Diciannove
Been lookin’ for a reason, man
Cercavo una motivazione, amico
Something to lose
Qualcosa
da perdere
Broken hearts will mend
I cuori
infranti guariranno
It’s
times like these you learn to live again
It’s times like these you give and give again
It’s times like these you learn to love again
It’s times like these, time and time again
È in momenti come questi che impari a
vivere ancora
È in momenti come questi che dai e
dai ancora
È in momenti come questi che impari
ad amare ancora
È in momenti come questi, tempo e
tempo ancora
(Times
Like These, Foo Fighters)
-Riferito a Lev-
[...]
Non ci voglio stare, che non c’è
futuro
Che la nostra vita è già segnata
Quando imparavamo a rassegnarci
Ci
è successo di incontrarci
(Stai con me, Pooh)
-Riferito
a Nikolaj e Zinaida-
Novosibirsk, 22 Gennaio 2013
Erano le quattro del
pomeriggio e Aljona era già da due ore dietro alla bancarella di Lev, a
guardare il suo fidanzato arrostire e vendere castagne dall’aspetto fantastico
e a evitare, cercando di nascondersi con i lunghissimi capelli -comunque
davvero troppo chiari e luminosi per permetterle di passare inosservata- gli
insistenti sguardi dei giovani clienti più maliziosi.
All’ultimo che le aveva
posato gli occhi addosso Lev aveva afferrato una mano e gliel’aveva messa sulle
ultime castagne tolte dal fuoco, bollenti come non mai.
-Lei è la mia ragazza. Queste sono le mie castagne. Se continui a guardarla
così, la mia ragazza rimane dov’è, ma tu
prendi il posto delle mie castagne. Quelle ancora sul fuoco, s’intende. Vuoi?-
Al che il ragazzo gli aveva
risposto, scioccato:
-Cavolo, ma stai con una minorenne?
E sei pure un pregiudicato!-
-Già. Io sono un pregiudicato. Tu
no. Io sono stato in galera per sei anni.
Tu starai in ospedale per sei anni-
Al che il baldo giovane
aveva preferito cambiare aria con la sua bella manina ustionata.
Non si poteva dire che
Levočka ci andasse leggero, con gli ammiratori di Aljonka, ma neanche lei
andava leggera con i suoi ammiratori -una moltitudine vagamente simile alla
folla dei pretendenti di Elena di Troia-, né tantomeno i troppi ammiratori di Aljona
andavano leggeri con lei, visti gli sguardi di fuoco che le lanciavano.
Lev le accarezzò una
guancia, con un sorriso teso.
-Алëнка...-
-Да?-
-Ничего.
Ты красивая,
вот и всë-
Nicivò. Ty
krasívaya, vot i vsjo.
Niente. Sei bella, tutto qua.
-Ты
тоже-
Ty tože.
Anche tu.
-Oh, нет...-
Oh, njét...
Oh, no...
Lei gli sorrise e gli
lasciò un bacio su una guancia.
-Спасибо,
мой любовь-
Spasibo, moy lyubov’.
Grazie, amore mio.
-Пожалуйста,
маленькая
звезда-
Požaluysta, malen’kaya zvezda.
Prego, piccola stella.
D’un tratto l’attenzione
di Aljona fu attratta da un ragazzo biondo dagli occhi d’un azzurro vacuo e l’aria
stravolta.
Aveva uno sguardo infinitamente
stanco e dava l’impressione di essere assolutamente scontroso.
Doveva avere all'incirca l’età
di Lev, forse qualche anno in più, ma sembrava molto più grande.
Era molto alto,
almeno dieci centimetri in più di Lev -che
non era basso, per niente- e aveva la pelle di un candore tanto abbagliante
da stordire.
I suoi capelli, di un luminoso
biondo avorio, erano folti e arruffati, e nel complesso non sembrava un ragazzo
molto raccomandabile.
Una sfrontata bellezza dei
vicoli, occhi lividi di frustrazione e miseria e una debole fiamma dietro le
palpebre.
A volte sorrideva, a
nessuno in particolare.
In quei momenti era bello,
era sincero.
In quei momenti era più forte della realtà.
Aljona lo osservava
colpita, stupita, confusa.
