A
Calcifer
a.k.a. Jaheira
a.k.a. Jaheira a.k.a. J
a.k.a. Elisa
Per
l'albero dei minchietti
e per tutto il resto.
Aka nel cuore.
1)I ricordi dei fantasmi.
I'll
never let you down, boy. I'll never let you go.
Your subtle hint of life
is so innocent and scary.
So tell me that you're
here, boy, she says, and if she knows,
When God took her with
time, God made me quite alone.
La guerra non è come te
la
raccontano i poeti.
La guerra non è come te la
raccontano i romanzi né le leggende.
La guerra non è nemmeno
quel qualcosa di quasi epico che ti raccontano gli anziani o quelli che
hanno
partecipato alle varie guerre ninja.
L’unico che si è
avvicinato un po’ alla verità è stato
Kakashi-sensei, ma è perché lui in guerra
ha perso il suo migliore amico ed è torturato dal rimorso di
non averlo potuto
salvare.
La realtà della guerra è
solo un campo di battaglia con uomini che si affrontano a colpi di
kunai o di jutsu
mediocri e poi vengono feriti o uccisi. Gli Hyuga egli Uchiha sono solo
gemme
rare e i kage non possono essere sempre sul campo di battaglia o su
tutti i
fronti.
La guerra è fatta di
sangue, di corpi che cadono, di polvere mista a sangue, di cadaveri e
di gente
che viene ferita.
Quando cala il silenzio
non è mai un vero silenzio: ci sono le spie che osservano i
nostri movimenti e
gli uccelli che cercano in quei resti miseri di uomini un po’
di cibo.
Ecco, forse è questa la
sintesi più efficace: la guerra ci fa diventare cibo per
uccelli.
Io mi chiamo Sakura
Haruno, ho sedici anni e sono un ninja medico.
Appaio pochissimo nel
famoso campo, nonostante la mia maestra Tsunade mi abbia insegnato a
essere
forte, perché la mia categoria è quella che va
protetta più di tutti.
Noi siamo come gli uccelli
e i becchini: quelli che appaiono alla fine, contano i morti e si danno
da
fare per i feriti, il più delle volte anche durante la
battaglia.
A volte ce li portano i
loro compagni, li curiamo e poi diciamo loro di stare buoni per un
attimo, ma
la maggior parte di loro non ci ascoltano.
Chi ha la forza per
alzarsi si butta di nuovo nella mischia e io spero sempre di non
rivederlo
cadavere alla sera.
A volte succede, a volte
no.
Alla sera la battaglia si
prende una pausa, le truppe ritirano i feriti e seppelliscono i morti.
Non sono
mai funerali lunghi: una fossa, qualche parola di commiato, un pensiero
a cosa
scrivere a chi li aspetta a casa, una croce ed è tutto
finito.
I feriti sono affar mio,
spremo il mio chakra per loro, mi prodigo nelle arti mediche che mi
hanno
insegnato e certo
di farli stare meglio.
Tutti.
Dal primo all’ultimo, non
voglio che muoia nessuno e a volte arrivo a esaurire il mio chakra e a
rischiare il collasso io in prima persona. È allora che
interviene Ino.
Mi porta via, mi fa
sdraiare, cura gli ultimi feriti e poi viene da me. Mi costringe a
mangiare e
mi tiene ferma quando voglio alzarmi nonostante sia pallida da far
paura.
È forte Ino – più forte di
me – l’ho sempre saputo. Io sono Sakura, il fiore
fragile della primavera, lei
è la cosmea il fiore forte dell’autunno in grado
di resistere per un po’ ai
primi freddi.
Questa è una di
queste serate, una delle solite serate. Ino mi sta obbligando ad
ingoiare del
curry e io invece vorrei alzarmi e fare qualcosa per il ragazzino che
sento
lamentarsi nella stanza accanto: gli hanno maciullato una gamba e ha
solo
quattordici anni.
Non dovrebbe
essere qui – nemmeno io dovrei – ma una volta
diplomato all’accademia sei
abile alle armi e la guerra non la puoi evitare.
“Ino, fammi
alzare! Non senti come si lamenta? Devo fare qualcosa per
lui!”
“Stai giù! C’è
già Ishida da lui, tra poco gli daranno un antidolorifico e
mangerà e poi si
farà un bel sonno ristoratore.”
“E poi, Ino?
Domani vorrà tornare là fuori e chi gli
dirà che non sappiamo nemmeno se quella
gamba gliela potremo salvare?”
Il suo sguardo
si fa triste.
“è la guerra,
Sakura. Non puoi cambiarla, puoi solo sperare che finisca e che tu sia
tra i
sopravvissuti.”
