Pubblico di fretta perché c'è
aria di partenza in casa. xD
Grazie per i commenti!^O^; Sono ripassata oggi pomeriggio sul sito, e dopo
averli letti mi sono messa a scrivere in tutta fretta il capitolo. *ò*;;
Alla prossima! Un bacio.
Piece VII ~ Fallimento
Sayo stava male.
Aveva abusato dei suoi poteri, ed ora ne stava pagando le conseguenze. Era
sempre più debole. Mentre
camminava scortata da Brook e dal suo complice, il suo corpo diventava pesante; le gambe facevano fatica a muoversi,
e la testa le pulsava forte come se stesse per scoppiare.
Deglutì con fatica. "Io...non ce la faccio più," pensò.
Il lungo corridoio che stava percorrendo si faceva sempre più scuro ed incerto,
i suoi contorni più sfocati.
Ichigo era preoccupatissima per le condizioni dell'amica. "Sayo!" le
gridò, "Non devi mollare!"
L'altra non la ascoltò, ma sorrise debolmente: "Almeno, L è al sicuro adesso,"
si consolò chiudendo gli occhi, prima di crollare a terra svenuta.
"Sayo...!"
"Stanno liberando gli ostaggi!"
La polizia sollevò le armi per fronteggiare un'eventuale sparatoria. I complici
del sequestratore avevano condotto gli ostaggi davanti all'ingresso
dell'università, usandoli però come scudo per sé stessi.
La piazzola davanti l'università, quasi interamente occupata da automobili della
polizia, venne presto invasa da un'ondata di persone spaventate che, le mani
sopra la testa, correvano al riparo il più velocemente possibile. Nel liberare
l'ultimo gruppo di ostaggi, i sequestratori si affrettarono a chiudere dietro di
loro le porte dell'università.
Quando tutte le persone furono al sicuro, il sovrintendente Yagami tirò un sospiro di sollievo.
I sequestratori erano stati di parola: li avevano liberati senza torcere loro un
capello, ma in ogni caso i guai non erano ancora finiti.
Ukita, accanto a lui, abbassò la sua pistola, abbozzando un sorrisino: "Signore,
ce l'abbiamo fatta! E tutto per merito di L!".
Yagami annuì con aria pensierosa. Qualche secondo dopo, però, la sua bocca si
spalancò per l'orrore:
"Merito di L? No, non è stato L! E' stata quella ragazzina..." balbettò,
incredulo. "Dio mio, ma chi era quella ragazzina?"
Aveva consegnato ai sequestratori una ragazzina! Ma come aveva potuto? E
soprattutto... perché fino a pochi istanti prima era convinto che lei fosse L...?!
Matsuda, dopo una breve corsa, raggiunse i due agenti:
"Capo, i sequestratori non hanno liberato tutti gli ostaggi!"
Yagami, ansante per la tensione, fece un cenno come per dire: lo sapevo già. Se
li avessero liberati tutti, tempo mezz'ora e quei sequestratori avrebbero avuto
in regalo dalla polizia di Tokyo un paio di braccialetti in ferro e un soggiorno
al penitenziario più vicino, in attesa di conoscere la data della loro
esecuzione. Era normale che avrebbero deciso di tenersi alcuni degli ostaggi. Erano
un'assicurazione sulla loro vita. Sperava solo che fra essi non ci fosse anche Light.
"Quanti?" domandò, sforzandosi di non chiedere direttamente di suo
figlio: in questo momento doveva essere poliziotto, non padre.
"Almeno una trentina! Le persone liberate ci hanno detto che si sono tenuti
tutti i professori dell'università e Misa-Mis...cioè, Misa Amane!"
Il macigno sul cuore di Yagami scomparve di colpo.
Suo figlio era salvo. Grazie al cielo. "Dov'è Ryuzaki?"
Matsuda, a quella domanda, assunse un'aria da funerale: "Capo... io, Mogi e
Aizawa abbiamo cercato lui e Light dappertutto, ma, ecco..."
Yagami non ebbe neanche il bisogno di sentire il resto della frase: aveva già
capito. Si voltò di scatto verso l'università silenziosa, le porte chiuse, le
tende tirate.
"Light! Perché?" si chiese, disperato.
Light uscì velocemente dall'ascensore, trafficando con una penna ed il suo
portafogli. Poggiate le spalle al muro, finì di scrivere qualcosa, quindi lo
richiuse, lanciò un'occhiata all'orologio ed iniziò a correre. Non si sorprese
quando, svoltato il primo angolo del corridoio buio che stava percorrendo, si
ritrovò faccia a faccia con Ryuk.
