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Autore: zavarix    23/01/2013    2 recensioni
STORIA DELLA SERIE: Gibbs' daughter
Tutto sembra andare normalmente nella squadra di Gibbs.... Gli scherzi di Tony, il cadavere di un marine... Ma è davvero tutto come al solito? In effetti i testimoni sono un po' particolari... Chi diavolo sono?
Intanto Kelly è incinta e ha fatto domanda per lavorare all'NCIS...
Genere: Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anthony DiNozzo, Kelly Gibbs, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gibbs' Daughter'
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Attraverso valli e monti

 

 

Stan aprì gli occhi. Era notte fonda e, attorno al suo letto, dormivano la sua amatissima Kelly e suo fratello Justin. Guardò la sua gamba destra, provò a muoverla e non riuscendo si arrabbiò. Suo figlio sarebbe nato tra poco, non poteva rimanere zoppo! Con uno scatto si alzò a sedere, aiutandosi con le braccia mise le gambe fuori dal letto e si aggrappò al trespolo che aveva accanto ad esso.
Si lasciò scivolare avanti finché i piedi non toccarono il suolo. Il pavimento era fresco ma non freddo. Con un ultimo sospiro tentò di mettersi in piedi. Ci riuscì solo in parte, aggrappandosi al trespolo. Guardò i suoi due compagni di stanza profondamente addormentati, felice di non averli svegliati. Poi girò lo sguardo verso il suo obiettivo: il bagno. La porta era aperta e lasciava entrare nella stanza un po' di luce. Dal letto non gli era sembrata così lontana ma lì, in piedi, la distanza sembrava centuplicata.
Si raddrizzò come poté e, aggrappandosi saldamente al trespolo provò a fare qualche passo. La gamba gli faceva malissimo e più che altro la trascinava ma, dopo quel che gli sembrava un bel po', arrivò al bagno. Si appoggiò con tutto il peso sul lavandino e sulla gamba sinistra, sorridendo soddisfatto alla sua immagine nello specchio.
“Che stai facendo??”. La voce del fratello lo spaventò facendolo cadere a terra. Justin accorse subito in suo aiuto mentre Stan cerava di rialzarsi.
“Il dottore ha detto che non devi muoverti!”, esclamò Justin.
“Shh!”, gli intimò Stan mettendosi un dito sulle labbra e lanciando uno sguardo nella stanza dove Kelly, esausta, ancora dormiva. Justin capì ed abbassò la voce.
“Cosa diavolo pensavi di fare?”, gli sussurrò aiutandolo ad alzarsi.
“Io... Non lo so”, ammise Stan mettendogli un braccio dietro le spalle. Justin lo sollevò praticamente da terra e lo depose subito su una sedia lì in bagno.
“Non lo so non è una risposta”, disse Justin incrociando le braccia.
“Da quando sei così premuroso fratellino?”
“Da quando il mio fratellone potrebbe non riuscire più a corrermi dietro se non fa come gli si dice”. Stan alzò la testa e notò che da quel punto riusciva a vedere, dietro le spalle del fratello, Kelly addormentata. Si chiese se anche suo figlio, dentro di lei, dormiva.
“Mio figlio...”, sussurrò. “Io... sto per diventare padre, Justin, e... e...”
“...E hai paura”, concluse per lui Justin.
“No!”, si difese con forza Stan. “Solo...”
“Hai paura!”, ripeté Justin. “È normale fratello! Non devi vergognarti di questo. E soprattutto non devi fare questa pazzie per dimostrare di non avere paura”
“Justin, non puoi capire...”
“Oh sì che capisco invece! È da quando Kelly ha scoperto di essere incinta che tu vai fuori di matto. Ti preoccupi un sacco di ogni piccola cosa che non funziona, eppure non lasci che qualcuno ti aiuti! È come se volessi dimostrare che puoi farcela. E dimostrarlo non a noi, come tu credi, ma a te stesso. Non ti senti adeguato, Stan, per questo hai paura! Quello che TU non capisci è che sarai sempre adeguato per tuo figlio”
“Ma l'hai vista la mia gamba?”, esclamò Stan.
“Primo: saresti un bravissimo padre anche se ti mancassero entrambe le gambe. Secondo: se tu non fai queste cazzate da super-marine-che-può-fare-tutto-da-solo ma ascolti i dottori, la tua gamba non ti darà più problemi o quasi. Devi farti aiutare, fratellone”. Stan rimase in silenzio guardando da sopra la spalla del fratello Kelly che dormiva.
“Dai vieni, ti riporto nel letto. Stavolta non dico niente, ma ti avverto: se lo fai di nuovo lo dico a Kelly e alla mamma, e dovrai vedertela con loro”. Si sorrisero e poi Justin lo prese sotto braccio e, praticamente trasportandolo di peso, lo rimise a letto.
“Non sei più il fratellino piccino che ricordo... Grazie Justin”, sussurrò Stan subito prima di addormentarsi.