Questo mi
stronca e mi fa riprendere a mangiare tristemente il mio riso, Ino ha
ragione:
non posso farci nulla.
Lei lo sa
meglio di me, lei non ha più il suo sensei e so che lo
rivorrebbe indietro e
che la vendetta di Shika non ha sanato in alcun modo quella ferita.
Riposo ancora
un po’ – la testa mi gira di meno rispetto a prima
– e poi raggiungo Ino fuori.
La trovo seduta accanto a un piccolo fuoco, ci sta facendo arrostire
dei
marshmallow e alza la mano libera in un cenno di saluto.
“Stai meglio,
fronte spaziosa?”
“Sì, Ino-pig. Sembrano
buoni quei cosi.”
“Lo scoprirai
presto, non c’è niente di meglio che dei
marshmallow e della cioccolata per
cercare di stare meglio.”
Io
annuisco.
“Grazie per
prima e per tutto quello che fai.”
Lei alza le
spalle.
“Siamo amiche,
Sakura. Le amiche fanno questo.”
Rimaniamo in
silenzio, in compagnia solo del crepitare del fuoco e dei rumori della
note:
pare non ci siano spie intorno.
La bionda
continua a cuocere quei cosi, quando ha finito li mette su un piattino
e tira
fuori un thermos e due tazze in cui versa della cioccolata. Me ne porge
una, in
cui navigano due marshmallow, io inizio a bere in silenzio.
“Per chi
combatti, Sakura?”
Mi chiede a un
certo punto, io la guardo senza capire.
“Tu non stai
combattendo per Konoha, per la pace o per qualcosa che ci hanno
opposto. Tu ti
stai accanendo come una martire per un’altra ragione, come se
avessi fatto una
promessa a qualcuno, a chi, Sakura?”
“Ma che stai
dicendo, Ino?”
“Cerco di farti
sputare un rospo che rischia di soffocarti, Sakura, non puoi continuare
così.
Nessuno ha mai
vinto contro i mulini a vento.”
Io deglutisco,
qualcuno alla fine se ne è accorto che il mio accanimento
non è normale e che
nasconde un secondo fine – una promessa, una ferita che
sanguina ancora – solo
lei poteva farlo.
Ino mi conosce da
quando avevamo cinque anni e anche se per un periodo siamo state rivali
la
nostra amicizia non è mai finita.
Solo che è dura
dirle che sto combattendo per un fantasma: una persona che non sa della
mia promessa
e che riderebbe se lo sapesse.
È dura avere il
cuore spaccato a metà. È dura tenere –
seppur in modo diverso – a due persone
dalla parte opposta della barricata.
Stringo la
tazza con più forza e Ino mi guarda calma.
Sto per parlare
quando un gruppo dei nostri arriva trafelato sorreggendo un vecchietto,
io e
lei ci guardiamo e – lasciando perdere le nostre tazze
– gli corriamo incontro.
“è stato
attaccato dai nemici, ha bisogno di cure.”
Io guardo
l’uomo – ha un’aria dolce e bonaria,
potrebbe essere mio nonno – e poi i miei
compagni.
“Sicuri che non
sia una spia?”
Un’altra delle
conseguenze della guerra è che prima o poi il cinismo ti
cresce dentro – come
una pianta maligna e benigna allo stesso tempo – e ti avvolge
come una solida
corazza.
“Il capitano ha
controllato.”
“Benissimo. Io e
Ino arriviamo subito.”
“Sì,
Haruno-san.”
Io e la mia
amica facciamo sparire le tracce del nostro piccolo momento di relax e
li
seguiamo all’interno della tenda, loro lo depositano
nell’ultimo posto libero e
poi se ne vanno.
L’uomo è
incosciente, io e Ino lo curiamo senza dirci molto: le sue ferite non
sono
gravissime, domani mattina prima dell’alba se ne
potrà andare con la dovuta
scorta.
“Chissà cosa ci
faceva in giro a quest’ora con una guerra ninja in
corso?”
Chiedo alla
Yamanaka.
“Beh, potrai
chiederglielo tu stessa, è sveglio.”
Io mi volto
verso il paziente ed effettivamente mi guarda con un mezzo sorriso.
“Io sono la
dottoressa Sakura Haruno, lei è la dottoressa Ino Yamanaka e
lei si trova
dentro l’ospedale di uno degli accampamenti di
Konoha.”
Mi presento
sbrigativa, lui annuisce.
“Io sono
Yoshito Takenori, abito nel villaggio vicino.”
“è protetto da
mura che lo tengono lontano dal campo di battaglia, cosa ci faceva in
giro a
quest’ora?
È pericoloso,
le spie o i ninja nemici sono in giro per dei pattugliamenti.”
