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Autore: Seren_alias Robin_    23/01/2013    3 recensioni
“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.”
Con quella frase Nizan, quel filosofo sconosciuto, aveva conquistato la sua stima. Non avrebbe avuto dubbi su quale traccia scegliere.
Vera e Matteo.
Altra storiella partorita dal mare, che non completerò mai probabilmente. O si. Che ne so.
Le mie storie restano a metà, perché io sono a metà.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vera aveva chiamato sua madre di fretta qualche ora prima, solo per rassicurarla sul fatto che andava tutto bene, e che si sarebbe fermata a casa di Selene per tutta la giornata. Forse avrebbe dormito lì. La madre aveva creduto solo alla metà delle cose che le stava dicendo, conoscendo troppo bene quel tono di voce trascinato e spento, ma non poteva fare molto via telefono e sperò che il buonsenso della ragazza avesse la meglio, in qualunque situazione si trovasse.  Subito dopo, Vera spense il cellulare.
La casa di Selene era bella e accogliente, con un grande terrazzo tutto piante e fiori colorati, che profumavano d'estate e resistevano al caldo torrido. Per fortuna era anche vuota; i suoi genitori erano partiti per lavoro quella mattina stessa e sua sorella era uscita con la sua comitiva. Nonostante Selene cercasse di spronarla, Vera non mangiava niente, se non il fumo delle sigarette. Ne era rimasta solo una nel pacchetto di Chesterfield blu da dieci, lo stesso che aveva comprato con Matteo quella mattina, quando era uscita piena di entusiasmo insieme a lui. Non sapeva che farsene di un pacchetto di sigarette vuoto e di una canzone.
Selene sopportava benissimo i suoi silenzi, ma era molto in pensiero per lei. Non aveva fatto nessun riferimento alla cosa, l'aveva semplicemente trascinata il più lontano possibile da quel lido mettendola in salvo dalle onde del dolore. Non aveva molto senso insultare lei o lui, ripetere all'infinito quanto fosse stato stronzo non avrebbe cambiato le cose, non gli avrebbe ridato indietro quel sorriso. Era arrivato il momento di fare i conti, nonostante Vera cercasse con ogni parte del suo corpo di non pensare a niente. Rimandare non serviva, avrebbe soltanto acuito il dolore. Poggiò la testa sulla ginocchia e finalmente pianse, forte, come fosse vitale. Ma stranamente la reazione non la faceva sentire nemmeno troppo fragile. Si sentiva solo svuotata, ancora una volta derubata del suo cuore. Quando le sue guance furono asciutte, Selene le diede un bacio sulla fronte  e le mise in mano un quaderno e una penna.