Chissà da quale sogno impossibile stava tornando.
Sono stanco di essere stanco, perciò
Fatemi strada
Sono stanco di facce che dicono:
“No, stattene in coda”
Da oggi abbiamo smesso
Di chiedere permesso
Io voglio tutto adesso
Adesso, adesso
E togliersi via
Le mani da dosso
La
vita è la mia
Che prenda o che dia di più
Sono stanco di prendere il mondo com’è
Non si respira
Sono stanco di chiudermi dentro, perché
Non
ho paura
Sono
stanco di farmi rispondere no
È una
prigione
Sono stanco di essere buono, perciò
Fate attenzione
(Tutto adesso, Pooh)
-Riferito a Nikolaj-
-Привіт,
Левочка!-
Pryvit, Levočka!
Ciao, Levočka!
Aljona sussultò, quando si
accorse che quel ragazzo era esattamente di fronte a lei.
Anche se, per fortuna, si
stava rivolgendo a Lev.
Aveva un accento duro,
molto più duro di quello dei Russi Siberiani -che avevano indiscutibilmente l’accento
più tagliente di tutta la Russia-, e Aljona lo riconobbe subito, così come
riconobbe la lingua in cui il giovane aveva salutato Lev.
Era ucraino.
Привет
era russo, Привіт era ucraino.
Come sua madre e Katja.
Quel ragazzo, però, aveva
l’inconfondibile accento di Kiev.
Lyudmila Vasil’evna Zanevs’ka
ed Ekaterina Sergeevna Dostoevskaja
erano di Velikie Soročincy, la città del grande Nikolaj Vasil’evič
Gogol’, ch’era praticamente campagna.
Persa com’era in quelle congetture,
la biondina di origini ucraine non aveva visto Lev e il nuovo arrivato scambiarsi
una pacca sulla spalla e un sorriso d’intesa.
Per quanto ne sapeva lei,
poteva anche essere solo un cliente ucraino che conosceva il suo nome.
E invece era il suo migliore amico.
-Привет,
Николенька!-
Privjét, Nikolen’ka!
Ciao, Nikolen’ka!
Nikolen’ka... Nikolaj.
Come Gogol’!
Anche se Gogol’ era
-almeno nei ritratti- bruno, baffuto e un po’ più...
Morto.
Beh, fin qui Aljona ci era
arrivata.
Non potevano certo essere la stessa persona!
Però lei, quando sentiva quel
nome -il suo nome maschile preferito, che, tra parentesi, avrebbe voluto dare a
suo figlio, un giorno-, pensava sempre a due persone: Gogol’, appunto, e
Nikolaj Il’ič Rostov di Война и
Мир (Vojna i Mir,
Guerra e Pace), Conte ventenne, entusiasta ussaro moscovita e sfortunato
giocatore d’azzardo.
In realtà, c’era una
quantità spaventosa -perfino imbarazzante- di Nikolaj in Russia e in Ucraina,
essendo questo uno dei nomi slavi maschili più diffusi, ma Aljona...
Beh, era Aljona, e le bastava un nome a lei particolarmente caro per
partire con la fantasia.
A suo favore bisognava
dire che riusciva quasi sempre a risparmiarsi figure del tipo: -Nikolaj? Come Gogol’ e Rostov!-, per
poi aggiungere, ricomponendosi:
-E come del resto la metà abbondante dei
centoquarantatré milioni e quattrocentosettantaquattromila abitanti della Russia.
Per non parlare degli Ucraini, Polacchi e... Beh, comunque piacere-
Aljona riusciva a fermarsi
in tempo.
-Tu sei la minorenne di Levočka?- chiese Nikolaj, con il suo delizioso -forse solo
per lei- accento ucraino e un sorriso vagamente strafottente.
Aljona sgranò gli occhi.
Di tutte le presentazioni
che avrebbe potuto immaginare, quella, proprio...
-Aljona. Sono Aljona- replicò, un po’ risentita.
Era il terzo, quel giorno, che le affibbiava quell’epiteto
poco simpatico.
-Ceeerto... Aljona- ripeté il biondino di Kiev, sarcastico.
-Nikolaj Igorevič Gončarov-
aggiunse poi, tendendole la mano.