La mia voce
suona più tagliente di quello che vorrei, ma non ci posso
fare niente: questa
guerra e tutto quello che è successo prima mi hanno indurito
il cuore, della
ragazzina dolce e gentile che ero è rimasto ben poco.
Lui ride e io
lo guardo stralunata.
“Ero dove ho
incontrato la prima volta mia moglie, è morta pochi mesi fa
e mi manca molto.
Ho vissuto
abbastanza su questa terra per lasciarla senza rimpianti e poi non vedo
l’ora
di rivederla.”
I miei occhi si
velano per un attimo, è come se Sasuke fosse qui con me a
ridersela in silenzio
e a guardarmi con quegli occhi indecifrabili in cui più
volte ho creduto di
vedere interesse nei miei confronti.
Lui non
sfiderebbe mai le forze nemiche per stare solo con me ed è
in questo momento
che mi sento attaccata alla vita solo con un filo. Un filo fragilissimo
che
potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento: il giorno in cui mi
renderò conto che
quello che faccio qui è inutile, il giorno in cui Ino o
Sauke o Naruto
moriranno.
“Quanti anni
hai, ragazzina?
Mi chiede il
vecchio.
“Sedici.”
“Anche tu hai
l’aria di una che ha sofferto molto.”
Io non
rispondo.
“Deve avere
amato molto sua moglie, per aver rischiato la vita uscendo con questa
guerra di
merda in corso.”
Lui sorride.
“L’ho amata
molto, anche se non sono stato il migliore dei mariti e spesso
l’ho fatta
soffrire. Senza di lei faccio molta fatica a vivere, non riesco ad
immaginarmi
senza di lei, a volte la cerco.
Figuriamoci
accettare che non la rivedrò mai più, che non
siederemo più sul portico a
guardare il tramonto, che non mi insulterà più
per poi farmi trovare una cena
da leccarsi i baffi pronta.
Gli occhi mi si
velano di lacrime, questo sconosciuto sta parlando della mia vita
matrimoniale
con Sasuke come me l’ero sempre immaginata. Dio,
perché continui a punirmi?
“Sakura?”
Mi richiama
alla realtà Ino.
“Sì, scusami.
Forse è meglio lasciarlo riposare.”
“I vecchi vanno
a letto tardi e tu hai i miei stessi occhi tristi, Sakura. Chi hai
perso?”
Io mi siedo su
una sedia.
“Lui non è
morto, ma è come se lo fosse. È
dall’altra parte della barricata, un giorno è
scappato dal villaggio e si è unito a loro per vendicarsi.
Ha il cuore
pieno di tenebre, talmente pieno che anche quando l’ho
rivisto dopo non ho
saputo come penetrarci. Era come se la persona che conoscevo fosse
morta, ma io
lo amavo e lo amo ancora e non posso fare a meno di sperare che un
giorno torni
da noi.
Torni al suo
villaggio e chieda scusa.
Torni da me e
mi dica che mi ami, non solo uno stupido “grazie”,
che dio solo sa cosa vuoglia
dire.
Mi manca, mi
manca da impazzire.
Ho cercato di
dimenticarlo e non è servito, ho cercato di mettermi con il
mio migliore amico,
ma lui mi ha fermata appena in tempo.
Non so cosa
fare.
Quando lui se
ne è andato ero una ragazzina debole, ho cercato di
diventare forte e ci sono
riuscita: curo le persone, con un pugno posso frantumare il terreno, ma
non
sono ancora capace di guarire il suo cuore e di frantumare le sue
tenebre.
Non potevo e
non posso pensare a una vita senza di lui, eppure è quello
che sta succedendo.”
Lui mi sorride.
“Quello che è
tuo prima o poi tornerà da te, Sakura. E ora vai a dormire,
quella che ha
bisogno di farlo sei tu non sono io.”
Ino gli sorride
grata e mi trascina verso la mia branda. Mi stendo, ma continuo a
pensare alle
parole dell’uomo chiedendomi se si avvereranno.
Davvero se
Sasuke è mio tornerà da me?
It's like the universe has left me without a
place to go.
Without a hint of light to watch the movement glow.
Where a song was slowly starting, your memory felt so real.
At first
against my will, that God invented chills.
Lui mi fa il
suo sorrido enigmatico e se ne va, io rimango imbambolata per un
po’ a vederlo
sparire dietro la linea dell’orizzonte fino a che i primi
raggi del sole non mi
fanno alzare una mano per proteggere i miei occhi verdi.
Il sole sale
lentamente come una palla infuocata e stende i suoi raggi violenti su
un prato
verde che sarebbe meraviglioso, se non fosse per i cadaveri che ancora
si
vedono, i segni delle buche delle carta bombe e lo scintillare dei
kunai
rimasti a terra.
