Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: LumineNoctis    22/01/2013    2 recensioni
Zeus ha avuto figli.
Poseidone anche.
E Ade?
Questa Fanfiction è basata sui fatti, leggermente distorti, del primo libro della saga di Percy Jackson. E' la mia prima vera Fanfiction, spero di trovare il tempo necessario per dedicarmici. ^^
'Si inchinò anche alla Regina degli Inferi, e poi si bloccò. Mi aveva visto, interrompendo il suo inchino a metà. Per quanto non fosse una creatura particolarmente intelligente, capì in poco tempo chi fossi. Sarà stato per via dei miei occhi innaturalmente rossi e gialli. Fece un passo indietro, preoccupata.
- Divino Ade, chi è questa mortale? – fece, indignata.
- Non parlare così di mia figlia, Echidna. E’ mia figlia, si. E’ una semimortale, una mezzosangue. – disse annoiato Ade.
- Una semidea – sussurrò Echidna.'
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno dopo feci le valigie. Sarei partita il giorno successivo. Quando il trolley di pelle fu riempito del tutto, Persephone entrò nella stanza.
-          Già fatto le valigie? – chiese.
-          Uh, si, ma non sono certa di aver preso tutto il necessario.
Lei alzò un sopracciglio, rivolta alla valigia traboccante.
Si avvicinò, tirò fuori una tunica di raso nero, quella che solevo tenere sempre. Ne sfilò un’altra, e un’altra ancora. La mia valigia era piena solo di tuniche nere.
-          I mortali non si vestono così, Cindy.
-          Queste sono comode.
-          A loro non importa.
Sbuffai.
Lei frugò ancora, tirando fuori gli aggeggi mortali che Caronte mi regalava, di tanto in tanto. Non avevo idea a cosa servissero, ma se a lui piacevano, così appassionato di mode e comodità mortali, voleva dire che mi sarebbero potute servire.
Tirò fuori un oggettino marrone con due prismi traslucidi.
-          Occhiali da sole Gucci, Caronte ti tratta bene – rise.
Continuò la ricerca.
-          Un frullatore.
-          Un che?
-          Frullatore, è un aggeggio che si usa per frullare i cibi. – ripose, soprappensiero.
Ah, già. I mortali si cibano di cibi di una varietà infinita. E nonostante questo devono pure ingurgitare animali. Si, era stato un racconto che avevo chiesto a Persephone tante volte, che trovava l’idea di mangiare gli animali stupida quanto me. Quanto si trattava dei bovi divini di Demetra che ingurgitava suo marito, però, non diceva niente.’Ma un dio ha bisogno di lusso’, diceva sempre lei, ridendo.
-          Direi che avrai bisogno di vestiti nuovi, per confonderti fra loro. Di solito chi và in giro con una tunica nera viene preso per pazzo, o cinico. Te lo sconsiglio, Cindy. – disse lei.
Annuii. Nei sei mesi che passava sull’Olimpo, aveva tempo di osservare i mortali, e passare del tempo fra loro, volendo.  Per una che passa quattordici anni sottoterra, senza mai vedere altro che la faccia scavata di un dio, il bel sorriso di una dea segregata e le facce tristi dei morti,  era difficile immaginare il modo di vestire dei mortali. Riposi questo interrogativo nel cassetto delle ‘cose imprecisate’, incastrandolo fra le migliaia di altre cose.
-          Dai, finisci qui e vieni giù – disse dolcemente, uscendo.
Chiusi la valigia, e scesi. Mio padre era già tornato nella sua forma divina. Enorme, alto una quindicina di metri. Con un cenno allo scranno, questo si ingrandì, e diventò della giusta grandezza per farlo sedere comodo. Persephone, con grazia, fece lo stesso. Per ricevere le visite di solito usavano la loro forma classica, a parte per le creature e i messaggeri più confidenti, a meno che persone che avevano in progetto cose raccapriccianti come ‘aggiungere idee di altri modi per morire nelle menti dei suicidi’ potessero essere definite ‘confidenti’.
Io mi accontentai di restare alta un metro e settanta, e mi rannicchiai contro il fiore di loto nero che era il trono della mia matrigna. Lei mi strizzò l’occhio, mentre Ade sembrava preoccupato. Era la prima volta che mi mostravo ai visitatori. La notizia della mia esistenza si sarebbe presto diffusa anche sull’Olimpo.
Il portone di mogano rifinito in bronzo della sala del trono si spalancò, dopo un velocissimo bussare di battente.
Un corpo martoriato, così magro da vedersi chiaramente ogni singolo osso, vestito con una divisa militare, fece capolino nella stanza.
-          Abrotos despotes – lagnò ansante la guardia, inchinandosi. ‘Divino signore’, aveva detto il corpo. Proferì anche un inchino a Persefone e a me.
Ade fece un gesto annoiato con la mano, incoraggiandolo a continuare.
- La Divina Echidna è qui, signore – disse.
Feci una silenziosa risatina sprezzante. I corpi di guardia erano schifosamente codardi e lecchini, al punto di definire divina qualsiasi creatura mitologica. Ma per fortuna ad Ade, il suo vero padrone, riservavano un rispetto esclusivo. Anche perché, se non fosse stato così, lui li avrebbe segregati eternamente nelle zone più buie e putride del Tartaro.
Mio padre gemette. – Falla entrare – sentenziò.
Il portone si aprì di nuovo. Una donna grassa dai tratti deformati e serpenteschi avanzò, a passi lenti e rispettosi. Arrotolato a un polso, stava un serpente corallo semi addormentato. Vidi chiaramente la sua lingua biforcuta frustare l’aria davanti a se, poi vibrò fra le labbra squamose e tornò fra le sue enormi e grasse guancie. Ecco, la grande Echidna, madre di ogni Mostro. Un donnone verdastro molto poco attraente.
-          Sua Magnificenza – sibilò, inchinandosi un poco. Nonostante l’orgoglio nauseante verso se stessa, tutti temevano il dio degli Inferi. Tutti.
Si inchinò anche alla Regina degli Inferi, e poi si bloccò. Mi aveva visto, interrompendo il suo inchino a metà. Per quanto non fosse una creatura particolarmente intelligente, capì in poco tempo chi fossi. Sarà stato per via dei miei occhi innaturalmente rossi e gialli. Fece un passo indietro, preoccupata.
-          Divino Ade, chi è questa mortale? – fece, indignata.
-          Non parlare così di mia figlia, Echidna. E’ mia figlia, si. E’ una semimortale, una mezzosangue. – disse annoiato Ade.
-          Una semidea – sussurrò Echidna.
Mi strinsi nelle spalle, cercando di mantenere lo sguardo fermo nei suoi occhi da rettile e l’atteggiamento superbo.
-          Non c’è bisogno che lo riferisci a mio fratello. Convocherò Ermes.
Tutti, nella stanza, compresa io, lo fissarono. Sapevamo tutti che era rarissimo che Ermes venisse convocato negli Inferi, era raro anche per gli altri dei maggiori. Era successo all’inizio della prima Guerra Mondiale. Quella sarebbe stata la seconda volta.
-          Ne sei certo? Forse.. – gli mormorò Persephone. Lui la zittì con un gesto della mano, e lei sembrò offesa. Si ricompose scostandosi i capelli da una spalla.
-          Comunque, cosa sei venuta a riferirmi?
Echidna esitò.
-          La Folgore è stata rubata.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: LumineNoctis