- Scrivi, scrivi tutto. Liberati di questi mostri. -

Capitalizzare il dolore, ancora una volta

C'era una volta una principessa nuova.
Indossava le stesse scarpe da anni, nere con i lacci stretti, che non aveva mai perso perché non c'era mai stato un ballo da cui scappare. La principessa era circondata da persone meravigliose che non si risparmiavano mai un sorriso e l'accompagnavano a fare la pipì ogni volta che ne necessitava. Chiamava queste persone "amici". Non erano molti, ma erano eterni, come un armadio che contiene gli stessi vestiti da anni, in ottime condizioni, colorati e perfetti da indossare. 
La principessa aveva un cuore grande, puro e sincero, che purtroppo non trattava con giusta cura e attenzione, ma che anzi mostrava a tutti, incapace di credere che nelle persone potesse esserci solo malvagità o cattiveria, e niente di buono. Venne il giorno in cui la fanciulla conobbe un giovane. Non era bello da togliere il fiato forse, senza i riccioli d'oro, ma le andava bene così. Il giovane era un musicista, e finì per suonare le corde del cuore puro della principessa. Una, due, tre volte. 
La fanciulla quasi non riusciva a fare niente tanto era incantata, meravigliata, soggiogata dalla musica che quel giovane le aveva regalato. Eppure il giovane era distante, distratto da altre corde, da altri cuori e da altre parti del corpo. Finì per contaminare il cuore puro della fanciulla, glielo strappò dal petto e se lo portò con se', così che gli tenesse compagnia nelle sere più malinconiche, nel letti più freddi che avrebbe trovato nella sua strada.
E la principessa rimase sola e  vuota, senza il suo cuore. Non sentiva più la musica, non vedeva più i sorrisi dei suoi amici. Era come spenta, solo il cervello le imponeva di continuare a mangiare, bere, uscire dal suo rifugio felice. Passavano i giorni così come passavano le nuvole. Erano nuvole bianche, dolorose, perché con il loro candore ricordavano alla principessa quanto fosse stata sciocca e avventata a donare il suo cuore puro in mano a quel giovane ormai lontano, che lo avrebbe tenuto sul comodino come un trofeo poco più splendente degli altri. Dentro di sè sentiva il bisogno e la speranza del ritorno di quel cuore puro.
Intanto il fanciullo che le aveva rubato il suo cuore puro tornò, per ignoti motivi, dalle quelle parti. Il profumo della sua pelle era rimasto identico, immutato. La fanciulla lo ricordava perfettamente . Sorrise, quando la vide, stringendo in mano il cuore puro della principessa, graffiato un po' in superficie ma ancora limpido e forte. Batteva fortissimo, teneva il tempo della sua splendida musica. Vedendo il suo cuore, la principessa pianse lacrime di felicità, e non ci fu bisogno di parole per dirgli che si, lo perdonava. Lo perdonava per qualcosa che aveva già dimenticato.
Il giovane continuava a regalarle sorrisi e canzoni, e le orecchie della principessa si abituarono così tanto a quelle note che credette di non voler ascoltare mai più niente in vita sua. A che servivano poi, altre canzoni, altre labbra, altri profumi?
Ma la delusione era nascosta in un angolo d'ombra che gli occhi abbagliati d'amore della principessa non riuscivano a vedere. Scivolò di nuovo sullo stesso errore, aprì il suo petto e posò il suo cuore puro ma graffiato nelle mani ruvide del giovane che ancora una volta lo contaminò con bugie e menzogne, stringendolo senza rispetto e senza dolcezza in mano, e andò via così, a cercare qualcos'altro di più interessante da fare, come per esempio restare al mare a giocare con una fanciulla dai capelli biondi, a dedicare nuove canzoni, ad accarezzare altri capelli, più belli di quelli della principessa nuova, che erano pieni di doppie punte e borotalco.
La principessa pianse forte senza smettere nemmeno per riprendere fiato, dopo che la sua migliore amica le aveva consigliato di dimenticarsi per sempre del suo cuore puro perduto, in quanto sapeva quanto costassero quella parole e quanto giusto fosse quel consiglio. Pianse ancora per un po', si asciugò gli occhi, e cancellò dalla mente ogni cosa che potesse ricordargli il suo amore perduto. Niente doveva spingerla a pensare ancora a quel giovane che per due volte l'aveva illusa e l'aveva svuotata della cosa più bella e importante che aveva.
Se c'era una cosa che la fanciulla aveva imparato era che il tempo avrebbe guarito le ferite forse, ma era una stronzata dire che il dolore rendeva più forti. Probabilmente se non avesse avuto i suoi amici la principessa si sarebbe semplicemente raggomitolata su se stessa e avrebbe guardato tutte le nuvole passare senza provare nient'altro che vuoto e solitudine. La musica era diventata sua nemica, la principessa aveva smesso di cantare, di scrivere, di disegnare. Perché ogni canzone, ogni favola, ogni disegno portava il volto e il nome del giovane che le aveva rubato il suo cuore puro e graffiato, quel cuore che, così maltrattato e distante da lei, non era più così puro, ma freddo e striminzito

 

Selene lesse tutta la storia senza staccare gli occhi dal foglio scarabocchiato nemmeno per un istante. Vera la guardava, rileggendo la sua stessa scrittura in quegli occhi grandi, e chiedendosi se l'amica stesse almeno respirando. Quel pensiero così casuale e sciocco la fece quasi sorridere. Sorrideva spesso per niente quando era bambina, quando girava bene, semplicemente le piaceva sorridere agli sconosciuti e osservare le loro reazioni. Un sorriso poteva essere una garanzia. Di certo, erano davvero pochi quelli che ricambiavano. Dov'era finita quella bambina adesso che era lei ad aver bisogno dei suoi stessi sorrisi?
Quando ebbe finito, Selene lasciò cadere il quaderno e si stiracchiò, come se avesse letto una storia particolarmente carina di Topolino.
- Non sarà questo il tuo finale, te lo prometto. Il tuo cuore è tuo e non permetteremo a nessuno di fargli del male, nemmeno al chitarrista più bravo della spiaggia. -

La sua voce era roca, come fosse un residuo di un pianto senza fine. - E invece sarà così. Il mio cuore è suo, e io non lo rivoglio. -
- Non sarà questo il tuo finale.-  ripeté. Vedendola finalmente più tranquilla andò in cucina e tornò un minuto e mezzo dopo con un grande pacco di patatine e due birre in lattina. "Mangiamo. E apri quel cellulare. Credo che i tuoi amici stasera debbano venire a trovarti. Casa mia è disponibile a farsi esplodere, con discrezione, ho dei vicini."

- Vuoi organizzare un festino? - chiese Vera aprendo la sua birra e buttandone giù un sorso. Era fresca e piacevole.

- Voglio che i tuoi amici conoscano la tua amica strafiga di Milano. -

- Mi sembra giusto. - tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo cellulare e lo accese. Attese una manciata di secondi, poi partirono i messaggi. Sua madre non l'aveva ancora chiamata, meglio così. Giusy e Andrea l'avevano data praticamente per dispersa, e poi vi erano una serie di messaggi e di chiamate perse di un numero che non conosceva. 