-Certo-
lo imitò Aljona, cupa. -Nikolaj-
Il giovane Ucraino inarcò
un sopracciglio biondo.
-Qualche problema, bellina?-
La biondissima quindicenne
lo fulminò con lo sguardo.
-Assolutamente-
-Ecco.
Ce l’hai una sigaretta, Lev?-
-Нет-
rispose Aljona per lui.
L’Ucraino la ignorò, ma Lev
no.
-Che diavolo hai, Kolja?- borbottò all’amico, incupendosi a sua volta.
-Niente.
Mi sono rotto di fare il Santo e non avere mai i soldi per l’Accademia
Militare, anche se mi alzo alle tre tutte le mattine-
-E Aljonka che ti ha fatto?- replicò Lev, gelido.
-E io, agli altri, a tutti gli altri, cosa ho fatto?!- gridò
Kolja, e per un attimo sembrò realmente disperato, quasi sul punto di scoppiare
in lacrime.
Poi si rivolse ad Aljona e
la guardò con un po’ meno astio e un sorriso un po’ più vero.
-Non ce l’ho con te,
davvero. E non sono neanche un bastardo, se vuoi saperlo.
No, non ce l’ho con te, e
mi dispiace, se prima sembrava... Con
tutti gli altri sì, però-
Era in uno dei suoi
momenti di assoluto sconforto, momenti troppo amari che Aljona non conosceva
ancora.
Aljona gli sorrise,
comprensiva.
-Non preoccuparti-
-Sul serio? Cioè, bastava
chiedere scusa? Un’altra mi avrebbe sputato in un occhio...-
-Io stavo per farlo, se proprio ci tieni a saperlo-
-Comunque, io sono Kolja e
sono un po’ meno antipatico di quello che tendo a far sembrare. Faccio il
lavavetri. Sono un grandioso lavavetri.
Probabilmente farò carriera-
-Io studio al Ginnasio, mi
mancano due anni. Studio e pattino.
Vorrei laurearmi in letteratura russa e diventare
pattinatrice artistica su ghiaccio-
Nikolaj annuì.
-Davvero sei la sorella di
Katja? Quella Katja?-
-Già-
-Caspita! E così Levočka si è fatto anche la
sorella minore!-
-Kolja!-
-Oh, scusa. Non ancora?-
-Закрой
рот,
Николенька-
Zakroy
rot, Nikolen’ka.
Sta’ zitto, Nikolen’ka.
Lev diede la sigaretta
chiesta e un cartoccio di castagne gratis a quel suo amico tremendamente
inopportuno, dunque tirò un sospiro di sollievo.
Kolja...
Non era un Nikolaj come gli altri.
Questo era sicuro.
Aljona avrebbe potuto
tranquillamente annoverarlo tra i Nikolaj da ricordare.
Nikolaj Vasil’evič Gogol’, Nikolaj Il’ič
Rostov e Nikolaj Igorevič Gončarov.
Perdere l’amore
Maledetta sera
E raccogli i cocci di una vita immaginaria
Pensi che domani è un giorno nuovo
Ma ripeti non me l’aspettavo
Non me l’aspettavo
(Perdere l’amore, Massimo Ranieri)
-Due cartocci di castagne, пожалуйста-
A parlare era stata una
ragazza bionda dai lunghi capelli serici sciolti sulla spalla destra, limpidi
occhi argentei e lo sguardo febbrile, come se quel semplice acquisto la stesse
turbando molto.
-Certo- sorrise Lev, ma lei non ricambiò.
Era davvero inquieta,
eppure...
Stava semplicemente comprando delle castagne.
Lev era un pregiudicato,
era vero, ma non gli sembrava di aver assunto atteggiamenti intimidatori...
Perlomeno non con lei.
Aljona la guardò con
curiosità, con la sensazione che quel volto le fosse in qualche modo familiare.
Quei lisci capelli dorati pettinati alla perfezione,
quegli occhi d’argento fuso senza trucco ma splendenti di una fierezza senza
pari...
-Zinaida?-
La giovane sussultò, alzando di scatto lo sguardo prima concentrato sulle
castagne che Lev stava sistemando nei due cartocci a lei destinati.
-A...Aljona?-
La ballerina sgranò gli
occhi, confusa.