 

 

 

A casa Rossi tutti dormivano, compresa Ziva che non aveva resistito a tutte le fatiche della giornata. Ma non era un sogno ristoratore. E non era neanche la prima volta che lo faceva. Era con Tony, si stavano baciando, e Ziva si sentiva benissimo, non avrebbe più voluto smettere. Poi arrivava Charles. La strappava da quell'abbraccio dolcissimo spingendo a terra Tony, lei non opponeva resistenza, si sentiva una traditrice verso Charles, come se ormai fosse sua. Ma Tony si rialzava e cominciava a litigare con Charles. Venivano alle mani e quest'ultimo tirava fuori una pistola e sparava a Tony. Ziva ancora non poteva fare niente mentre veniva trascinata via da Charles e ancora non poteva reagire. La baciava anche lui ma non era come con Tony, solo c'era come qualcosa dentro di lei che le diceva che non poteva abbandonarlo, forse ne aveva mollati troppi e si era stancata di passare da un uomo all'altro...
Ziva si alzò di soprassalto da quel sogno agitato che incominciava già a sbiadire nella sua memoria. Si guardò attorno con sospetto chiedendosi cosa l'avesse svegliata. Poi risentì il rumore e ringraziò mentalmente Gio per aver comprato una casa con il pavimento in legno. Solo se eri leggero e con un addestramento da ninja come lei potevi muoverti senza fare il minimo rumore. Si mosse verso il corridoio che portava alle scale con la pistola tra le mani.
In cima alle scale si vedeva la luce accesa del bagno, e contro di essa Ziva vide la sagoma scura dell'intruso. Aspettò che girasse l'angolo e poi veloce salì le scale. Era inutile cercare di salirle senza fare rumore, era impossibile anche per lei, e così le salì il più velocemente possibile. L'altro ebbe però il tempo di girarsi e aspettarla perché quando lo raggiunse Ziva fu subito aggredita da un calcio che riuscì a schivare solo grazie ai suoi prontissimi riflessi. Si accucciò e poi tirò un calcio alla gamba ancora a terra dell'aggressore facendolo finire sul pavimento. Gli fu subito sopra con la pistola puntata alla sua faccia.
“Non sparare!”, lo supplicò l'uomo a terra. Dalle stanze stavano arrivando Gio, Rose e Rebecca che si erano svegliati per il rumore.
“Chiama Gibbs”, disse Ziva a Gio mentre metteva via la pistola dopo aver disarmato l'uomo.
Lo fece alzare e gli mise le manette, dicendo a Rose e Rebecca che era tutto a posto e che potevano tornare a dormire. Ma ormai tutti era ben svegli e così Rose decise di fare un po' di the per tutti, tanto di biscotti ce n'era finché si voleva.

 

 

 

Gibbs stava dormendo su una asse della sua barca quando lo squillo del cellulare lo svegliò. Si tirò su pian piano per un forte dolore alla schiena che gli ricordò che non era saggio addormentarsi lì sotto.
“Gibbs”
“Qualcuno è entrato in casa!”. La voce allarmata di Gio lo fece svegliare completamente.
“E Rebecca?”, chiese Gibbs andando su di sopra per mettersi una felpa.
“Sta bene, Ziva lo ha fermato”
“Bene, arrivo subito”. Decise che non c'era tempo per sistemarsi meglio e così semplicemente si mise una delle sue felpe e uscì.