"Che c'è?" gli chiese frettoloso, mentre con gli occhi cercava di leggere nel
buio le targhe dorate appese sulle numerose porte che oltrepassava velocemente. "Perché
non sei fuori a goderti lo spettacolo?"
Un'espressione stupita si dipinse sul volto dello shinigami, che si grattò la
testa:
"Non dirmi che lo farai davvero...".
Volando accanto a Light, che continuava a correre senza dargli retta, ripeté con
veemenza:
"Non dirmi che non ne approfitterai per uccidere il tuo avversario! E'
un'occasione d'oro! Potresti sederti e guardarlo morire, invece hai intenzione
di aiutarlo?".
"Esattamente," annuì Light. "Se come dici tu mi sedessi per guardarlo morire,
ma lui miracolosamente lui si salvasse, finirei nei guai. Per cui, ho intenzione di fare ciò che mi ha detto".
Il giovane si fermò davanti alla porta del laboratorio che cercava: era aperta.
Si era quasi aspettato un antifurto, ma probabilmente i sequestratori, nel
prendere possesso dell'università, li avevano disinseriti tutti. Come se dovesse
buttarsi in acqua per un'immersione, prese un grosso respiro prima di
avventurarsi all'interno.
Accese le luci, constatando che il laboratorio del dipartimento di elettrofisica
era una grossa stanza asettica e... disordinata: chip, schede madri, miliardi di
cavi e congegni elettronici sconosciuti gettati dappertutto insieme alle
attrezzature per la loro manutenzione, sui tavoli, sulle sedie, sulle scrivanie
occupate dagli schermi a cristalli liquidi dei computer. Era questo che i geni
chiamavano 'caos creativo'?
Light fece qualche passo, incerto, finché con soddisfazione non notò su una
scrivania l'impercettibile riflesso di spia rossastra posta, probabilmente, sul soffitto: una
telecamera di sorveglianza. Proprio come aveva immaginato. Sforzandosi di
fare finta di nulla, si mosse come per dare l'impressione di stare cercando
qualcosa.
"Certo, Ryuk, che ho intenzione di aiutare L," pensò con un sorrisino.
"Se però accade un imprevisto, io non posso davvero farci nulla".
"Light, sento dei passi, c'è qualcuno qui fuori," mormorò lo Shinigami con una certa
inquietudine mista a curiosità.
Light assunse un'espressione sorpresa, preparandosi psicologicamente al dolore
che stava per provare.
"Sono un uomo morto".
L si sporse leggermente dalla ringhiera della terrazza interna al secondo
piano che dava sull'aula delle lauree. L'aveva notata quando era tenuto in
ostaggio, e non ci aveva messo molto per raggiungerla. Da lì, nel buio, per gli
altri era
molto difficile vederlo, mentre lui aveva una visione quasi perfetta dei
movimenti che avvenivano in quella stanza: riusciva persino a distinguere le
espressioni terrorizzate dei professori, ammassati e inginocchiati a terra in un
angolo, tenuti sotto tiro dai due complici lasciati a sorvegliarli. Pochi
secondi, ed il sequestratore e gli altri suoi complici sarebbe entrati, portando
con loro Ichigo, forse per ucciderla. Cosa poteva fare per evitarlo?
"In fondo, sapevo già che sarebbe accaduto".
Non era un pessimista, era solo razionale. E lui, benché armato e dotato di
un'intelligenza fuori del comune, non poteva fronteggiare dieci uomini da solo,
salvare la ragazza e gli ostaggi ed uscirne vivo. Cose del genere accadevano
sono nei film d'azione.
Certo, se Light avesse seguito le sue istruzioni c'era un 5% di possibilità che
tutto si risolvesse per il meglio, ma lui ne dubitava: Light era Kira,
e lui era spacciato.
"In ogni caso, non ho rimpianti".
La porta dell'aula si aprì, e L si riparò dietro al muro più vicino,
sbirciando in basso.
Dalla porta entrarono Brook ed il suo complice. L aggrottò la fronte con
preoccupazione: il primo stringeva fra le mani una mitraglietta, un'arma
pericolosa perché permetteva di sparare in modo continuo e quindi di fare molte vittime
in poco tempo; l'altro, invece,
teneva rudemente in braccio Ichigo. L cercò in ogni modo di non far
annegare la sua razionalità nell'angoscia. Che le avevano fatto? Era svenuta o morta? Sperò con tutto
il cuore che fosse la prima.
