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Autore: Layla    22/01/2013    2 recensioni
Cosa pensi Sakura al campo, mentre attorno a lei succedono eventi in cui lei è solo marginale non si sa.
Riflette su sé stessa, sulla vita e sul fatto che dopotutto c'è solo una persona di cui è disperatamente innamorata: Sasuke.
Sasuke che forse anche per lei prova qualcosa. Forse sì forse no.
"“Non hai niente da dirmi, Sakura?
Non hai paura di me, Sakura?
Potrei ucciderti subito, Sakura.”
Se l’avesse voluto davvero a quest’ora sarei già un cadavere che guarda la luna senza vederla davvero.
“Sasuke, guardami negli occhi.”
“Cosa?”
“Non ho nulla da dirti, non adesso e non in queste circostanze, non ora che sei ancora pieno di tenebre. Non ti farò prediche né griderò aiuto, ma ti chiedo solo una cosa: guardami negli occhi per un po’.”
[SasuSaku basata su "Ghost on the dancefloor" dei blink-182]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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A Calcifer a.k.a. Jaheira
a.k.a. Jaheira a.k.a. J
a.k.a. Elisa

Per l'albero dei minchietti
e per tutto il resto.

Aka nel cuore.

1)I ricordi dei fantasmi.

I'll never let you down, boy. I'll never let you go.
Your subtle hint of life is so innocent and scary.
So tell me that you're here, boy, she says, and if she knows,
When God took her with time, God made me quite alone.

 

La guerra non è come te la raccontano i poeti.
La guerra non è come te la raccontano i romanzi né le leggende.
La guerra non è nemmeno quel qualcosa di quasi epico che ti raccontano gli anziani o quelli che hanno partecipato alle varie guerre ninja.
L’unico che si è avvicinato un po’ alla verità è stato Kakashi-sensei, ma è perché lui in guerra ha perso il suo migliore amico ed è torturato dal rimorso di non averlo potuto salvare.
La realtà della guerra è solo un campo di battaglia con uomini che si affrontano a colpi di kunai o di jutsu mediocri e poi vengono feriti o uccisi. Gli Hyuga egli Uchiha sono solo gemme rare e i kage non possono essere sempre sul campo di battaglia o su tutti i fronti.
La guerra è fatta di sangue, di corpi che cadono, di polvere mista a sangue, di cadaveri e di gente che viene ferita.
Quando cala il silenzio non è mai un vero silenzio: ci sono le spie che osservano i nostri movimenti e gli uccelli che cercano in quei resti miseri di uomini un po’ di cibo.
Ecco, forse è questa la sintesi più efficace: la guerra ci fa diventare cibo per uccelli.
Io mi chiamo Sakura Haruno, ho sedici anni e sono un ninja medico.
Appaio pochissimo nel famoso campo, nonostante la mia maestra Tsunade mi abbia insegnato a essere forte, perché la mia categoria è quella che va protetta più di tutti.
Noi siamo come gli uccelli e i becchini: quelli che appaiono alla fine, contano i morti e si danno da fare per i feriti, il più delle volte anche durante la battaglia.
A volte ce li portano i loro compagni, li curiamo e poi diciamo loro di stare buoni per un attimo, ma la maggior parte di loro non ci ascoltano.
Chi ha la forza per alzarsi si butta di nuovo nella mischia e io spero sempre di non rivederlo cadavere alla sera.    
A volte succede, a volte no.
Alla sera la battaglia si prende una pausa, le truppe ritirano i feriti e seppelliscono i morti. Non sono mai funerali lunghi: una fossa, qualche parola di commiato, un pensiero a cosa scrivere a chi li aspetta a casa, una croce ed è tutto finito.
I feriti sono affar mio, spremo il mio chakra per loro, mi prodigo nelle arti mediche che mi hanno insegnato e  certo di farli stare meglio.
Tutti.
Dal primo all’ultimo, non voglio che muoia nessuno e a volte arrivo a esaurire il mio chakra e a rischiare il collasso io in prima persona. È allora che interviene Ino.
Mi porta via, mi fa sdraiare, cura gli ultimi feriti e poi viene da me. Mi costringe a mangiare e mi tiene ferma quando voglio alzarmi nonostante sia pallida da far paura.
È forte Ino – più forte di me – l’ho sempre saputo. Io sono Sakura, il fiore fragile della primavera, lei è la cosmea il fiore forte dell’autunno in grado di resistere per un po’ ai primi freddi.
Questa è una di queste serate, una delle solite serate. Ino mi sta obbligando ad ingoiare del curry e io invece vorrei alzarmi e fare qualcosa per il ragazzino che sento lamentarsi nella stanza accanto: gli hanno maciullato una gamba e ha solo quattordici anni.
Non dovrebbe essere qui – nemmeno io dovrei – ma una volta diplomato all’accademia sei abile alle armi e la guerra non la puoi evitare.
“Ino, fammi alzare! Non senti come si lamenta? Devo fare qualcosa per lui!”
“Stai giù! C’è già Ishida da lui, tra poco gli daranno un antidolorifico e mangerà e poi si farà un bel sonno ristoratore.”
“E poi, Ino? Domani vorrà tornare là fuori e chi gli dirà che non sappiamo nemmeno se quella gamba gliela potremo salvare?”
Il suo sguardo si fa triste.
“è la guerra, Sakura. Non puoi cambiarla, puoi solo sperare che finisca e che tu sia tra i sopravvissuti.”
Questo mi stronca e mi fa riprendere a mangiare tristemente il mio riso, Ino ha ragione: non posso farci nulla.
Lei lo sa meglio di me, lei non ha più il suo sensei e so che lo rivorrebbe indietro e che la vendetta di Shika non ha sanato in alcun modo quella ferita.
Riposo ancora un po’ – la testa mi gira di meno rispetto a prima – e poi raggiungo Ino fuori. La trovo seduta accanto a un piccolo fuoco, ci sta facendo arrostire dei marshmallow e alza la mano libera in un cenno di saluto.
“Stai meglio, fronte spaziosa?”
“Sì, Ino-pig. Sembrano buoni quei cosi.”
“Lo scoprirai presto, non c’è niente di meglio che dei marshmallow e della cioccolata per cercare di stare meglio.”