E
all’improvviso lo rivedo: in un’altra scena, in un
ricordo che non è nemmeno mio ma
di Naruto.
Lo vedo
dodicenne combattere contro Naruto, li vedo lanciare quelle tecniche da
effetti
speciali – roba che io non imparerò mai
perché non ho il chakra giusto o
sufficiente – con le facce deformate dalla rabbia.
Uno
intenzionato a farlo rimanere e l’altro ad andarsene a tutti
i costi: due
cuccioli di leone che combattono per decidere chi è il
più forte e quello con
l’idea migliore.
Li sento come
se lì ci fossi anche io urlare i loro credo. Naruto che lo
vuole salvare e gli
urla che è come un fratello per lui e che non gli
permetterà di rovinarsi la
vita, Sasuke – con il suo sorriso da stronzo – lo
deride e dice che non vuole
legami.
Ci sono anche
io e non posso urlare la mia.
Ci sono anche
io ed è come se non ci fossi perché questa
è solo una cazzo di illusione e non
la realtà. Eppure nonostante questo per un attimo mi sento
come se non avessi
peso o importanza, come se l’universo mi avesse lasciata
senza un posto dove
andare o dove rendermi utile.
Mi sento una
semplice osservatrice che osserva il corso degli eventi senza poterli
modificare perché non ha la forza sufficiente per farlo.
Sono in una
posizione pericolosa, ci pensa la mano di qualcuno a ricordarmelo
appoggiandosi
alla mia spalla. Sobbalzo e mi porto una mano al cuore, per fortuna
è solo
Hinata che mi sorride un po’ a disagio.
Non è più
timida come anni fa, ma non è ancora del tutto a suo agio
con le persone.
“Sakura-chan,
stare qui è pericoloso e poi deve partire la prima
squadra.”
Io annuisco e
la seguo all’interno sentendomi una stupida, ormai lui entra
persino nelle mie
allucinazioni e intralcia il mio lavoro.
“Che ci fai
qui, Hinata?”
“Da domani io e
la mia squadra siamo destinati a questo fronte, Kiba sta già
parlando con il
comandante tra poco anche io e Shino
lo
incontreremo.”
Io annuisco.
“Vuoi del
caffè?”
“Sì, grazie.”
Sono sempre un
po’ a disagio con Hinata, non perché sia una
ragazza cattiva o antipatica, ma
perché ero a un passo dal distruggere il suo sogno e il suo
amore solo per la
mia vigliaccheria.
La guardo
mentre bevo il caffè, i capelli sono più lunghi,
la pelle segnata da qualche
piccola cicatrice, ma quello che mi sorprende di più
è lo sguardo sicuro nei
suoi occhi.
Prima raramente
guardava le persone in faccia e preferiva giocare con i suoi indici a
causa
della timidezza, ora sembra aver perso quel vizio ed aver acquisito una
nuova
forza.
Non sono mai
stata una di quelle che chiamava Hinata “inutile”,
ho sempre saputo che lei era
come una di quelle miniere di diamanti situate molto in
profondità, ma anche
molto ricche.
Lei ha avuto il
coraggio di scavare fino in fondo a sé stessa e tirare fuori
diamanti brillanti
come stelle – e tutto solo per camminare al fianco di Naruto
– io invece mi
sono fermata alle prime pietre luccicanti.
Forse è per
questo che io di Sasuke continuerò a vedere la schiena
ancora a lungo –
nonostante tutti i feriti che mi prodighi a salvare – e lei
non è lontana dal
realizzare il suo sogno.
“A cosa pensi,
Sakura?”
“A niente,
Hinata!”
Lo sguardo che
mi rifila indica che non mi ha creduto affatto e che è
pronta a tornare
all’attacco.
L’arrivo
provvidenziale di Kiba e Shino mi salva dal dover rispondere a questa
domanda
imbarazzante.
I due mi
salutano di buon umore e poi portano Hinata presumibilmente dal
comandante di
questa divisione. Non ho ancora voglia di parlare di Sasuke, non ho
voglia che
questa ferita si riapra ancora se non è necessario.
Intanto che
loro non ci sono faccio il primo giro tra i feriti, il dodicenne di
ieri è
sveglio e guarda fisso davanti a sé, non mi degna di uno
sguardo mentre
controllo le medicazione e il resto.
“Posso andare a
combattere?”
“Non se ne
parla nemmeno con questa gamba, dopo devo fare un ulteriore controllo e
probabilmente un’altra operazione.”
“Cosa mi sta
dicendo? Che diventerò zoppo?”
Urla pieno di
rabbia.
“NO, che
proverò in ogni modo a farti tornare a camminare!”
“E intanto cosa
faccio? Là fuori ci sono il mio migliore amico, mia sorella
e la ragazza che
amo.”