I complici di Brook, quelli che avevano tenuto d'occhio l'entrata
dell'università e quelli che avevano portato fuori gli ostaggi rientrarono, e
sbarrarono tutte le porte di ingresso. L li guardò, e notò che fra di loro
non c'era il calvo, quello che aveva steso poco prima. Forse non si era ancora
ripreso. Meglio così.
In quel momento, ci fu per un istante un impercettibile calo di corrente:
probabilmente, il
generatore era stato attivato. Il
detective parve sollevarsi: "Allora non è Kira!"
pensò, anche se con una punta di amarezza. Light lo stava aiutando per davvero:
i suoi sospetti su di lui si erano rivelati sbagliati.
Forse.
Ad ogni modo, ora toccava a lui: se tutto andava come previsto, la polizia
sarebbe entrata fra pochi minuti: doveva cercare di evitare il peggio fino a
quel momento.
L si era già allontanato dalla terrazza per passare all'azione, quando un rumore di spari attirò la sua attenzione,
costringendolo a tornare indietro di corsa: sporgendosi, vide che Brook stava
sparando ai suoi complici.
"Che diavolo fa? Ammazza i suoi complici?"
Ma perchè quelli non reagivano? Brook puntava l'arma con velocità e
disinvoltura impressionanti di volta in volta verso uno dei suoi compagni,
scaricandogli contro una serie di proiettili che con tutta probabilità lo
uccidevano sul colpo. Tutti parevano terrorizzati, ma nessuno, nessuno, cercava
di ribellarsi o fuggire. L era sconvolto.
Quando il biondo ebbe finito la carneficina, puntò l'arma fumante contro gli
ostaggi, ma non sparò. Quelli, pallidi come la morte, tutti miracolosamente illesi,
capirono all'istante il messaggio nascosto in quel gesto:
andatevene o siete morti. Senza dire una parola, presi dal terrore, indietreggiarono
lentamente fino alla porta più vicina: raggiuntala e apertala, si dettero alla fuga libera.
Usciti gli ostaggi, Brook andò a richiuderla, quindi si voltò verso l'unico
superstite, il complice che ancora teneva Ichigo. Allungò un braccio, e se la
fece passare da lui. Questi gli fece un sorrisino nervoso, che il biondo
ricambiò, prima di puntargli la mitraglietta in faccia.
Quando anche l'ultimo complice cadde a terra in un lago di sangue, Brook si
rimise l'arma in spalle e, con in braccio Ichigo ancora svenuta, si diresse
verso la saletta interna. Benché il sudore freddo imperlasse la sua fronte, a
quella vista L decise di scendere ed affrontarlo: uno contro uno, era
rischioso, ma lui non poteva fallire.
"Devo sbrigarmi!"
Ripercorse al contrario la strada che aveva fatto per salire. Gli ingressi
dell'aula erano bloccati, ma sicuramente c'era un'altra porta che conduceva alla
saletta. Doveva esserci un'altra porta.
Tutte le aule dell'università avevano due entrate.
Brook entrò nella saletta, piccola, buia anch'essa a causa delle tende tirate,
ma ben arredata: al centro un lungo tavolo rettangolare per le riunioni, agli
angoli dei vasi di piante e, accanto alla porta, uno scaffale traboccante di
fogli ma allo stesso tempo ordinato. Morbidamente seduta sul soffice divano
rosso accanto ad una seconda porta, c'era Misa Amane.
La ragazza bionda, quando lo vide entrare, girò la testa nella sua direzione.
"Hai fatto quello che dovevi fare?" gli chiese con aria nervosa.
Brook aveva lo sguardo vuoto.
"Misa Amane, ecco L," disse spingendo poco le braccia in avanti per
mostrarle Ichigo.
Lei la guardò, gli occhi rossi e scrutatori di uno shinigami.
"Non è L," affermò dopo pochi secondi, con aria contrariata.
Misa Amane aveva visto il nome di L. O meglio, credeva di aver visto il nome di
L.
L Lawliet.
Nessun altro poteva avere quel nome. L non era un soprannome, era il suo
vero nome. O comunque, il nome necessario ad ucciderlo.
Quel nome, per tutta la durata del sequestro, aveva fluttuato accanto a quello
dell'unica persona di cui lei non poteva scorgere il tempo di vita rimanente:
Light Yagami. Kira.
Ciò significava che L era riuscito ad arrivare a Kira prima di lei. Ma lei non
era riuscita a guardare in faccia nessuno dei due.
Ichigo Furude.
Questo era il nome che ora Misa leggeva sulla testa della ragazza che un
inquieto Brook gli presentava come L.
E se fosse stata una trappola?
O forse... forse si era sbagliata?
"Ha detto di esserlo. Io...ne ero convinto. Più che convinto. Non so perché".
