quanto sei brava ad aggirare i sistemi di sicurezza - '

Oh, c'era ben poco d'aggirare, bastava salire due scalini e aprire una porta, ma immagino sia troppo umiliante ammettere che vi ho colto alla sprovvista' - Eri davvero...deliziosa...ieri sera durante le interviste – quando pronuncia la parola 'deliziosa', sussulto dal modo in cui lo dice e quando poi subito dopo si inumidisce le labbra con la lingua, ho seriamente paura che voglia mangiarmi!

Ma quello che davvero mi spaventa, ora che ha parlato dell'intervista, è che possa avere qualche sospetto, che abbia scoperto il mio segreto, ma questa mia paura è del tutto irrazionale e insensata, come potrebbe?

Infondo ho solo sbagliato nome, 'Ma non si sbaglia nome, se quello è il tuo' ... Ma è impossibile che sappia, ma allora perchè sono qui? Il presidente Snow non si scomoda per augurare buona fortuna ad un semplice tributo.

- Perchè sono qui? - decido di dar voce ad una delle mille domande che mi ronzano in testa

– Gliel'ho detto Signorina Wellington – dice con una voce fin troppo ingenua per essere credibile, il fatto che sia pasato al 'lei' mi mette all'allerta; passeggia alle mie spalle, cosa che mi rende nervosa perchè è fuori dal mio campo visivo – E così il grande presidente Snow si prende il disturbo di augurare personalmente buona fortuna ad un semplice tributo... - dico prendendo coragggio e mettendo forse un po' troppo arroganza nella voce.

Un odore nauseabondo mi riempie le narici e un paio di fredde labbra mi sfiorano l'orecchio – Ma tu non sei un semplice tributo... - devo fare appello a tutta la forza di volontà che ho in corpo per non mettermi ad urlare.

Lui.
La sua bocca.
Quell'odore.
Bianco.
Rosso.
Bianco come la rosa nel suo taschino.
Rosso come il sangue.
Quell'odore.
Rosso.
Sangue.
Odore di sangue.

 

Ora è davanti a me, i suoi occhi velenosi mi studiano – è tardi, è ora che tu vada – dice senza nemmeno guardare l'orologio, con grande sollievo mi alzo, mi volto e mi sforzo di non correre, ma camminare per raggiungere la porta - Ah, dimenticavo... ricordati di portare i miei saluti a tua sorella, quando tornerai a casa...-
'Perchè è così sicuro che tornerò? Perchè ha tirato fuori mia sorella?' Mi volto, per un attimo vengo invasa di nuovo dalle mie paure, ma le scaccio in fretta, 'Sto uscendo, è andato tutto bene, lui non sa nulla' , ritorno a guardare la porta, la mia mano si poggia sulla maniglia - Bhè... allora : Buona fortuna...Jenna! - un solo pensiero mi ronza in testa, ed è terribile, inaccettabile, è spaventoso :' LUI SA...'

  
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