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Autore: lilyrose    11/08/2007    2 recensioni
All’età di sei anni James Potter chiede alla madre il significato della parola amore. Cosa gli risponderà la donna? One-shot affiliata alla fanfic “When the heart will go on…”, ma è comprensibile anche senza aver letto quest’ultima: uno squarcio d’infanzia del malandrino insieme ai genitori e a un nuovo regalo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Venerdì, 15 Aprile 1960

Venerdì, 15 Aprile 1966.

 

Il sole era già calato sul cielo di Green Havent, paese nella brughiera abitato esclusivamente da maghi e streghe. L’imbrunire avanzava rapidamente, celando le ombre e permettendo a una fresca brezza vespertina di soffiare per le vie della città.

Una serafica quiete tipica della sera stava calando nel paese: lampade e lampioni cominciarono ad accendersi, annunciando il coprifuoco e la fine della giornata. Persone che tornavano dal lavoro, smaterializzandosi davanti al cancello di casa propria, bambini che rientravano per l’ora di cena dopo aver passato il pomeriggio al parco. Eppure, c’era un bambino che non ne voleva sapere di smettere di giocare perché quello era stato un giorno importante.

Il giorno del suo compleanno.

James Potter volava imperterrito nel cortile dietro casa a cavalcioni della sua nuova scopa, una Shooting Star regalatagli dal padre. Il moretto, dopo aver scartato il regalo tanto desiderato, si era fiondato in giardino a provare quella meraviglia con gli occhi nocciola trapelanti di gioia.

Risate di bambino avevano allietato il pomeriggio di Helen Potter, madre del futuro Malandrino.

Con il tramonto alle spalle, la donna continuava ad osservarlo con sguardo sereno, poggiata allo stipite della finestra: suo figlio stava crescendo e doveva anche ammettere che si destreggiava bene con la scopa.

- Tesoro, è pronta la cena! – lo chiamò Helen dal balcone, mentre la brezza della sera le pettinava i mossi capelli scuri e muoveva le tende del salotto di casa Potter.

Alle parole della madre, James sbuffò scontento ma obbedì e rientrò in casa: voleva rimanere ancora un po’ nel cortile ad esercitarsi con la sua nuova scopa. Curvò per raggiungere l’abitazione, ma Helen notò che qualcosa non andava: suo figlio si stava dirigendo dritto verso di lei con troppa velocità, non sarebbe riuscito a frenare in tempo.

Sempre con il sorriso sulle labbra, il futuro Cercatore andò a sbattere contro la finestra, mandandola in frantumi. Vetri ovunque si riversavano nell’elegante salotto: uno dei soliti macelli combinati dall’unico erede dei Potter.

Helen alzò gli occhi al cielo, serrando le labbra per poi entrare nel salotto che aveva riordinato un attimo prima di chiamare suo figlio per la cena: trovò il pargoletto a gambe all’aria che rideva divertito. Nell’impatto il moretto era precipitato su una poltrona e il ribaltamento di quest’ultima aveva attutito la sua caduta.

- James Potter! Qualcuno ti ha mai insegnato a entrare dalla finestra, per caso? – gridò la donna avvolta in uno scialle azzurro con sguardo severo, come chi ne aveva passate tante.

Il bambino recuperò la scopa e controllò che fosse tutto a posto: il manico non si era rovinato a differenza del giovane, il quale aveva due tagli in viso che stavano sanguinando. 

- Non è colpa mia – si difese il giovane Potter, con sguardo innocente. 

- Come sempre, naturalmente.

James annuì energicamente, puntando il dito nell’angolo più remoto della stanza. La donna seguì le indicazioni del figlio e riuscì a scorgere un piccolo elfo domestico che tremava di paura, vicino al suo vaso preferito.

- Wehby! Ecco dov’eri finita: ti ho cercato dappertutto!

- Wehby chiede perdono alla signora, Wehby colpevole, Wehby cattiva: ora Wehby si taglia un orecchio! – disse la creatura senza sosta, cominciando a morderselo.