Io annuisco.
“Grazie per prima e per tutto quello che fai.”
Lei alza le spalle.
“Siamo amiche, Sakura. Le amiche fanno questo.”
Rimaniamo in silenzio, in compagnia solo del crepitare del fuoco e dei rumori della note: pare non ci siano spie intorno.
La bionda continua a cuocere quei cosi, quando ha finito li mette su un piattino e tira fuori un thermos e due tazze in cui versa della cioccolata. Me ne porge una, in cui navigano due marshmallow, io inizio a bere in silenzio.
“Per chi combatti, Sakura?”
Mi chiede a un certo punto, io la guardo senza capire.
“Tu non stai combattendo per Konoha, per la pace o per qualcosa che ci hanno opposto. Tu ti stai accanendo come una martire per un’altra ragione, come se avessi fatto una promessa a qualcuno, a chi, Sakura?”
“Ma che stai dicendo, Ino?”
“Cerco di farti sputare un rospo che rischia di soffocarti, Sakura, non puoi continuare così.
Nessuno ha mai vinto contro i mulini a vento.”
Io deglutisco, qualcuno alla fine se ne è accorto che il mio accanimento non è normale e che nasconde un secondo fine – una promessa, una ferita che sanguina ancora – solo lei poteva farlo.
Ino mi conosce da quando avevamo cinque anni e anche se per un periodo siamo state rivali la nostra amicizia non è mai finita.
Solo che è dura dirle che sto combattendo per un fantasma: una persona che non sa della mia promessa e che riderebbe se lo sapesse.
È dura avere il cuore spaccato a metà. È dura tenere – seppur in modo diverso – a due persone dalla parte opposta della barricata.
Stringo la tazza con più forza e Ino mi guarda calma.
Sto per parlare quando un gruppo dei nostri arriva trafelato sorreggendo un vecchietto, io e lei ci guardiamo e – lasciando perdere le nostre tazze – gli corriamo incontro.
“è stato attaccato dai nemici, ha bisogno di cure.”
Io guardo l’uomo – ha un’aria dolce e bonaria, potrebbe essere mio nonno – e poi i miei compagni.
“Sicuri che non sia una spia?”
Un’altra delle conseguenze della guerra è che prima o poi il cinismo ti cresce dentro – come una pianta maligna e benigna allo stesso tempo – e ti avvolge come una solida corazza.
“Il capitano ha controllato.”
“Benissimo. Io  e Ino arriviamo subito.”
“Sì, Haruno-san.”
Io e la mia amica facciamo sparire le tracce del nostro piccolo momento di relax e li seguiamo all’interno della tenda, loro lo depositano nell’ultimo posto libero e poi se ne vanno.
L’uomo è incosciente, io e Ino lo curiamo senza dirci molto: le sue ferite non sono gravissime, domani mattina prima dell’alba se ne potrà andare con la dovuta scorta.
“Chissà cosa ci faceva in giro a quest’ora con una guerra ninja in corso?”
Chiedo alla Yamanaka.
“Beh, potrai chiederglielo tu stessa, è sveglio.”
Io mi volto verso il paziente ed effettivamente mi guarda con un mezzo sorriso.
“Io sono la dottoressa Sakura Haruno, lei è la dottoressa Ino Yamanaka e lei si trova dentro l’ospedale di uno degli accampamenti di Konoha.”
Mi presento sbrigativa, lui annuisce.
“Io sono Yoshito Takenori, abito nel villaggio vicino.”
“è protetto da mura che lo tengono lontano dal campo di battaglia, cosa ci faceva in giro a quest’ora?
È pericoloso, le spie o i ninja nemici sono in giro per dei pattugliamenti.”
