Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: Elendil    12/08/2007    0 recensioni
E bianca è la pelle, tela improvvisata di un’artista le cui sole lacrime potrebbero essere l’acqua con la quale mescere i colori.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Silenzio

Salve a tutti^^

Per farmi perdonare la pressoché infinita assenza ( Non temete, presto tornerò ad aggiornare anche se per ora, purtroppo, mi rimane solo il tempo di scrivere questo T_T) ho deciso di postare questa piccola cosa nella speranza che, anche se poco, possa piacervi^^

Prima di leggere, però, mi sembra il caso di premettere che si tratta di un passaggio tratto da un testo molto più ampio che, tuttavia, non mi sembrava il caso di mettere perché inutile ai fini del testo in .

Mia volontà, in questo caso, è stata esprimere puramente il fascino che un concetto semplice come il sangue potrebbe donare ad una visione altrimenti raccapricciante di una donna ferita che si prepara a “donarsi” alle tenebre.

Poco importa se sia solo metaforicamente o realmente, così come è irrilevante che la figura del “vampiro” in sé sia fittizia o veritiera…quello che importa è il concettoXD

Scusate se vi ho annoiato con queste spiegazioni…uhm….buona lettura^^


Silenzio.

La seta scivola, leggera, sulle spalle.

Carezza, morbida, la delicata fragranza della pelle, la liscia cedevolezza dei muscoli, tesi dell’argentea stanchezza dell’astro calante.

Sfiora, lieve, la gemella setosità di polsi troppo sottili per non ricordare la seducente snellezza di steli in boccio, la delicata eleganza di corolle chine del peso della rugiada ed indugia, ancora, timida insistenza, fra dita diafane, lungo la serica rotondità di fianchi, di glutei solo in apparenza velati dal freddo rabbrividire della notte per poi, infine, nel fruscio di un sospiro a stento trattenuto, ricadere, impalpabile voluttuosità, ai piedi di una giovane figura immobile nel pallore lunare.

Silenzio.

Bianco è il suo colore.

Neve è il suo profumo.

Roseo è il rabbrividire della delicata morbidezza di un sinuoso profilo solo in apparenza sfiorato dal sospiro della notte, solo erroneamente posseduto dalla sua adamantina bramosia di indegno amante senza pudore, di illuso concubino senza vergogna.

Silenzio.

Latteo è il sensuale mostrarsi di gambe affusolate di alcuna imperfezione, morbide della lieve ombreggiatura dei muscoli, dei tendini serpeggianti appena sotto il loro affusolato profilo.

Nero è il lascivo bagnarsi delle guance imporporite dalla fuggevole sensazione del freddo dalla scura ombrosità di ciglia corvine, serica leggerezza indugiante su un volto baciato dal torpore del sonno.

Del sogno.

E rosso è lo scuro, caldo rivolo di bruno sangue che, livida ombreggiatura fra le scapole, cola denso lungo l’erotico inarcarsi della schiena.

Gocciola, sinuoso protendersi di una traccia di impercettibile lussuria, di un’impronta restia dal rivelare la propria ingorda perversione, lungo quei muscoli tesi, quella carnagione eternamente punita del dono della giovinezza, attraverso l’inavvertibile affanno che ne vela di perle cristalline la sottile sericità.

La vellutata fragranza.

Ed ecco che, nel tragico rivelarsi di un istante, la stoffa perde improvvisamente ogni traccia di nivea bellezza, la seta sbiadisce il proprio tralucente riflesso adamantino, il respiro si spezza, brusco, di un gemito sommesso, lieve, sensuale.

Pallide, quelle dita pure del lascivo tocco della purezza, eleganti di una febbrile necessità, volano immediatamente a bloccare la densa avanzata di quel liquido sanguigno.

Pudiche, vergognose, tremanti.

Sporcando quell’affusolata linea tracciata con la punta della malizia di tre dense, imbrattate, vermiglie macchie rossastre.

Cremisi è la loro sudicia bruttezza se paragonata alla sensuale perfezione del rubinio stillare del sangue dalla ferita fresca che, schiusa fra le scapole di quella schiena alabastro come livida cicatrice di antiche ali mozzate dall’invidia del mondo, aveva fino ad allora deturpato di una raccapricciante bellezza quel corpo sbiadito di imperfezione alcuna.

Silenzio.

E poi, ancora, un gemito smorzato, sussurrato al perverso protendersi della notte.

Il collo, affusolato come elegante specchiarsi di cigno, si irrigidisce, lasciando che la pesantezza del capo lo trascini all’indietro, morbidamente, languidamente, come voluttuoso schiudersi di un fiore mentre quelle dita, oramai imbrattate di denso liquido scuro, oramai immemori della loro antica purezza, scivolano ancora, lente, sporche, sensuali, sulla serica lividezza della pelle, trascinando con sé, gelose, la violenta sordidezza del loro gesto, del loro affronto, della loro lasciva avventatezza.

Ed è nera la loro firma.

Ed è violaceo il loro strascicarsi oltre il fianco color avorio, livido della loro attesa, del loro agognato lordore, oltre l’irrefrenabile sussultare di ogni ostentata volontà, di ogni mal riposto freno.

E bianca è la pelle, tela improvvisata di un’artista le cui sole lacrime potrebbero essere l’acqua con la quale mescere i colori.