Arrossisce
mentre dice questa frase, ma non abbassa gli occhi, è
un’altra testa calda come
Naruto.
“Se mi dici i
nomi ti terrò informato ogni giorno.”
“Perché siamo
qui, dottoressa Haruno?
Konoha vale
davvero tutto questo?”
Tenta di alzare
una gamba senza riuscirci, io non so cosa rispondere. Me lo sono
chiesta anche io in tantissime
notti insonni.
Perché i
bambini dovrebbero fare la guerra?
Vale davvero la
pena?
La guerra ti
leva tutte le illusioni e ridimensiona le ideologie che ti hanno
imposto, per
continuare ad andare avanti ti serve un compromesso e lo devi cercare
nelle
piccole cose di ogni giorno.
“Voglio essere
onesta con te, non ho risposte da darti perché me lo sono
fatta anche io senza
trovarle
.
“Sì.”
“E allora
combatti per te e per le persone che ami per ritrovare quello che avevi
e che
credevi eterno e non vergognarti se perdi tempo in un ospedale. Uscirai
di qui
e tornerai a combattere per loro e per quello che hai perso.”
Lui annuisce,
non so quanto mi abbia ascoltato, ma almeno si è calmato.
Finito il giro
mi ritrovo Hinata, Ino Kiba e Shino seduti al tavolo che ridono e
scherzano,
con davanti delle tazze di qualcosa.
“Ehi,
Sakura-chan. Non fai colazione insieme ai tuoi vecchi amici?”
Mi urla Kuba,
facendomi trasalire: mi ero completamente dimenticata del pasto
chiamato
colazione, nonostante i rimproveri di Ino.
“Sì, certo.
Arrivo.”
Mi siedo al
tavolo, i miei piedi si appoggiano sull’ingombrate presenza
di Akamaru, ma a
lui non sembra dare fastidio.
“Siamo riusciti
a rimediare una torta al cioccolato, ce la spartiamo?”
Kiba sembra
eccitato, una torta è merce rara di questi tempi. Annuiamo
tutti.
Ino si dà da
fare con the, caffè e latte e noi apriamo la scatola, loro
sono agitati come
bambini il giorno di Natale, Shino fa apparire da non so dove un
coltello e la
taglia in fette precise.
Poco dopo Ino
serve le bevande, i due ragazzi parlano della guerra e del fronte, Hina
tace e
so a chi pensa.
“Hinata-chan,
ci sono arrivate notizie di Naruto. Sta bene, sta completando un
allenamento e
presto si unirà a noi.”
Hinata sorride
sollevata, ci tiene davvero a Naruto.
“Sakura-chan,
so che hai chiesto a Naruto-kun di metterti con te.”
Il mio cuore
perde un colpo.
“So che ha
rifiutato e mi dispiace per te. Non ti serbo rancore.”
Lo dice
sorridendo, i suoi occhi bianchi non hanno un’ombra di
falsità.
Eccola la vera
forza, Sakura. Ce l’hai davanti e si svela senza pretese,
anzi persino con una
certa timidezza.
“Sei davvero
buona, Hinata-chan e … Stai tranquilla, non amavo veramente
Naruto, era solo un
rimpiazzo di Sasuke e merito di essere biasimata per questo.
Lei sorride.
“Hai solo
cercato di fare la cosa che credevi fosse giusta per far andare avanti
la tua
vita.”
Ecco di nuovo
la vera forza, io non ne ho nemmeno un briciolo della sua, mento sempre
a me
stessa, a volte anche agli altri- Cerco di fare il super medico sapendo
benissimo che l’unica che ha bisogno di essere salvata sono
io e che può farlo
una sola persona: la sola che mi ha distrutto.
Visti da lontano sembriamo una normale tavolata di
adolescenti: c’è il ragazzo estroverso che
è al centro dell’attenzione con le
sue storie grandiose, c’è il timido che interviene
ogni tanto a ridimensionare
la spacconeria dell’amico e ci sono tre ragazze che ascoltano
e commentano.
Sa di adolescenza, adolescenza pura, adolescenza normale.
Sembra quasi che la guerra là fuori non esista e che non ci
sia l’alta possibilità che io debba curare uno di
loro o assistere al suo
scarno funerale.
Devo cacciare i cattivi pensieri e l’unico modo che mi viene
in mente è immaginare che qui ci siano anche gli altri:
Naruto, Shikamaru,
Choji, Neji, Rock Lee, Ten Ten e... Sasuke.
Non Sai, nessuno prenderà mail il posto di Sasuke nel nostro
team.
Come un flash mi viene in mente il giorno in cui ci siamo
diplomati all’accademia ninja, ci era sembrata una cosa
carina trovarci tutti
insieme a festeggiare con un gelato.