- No Wehby, per carità! – esclamò la signora Potter, fermandola in tempo – per questa sera hai avuto troppe emozioni Wehby, scendi in cucina e riposati.

- Padrona troppo buona con Wehby. Sì sì…

Raggiunse la porta per poi dirigersi in cucina, continuando a borbottare lodi e ringraziamenti rivolti alla signora Potter.

- E ora a te signorino: cosa ti è saltato in mente? – domandò Helen, voltandosi con le mani poggiate sui fianchi.

- Volevo solo farla divertire un po’: l’ho fatta guidare, ma non è proprio capace! – si difese il piccolo Potter – mamma non ti consiglio di farle guidare una scopa, ti accompagno io se devi andare da qualche parte!

Il cipiglio della signora Potter si dissolse, lasciando posto a un tenero sorriso: come poteva sgridare un figlio tanto dolce anche se dannatamente birbante?

- Per questa volta passa James, ma la prossima volta… - lo avvertì la donna, curandogli con la magia le ferite al volto.

- Ho capito, ho capito.

- Ora fila a lavarti le mani, combina guai! – disse Helen, passando in segno d’affetto una mano tra i capelli ribelli del figlio.

- Mamma, so quello che devo fare: sono grande, ho sei anni adesso! – protestò il giovane Potter, pestando energicamente un piede a terra con orgoglio ferito.

- Solo da meno di cinque ore, giovanotto! – precisò Helen, che nel frattempo aveva cercato di riassestare con colpi di bacchetta magica il salotto di casa Potter prima del rientro del marito.

 

 

La cena era pronta in tavola, ma solo Helen Potter pareva essere presente nella stanza da pranzo.

I suoi due uomini si facevano attendere.

Si alzò dalla sedia, dirigendosi verso l’enorme quadro di fronte alla tavolata: racchiusa in una cornice intagliata d’oro, la grande tela ritraeva tutte le stanze di casa Potter e al loro interno chi le occupava.

La donna cercò il figlio, trovandolo nella sua camera, occupato nella lucidatura del manico da scopa. Helen avvicinò la bacchetta al quadro, sospirando e tracciò un cerchio per aria.

- James, la cena è pronta: ti sbrighi a scendere? – la voce della donna si diffuse per tutta la stanza del bambino, rammentandogli l’ora del pasto.

- Ma papà non è ancora arrivato! – protestò il piccolo, ma in quel momento si sentì un sonoro schiocco, seguito da un forte crac che annunciò l’arrivo del signor Potter.

L’uomo, smaterializzatosi dinnanzi al cancello, dopo pochi passi entrò in casa e all’ingresso lo attendevano una decina di elfi domestici chini verso il basso in posizione d’inchino: Joseph Potter si tolse capello e mantello, poi consegnò gli indumenti alle piccole creature. 

- Dicevi, tesoro?

- Uffa mamma…va bene scendo!

Helen ripose la bacchetta nella veste, osservando il figlio disporre con cura la scopa accanto al letto.

- Eccola, la mia dolce metà! – pronunciò Potter senior, entrando in sala da pranzo.

Andò incontro alla moglie e la baciò: come un novello sposo, prese le mani della consorte tra le sue e le portò alle labbra, lambendone il palmo.

Sua moglie era tutto per lui: l’aria che respirava, la terra dove camminava, l’acqua che lo dissetava, il calore che lo riscaldava.

Quel magico momento fu interrotto da un trambusto proveniente dal corridoio: i due coniugi si diressero rapidamente verso la porta e trovarono il loro unico figlio steso a terra che rideva come un matto. Il pargoletto, da vera peste, si era divertito a scendere le scale scivolando allegramente sulla ringhiera e il fracasso era avvenuto a causa del capitombolo a fine scala.

- James!! Quante volte ancora ti dovrò rimproverare di non scendere in quel modo? – domandò spazientita Helen con sguardo accigliato.

- Mamma è troppo divertente! Perché non lo provi? – domandò il bambino sorridente, ancora a terra.

- Forza giovanotto: in piedi! – suggerì il padre, strizzandogli l’occhiolino e James cercò d’imitarlo senza successo: chiuse entrambi gli occhi, allargando la bocca.