La mia voce suona più tagliente di quello che vorrei, ma non ci posso fare niente: questa guerra e tutto quello che è successo prima mi hanno indurito il cuore, della ragazzina dolce e gentile che ero è rimasto ben poco.
Lui ride e io lo guardo stralunata.
“Ero dove ho incontrato la prima volta mia moglie, è morta pochi mesi fa e mi manca molto.
Ho vissuto abbastanza su questa terra per lasciarla senza rimpianti e poi non vedo l’ora di rivederla.”
I miei occhi si velano per un attimo, è come se Sasuke fosse qui con me a ridersela in silenzio e a guardarmi con quegli occhi indecifrabili in cui più volte ho creduto di vedere interesse nei miei confronti.
Lui non sfiderebbe mai le forze nemiche per stare solo con me ed è in questo momento che mi sento attaccata alla vita solo con un filo. Un filo fragilissimo che potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento: il giorno in cui mi renderò conto che quello che faccio qui è inutile, il giorno in cui Ino o Sauke o Naruto moriranno.
“Quanti anni hai, ragazzina?
Mi chiede il vecchio.
“Sedici.”
“Anche tu hai l’aria di una che ha sofferto molto.”
Io non rispondo.
“Deve avere amato molto sua moglie, per aver rischiato la vita uscendo con questa guerra di merda in corso.”
Lui sorride.
“L’ho amata molto, anche se non sono stato il migliore dei mariti e spesso l’ho fatta soffrire. Senza di lei faccio molta fatica a vivere, non riesco ad immaginarmi senza di lei, a volte la cerco.
Figuriamoci accettare che non la rivedrò mai più, che non siederemo più sul portico a guardare il tramonto, che non mi insulterà più per poi farmi trovare una cena da leccarsi i baffi pronta.
Gli occhi mi si velano di lacrime, questo sconosciuto sta parlando della mia vita matrimoniale con Sasuke come me l’ero sempre immaginata. Dio, perché continui a punirmi?
“Sakura?”
Mi richiama alla realtà Ino.
“Sì, scusami. Forse è meglio lasciarlo riposare.”
“I vecchi vanno a letto tardi e tu hai i miei stessi occhi tristi, Sakura. Chi hai perso?”
Io mi siedo su una sedia.
“Lui non è morto, ma è come se lo fosse. È dall’altra parte della barricata, un giorno è scappato dal villaggio e si è unito a loro per vendicarsi.
Ha il cuore pieno di tenebre, talmente pieno che anche quando l’ho rivisto dopo non ho saputo come penetrarci. Era come se la persona che conoscevo fosse morta, ma io lo amavo e lo amo ancora e non posso fare a meno di sperare che un giorno torni da noi.
Torni al suo villaggio e chieda scusa.
Torni da me e mi dica che mi ami, non solo uno stupido “grazie”, che dio solo sa cosa vuoglia dire.
Mi manca, mi manca da impazzire.
Ho cercato di dimenticarlo e non è servito, ho cercato di mettermi con il mio migliore amico, ma lui mi ha fermata appena in tempo.
Non so cosa fare.
Quando lui se ne è andato ero una ragazzina debole, ho cercato di diventare forte e ci sono riuscita: curo le persone, con un pugno posso frantumare il terreno, ma non sono ancora capace di guarire il suo cuore e di frantumare le sue tenebre.
Non potevo e non posso pensare a una vita senza di lui, eppure è quello che sta succedendo.”
Lui mi sorride.
“Quello che è tuo prima o poi tornerà da te, Sakura. E ora vai a dormire, quella che ha bisogno di farlo sei tu non sono io.”
Ino gli sorride grata e mi trascina verso la mia branda. Mi stendo, ma continuo a pensare alle parole dell’uomo chiedendomi se si avvereranno.
Davvero se Sasuke è mio tornerà da me?