Ci rivedo fuori dal gelataio come se il mio ricordo fosse un
fotogramma di un film in cui sai già si abbatterà
la tragedia sui protagonisti.
[Siamo fuori dal gelataio e
forse la mia idea di riunirci
tutti insieme non è stata poi così buona, penso
attorcigliandomi i capelli e
guardando il rumoroso spettacolo davanti a me.
Naruto e Kiba stanno
litigando per non so cosa e Akamaru
ringhia leggermente contro il biondino: tra i due non è mai
corso buon sangue.
Naruto tenta di chiamare
in causa anche Sasuke, ma lui è
sempre stato superiore a questi comportamenti da ragazzini e si limita
a
guardarli con un inesplicabile sorrisetto di scherno. Kiba dal canto
suo non è
da meno: cerca di coinvolgere Lee nella lotta, ma anche lui non ottiene
molti
risultati.
Lee sta tentando di
convincere Neji ad allenarsi con lui, ma
il maggiore degli Huyga guarda in cielo ed è chiaro che non
stia sentendo una
parola del suo compagno di squadra.
Accanto a me
c’è Ten Ten che li guarda divertita, loro tre
non erano invitati ma Hinata nono può muoversi senza che il
cugino la scorti.
Ten Ten dice che è la volontà del capo clan e che
lui non vi si può sottrarre
in nessun modo anche se vorrebbe – considera Hinata solo una
stupida bambina
paurosa incapace di qualsiasi arte ninja.
Ten Ten è una
tizia simpatica quando non è troppo
infervorata a parlare di armi e io di Sasuke (io sospetto che lei abbia
una
mezza cotta per Neji, anche se non lo ammetterebbe mai). Adesso lei sta
parlando e io sto spiando Sasuke(che subisce le attenzioni di quella
maledetta
di Ino), sembro una stupida ragazzina, ma non posso fare a meno di
trovarlo il
ragazzo più bello del mondo, uno che smetterei di
contemplare solo alla fine
del tempo.
Lui, però, si
accorge che lo sto guardando e io mi affretto
a cambiare direzione: guardo Shino che tiene d’occhio una
coccinella che
cammina pigra lungo le strade polverose di Konoha. Accanto a lui
c’è Hinata con
i suoi indici congiunti che guarda Naruto e sorride.
In quel momento un
raggio di sole mi colpisce la schiena e
mi sento bene come mai prima d’ora. È vero,
possiamo sembrare tante particelle
egoiste e staccate le une dalle altre, ma nel profondo siamo
più uniti di
quello che noi stessi immaginiamo.
Nel profondo siamo un
magnifico tessuto lucente tessuto da
mani abili e amorevoli, pronto per dare sfoggio di sé nel
mondo}
Torno
in me solo quando una mano sventola davanti alla mia
faccia e mi ritrovo il volto ghignante di Kiba a pochi centimetri dal
mio.
“Bentornata, Sakura-chan. A cosa stavi pensando?”
“Al giorno dopo la nostra promozione a ninja, a quando
abbiamo
preso un gelato tutti insieme.”
Il suo sorriso si allarga ancora di più.
“Me lo ricordo! Io e Naruto abbiamo avuto una
scaramuccia!”
Io alzo un sopracciglio e bevo un po’ di coca.
“Chiamarla scaramuccia è riduttivo, stava per
finire in
rissa. A un certo punto il proprietario della gelateria è
uscito e ha
minacciato di chiamare la polizia se non aveste smesso.”
Lui alza le spalle e inizia a canticchiare una canzoncina.
Una canzoncina stupida, di quelle che vanno di moda solo un
anno e che poi finiscono nel repertorio delle giostre di paese, che per
la
maggior parte della gente non significano nulla. Solo una minoranza la
lega a
un qualche ricordo e quando parte lei, partono anche i brividi
perché si cerca
in ogni modo di tenere lontani da sé quei ricordi fonte di
dolore.
Non funziona mai, i ricordi ti travolgono e ti portano via
come uno tsunami e a te non resta che arrenderti a tutto questo, inerme
e
tremante.
{“Mamma, spiegami
ancora una volta perché devo andare a
questa stupida fiera con il mio yukata migliore che, tra parentesi,
è una
tortura da indossare?”
Lei continua a vestirmi.
“Perché
tra poco inizierà il torneo di selezione per
diventare chunin e ci saranno anche delle delegazioni provenienti tra
altri
villaggi.
So che tu e la tua
squadra avete già incontrati quella di
Suna e non è stato piacevole, ma devi passarci sopra, tesoro.
Questi tornei servono
per rinsaldare le amicizie e le
alleanze tra villaggi e trovo molto carina di Kurenai-sensei di farvi
fare da
guida alla ragazza di Suna.”