Le cui sole dita potrebbero divenire i pennelli con i quali stendere la tinta.

Il cui solo sangue potrebbe essere la vernice da fondere alla livida stoffa irrimediabilmente candida.

….Il cui solo insano e raccapricciante dolore potrebbe essere il soggetto da imprimere in ogni furente gesto, in ogni violenta pennellata, in ogni rabbiosa sfumatura.

Come colta da un’improvvisa furia, da un’imprevedibile e lacerante ira, quella morbida carezza si spezza improvvisamente, brutale rimescolarsi dell’anima, per frantumarsi in una stretta spasmodica, in un pugno chiuso ad ogni altro eccesso di delicatezza dal quale, quali lacrime, si sprigionano inesorabilmente rubinie perle sanguigne che, inesorabilmente, precipitano nell’acqua tesa sotto il suo malcelato tremare.

Il silenzio si spezza.

E con esso, la musica che fino ad allora l’aveva caratterizzato.

“Eccomi”

Solo una parola.

Il dolore che sgorga insieme al sangue dalla voce di Eitinel, anima sospesa oltre l’oscuro riflesso di quelle acque immemori di clemenza alcuna, dimentiche di pietà verso coloro i quali, l’avventato indugiare, avesse mostrato il riflesso del proprio essere.

La profondità delle proprie colpe.

L’oscurità della propria anima.

E rossa è la firma di quei crimini.

Rossa è la ferita.

Rosso il confondersi del sangue alla limpida trasparenza dell’acqua, al suo cristallino incresparsi, dilaniarsi, corrugarsi, quieta, sotto il cieco indugiare dello sguardo della donna, sotto il muto rabbrividire della notte, sordida testimone dell’ esausto spezzarsi del suo stesso essere.

Silenzio.

Il colpevole tacere della notte, viziosa spettatrice.

Il muto inturgidirsi di una sola, rubinia, goccia cremisi sulla diafana rotondità delle dita.

Il suo pavido tremare, febbrile agitarsi nel riverbero di un respiro troppo affannoso per desistere dallo sfiorarla con voluttuosa bramosia sembra catturarne, per qualche mero istante, la sfuggente bellezza.

L’intensa perfezione.

Ed infine, senza preavviso alcuno, senza ragione apparente, il suo finale divincolarsi, abbandonarsi, spillare quale lacrima bruna nel buio, nella vaga tralucenza lunare.

Precipitando.

Cadendo.
Spezzandosi sulla morbida resistenza di due labbra cremisi, appena distese in un ghigno malizioso.

Silenzio.

Il brivido dell’assaporare l’intensità di quella consistenza, di quel profumo, di quel nettare proibito ed unicamente destinato a quella gola, a quella unica e sola sete ammutoliscono il confondersi della notte.

Due iridi adamantine si spalancano improvvisamente nel buio.

Il fulgore del piacere sembra costringerle ad impallidire, brusco, quasi non si trattasse di sollievo ma di dolore il riconoscere sulla lingua la delicata pregnanza di un’anima che si offre, pavida, alla smania della fame di una creatura a cui nulla varrebbe il respiro se non per abbandonare al silenzio la tragica malevolenza del proprio destino.

Un sorriso, stemperato livore su un volto assetato di vita, traluce malizioso in esse, godendo vizioso della traccia di irrefrenabile seduzione che il presentimento delle tenebre possono donare ad un semplice sguardo.

E lei trema, inconsapevole arrendevolezza di un’umanità a cui non sa resistere, a cui non sa opporsi.

A cui non può destinare la propria, ostentata, indifferenza.

“Ti stavo aspettando”

Un sibilo roco, un gelido incresparsi di labbra troppo pallide, esangui, per poter nascondere la verità di quelle parole, la palese agonia di quell’attesa, la tracotante gioia di quella vista.

Eitinel sorride, incolpevole, inconsapevole, oramai dimentica di ciò che, dipinto sulla sua stessa pelle, riduce a pura e semplice preda la propria anima.

Avvilisce a puro amore il suo gesto, a mera disperazione la propria scelta.

Fa delle proprie colpe l’unica causa per cui valga ancora la pena voltarsi un’ultima, sola, volta.

Perché lì, laddove ali invisibili avevano oramai perduto per sempre la capacità di schiudersi al richiamo del vento, scura, la propria, inconsapevole, condanna aveva già trovato il proprio compimento.

Sposa del diavolo.

Amante di satana.

Concubina degli inferi.

Poco importava cosa ci fosse scritto.
Poco importava cosa volesse dire.

Rosso è il colore del desiderio.

Cremisi è il colore della passione.

Nel lieve incresparsi di acque troppo profonde per poterne anche solo individuare la consistenza anticamente cristallina, Eitinel scivola, leggera anima senza pensiero, nella fredda gentilezza di un abbraccio.

Nella scura cedevolezza di un sospiro, brivido insaziabile sulla sua pelle.

Sorride, assaporando quel profumo, quell’odore, quella assuefante sensazione di contatto, di appartenenza e, quasi senza accorgersene, il suo collo cede, vinto come dal sonno, come dalla stanchezza, alla pesantezza del capo piegandosi, cedevole languore dei sensi, appena di lato, appena quel tanto da concedere ad un bacio, intenso come l’ultimo fuggevole scorcio di vita, di affondare silenzioso in esso.

Ed infine,scarlatto, è il colore del sangue.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Elendil