 

It's like the universe has left me without a place to go.
Without a hint of light to watch the movement glow.
Where a song was slowly starting, your memory felt so real.
At first against my will, that God invented chills.

 Il giorno dopo – prima dell’alba come concordato – il vecchietto lascia l’ospedale da campo e viene scortato al suo villaggio. Gli ho dato delle medicine, spiegato quando prenderle e gli ho raccomandato di non uscire più la notte perché una seconda volta potrebbe non essere più così fortunato visto che la nostra pattuglia l’ha trovato per caso.
Lui mi fa il suo sorrido enigmatico e se ne va, io rimango imbambolata per un po’ a vederlo sparire dietro la linea dell’orizzonte fino a che i primi raggi del sole non mi fanno alzare una mano per proteggere i miei occhi verdi.
Il sole sale lentamente come una palla infuocata e stende i suoi raggi violenti su un prato verde che sarebbe meraviglioso, se non fosse per i cadaveri che ancora si vedono, i segni delle buche delle carta bombe e lo scintillare dei kunai rimasti a terra.
E all’improvviso lo rivedo: in un’altra scena, in un ricordo che non è nemmeno mio ma di Naruto.
Lo vedo dodicenne combattere contro Naruto, li vedo lanciare quelle tecniche da effetti speciali – roba che io non imparerò mai perché non ho il chakra giusto o sufficiente – con le facce deformate dalla rabbia.
Uno intenzionato a farlo rimanere e l’altro ad andarsene a tutti i costi: due cuccioli di leone che combattono per decidere chi è il più forte e quello con l’idea migliore.
Li sento come se lì ci fossi anche io urlare i loro credo. Naruto che lo vuole salvare e gli urla che è come un fratello per lui e che non gli permetterà di rovinarsi la vita, Sasuke – con il suo sorriso da stronzo – lo deride e dice che non vuole legami.
Ci sono anche io e non posso urlare la mia.
Ci sono anche io ed è come se non ci fossi perché questa è solo una cazzo di illusione e non la realtà. Eppure nonostante questo per un attimo mi sento come se non avessi peso o importanza, come se l’universo mi avesse lasciata senza un posto dove andare o dove rendermi utile.
Mi sento una semplice osservatrice che osserva il corso degli eventi senza poterli modificare perché non ha la forza sufficiente per farlo.
Sono in una posizione pericolosa, ci pensa la mano di qualcuno a ricordarmelo appoggiandosi alla mia spalla. Sobbalzo e mi porto una mano al cuore, per fortuna è solo Hinata che mi sorride un po’ a disagio.
Non è più timida come anni fa, ma non è ancora del tutto a suo agio con le persone.
“Sakura-chan, stare qui è pericoloso e poi deve partire la prima squadra.”
Io annuisco e la seguo all’interno sentendomi una stupida, ormai lui entra persino nelle mie allucinazioni e intralcia il mio lavoro.
“Che ci fai qui, Hinata?”
“Da domani io e la mia squadra siamo destinati a questo fronte, Kiba sta già parlando con il comandante tra poco anche io e Shino  lo incontreremo.”
Io annuisco.
“Vuoi del caffè?”
“Sì, grazie.”
Sono sempre un po’ a disagio con Hinata, non perché sia una ragazza cattiva o antipatica, ma perché ero a un passo dal distruggere il suo sogno e il suo amore solo per la mia vigliaccheria.
La guardo mentre bevo il caffè, i capelli sono più lunghi, la pelle segnata da qualche piccola cicatrice, ma quello che mi sorprende di più è lo sguardo sicuro nei suoi occhi.
Prima raramente guardava le persone in faccia e preferiva giocare con i suoi indici a causa della timidezza, ora sembra aver perso quel vizio ed aver acquisito una nuova forza.
Non sono mai stata una di quelle che chiamava Hinata “inutile”, ho sempre saputo che lei era come una di quelle miniere di diamanti situate molto in profondità, ma anche molto ricche.
Lei ha avuto il coraggio di scavare fino in fondo a sé stessa e tirare fuori diamanti brillanti come stelle – e tutto solo per camminare al fianco di Naruto – io invece mi sono fermata alle prime pietre luccicanti.
Forse è per questo che io di Sasuke continuerò a vedere la schiena ancora a lungo – nonostante tutti i feriti che mi prodighi a salvare – e lei non è lontana dal realizzare il suo sogno.
“A cosa pensi, Sakura?”
“A niente, Hinata!”
Lo sguardo che mi rifila indica che non mi ha creduto affatto e che è pronta a tornare all’attacco.
