Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Tsuki Hoshizora    23/01/2013    1 recensioni
Raccolta di brevi pezzi di dialogo o riflessioni, aventi per protagonisti Veneziano e Romano. Sono estrapolati dal contesto cui andranno a far parte molto presto (così spero), quindi se per voi non hanno senso logico non stupitevene!
Ci tengo a precisare che i personaggi saranno quasi del tutto OOC rispetto ad Axis Powers Hetalia, in quanto cercherò d'attenermi alla realtà dei fatti in senso catastrofico. Li posto qua solamente perché necessito di segnarmeli da qualche parte, non tanto perché vengano letti.
Il titolo non è un riferimento al film che porta quel nome, quindi non aspettatevi nulla di simile.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Speranza

«Mi hai portato via tutto: le ricchezze della mia terra, la mia dignità di "italiano", i miei cittadini che, pur di lavorare, venivano da te ed erano costretti a cedere buona parte della loro identità culturale... Mi hai persino privato delle relazioni con le altre nazioni, hai avuto la faccia tosta di sfruttare a tuo piacimento la mafia, il parassita che mi sta tormentando da anni!» urlò in preda alla rabbia l'italiano.

«Veneziano, tu e la tua gente siete i miei carnefici e lo sai benissimo!» aggiunse, respirando pesantemente. Le parole uscivano dalla sua gola come lame affilate, lacerandolo senza alcuna pietà. Una parte di lui, in preda alla disperazione, si augurò che avessero lo stesso effetto sull'altro, se non triplicato.

Calde lacrime pizzicavano fastidiosamente agli angoli dei suoi occhi, minacciando pericolosamente di uscire. Rise istericamente, la voce che cominciava a incrinarsi per il dolore. «Sai cos'è ironico, in tutto questo, come se la natura non mi avesse già donato una vita di merda e un fratello bastardo? Non lo sai, è così? Io... non ho mai smesso di sperare e credere in te. Anche quando era ormai evidente persino ai neonati che non ve ne fregava un cazzo di noi, anche allora.
»

Il più giovane era rimasto in silenzio durante tutto quel tempo e non sembrava dare segno di voler aprire bocca. Il suo volto era inespressivo, gli occhi parevano assenti, come se fosse altrove. Avrebbe potuto dedurne che non lo stava minimamente ascoltando, se non fosse stato per quella mascella visibilmente contratta: sembrava che qualcosa stentasse a venir fuori e quella snervante attesa, sicuramente vana, non aveva altro effetto se non quello di farlo innervosire ulteriormente.

L'altro schiuse appena le labbra, inspirando aria, ma le richiuse all'istante, senza aver detto niente; per un attimo, Romano fu quasi certo di poterli intravedere, quei fili invisibili attaccati lungo tutto il corpo, mentre si muovevano abilmente, controllando le azioni di quelle membra prive d'autonomia.

«Sei stato tu a firmare quel folle progetto, approfittando del fatto che io non ho alcuna voce in merito, non è forse vero?» chiese debolmente, pur sapendo già la risposta.

«Sì».

Percepì un brivido lungo tutta la spina dorsale, glaciale quanto quella breve affermazione. Si sentiva tanto debole che le gambe gli cedettero, facendolo cadere in ginocchio. Si sentiva così stanco, avrebbe voluto poter dormire su un letto comodo e risvegliarsi, scoprendo di aver avuto solamente un brutto incubo. Peccato che i sogni non fossero così concreti.

Dei passi sottili si allontanarono, ma non vi fece particolarmente caso. Era stato abbandonato a una morte lenta e dolorosa, assieme a quel che restava del suo popolo. Niente sembrava più avere importanza, esclusa la fitta lancinante che percepiva distintamente all'altezza del cuore.
   
 
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