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Autore: mauriziorossella    22/01/2013    0 recensioni
Poche sono le notizie che riguardano quell’ uomo, poche le prove della sua certa esistenza.
Le uniche tracce che la provassero erano le orme delle sue scarpe lasciate sui terreni che attraversava…
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poche sono le notizie che riguardano quell’uomo, poche le prove della sua certa esistenza.
Le uniche tracce che la provassero erano le orme delle sue scarpe lasciate sui  terreni che attraversava…

 Nessun nome egli aveva, nessuna provenienza, nessuna origine.
Da tutti riconosciuto come “Quell’uomo”, ignorato e quasi trasparente, lasciato in balia di se stesso.
 Parlava di sé solo nei suoi diari, le sue uniche memorie, che mai nessuno riuscì a leggere.
 Correre, camminare, fuggire via e mai più tornare indietro: ciò lo rendeva davvero felice, vivo. Il suo continuo pellegrinaggio verso una meta non ancora prestabilita.

Viaggiava sempre da solo, munito solo di un lercio zainetto rovinato dal tempo.
Era di colore grigio scuro, come le strade che il nostro amico talvolta attraversava.
Le cinghie erano scucite e i buchi che lo riempivano venivano sistemate da toppe di ogni genere che quello strano individuo ricuciva sempre.
Lo zainetto non era mai troppo pieno, vi era solo l’indispensabile: un paio di scarpe, un paio di pantaloni, un giaccone e un taccuino per annotare tutto ciò che accadeva nelle sue giornate interminabili.
Quel taccuino era  suo figlio, quel figlioletto che anni fa aveva, ma che scomparve troppo presto.
 Quell’ antica penna, con il suo interminabile inchiostro che forse, chissà, non finiva mai poiché era alimentato dall’ infinito amore che Quell’uomo provava per quella penna e per chi tempo fa la usava , si rivolgeva a quel taccuino con parole gentili, dolci, infantili che solo un bambino poteva cogliere.
Quel taccuino era stato di suo figlio. Quell’uomo che tempo fa fu padre , lo regalò al bimbo a settembre, prima che iniziasse il primo anno di scuola elementare.

Tante erano le aspettative che Quell’uomo poneva sul figlio, tante erano le gioie che quei due furbacchioni avevano vissuto insieme, tante le responsabilità che Quell’uomo aveva avuto, e tanto l’amore che doveva dare al figlio, orfano della madre.
 Lei morì per darlo alla luce e aveva sperato fortemente che il figlio potesse vivere più a lungo di lei una vita degna e felice che lei non aveva ancora avuto.
Era certo: Quell’uomo viveva per il figlio. Nelle miniere Quell’uomo con il viso nero e  con le unghia rotte che sgobbava per guadagnare, pensava al figlioletto e ogni lacrima che ripuliva il suo viso era una promessa: il figlio avrebbe avuto una vita migliore del padre e della madre.
Sarebbe diventato un medico, sarebbe diventato qualcuno perché il bimbo avrebbe studiato e sarebbe diventato un giovanotto amato da tutti.  Sì, sarebbe andata così !

Così quell’uomo si svegliava alle quattro del mattino, ogni giorno. Si lavava con quelle gocce di acqua gelata e mangiava un tozzo di pane. Usciva e con i pochi soldi che aveva comperava del latte e del pane fresco di giornata per darlo al figlioletto ancora dormiente.
 Poi ritornava e con la dolcezza di una madre svegliava il bimbo, ma con l’autorità di un padre lo incitava a sbrigarsi. Così avveniva ogni mattina, fino alla fine.
Quel taccuino e quella penna erano state comprate con i risparmi dell’uomo, ma non vennero mai usate dal piccolo. La sedia a scuola non sostenne mai il peso del piccolo scricciolo, il taccuino non si riempì delle sue frasi e la penna non venne mai coccolata dal calore delle sue manine.
Tutti i sogni e le speranze infrante, le promesse svanite.
Era troppo. Troppo triste rimanere in quella casa vuota, troppo triste vivere, troppo ingiusto tutto.
Quell’uomo che fu un padre, un marito, si mise in viaggio. Iniziò il suo cammino e decise di non guardare mai indietro. Non avrebbe ripercorso mai più la strada di ritorno.
Lui aveva tutto. Aveva tutto dentro il cuore.
Il figlio e la moglie poi li aveva voluti sempre vicino a lui…
Erano nell’aria.

Decise di percorrere le strade più isolate, quelle ignorate da tutti.
Non esistevano stagioni, tempo, fretta, sole e pioggia.
Quell’uomo tanto bizzarro, strano e considerato pazzo da tutti, divenne un cittadino del mondo.

In quel taccuino l’uomo scrisse tutte le cose belle che vedeva, le descriveva minuziosamente per il bimbo.
Descriveva i paesaggi: infinite distese di erba verde, il mare e le sue onde brulicanti, la forza dei temporali e del vento, il sapore della primavera.

Tramite le sue esperienze, i suoi viaggi, Quell’uomo voleva fare vivere al figlio tutto ciò che provava, e il tramite era quel taccuino.

Nei momenti di pace interiore e felicità il vecchio uomo sapeva di non essere  mai solo perché era sempre accompagnato da un delicato venticello che trasportava i suoi amati.
E nei momenti di sconforto si alzava un vento più impetuoso e cosi Quell’uomo riprendeva il suo cammino, sempre.
  
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