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Autore: kay33    22/01/2013    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo essere arrivata a New York, Rose dovrà decidere cosa fare della sua vita...Jack è morto, ma qualcosa di lui è rimasto ;D
Se vi ho incuriosito e volete saperne di più leggete la storia :D
Pubblico in maniera piuttosto regolare, ma avviserò in caso di ritardi!
Baci
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caledon Hockley, Rosalinda Dewitt Bukater, Ruth Dewitt Bukater | Coppie: Jack Dawson/Rosalinda Dewitt Bukater
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stazione di Beaumont era piuttosto grande, e molto affollata; c’era un continuo viavai di treni, persone e merci. Avrei voluto fermare un facchino o un viaggiatore per farmi indicare il centro della città, ma erano tutti troppo indaffarati. Dovetti arrangiarmi e fortunatamente sbagliai strada solo un paio di volte; nonostante fossi stata seduta per parecchie ore consecutive, la schiena mi faceva molto male, e sperai di trovare al più presto una sistemazione per la notte. Oltretutto stava facendo buio.
Trovai un affittacamere in una traversa della via principale, che mi chiese un prezzo spropositato per una stanzetta piccola e arredata spartanamente. Quantomeno era abbastanza pulita.
“Non porti nessuno in camera, non voglio viavai di gente. Non rompa nulla, e se mi accorgo che qualcosa manca la sbatto fuori immediatamente. Il prezzo è di 2 dollari a notte, pagamento anticipato” disse sbrigativamente la donna grassa che stava in portineria, tendendo la mano per ricevere il denaro.
Detto questo, mi accompagnò nella mia stanza “Non voglio problemi” mi ricordò, squadrando il mio pancione.
“Non ce ne saranno” le risposi nella mia testa. Di sicuro Cal non sarebbe venuto a cercarmi in un posto come quello.
Il letto era incredibilmente scomodo, ma mi adattai. L’indomani sarei andata alla ricerca di una casa tutta mia. I soldi che mi ero portata dietro sarebbero bastati per prendere in affitto un paio di camere per alcuni mesi, poi avrei dovuto cercare lavoro.
Non avevo rimpianti; non mi mancavano le prediche di mia madre, o l’indifferenza di Cal. Qui avrei potuto ricominciare da capo, e dare un’esistenza felice al mio bambino. “Nostro”, mi corressi, pensando a Jack.
 
Le strade della città al mattino presto brulicavano di persone, e quel giorno c’era anche mercato. Mi stupii nel vedere la gran varietà di animali, oche, galline e polli in gabbie, mentre alcuni maialini scorrazzavano alla ricerca di cibo. Mi misi a ridere, non ne avevo mai visto uno dal vivo, ma solo nelle illustrazioni dei libri.
Chiedendo informazioni alla burbera donna della locanda presso cui avevo alloggiato, avevo scoperto che era possibile trovare case in affitto a prezzi modesti nella parte Ovest della città, dove risiedeva la popolazione operaia. Lei sembrava piuttosto desiderosa di liberarsi di me, per cui pensai che le sue dritte fossero corrette e mi avviai a piedi, per risparmiare soldi.
 
Dopo un’oretta di cammino, mi accorsi di essermi persa; avrei dovuto cercare un ponte per attraversare il fiume che bagnava la città, ma non riuscivo a trovarlo. Distratta dai miei pensieri, non mi accorsi di una donna che camminava frettolosamente con un bambino accanto, e mi scontrai con lei. Le cadde la cesta che teneva in mano. Tentai di scusarmi ma lei tagliò corto “lasci stare e mi dia una mano, piuttosto”, poi si accorse del mio stato e divenne più dolce “non si preoccupi, è anche colpa mia. Non l’avevo vista”. Fui felice di trovare una persona gentile, e così le chiesi indicazioni.
“Siete nuova di questa città, eh?” disse.
“Sì, io…ecco…” balbettavo, in cerca di una buona scusa, ma lei si accorse che stavo mentendo.
“Va tutto bene cara? Posso fare qualcosa per aiutarti?”
Non so perché le confessai il mio segreto, forse avevo solo bisogno di sfogarmi, o forse era stato il suo buon carattere a ispirarmi fiducia. Dopo aver ascoltato la mia storia, disse solamente “D’accordo, torniamo alla locanda e raccogliamo le tue cose. Verrai a casa con noi”
 
Era troppo bello per essere vero, e mi offrì di pagare per il mio pernottamento presso di loro, ma la donna non accettò. Mi disse di conservarli per le necessità del bambino, “ho avuto cinque figli, e mi creda, i soldi non bastano mai” aggiunse sorridendo.
Lei era sulla quarantina, il viso era ancora molto armonioso e dolce, ma il fisico robusto rivelava una vita di lavoro. Dedussi che il ragazzino che era con lei fosse il suo ultimo figlio, o penultimo. Somigliava alla madre, ma era incredibilmente taciturno. Forse dipendeva dal fatto che fossi un’estranea.
 
Come previsto, la burbera affittacamere fu oltremodo felice di vedermi partire, temendo di dover risolvere liti con mariti abbandonati e arrabbiati. Scoprii che la famiglia che mi avrebbe ospitato viveva fuori città in un ranch. Mi aveva sempre ispirato la vita di campagna, e poi non credo che sarei riuscita ad abituarmi facilmente alla ressa dei quartieri operai. Oltretutto, avrei potuto sdeditarmi aiutando a dare da mangiare agli animali, o con altri lavoretti.

Mi chiesi come avessero preso la notizia della mia fuga a casa; immaginai l’isteria di mia madre, e il suo timore che Cal la cacciasse da casa. Lui sarebbe stato indifferente alla mia scomparsa, come lo era alla mia presenza, e probabilmente sarebbe solo stato scocciato dal fatto di doversi fingere addolorato in pubblico.
Sicuramente avrebbe ingaggiato degli investigatori per trovarmi; odiava perdere, e odiava essere preso in giro.
Mi chiesi se non avessi sbagliato a non lasciare un biglietto di addio, ma allontanai subito il pensiero.
Decisi che nei prossimi giorni avrei acquistato il quotidiano, per tenermi aggiornata sulla vicenda; Cal era un uomo molto ricco e potente, e la notizia della fuga di sua moglie avrebbe fatto scalpore.
  
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