"Non so perché?" Misa non ne poteva più. Si alzò in piedi:
"Ma questa non è L!" esclamò.
"E' una normalissima ragazza!".
"N-Non è L?" ripeté Brook, ora terrorizzato, lasciando cadere a
terra Ichigo senza troppi complimenti. Gli occhi vitrei, si portò le mani alla testa: "Io
ho... ho sbagliato!"
gridò con disperazione, crollando a terra. Scoppiò in lacrime, coprendosi il
volto con le mani.
"Idiota," pensò Misa.
Ichigo si mosse leggermente: stava riprendendo conoscenza.
Misa raccolse dalla scrivania una penna: ad ogni modo, se c'era anche solo una
minima possibilità che Furude fosse L, non poteva lasciarla fuggire così.
Aprì il suo Death Note ed iniziò a scrivere, quando di colpo la luce saltò.
"Che succede?"
Brook saltò in piedi:
"La polizia! Dev'essere la polizia!" disse, e, preso dal panico, fuggì
dalla porta da cui era entrato.
A scatti, piccole luci blu di emergenza si accesero nella stanza.
Misa batté i pugni sulla scrivania: la polizia? Impossibile! Aveva organizzato
tutto questo sequestro con il solo scopo di conoscere Kira e togliere di mezzo
il suo rivale più grande, ed invece nulla era andato come credeva. Aveva
sbagliato tutto! Le venne quasi voglia di piangere.
Una mano fredda e scheletrica le toccò una spalla: Rem.
"Misa, ora che anche gli ultimi ostaggi sono stati liberati, la polizia ha
deciso di entrare. Devi fuggire anche tu: se ti trovano qui, si insospettiranno,"
spiegò con calma lo Shinigami.
Misa annuì.
"Ascolta Rem, vai avanti tu, controlla che non ci sia nessuno. Io ti
seguirò fra pochi secondi".
"D'accordo. Tornerò ad avvertirti in caso di pericolo".
Rem si allontanò, attraversando la porta secondaria come un fantasma.
Nel frattempo, Ichigo si era messa in piedi a fatica, sorreggendosi ad una delle
sedie sparse per la stanza.
"Rem...?" mormorò con voce flebile, facendo spaventare Misa.
"Ti sei svegliata?!" esclamò lei preoccupata, voltandosi di scatto a
guardarla.
Non aveva altra scelta.
Con un gesto veloce, Misa prese il suo cellulare dalla tasca e lo accese per farsi luce,
quindi riaprì il suo Death Note e scrisse il nome:
Furude Ichigo.
"Misa Amane ha un Death Note?" disse Ichigo, stupita, osservandola. "Che sia...
quello di Sayo?"
"Cosa?" Misa chiuse di scatto il quaderno: era finita. In quaranta secondi, chiunque fosse,
quella ragazza sarebbe morta. Però...
"Come fai a sapere del Death Note?" disse sorpresa, indietreggiando. "Chi
sei tu?"
Ichigo provò a seguirla, ma era troppo debole per camminare, così ricadde in
ginocchio a terra. Allungò una mano verso Misa, come per chiederle un aiuto a
rialzarsi, ma la biondina, stravolta, non si mosse.
"Io..." iniziò Ichigo, ma di colpo le mancò il fiato. Le sue pupille si dilatarono,
mentre una fitta tremenda all'altezza del cuore la paralizzò. Incapace di
gridare per il dolore, si portò le mani al petto, agonizzante.
Misa sbarrò gli occhi: ce l'aveva fatta! Sbandando e facendo cadere una sedia,
indietreggiò di corsa fino alla porta secondaria, per poi fuggire dalla stanza.
L strinse la pistola, correndo verso la porta che aveva che aveva cercato
in tutta fretta. Alla fine, aveva fallito. Non aveva trovato un piano migliore,
ma non importava: l'unica cosa che gli premeva era salvare quella ragazza da una
fine ingiusta.
"Se davvero esiste qualcuno lassù, ti prego, fa' che non sia troppo tardi".
Era ormai a pochi metri, quando vide la porticina spalancarsi ed una figura
fuggire nella direzione opposta alla sua con aria stravolta. Illuminata dalle
luci di emergenza, Ryuzaki non tardò a riconoscerla: "Misa Amane!?".
La ragazza stringeva fra le mani qualcosa. Un quaderno.
Preso da un terribile presentimento, L la lasciò perdere e senza alcuna
precauzione si fiondò dentro la stanza, spalancando la porta con un braccio, appena in tempo per vedere Ichigo
accasciarsi a terra.
Morta.