Io sbuffo, non mi sembra
una buona idea.
Mia madre finisce di
sistemarmi poco dopo, indosso uno
yukata non troppo corto di un delicato rosa con dei fiori ciliegio
rossi sulle
maniche che fanno pendant con il colore dell’obi.
Al posto in cui
è fissato il ritrovo ci sono già tutte: Ino
indossa una chimono azzurro chiaro con una fantasia di peonie rosse e
arancio
che salgono dal fondo e si abbinano all’obi e allo straccetto
con cui ha
raccolto i capelli. Ten Ten indossa un corto vestito cinese d
seta rossa con dei ricami d’oro, Hinata un
chimono di un viola chiaro a fantasia di carte giapponesi viola e oro e
ha
un’orchidea viola e dorata tra i corti capelli dai riflessi
blu.
Manca solo questa Temari
e arriva con nonchalance indossando
un semplice chimono nero con un obi viola e i capell biondi sciolti.
Tra di noi è
la più grande e si vede dalla disinvoltura con
cui si muove.
“Scusate il
ritardo, ma io e i miei fratelli abbiamo avuto
delle discussioni.”
“Perché
non te li sei portati? È più divertente
trascorrere
la serata anche con dei ragazzi!”
Ino si fa avanti con la
sua solita faccia tosta, ma Temari
la blocca subito.
“Se ti piace
trascorrere la serata con maniaci sessuali e
pazzi omicidi fai pure, ti do l’indirizzo della nostra
pensione.”
Ino arrossisce dalla
rabbia e probabilmente inizierebbe una
discussione se Ten non la fermasse.
“Ehm, Temari
io sono Ten Ten piacere. La bionda è Ino
Yamanaka, la ragazza con i capelli rosa è Sakura
Haruno.”
Io alzo debolmente la
mano in un cenno di saluto.
“Ci conosciamo
già, perché non hai portato quel moro tuo
compagno di team?
Avrei potuto insegnargli
un paio di cose.”
Fa ammiccante lei.
“Perché
lui non ha tempo da perdere con gente come te, cara.
È di un certo
rango, lui.”
Temari mi fulmina e la
povera cinesina inizia a sudare
freddo.
“Per
concludere, lei è Hinata Hyuga.”
“Ho sentito
molto parlare del vostro Byagugan, spero ci
incontreremo in qualche scontro.”
Hinata ringrazia,
sorride e abbassa la testa.
Il resto della serata
è piuttosto noioso, sia io che Ino ce
l’abbiamo con Temari e se fossimo ancora amiche non faremmo
altro che
insultarla insieme, Hinata è troppo timida
e a disagio tra la folla e Ten è troppo impegnata a fare da
guida alla nostra
poco gradita ospite.
L’unico
episodio degno di nota è stato quando una ragazza dai
lunghi capelli neri e con il coprifronte di Oto si è
avvicinata per attaccar
briga, ma sono bastate due parole di Temari per farle prendere il largo.
Sto camminando
tranquilla, un po’ in coda rispetto al gruppo
e vagamente annoiata, quando due mani mi afferrano e mi trascinano nei
cespugli.
Tiro fuori il kunai da
una tasca del chimono e mi accorgo
che il mio ignoto rapitore è Sasuke.
“Beh?”
“Stai zitta,
Sakura. C’è un posto in cui voglio
portarti.”
Io non abbasso il kunai.
“Sei davvero
Sasuke?”
Nei suoi occhi si attiva
lo sharingan.
“Ti basta come
risposta? E adesso vieni!”
Lo seguo un
po’ perplessa, il Sasuke di stasera mi sembra
diverso rispetto a quello di tutti i giorni, è come se fosse
più… leggero. Come
se per un attimo il fardello che si porta sulle spalle gli fosse caduto
e
avesse rivelato un po’ del dodicenne che avrebbe potuto
essere se avesse avuto
ancora i suoi genitori.
Continuiamo a camminare
nella foresta lungo un sentierino
con in sottofondo il chiasso inutile della festa. Arriviamo al lago e
io mi
pietrifico.
Non ho mai visto nulla
di così bello: la luna ci si riflette
e illumina a giorno i ciliegi sulla riva.
“Wow.”
“In questo
periodo fanno sempre una fioritura fuori stagione
e siccome ti chiami come loro volevo fartela vedere.”
Io sorrido e poi
arrossisco, si sta togliendo maglia e
pantaloni per poi buttarsi nel lago.
“Forza, vieni!
L’acqua
è calda!”
Io lo guardo sconvolta.
“Non hai mai
fatto il bagno di notte? O hai paura di farlo
con me, Sakura?”
Io deglutisco e mi tolgo
il chimono rimanendo con le mutande
e le fasce che mi legano il seno.