L’arrivo provvidenziale di Kiba e Shino mi salva dal dover rispondere a questa domanda imbarazzante.
I due mi salutano di buon umore e poi portano Hinata presumibilmente dal comandante di questa divisione. Non ho ancora voglia di parlare di Sasuke, non ho voglia che questa ferita si riapra ancora se non è necessario.
Intanto che loro non ci sono faccio il primo giro tra i feriti, il dodicenne di ieri è sveglio e guarda fisso davanti a sé, non mi degna di uno sguardo mentre controllo le medicazione e il resto.
“Posso andare a combattere?”
“Non se ne parla nemmeno con questa gamba, dopo devo fare un ulteriore controllo e probabilmente un’altra operazione.”
“Cosa mi sta dicendo? Che diventerò zoppo?”
Urla pieno di rabbia.
“NO, che proverò in ogni modo a farti tornare a camminare!”
“E intanto cosa faccio? Là fuori ci sono il mio migliore amico, mia sorella e la ragazza che amo.”
Arrossisce mentre dice questa frase, ma non abbassa gli occhi, è un’altra testa calda come Naruto.
“Se mi dici i nomi ti terrò informato ogni giorno.”
“Perché siamo qui, dottoressa Haruno?
Konoha vale davvero tutto questo?”
Tenta di alzare una gamba senza riuscirci, io non so cosa rispondere. Me lo sono chiesta anche io in tantissime notti insonni.
Perché i bambini dovrebbero fare la guerra?
Vale davvero la pena?
La guerra ti leva tutte le illusioni e ridimensiona le ideologie che ti hanno imposto, per continuare ad andare avanti ti serve un compromesso e lo devi cercare nelle piccole cose di ogni giorno.
“Voglio essere onesta con te, non ho risposte da darti perché me lo sono fatta anche io senza trovarle
.Ti piaceva la vita al villaggio prima di questo?”
“Sì.”
“E allora combatti per te e per le persone che ami per ritrovare quello che avevi e che credevi eterno e non vergognarti se perdi tempo in un ospedale. Uscirai di qui e tornerai a combattere per loro e per quello che hai perso.”
Lui annuisce, non so quanto mi abbia ascoltato, ma almeno si è calmato.
Finito il giro mi ritrovo Hinata, Ino Kiba e Shino seduti al tavolo che ridono e scherzano, con davanti delle tazze di qualcosa.
“Ehi, Sakura-chan. Non fai colazione insieme ai tuoi vecchi amici?”
Mi urla Kuba, facendomi trasalire: mi ero completamente dimenticata del pasto chiamato colazione, nonostante i rimproveri di Ino.
“Sì, certo. Arrivo.”
Mi siedo al tavolo, i miei piedi si appoggiano sull’ingombrate presenza di Akamaru, ma a lui non sembra dare fastidio.
“Siamo riusciti a rimediare una torta al cioccolato, ce la spartiamo?”
Kiba sembra eccitato, una torta è merce rara di questi tempi. Annuiamo tutti.
Ino si dà da fare con the, caffè e latte e noi apriamo la scatola, loro sono agitati come bambini il giorno di Natale, Shino fa apparire da non so dove un coltello e la taglia in fette precise.
Poco dopo Ino serve le bevande, i due ragazzi parlano della guerra e del fronte, Hina tace e so a chi pensa.
“Hinata-chan, ci sono arrivate notizie di Naruto. Sta bene, sta completando un allenamento e presto si unirà a noi.”
Hinata sorride sollevata, ci tiene davvero a Naruto.
“Sakura-chan, so che hai chiesto a Naruto-kun di metterti con te.”
Il mio cuore perde un colpo.
“So che ha rifiutato e mi dispiace per te. Non ti serbo rancore.”
Lo dice sorridendo, i suoi occhi bianchi non hanno un’ombra di falsità.
Eccola la vera forza, Sakura. Ce l’hai davanti e si svela senza pretese, anzi persino con una certa timidezza.
“Sei davvero buona, Hinata-chan e … Stai tranquilla, non amavo veramente Naruto, era solo un rimpiazzo di Sasuke e merito di essere biasimata per questo.
Lei sorride.
“Hai solo cercato di fare la cosa che credevi fosse giusta per far andare avanti la tua vita.”
Ecco di nuovo la vera forza, io non ne ho nemmeno un briciolo della sua, mento sempre a me stessa, a volte anche agli altri- Cerco di fare il super medico sapendo benissimo che l’unica che ha bisogno di essere salvata sono io e che può farlo una sola persona: la sola che mi ha distrutto.
Visti da lontano sembriamo una normale tavolata di adolescenti: c’è il ragazzo estroverso che è al centro dell’attenzione con le sue storie grandiose, c’è il timido che interviene ogni tanto a ridimensionare la spacconeria dell’amico e ci sono tre ragazze che ascoltano e commentano.