Col tempo avrebbe imparato a farlo, anche troppo bene…

I due genitori sorrisero, per poi dirigersi insieme al figlioletto in sala da pranzo a consumare il pasto serale.

 

 

Tintinnii di forchette e coltelli provenivano dalla stanza dove l’allegra famiglia Potter stava cenando.

- … e poi ho provato a scendere in picchiata, sono stato velocissimo! Ho imparato anche a prendere degli oggetti al volo! Dovevi vedermi, papà! – raccontava il piccolo James con gli occhi che brillavano dalla felicità.

- Già, dovevi vederlo come frena bene: ha disintegrato mezzo salotto! – riferì Helen, mentre il marito se la rideva.

- Ma non sono stato io!

- Bene, vedo che ti è piaciuto il regalo di compleanno! – disse Joseph mentre il bambino annuiva energicamente – domani voleremo insieme, figliolo! E ti insegnerò anche il Quidditch!

A James non parve vero: i suoi occhi nocciola si allargarono colmi di stupore misti a gioia, tanto che cominciò a saltellare sulla sedia impaziente.

- Papà stasera, ti prego!

Joseph Potter rise fiaccamente, osservando il suo unico figlio non stare più nella pelle.

- No giovanotto, stasera papà è stanco.

- Uffa! Mamma tu…

- Tesoro scordatelo: non ci salgo neanche sotto Imperius su quel manico di scopa! – mise in chiaro Helen, pulendosi le labbra con un tovagliolo – tira via quel broncio, sta arrivando la torta!

Il maschietto voltò immediatamente il capo verso la porta, osservando tre elfi domestici portare il dolce  per il suo compleanno: la scritta in corsivo prodotta con del cioccolato fuso asseriva “Tanti auguri, James Potter!”.

Con uno schiocco di dita, Helen spense le luci e le sei candeline rimasero l’unico bagliore nella stanza, rischiarando il viso stupito ma contento del suo unico figlio.

- Avanti giovanotto: un bel desiderio e poi soffia! – gli ricordò il padre e il bambino fece quanto detto: in un baleno, tutte le sei candeline si spensero fino a diventare tutto buio.

Quando ritornò la luce, James osservò i genitori sorridere e battere le mani solo per lui, mentre gli elfi domestici facevano riverenze fino a toccare la punta dei piedi con il naso.

Sei anni.

Il suo bambino stava crescendo, pensava Helen Potter, con una gran voglia di fare, d’imparare, di capire. Birbante e furbo al punto giusto, ma anche leale e sognatore.

Amava suo figlio più della sua stessa vita, così come amava l’adorato marito.

I suoi tesori più grandi erano seduti a quel tavolo e si riteneva così fortunata, tanto da chiedersi ogni giorno se meritava tanto.

- Tesoro, cosa hai fatto alle dita? – domandò la donna al figlio, notando solo ora le dita del figlio ricoperte di cerotti.

- Niente mamma… - si affrettò a dire James, affondando l’indice nella torta per poterla assaggiare – che buona!

Helen assottigliò lo sguardo nocciola, dubbiosa ma anche certa che se il suo adorato pargoletto aveva combinato qualcosa, prima o poi lo sarebbe venuta a sapere: con la bacchetta magica, disegnò in aria un asterisco e immediatamente il dolce si tagliò in otto parti uguali.

Dopo aver mangiato la torta, entrambi i genitori si accorsero della stanchezza del figlioletto: dopo aver volato per tutto il giorno, il piccolo James non riusciva più a tenere gli occhi aperti e si stava appisolando sul tavolo.

- Forza giovanotto, a letto! – consigliò Joseph Potter e il bambino si alzò ciondolante dalla sedia.

- Buonanotte papà – augurò, ricevendo dal genitore un affettuoso buffetto sulla guancia.

Helen lo prese in braccio per portarlo in camera, mentre il festeggiato si accoccolava e stringeva il collo della madre.