Passo dopo passo
lentamente lo raggiungo. Un piede dopo
l’altro entro nel lago, ma per lui devo essere troppo lenta
perché con due
falcate mi raggiunge e mi carica sulle spalle. Ho il cuore che batte a
mille e
non riesco a capire cosa voglia fare da quanto sono agitata. Lo capisco
dopo
tardi, quando con un ghigno dei suoi mi butta in acqua.
Io risalgo
più incavolata che mai e ci mettiamo a giocare e
schizzarci come bambini, ridendo a crepapelle. Il suono della risata di
Sasuke
in questo momento per me è il suono più bello del
mondo, sarà perché lo amo o
perché non l’ho mai sentita prima se non nelle sue
sfumature sarcastiche.
Dopo un po’
usciamo e ci stendiamo sulla riva sotto la
cascata dei ciliegi a guardare il cielo.
“Grazie della
bella serata, Sasuke.
Mi stavo annoiando a
quella festa.”
“E io a
casa.”
Vorrei dirgli di uscire
più spesso, ma so che sarebbe
inutile e che questa notte è come una bolla che devo far
durare il più
possibile.
Rimaniamo sdraiati a
lungo, fino a quando non siamo asciutti
e possiamo rimetterci i vestiti.
Ci rivestiamo in
silenzio, finito, gli sorrido.
“Ci vediamo
domani agli allenamenti.”
Non finisco la frase
perché lui mi bacia, prima un bacio
casto e poi uno più passionale con tanto di lingua.
Quando si stacca non
dice niente e se ne va.
Io sorrido come una
scema, ho appena passato la serata più
bella della mia vita.}
Ritorno
bruscamente alla realtà e mi godo la giornata con i
miei amici, tra un turno e altro.
Piano piano vanno tutti a letto, tranne me che rimango
seduta fuori dall’accampamento a fumare, guardare il cielo e
a ricordare un
lago pieno di luce che ironicamente mi ha mostrato un ragazzo pieno di
tenebre.
All’improvviso sento un rumore, ancora prima che il mio
cervello l’abbia deciso il kunai è già
nella mia mano destra. Mi guardo attorno
e poi il mio cuore salta un battito.
Come nel replay malriuscito di avvenimenti di anni prima è
ancora Sasuke l'intruso. Io deglutisco e lo guardo,
all’inizio non sono nemmeno sicura
che sia reale e non un parto della mia mente stanca.
Lui si avvicina e mi accarezza un guancia.
“Non hai niente da dirmi, Sakura?
Non hai paura di me, Sakura?
Potrei ucciderti subito, Sakura.”
Se l’avesse voluto davvero a quest’ora sarei
già un cadavere
che guarda la luna senza vederla davvero.
“Sasuke, guardami negli occhi.”
“Cosa?”
“Non ho nulla da dirti, non adesso e non in queste
circostanze, non ora che sei ancora pieno di tenebre. Non ti
farò prediche né
griderò aiuto, ma ti chiedo solo una cosa: guardami negli
occhi per un po’.”
Lui fissa il terreno per un po’ – forse sorpreso
dalla mia
stranissima richiesta – e poi alza gli occhi e mi fissa.
Rimango minuti interi
– che si fondono in un quarto d’ora e poi in una
mezz’ora – a guardare quei
pozzi neri pieni di rabbia, odio, vendetta, voglia di distruzione.
Una vista che spezzerebbe il cuore di chiunque tranne il
mio, io guardandolo mi sento meglio.
Sento le mie ferite migliorare e la mia anima diventare un
po’ più forte, mentre il cuore si allarga di gioia
malsana.
Sento che questa è la medicina giusta per il mio cuore quasi
morto, l’unica linfa che può rianimarlo.
Peccato che questa medicina sia più simile a una dose di
eroina che a un farmaco, il suo effetto non può durare in
eterno.
Sasuke mi batte una mano sulla spalla, appoggia la sua
fronte alla mia e sembra voglia dirmi qualcosa, ma poi, come al solito
tace.
In silenzio se ne torna nelle tenebre a cui appartiene,
lasciandomi felice come una tossica in preda alle allucinazioni della
sua droga
preferita.
If your eyes stay right on mine, my wounds would start to heal.
Angolo di Layla.
Beh, che dire? è passato qualche secolo da quando frequentavo la sezione Naruto e non so bene cosa si deve dire in questi casi.
Sono qui con questa storia (ispirata a "Ghist on the dancefloor" dei blink-182) divisa in due capitoli perché la voglio dedicare alla panther più black che conosca, perché credo che se la meriti tutta.
Aggiornerò lunedì prossimo (non così tardi, giuro).
Al prossimo capitolo.