 

 

“State tutti bene?”, chiese Gibbs una volta arrivato. Tutti annuirono.
“Rebecca lo ha riconosciuto”, disse Ziva.
“Si, era uno di quelli che ci hanno aggredito...”, confermò Rebecca che, rispetto ai giorni scorsi le era un po' passata.
“La polizia lo ha già portato all'NCIS”, disse infine Ziva.
“Bene, ci andiamo anche noi.. e anche tu”, disse Gibbs indicando Rebecca. “Sarà meglio che ci accompagni al lavoro da adesso in poi, sarà più sicuro... e non puoi più stare qui...Verrai a stare da me”, disse Gibbs per poi fare un cenno agli altri e uscire seguito da Ziva e Rebecca.
“Ziva... Vai a casa che sei stata sveglia tutta la notte...”, disse infine alla sua agente quando ebbero raggiunto le macchine. Lei annuì semplicemente, troppo stanca dopo la notte passata sveglia o facendo incubi e il piccolo scontro con l'aggressore.

 

 

 

“Il sospettato è in sala... yawn.... interrogatori, capo”, disse Tony tra uno sbadiglio e l'altro.
“Si chiama Jacob Johnson. È un piccolo criminale, ha precedenti per furto e vandalismo”, disse invece McGee, ben più sveglio di Tony.
Gibbs annuì e si diresse alla sala interrogatori.
Mentre lui entrava ad interrogare il sospettato Tony e McGee si misero ad osservare la scena da dietro il vetro.
Gibbs non disse niente e si sedette di fronte a Jacob.
“Che c'è?”, chiese questi nervoso sotto lo sguardo penetrante di Gibbs. “Non parlerò finché non potrò chiamare il mio avvocato... Quindi è inutile che mi guarda così”. Gibbs ancora non disse niente limitandosi a guardarlo e a buttare il suo cellulare sul tavolo.
“Non mi fido a farlo con il suo...”
“Non si fida? Sei stato preso con le mani nel sacco... Dovevi finire l'opera vero? Non era abbastanza uccidere Stefan Rossi? Non era lui che il tuo capo voleva, vero?”, disse allora Gibbs aprendo il fascicolo che si era portato dietro e mettendo davanti al sospettato le foto di Stefan morto.
“Io non l'ho ucciso! Non lo conosco neanche!”, protestò l'uomo.
“Certo che non lo conosci! Non doveva trovarsi là vero? Eppure c'era e grazie a lui Rebecca è riuscita a scappare... Il tuo capo non doveva essere contento...”
“Non so di cosa stai parlando! Non lavoro con nessuno... Ero in quella casa per rubare, lo ammetto!”, disse allora Johnson.
“Non è quello che abbiamo scoperto... Sai, da queste parti ci sono persone che riescono a sapere tutto di ogni persona, dove abita, quanto guadagna, e anche con chi parla al telefono! È inutile, che lo nasconde, noi sappiamo già tutto di lei, e in più ci sono testimoni, Johnson, testimoni che l'hanno vista lì quella sera. Io non la accuserò di furto. Sarà condannato per omicidio e tentato omicidio!”. Jacob impallidì e per un po' non riuscì a parlare.
“No-non dirò pi-più una parola se-senza il mio avvocato!”, disse infine incrociando le braccia e cercando di calmarsi, senza troppo successo. Gibbs prese su tutte le carte e uscì incontrando i suoi agenti sul corridoio.