Sa di adolescenza, adolescenza pura, adolescenza normale.

Sembra quasi che la guerra là fuori non esista e che non ci sia l’alta possibilità che io debba curare uno di loro o assistere al suo scarno funerale.
Devo cacciare i cattivi pensieri e l’unico modo che mi viene in mente è immaginare che qui ci siano anche gli altri: Naruto, Shikamaru, Choji, Neji, Rock Lee, Ten Ten e... Sasuke.
Non Sai, nessuno prenderà mail il posto di Sasuke nel nostro team.
Come un flash mi viene in mente il giorno in cui ci siamo diplomati all’accademia ninja, ci era sembrata una cosa carina trovarci tutti insieme a festeggiare con un gelato.
Ci rivedo fuori dal gelataio come se il mio ricordo fosse un fotogramma di un film in cui sai già si abbatterà la tragedia sui protagonisti.

[Siamo fuori dal gelataio e forse la mia idea di riunirci tutti insieme non è stata poi così buona, penso attorcigliandomi i capelli e guardando il rumoroso spettacolo davanti a me.
Naruto e Kiba stanno litigando per non so cosa e Akamaru ringhia leggermente contro il biondino: tra i due non è mai corso buon sangue.
Naruto tenta di chiamare in causa anche Sasuke, ma lui è sempre stato superiore a questi comportamenti da ragazzini e si limita a guardarli con un inesplicabile sorrisetto di scherno. Kiba dal canto suo non è da meno: cerca di coinvolgere Lee nella lotta, ma anche lui non ottiene molti risultati.
Lee sta tentando di convincere Neji ad allenarsi con lui, ma il maggiore degli Huyga guarda in cielo ed è chiaro che non stia sentendo una parola del suo compagno di squadra.
Accanto a me c’è Ten Ten che li guarda divertita, loro tre non erano invitati ma Hinata nono può muoversi senza che il cugino la scorti. Ten Ten dice che è la volontà del capo clan e che lui non vi si può sottrarre in nessun modo anche se vorrebbe – considera Hinata solo una stupida bambina paurosa incapace di qualsiasi arte ninja.
Ten Ten è una tizia simpatica quando non è troppo infervorata a parlare di armi e io di Sasuke (io sospetto che lei abbia una mezza cotta per Neji, anche se non lo ammetterebbe mai). Adesso lei sta parlando e io sto spiando Sasuke(che subisce le attenzioni di quella maledetta di Ino), sembro una stupida ragazzina, ma non posso fare a meno di trovarlo il ragazzo più bello del mondo, uno che smetterei di contemplare solo alla fine del tempo.
Lui, però, si accorge che lo sto guardando e io mi affretto a cambiare direzione: guardo Shino che tiene d’occhio una coccinella che cammina pigra lungo le strade polverose di Konoha. Accanto a lui c’è Hinata con i suoi indici congiunti che guarda Naruto e sorride.
In quel momento un raggio di sole mi colpisce la schiena e mi sento bene come mai prima d’ora. È vero, possiamo sembrare tante particelle egoiste e staccate le une dalle altre, ma nel profondo siamo più uniti di quello che noi stessi immaginiamo.
Nel profondo siamo un magnifico tessuto lucente tessuto da mani abili e amorevoli, pronto per dare sfoggio di sé nel mondo}

Torno in me solo quando una mano sventola davanti alla mia faccia e mi ritrovo il volto ghignante di Kiba a pochi centimetri dal mio.
“Bentornata, Sakura-chan. A cosa stavi pensando?”
“Al giorno dopo la nostra promozione a ninja, a quando abbiamo preso un gelato tutti insieme.”
Il suo sorriso si allarga ancora di più.
“Me lo ricordo! Io e Naruto abbiamo avuto una scaramuccia!”
Io alzo un sopracciglio e bevo un po’ di coca.
“Chiamarla scaramuccia è riduttivo, stava per finire in rissa. A un certo punto il proprietario della gelateria è uscito e ha minacciato di chiamare la polizia se non aveste smesso.”
Lui alza le spalle e inizia a canticchiare una canzoncina.
Una canzoncina stupida, di quelle che vanno di moda solo un anno e che poi finiscono nel repertorio delle giostre di paese, che per la maggior parte della gente non significano nulla. Solo una minoranza la lega a un qualche ricordo e quando parte lei, partono anche i brividi perché si cerca in ogni modo di tenere lontani da sé quei ricordi fonte di dolore.
Non funziona mai, i ricordi ti travolgono e ti portano via come uno tsunami e a te non resta che arrenderti a tutto questo, inerme e tremante.