A quel punto anche
Nikolaj, sebbene apparentemente presissimo dalla sua sigaretta, cominciò a
seguire la situazione.
La minorenne di Levočka conosceva quello
schianto?
Non che si fosse
soffermato poi tanto sull’aspetto fisico dell'ultima arrivata, ma guardandola
con la coda dell’occhio gli era sembrata molto bella, e quindi si era messo ad
ascoltare.
-Tutto bene?- le chiese Aljona, e Zinaida, che non si era ancora completamente
capacitata della sua presenza lì, della quale all’inizio non si era
assolutamente accorta, riuscì solo ad annuire debolmente.
-Io... Devo parlare con Lev. Io... Devo farlo. Sua madre...-
Le parole sommesse della diciottenne
promessa della danza classica russa furono bruscamente interrotte da un
violento attacco di tosse.
Nikolaj aveva sputato la sigaretta
sul marciapiede, e ora stava letteralmente rischiando di soffocarsi con il fumo
che gli era andato di traverso.
-Sua madre?!- quasi gridò, quando si fu ripreso.
Lev, dal canto suo,
rovesciò un cartoccio, e un’abbondante dozzina di pingui castagne dal guscio
lucente comiciò a rotolare lungo la bancarella in una disordinata processione -
cosa che in un’altra circostanza avrebbe scatenato nel loro biondo venditore un’autentica
crisi isterica.
Non riuscì a proferire
una sola parola, Lev.
L’ultimo, devastante
stadio del suo sgomento fu espresso con la più totale perdita di controllo sulle
sue castagne.
Zinaida stessa parve spaventata
di queste reazioni.
-Io so dov’è... Ci ho parlato. So dov’è- mormorò
infine, alzando timidamente i begli occhi chiari sul diretto interessato.
-Cosa diavolo hai detto?!-
Quasi ribaltò la
bancarella, Lev.
Per raggiungere Zinaida
per poco non travolse Nikolaj, che pure era più alto di lui, e con un fisico
piuttosto prestante, difficile da scaraventare a terra solo sbattendovi contro,
e se Aljona non si fosse spostata in tempo molto probabilmente Lev sarebbe
passato anche sul suo cadavere.
A quel punto afferrò per
la giacca a vento la giovane ballerina, puntandole addosso due occhi tra il
turchese e il blu assolutamente fiammeggianti.
-Mia madre?! Mia madre?!-
Strattonava Zinaida come
se nella giacca a vento che aveva artigliato non ci fosse stata una persona in
carne ed ossa, incurante del male che sicuramente le stava facendo.
-Parla chiaro, ragazzina. Parla, Khristos! Cosa sai di mia
madre?!-
-È... È all’Ac...cadem...ia d-di d...danza-
-Ne sei sicura? E cosa
vuol dire che ci hai parlato?!-
-Lev!
Lasciala andare per l’amor del cielo! Vuoi
strangolarla, forse?!-
-Stai zitto, Niko- sibilò
il ragazzo, fuori di sé -Zitto!-
-Lasciala andare e io starò zitto!-
-Stai attenta, ragazzina. Stai molto attenta. Se non sai quello
che dici...
Se ti sei inventata tutto...-
-Ma no! Perché avrei
dovuto? È vero! È tutto vero! E non gridare così... Non gridare...
Stai attento... La gente...-
Era troppo tardi.
Nessuno, per fortuna,
aveva sentito le parole di Zinaida riguardo all’Accademia di Danza e al
nascondiglio di Anastasija, ma l’aggressione di Lev, considerati i suoi
precedenti penali e il fatto che la polizia non vedeva l’ora di avere una scusa
per sbatterlo ancora in galera, non era potuta passare inosservata.
Qualcuno aveva chiamato la
polizia e pochi minuti dopo una volante si fermò alle porte di Nostal’hiya.
-Lev Fëdorovič
Puškin... Adesso ti sei messo ad
aggredire le ragazze?-
-Non mi ha fatto niente!-
gridò Zinaida, sconvolta da quel terribile, inaspettato risvolto della
situazione.
-È stato solo un
malinteso! Lui non mi ha fatto niente!-
-Stia tranquilla, signorina.