 

 

 

“Buongiorno amore”, disse dolcemente Stan quando Kelly si svegliò.
“Buongiorno”, biascicò lei. “Come va oggi?”
“Meglio”, disse Stan lanciando un'occhiata a suo fratello Justin che li guardava appoggiato alla porta. Da quando si era svegliato non aveva smesso di osservare ogni suo movimento.
In quel momento arrivò il dottore chiedendo a tutti di uscire per poter fare delle analisi. Kelly e Justin si allontanarono.
“Che succede?”, chiese Kelly quando furono sul corridoio.
“Come? Perché lo chiedi?”, chiese Justin.
“Non so... ma guardi Stan in modo strano... Come se ti aspettassi qualche pazzia da lui...”. Justin sorrise.
“È mio fratello, e scommetto che non vede l'ora di alzarsi e camminare... So che non riesce a sopportare di stare fermo...” spiegò senza rivelare della sera prima.
Kelly lo guardò dubbiosa, non perché pensasse che le avesse detto una bugia, piuttosto non tutta la verità.
“Lo so anch'io, non sopporta il fatto di dover aspettare! In questo assomiglia molto a mio padre”, disse Kelly decidendo di lasciare perdere il suo sospetto per il momento.
“Potete rientrare”, disse il dottore raggiungendoli. “Vorrei poterlo tenere qui in osservazione per altri giorni ma l'ospedale è pieno e ci servono tutte le stanze possibili... Potrà andare a casa già questo pomeriggio”, spiegò. Ritornarono da Stan che li accolse con un enorme sorriso, visto che il dottore aveva detto anche a lui la sua imminente uscita.

 

 

 

“Indovina come si chiama l'avvocato di Johnson, capo?”, chiese Tim vedendo il capo arrivare.
“Charles Baxter”, sussurrò Gibbs guardando lo schermo su cui era comparsa una foto dell'avvocato e i suoi dati. “Ed è anche l'avvocato di Munro! McGee... portati...”. Si guardò intorno. Tony stava facendo crollare l'aggressore e Ziva non era ancora arrivata.
“Dorneget!”, chiamò, il giovane agente si girò di scatto e così facendo rovesciò un plico di carte appoggiato su una scrivania.
“S-si, capo?”, chiese imbarazzatissimo. Gibbs non rispose mentre McGee gli faceva segno di venire con lui.

 

 

“Ancora non vedo il mio avvocato... Non lo posso chiamare io?”, chiese Johnson a Tony che tranquillamente si stava pulendo le unghie. Il sospettato sbuffò, per poi spaventarsi quando la porta fu aperta con violenza.
Entrò Gibbs, subito seguito da Rebecca.
“È lui vero?”, chiese Gibbs e Rebecca annuì. Jacob impallidì riconoscendola.
“No! Non è vero! E tu lo sai! Ero lì ma...”
“Quindi eri lì?”, chiese Gibbs interrompendolo, mentre l'uomo si accorgeva dell'errore fatto. Certo di non avere altre chance crollò sul tavolo.
“Se vi dico qualcosa mi ammazzerà!”, implorò Johnson. Gibbs fece segno a Rebecca di uscire e lei lo fece accompagnata da Tony, poi si avvicinò moltissimo al criminale.
“Ho un'altra idea... Potrei rilasciarti facendo sapere in giro che hai spifferato tutto... Credi che ti crederanno se gli negherai tutto...?”, lo minacciò e lui impallidì.
“Oppure potrebbe parlare e tutto questo non succederà”, continuò Gibbs.
Jacob abbassò gli occhi sul tavolo.
“Mi ha chiamato per dirmi che c'era un lavoro per me, mi avrebbe dato dei soldi... Non sapevo che sarebbe morto qualcuno!”
“E a casa dei Rossi?”
“Sempre lo stesso tipo, ma non dovevo uccidere nessuno, lo giuro! Dovevo solo prenderla e portarla da lui”
“Il nome”, disse Gibbs sempre minaccioso.
“Il mio avvocato, Charles Baxter”, confidò Johnson.

 

 

Note:

  1. Attraverso valli e monti è una canzone partigiana molto goliardica. “Attraverso valli e monti eroico avanza il partigian, per scacciare l'invasore all'istante e non doman!” Si riferisce alla volontà di Stan di fare tutto da solo, come gli ribadisce il fratello :D (ok... mi sto come al solito arrampicando sugli specchi -.-”)

  2. Intanto all'NCIS la situazione si surriscalda... Che penserà Ziva? Come agirà? Lo scoprirete il prossimo capitolo ;)

  3. Recensiteeeeee!!! :D

  
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