{“Mamma, spiegami ancora una volta perché devo andare a questa stupida fiera con il mio yukata migliore che, tra parentesi, è una tortura da indossare?”
Lei continua a vestirmi.
“Perché tra poco inizierà il torneo di selezione per diventare chunin e ci saranno anche delle delegazioni provenienti tra altri villaggi.
So che tu e la tua squadra avete già incontrati quella di Suna e non è stato piacevole, ma devi passarci sopra, tesoro.
Questi tornei servono per rinsaldare le amicizie e le alleanze tra villaggi e trovo molto carina di Kurenai-sensei di farvi fare da guida alla ragazza di Suna.”
Io sbuffo, non mi sembra una buona idea.
Mia madre finisce di sistemarmi poco dopo, indosso uno yukata non troppo corto di un delicato rosa con dei fiori ciliegio rossi sulle maniche che fanno pendant con il colore dell’obi.
Al posto in cui è fissato il ritrovo ci sono già tutte: Ino indossa una chimono azzurro chiaro con una fantasia di peonie rosse e arancio che salgono dal fondo e si abbinano all’obi e allo straccetto con cui ha raccolto i capelli. Ten Ten indossa un corto vestito cinese  d seta rossa con dei ricami d’oro, Hinata un chimono di un viola chiaro a fantasia di carte giapponesi viola e oro e ha un’orchidea viola e dorata tra i corti capelli dai riflessi blu.
Manca solo questa Temari e arriva con nonchalance indossando un semplice chimono nero con un obi viola e i capell biondi sciolti.
Tra di noi è la più grande e si vede dalla disinvoltura con cui si muove.
“Scusate il ritardo, ma io e i miei fratelli abbiamo avuto delle discussioni.”
“Perché non te li sei portati? È più divertente trascorrere la serata anche con dei ragazzi!”
Ino si fa avanti con la sua solita faccia tosta, ma Temari la blocca subito.
“Se ti piace trascorrere la serata con maniaci sessuali e pazzi omicidi fai pure, ti do l’indirizzo della nostra pensione.”
Ino arrossisce dalla rabbia e probabilmente inizierebbe una discussione se Ten non la fermasse.
“Ehm, Temari io sono Ten Ten piacere. La bionda è Ino Yamanaka, la ragazza con i capelli rosa è Sakura Haruno.”
Io alzo debolmente la mano in un cenno di saluto.
“Ci conosciamo già, perché non hai portato quel moro tuo compagno di team?
Avrei potuto insegnargli un paio di cose.”
Fa ammiccante lei.
“Perché lui non ha tempo da perdere con gente come te, cara.
È di un certo rango, lui.”
Temari mi fulmina e la povera cinesina inizia a sudare freddo.
“Per concludere, lei è Hinata Hyuga.”
“Ho sentito molto parlare del vostro Byagugan, spero ci incontreremo in qualche scontro.”
Hinata ringrazia, sorride e abbassa la testa.
Il resto della serata è piuttosto noioso, sia io che Ino ce l’abbiamo con Temari e se fossimo ancora amiche non faremmo altro che insultarla insieme, Hinata è  troppo timida e a disagio tra la folla e Ten è troppo impegnata a fare da guida alla nostra poco gradita ospite.
L’unico episodio degno di nota è stato quando una ragazza dai lunghi capelli neri e con il coprifronte di Oto si è avvicinata per attaccar briga, ma sono bastate due parole di Temari per farle prendere il largo.
Sto camminando tranquilla, un po’ in coda rispetto al gruppo e vagamente annoiata, quando due mani mi afferrano e mi trascinano nei cespugli.
Tiro fuori il kunai da una tasca del chimono e mi accorgo che il mio ignoto rapitore è Sasuke.
“Beh?”
“Stai zitta, Sakura. C’è un posto in cui voglio portarti.”
Io non abbasso il kunai.
“Sei davvero Sasuke?”
Nei suoi occhi si attiva lo sharingan.
“Ti basta come risposta? E adesso vieni!”
Lo seguo un po’ perplessa, il Sasuke di stasera mi sembra diverso rispetto a quello di tutti i giorni, è come se fosse più… leggero. Come se per un attimo il fardello che si porta sulle spalle gli fosse caduto e avesse rivelato un po’ del dodicenne che avrebbe potuto essere se avesse avuto ancora i suoi genitori.
Continuiamo a camminare nella foresta lungo un sentierino con in sottofondo il chiasso inutile della festa. Arriviamo al lago e io mi pietrifico.
Non ho mai visto nulla di così bello: la luna ci si riflette e illumina a giorno i ciliegi sulla riva.
“Wow.”
“In questo periodo fanno sempre una fioritura fuori stagione e siccome ti chiami come loro volevo fartela vedere.”
Io sorrido e poi arrossisco, si sta togliendo maglia e pantaloni per poi buttarsi nel lago.
“Forza, vieni!
L’acqua è calda!”
Io lo guardo sconvolta.
“Non hai mai fatto il bagno di notte? O hai paura di farlo con me, Sakura?”
Io deglutisco e mi tolgo il chimono rimanendo con le mutande e le fasce che mi legano il seno.
Passo dopo passo lentamente lo raggiungo. Un piede dopo l’altro entro nel lago, ma per lui devo essere troppo lenta perché con due falcate mi raggiunge e mi carica sulle spalle. Ho il cuore che batte a mille e non riesco a capire cosa voglia fare da quanto sono agitata. Lo capisco dopo tardi, quando con un ghigno dei suoi mi butta in acqua.
Io risalgo più incavolata che mai e ci mettiamo a giocare e schizzarci come bambini, ridendo a crepapelle. Il suono della risata di Sasuke in questo momento per me è il suono più bello del mondo, sarà perché lo amo o perché non l’ho mai sentita prima se non nelle sue sfumature sarcastiche.
Dopo un po’ usciamo e ci stendiamo sulla riva sotto la cascata dei ciliegi a guardare il cielo.
“Grazie della bella serata, Sasuke.
Mi stavo annoiando a quella festa.”
“E io a casa.”
Vorrei dirgli di uscire più spesso, ma so che sarebbe inutile e che questa notte è come una bolla che devo far durare il più possibile.
Rimaniamo sdraiati a lungo, fino a quando non siamo asciutti e possiamo rimetterci i vestiti.
Ci rivestiamo in silenzio, finito, gli sorrido.
“Ci vediamo domani agli allenamenti.”
Non finisco la frase perché lui mi bacia, prima un bacio casto e poi uno più passionale con tanto di lingua.
Quando si stacca non dice niente e se ne va.
Io sorrido come una scema, ho appena passato la serata più bella della mia vita.}

