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Autore: Raggedy Moon    21/01/2013    2 recensioni
Dalla storia:
Allora, l’unica cosa che rimane da fare al francese è dipingere: porterà a compimento quel ritratto, perché ormai non ha più niente da perdere, ma prima ha bisogno di qualcosa di forte.
Vincent Van Gogh e Paul Gauguin hanno convissuto ad Arles per poco più di un anno: in questo hanno, Vincent dipinge i Girasoli, e Paul termina il ritratto di Van Gogh.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Dedica: a tutti gli artisti folli


Quei suoi folli Girasoli


Osservare Vincent mentre dipinge fa paura, come un po’ tutto di lui: persino quando dorme, i movimenti frenetici che scuotono il suo corpo svegliano continuamente Paul, che tenta di riposare nel letto lì accanto.
In questo momento, per esempio, sta percorrendo nervoso la piccola stanza, con il sole mattutino che riverbera tra i suoi capetti rossi disordinati e sulla barba perennemente sfatta: sembra un fuoco, di quelli impetuosi e roboanti che passano incuranti sopra ad ogni cosa. Giocherella con il pennello sporco di blu, rigirandoselo tra le dita e sporcandosi le mani di colore ad olio: sempre nervoso, sempre in movimento, come i suoi quadri. Tele inquietanti, piene di colore che prende a pugni gli occhi e l’anima; tutto delle sue opere parla di lui, delle sue paure e della sua follia.
 
E Paul l’osserva: vorrebbe fare un ritratto a quel pazzo, mentre dipinge i suoi folli Girasoli.
 
Perché i girasoli, poi?
 
“Posso farti un ritratto?”
Paul non s’accorge nemmeno che quelle parole gli siano uscite dalla bocca; quella stessa bocca che, lui non lo sa, Vincent ha visto miliardi di volte nei suoi deliri allucinati. Ma ora Vincent è distratto, assorto nella sua pittura, e annuisce appena, continuando a dare colpi nervosi di pennello sulla tela, senza nemmeno accorgersi che Paul gli si sta avvicinando. Non si cura nemmeno di quell’amico che ha tanto pregato di venire a vivere con lui in mezzo ai campi di Arles.
Paul gli posa una mano sulla spalla, facendolo voltare bruscamente: occhi negli occhi, gli urla in faccia tutto il suo disprezzo.
“PERCHÉ SEI SEMPRE COSÌ APATICO, CAZZO?! Hai insistito tanto, e adesso non ti accorgi nemmeno di me! Io odio questo posto, questi campi troppo gialli, questo cielo troppo azzurro, questa casa troppo disordinata, questo odore troppo forte di olio e acquaragia!”
 
E odio anche i tuoi occhi troppo blu e i tuoi capelli troppo rossi, vorrebbe dire, ma si tiene tutto dentro e continua a sbraitare e gesticolare in faccia all’olandese.
 
“Mi annoio, mi annoia la mancanza di mondanità, mi annoiano i corvi che spiccano il volo all’improvviso, e mi inquietano questi tuoi dannatissimi quadri!”
Paul gli ha urlato in faccia tutto il suo disprezzo, ma Vincent non si muove: si limita a guardarlo con occhi spenti e a borbottare qualcosa in olandese (probabilmente un insulto). L’unica azione che gli riesce di compiere è andarsene, ancora con il pennello in mano, e Paul può solo guardare dalla finestra la sua chioma rossiccia che attraversa i campi e sparisce all’orizzonte. Sa benissimo dove andrà: a bere, ad ubriacarsi, e poi a farfugliare qualche scusa per non pagare il conto, poi si infilerà in qualche brothel 1 e vi rimarrà tutta la notte, per poi tornare a casa il mattino presto, con gli occhi gonfi e arrossati; ignorerà Paul e dormirà un po’, e forse passerà il pomeriggio a dipingere.
 
Allora, l’unica cosa che rimane da fare al francese è dipingere: porterà a compimento quel ritratto, perché ormai non ha più niente da perdere, ma prima ha bisogno di qualcosa di forte. Tengono una bottiglia di assenzio nel mobiletto con le ante scolorite, ed è proprio quello che Paul desidera: si deve essere folli per dipingere un ritratto di Vincent, e quella dannata Fata Verde lo aiuterà a trovare la pazzia necessaria. Spalanca le ante di legno con foga, ma quando vede la bottiglia rimane paralizzato: è rimasto solo un fondo del liquido verde, che Paul tracanna d’un fiato, con rabbia.
Non è possibile che Vincent in sue soli giorni abbia finito una bottiglia d’assenzio!
Scaglia a terra il vetro, ormai inutile, fracassandolo e spargendone i cocci appuntiti per tutta la stanza.
Impiega qualche minuto per calmarsi, ma infine impugna il pennello, distribuisce i colori necessari sulla tavolozza ed inizia a colpire la tela: giallo, azzurro, rosso, i toni si mescolano a formare il volto dell’amico, concentrato sui suoi folli Girasoli.
 
Questo sono io, ma sono io diventato pazzo.2
Non una parola in più.
 
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, l’ammaccato castello di carte su cui si regge in equilibrio la Casa Gialla crolla. Paul esce nei campi, scocciato e arrabbiato dopo l’ennesimo litigio: ha con se le poche cose che aveva portato ad Arles, e sa che non tornerà mai più con l’olandese. Vincent lo segue: ubriaco, ha scagliato un bicchiere vuoto, mancando di poco la faccia dell’amico, ed ora stringe in mano un rasoio. Quando si trovano faccia a faccia, Vincent non trova il coraggio di compiere quel gesto fatale, e scappa verso la casa: così crolla definitivamente quel fragile equilibrio.
 
E con quello stesso rasoio, Vincent macchia di rosso i suoi capelli, e quei folli girasoli.





1: bordello, non so perché ma ho preferito lasciarlo in inglese
2: commento che fece Vincent vedendo il suo ritratto (non letterale)


Precisazioni: tutto ciò non ha alcuna pretesa di veridicità storica: non posso sapere come siano andati realmente i fatti, mi sono solo limitata ad immaginare. Le informazioni sui tempi e sui rapporti tra Gauguin e Vincent le ho prese principalmente da Wikipedia e dal documentario della BBC Van Gogh - Painted with words.

Commenti vari ed inutili: Van Gogh è uno dei miei pittori preferiti, e dopo aver visto il documentario, complice una noiosa doppia ora di storia, ho buttato giù questa cosa. Se volete, potete leggerci dello slash accennato, ma non è necessario (capito Greta?).
Ah, quasi dimenticavo: quando girasoli è scritto con la maiuscola, si intende il quadro (precisamente Vaso con Dodici Girasoli, del gennaio 1889 e conservato Philadelphia Museum of Art); quando invece è con la minuscola, si intendono proprio i fiori che Van Gogh aveva in casa (suppongo, dato che non dipingeva a memoria) e che gli erano stati regalati da Amy Pond.

Miao!
   
 
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