Nella stanza del figlio trovò un disordine smisurato e, facendosi largo tra vestiti e giochi vari, coricò il piccolo James sul letto a baldacchino: il giovane s’infilò immediatamente sotto le lenzuola, mentre la donna accendeva la lampada sul comodino per mettere un po’ d’ordine.

- Mamma…

La signora Potter, dopo aver raccolto maglie e pantaloni, si sedette sul letto del figlio.

- Dimmi, tesoro.

James si sporse verso il bordo del materasso e con una mano recuperò ciò che aveva nascosto sotto il letto.

Il fiore preferito da Helen.

Una rosa bianca.

Candida e nivea tra le mani del suo bambino.

Solo ora la donna capiva quei cerotti.

- Tesoro… non dovevi. – s’intenerì la madre, commossa da quel gesto – grazie, James!

L’erede dei Potter sorrise beato, con un pizzicore allo stomaco per aver reso felice la sua mamma.

- Dai, ora dormi – suggerì Helen, prendendogli la mano e pronta a dargli la buonanotte.

- Mamma… che cos’è l’amore?

Piccolo, ma sveglio...

Come spiegare a un bambino questo grande sentimento?

La donna sorrise, passando una mano tra i ricci capelli del suo unico figlio.

Non ci sono parole per descrivere l’amore, tesoro mio…

Perché l’amore è emozione…

È tenerezza, è batticuore.

Ma anche paura, incertezza, ansia, timore.

L’amore è unione, volersi bene, l’altra metà della medaglia.

Troppo complicato per un bambino, troppo confuso come discorso.

E allora come farglielo capire?

Helen gli rimboccò le coperte e, dopo avergli baciato affettuosamente la fronte, trovò le parole giuste.

- Quando qualcuno ti ama, il modo in cui pronuncia il tuo nome è diverso… - confessò, facendogli un occhiolino in segno di complicità.

Helen lasciò la stanza e, nel buio più completo, il bambino pensò alle parole della madre: credeva che il nome James sarebbe stato sempre uguale chiunque l’avesse pronunciato.

Nonostante questo dubbio per la testa, il futuro Malandrino si addormentò sereno, mentre nello stesso momento da un’altra parte dell’Inghilterra una bambina dagli occhi verdi e dai corti capelli scarlatti piangeva sotto le coperte, dopo l’ennesimo litigio con la sorella maggiore.

- Si è addormentato? – chiese il signor Potter, una volta che la moglie fu scesa in salotto.

Helen annuì, mentre posava con cura la rosa bianca in un vaso: poi andò a sedersi accanto al marito e poggiò il capo sulla spalla di lui.

- Sai cosa mi ha domandato?

Joseph scosse la testa incuriosito, mentre la donna volgeva il viso verso il marito.

- Mi ha chiesto cosa sia l’amore…

Il signor Potter alzò le sopracciglia meravigliato, poi sorrise di sbieco accarezzando i soffici capelli della moglie.

- Che furbetto! E tu cosa gli hai risposto?

- Quello che mi hai detto tu vent’anni fa il giorno che ti sei dichiarato – ammise Helen, intrecciando la sua mano con quella del consorte.

- Non potevi trovare parole migliori – riferì l’uomo, baciando con dolcezza la sua sposa.

- Quanto sei modesto, amore mio! Mi chiedo ancora come tu abbia fatto a farmi innamorare di te…

- Bè, lo sai… niente è impossibile per Joseph Potter!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soffia le candeline ed esprimi un desiderio.

Qual è il desiderio che hai espresso, piccolo James?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Desidero che la mia mamma e il mio papà mi restino vicino, per sempre”.

 

 

Purtroppo, non tutti i desideri vengono esauditi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutte ragazze!

Eccomi tornata con una storia sui malandrini, questa volta trattasi di one-shot spero di vostro gradimento: ne approfitto anche per salutare e ringraziare tutte le lettrici che hanno recensito l’ultimo capitolo di “When the heart will go on…”.

Grazie veramente!

Grazie ai vostri commenti ho sorriso, sono arrossita, ho riflettuto e… ho pensato a questa one-shot.

Alla prossima, quando meno ve lo aspettate, tornerò…

Baci baci

By Lily-Rose

 

  
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