Ritorno bruscamente alla realtà e mi godo la giornata con i miei amici, tra un turno e altro.
Piano piano vanno tutti a letto, tranne me che rimango seduta fuori dall’accampamento a fumare, guardare il cielo e a ricordare un lago pieno di luce che ironicamente mi ha mostrato un ragazzo pieno di tenebre.
All’improvviso sento un rumore, ancora prima che il mio cervello l’abbia deciso il kunai è già nella mia mano destra. Mi guardo attorno e poi il mio cuore salta un battito.
Come nel replay malriuscito di avvenimenti di anni prima è ancora Sasuke l'intruso. Io deglutisco e lo guardo, all’inizio non sono nemmeno sicura che sia reale e non un parto della mia mente stanca.
Lui si avvicina e mi accarezza un guancia.
“Non hai niente da dirmi, Sakura?
Non hai paura di me, Sakura?
Potrei ucciderti subito, Sakura.”
Se l’avesse voluto davvero a quest’ora sarei già un cadavere che guarda la luna senza vederla davvero.
“Sasuke, guardami negli occhi.”
“Cosa?”
“Non ho nulla da dirti, non adesso e non in queste circostanze, non ora che sei ancora pieno di tenebre. Non ti farò prediche né griderò aiuto, ma ti chiedo solo una cosa: guardami negli occhi per un po’.”
Lui fissa il terreno per un po’ – forse sorpreso dalla mia stranissima richiesta – e poi alza gli occhi e mi fissa. Rimango minuti interi – che si fondono in un quarto d’ora e poi in una mezz’ora – a guardare quei pozzi neri pieni di rabbia, odio, vendetta, voglia di distruzione.
Una vista che spezzerebbe il cuore di chiunque tranne il mio, io guardandolo mi sento meglio.
Sento le mie ferite migliorare e la mia anima diventare un po’ più forte, mentre il cuore si allarga di gioia malsana.
Sento che questa è la medicina giusta per il mio cuore quasi morto, l’unica linfa che può rianimarlo.
Peccato che questa medicina sia più simile a una dose di eroina che a un farmaco, il suo effetto non può durare in eterno.
Sasuke mi batte una mano sulla spalla, appoggia la sua fronte alla mia e sembra voglia dirmi qualcosa, ma poi, come al solito tace.
In silenzio se ne torna nelle tenebre a cui appartiene, lasciandomi felice come una tossica in preda alle allucinazioni della sua droga preferita.

Yeah I, I saw your ghost tonight. The moment felt so real.
If your eyes stay right on mine, my wounds would start to heal.

Angolo di Layla.
Beh, che dire? è passato qualche secolo da quando frequentavo la sezione Naruto e non so bene cosa si deve dire in questi casi.
Sono qui con questa storia (ispirata a "Ghist on the dancefloor" dei blink-182) divisa in due capitoli perché la voglio dedicare alla panther più black che conosca, perché credo che se la meriti tutta.
Aggiornerò lunedì prossimo (non così tardi, giuro).
Al prossimo capitolo.

   
 
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