È tutto finito-
-Ma non è giusto! Vi
assicuro che lui...-
-Non si preoccupi. Lui alla galera ci è abituato... Come quella
disgraziata di sua madre-
A quelle parole Lev perse
davvero la testa.
Cominciò a divincolarsi
furiosamente, come se avesse potuto, con la sola forza della sua folle rabbia,
spaccare il ferro delle manette.
-Siete voi i disgraziati! Voi! Voi l’avete arrestata! Voi avete
distrutto la mia famiglia!
Voi avete ucciso mio
padre!-
-Non potete portarlo via! Non dovete!- tornò alla carica Zinaida,
trattenendo un poliziotto per un lembo del cappotto, implorante.
-Signorina... Mi ascolti, torni a casa. Di questo delinquente ci
occupiamo noi.
Sono passati solo quattro
mesi dalla sua scarcerazione, pensi...
Ma è evidente, è del tutto incapace di comportarsi come una
persona civile.
L’ha sempre negato, ma è un pazzo furioso quanto e più di suo
padre-
Zinaida era pallidissima e
aveva gli occhi colmi di lacrime.
Quasi senza rendersene
conto aveva stretto la mano di Nikolaj, che la guardava smarrito e incerto sul
da farsi, ma soprattutto preoccupato per Lev.
Infine fece un passo
avanti, senza però lasciare la mano di Zinaida.
-Io e Aljona possiamo
testimoniare. Non è successo niente di
grave- proferì, con il suo solito sangue freddo, spesso scambiato per
menefreghismo.
In realtà era sconvolto
anche lui, perché tutto il male che la società aveva fatto alla sua famiglia in
fondo non era niente in confronto a quello che aveva fatto ai Puškin.
Lev era incredibilmente
coraggioso, era straordinario, ma era anche esattamente quel genere di persona
che metteva il cuore e i sentimenti davanti a tutto, e per questo era così
facile condannarlo.
Era terribilmente ingenuo, nel suo coraggio.
-Aljona...- mormorò
allora, cercando lo sguardo turchino della ragazzina.
Aljona aveva le mani
incatenate di Lev tra le sue e gli accarezzava dolcemente il volto rigato di
lacrime, per calmarlo.
Pochi attimi prima di
essere brutalmente condotto nella volante dai poliziotti, Lev le parlò, con una
voce spezzata e sottilissima che per lei fu una fitta al cuore.
-Помогите
мне...-
Pomogite mne...
Aiutami...
E vorresti urlare
Soffocare il cielo
Sbattere la testa mille volte contro il muro
Respirare forte il suo cuscino
Dire è tutta colpa del destino
Se non ti ho vicino...
(Perdere l’amore, Massimo Ranieri)
Note
Been lookin’ for a reason, man, something to lose [...] Broken hearts will mend - Cercavo una motivazione,
amico, qualcosa da perdere - I cuori infranti guariranno : Wheels, Foo
Fighters.
Ed ecco la terribile svolta...
Il secondo arresto di Lev.
Per un motivo
apparentemente assurdo, solo perché ha avuto una reazione troppo violenta -nel
vero senso della parola ;)- alla notizia portatagli da Zinaida, e qui
conosciamo il Lev del carcere, quello così impulsivo da sembrare quasi cattivo,
il terrorista di Novosibirsk.
O meglio, cominciamo a conoscerlo ;)
Poi c’è il primo incontro
di Aljona e Nikolaj, che non è stato subito meraviglioso, dato che Niko non era
decisamente in un buon momento...
E quello tra Nikolaj e
Zinaida, molto molto tra le righe in questo capitolo, ma molto molto importante
per i prossimi ;)
Adesso entra in scena il
vero significato del titolo della storia, Zvezda moya daljokaya, Mia stella lontana.
L’idillio appena iniziato
di Aljonka e Levočka parrebbe essere stato brutalmente infranto...
Ma c’è ancora Anastasija
latitante, e Katja che frequenta ogni sera l’Accademia di Danza, ma non ha ancora scoperto niente...
Ecco, ora la smetto di
fare il trailer della prossima puntata -che comunque non avrà quasi niente a
che fare con le cose elencate qui sopra- e lascio a voi la parola ;)
A presto!
Marty