“Vera, rispondimi.”

“Non è come pensi.”

“Dove sei finita?”

Potevano essere solo di Matteo. Non le interessava al momento come avesse ottenuto il suo numero, non era così complicato. Cancellò tutto, e fece il numero di Giusy. Le spiegò velocemente dove abitava Selene, e pregò loro di raggiungerla il prima possibile. Inutile a dirsi, in un'ora erano già lì a bere le stesse birre.

- Perché le prendi in lattina? - chiese Andrea a Selene.

- Mi scordo sempre l'apribottiglie. -

Vera li studiava, sperando ancora una volta che i suoi amici andassero tutti d'accordo. Non aveva modo di temere niente. Selene erano abbastanza simili per piacersi e abbastanza diverse per non odiarsi, e Andrea era affascinato dalla bellezza di Selene che probabilmente stava già valutando l'idea di provarci. Si lasciò sfuggire il secondo sorriso sincero della giornata. 

- Ora non per fare quella sapiente del cavolo... - esordì Giusy accendendosi una sigaretta “ma è un chitarrista, sapevi a cosa stavi andando incontro.”

- Sembrava diverso... -rispose Vera stringendosi nelle spalle. Il suo telefono, affianco a lei, si illuminava ogni due minuti ora che era aperto. Matteo continuava a chiamarla e sembrava diventare sempre più insistente man mano che passava la giornata. Selene guardava lo schermo con un sopracciglio sollevato.

- Dovresti risponderlo.-

- No, non dovrei. -

Anche Giusy ci aveva fatto caso. - Sono d'accordo con Selene, ti sta scaricando la batteria. -

- Vorrà dire che smetterà presto. -

- Senti cosa ha da dire almeno. -

- No, ho già fatto la figura della stupida abbastanza. -

- Se c'è qualcuno che ha fatto la figura dello stupido è lui.” concluse Selene prendendo in mano il cellulare.”E tra poco risponderò io se non lo farai tu. -

- NO! - riprendendolo al volo dalle mani dell'amica.

- Allora? -

Vera guardò lo schermo che si stava illuminando per la centesima volta. Nella sua mente si affacciava un'immagine confusa di Matteo da solo in spiaggia in attesa di un segno di vita di lei. Era quasi l'ora del tramonto, e sapeva che stavano pensando la stessa cosa. Con un sospiro, si allontanò dai tre e  premette il tasto verde, senza dire nulla. 

- Vera. Dimmi dove sei, ti vengo a prendere. -

Non le piaceva affatto come aveva esordito. Il tono di voce era diverso da come se l'aspettava. Non c'erano tracce di ansia o preoccupazione, sono tanta stanchezza e tristezza da stringerle il cuore.

- Sono a casa di un'amica, non preoccuparti sto bene -

- No, dimmi dove sei, per favore -

- Io non voglio vederti -

- A me non interessa, devo parlarti e devo farlo adesso. Dopo potrai anche mandarmi a quel paese. -

- Torna a casa Matteo, stasera torno a casa e parleremo di ciò che vuoi. Ora ti saluto -

- Vera -

- Non ho intenzione di aggiungere altro - e chiuse la conversazione. Quando tornò in casa c'era qualcun altro che non conosceva. Era un ragazzo poco più grande di loro, molto alto, dai capelli castani e mossi e dal sorriso piacevole. La cosa migliore è che non portava nessuna chitarra con sé.

- Lui è Alessandro. - li presentò Selene. - è un mio amico ed è passato a salutarmi. -

- Spero non sia un problema. - disse subito, sorridendo.

- No, ma ti pare. Non sarò molto di compagnia stasera però, devo avvisarti. - detto questo, riprese in mano il suo quaderno, facendo caso solo ora alla copertina. Era arancione, con la scritta bianca Je t'aime. Pessimo gusto. Ripescò una penna e lasciò che le voci intorno a lei diventassero solo un ronzio confuso, mentre terminava quello che aveva lasciato a metà.

Forse, se c'era qualcuno che giocava le carte del destino delle persone, allora quel qualcuno si stava divertendo a farli perdere per poi ritrovarsi ancora una volta. Quel che è certo è che il giovane ritornò ancora una volta dalle stesse parti di sempre, ma legato a quella ragazza bionda che, andando al passo con le favole moderne, apriva meglio le gambe del cuore e tanti cari saluti al resto. La musica del giovane sarebbe cambiata, non sarebbe stata più bellissima, ma stonata e assordante. Anche il suo profumo sarebbe stato meno dolce, più pungente. La fanciulla provava quasi compassione per lui, così povero che, nonostante avesse ancora in tasca il suo cuore, seppur freddo e striminzito, preferiva i capelli biondi e le altre meraviglie che questa gli prometteva. Provava compassione e affetto, e malinconia e tenerezza. In fondo il giovane non era cattivo. Era solo privo di un cuore proprio. Era vuoto e inutile, come una chitarra senza le corde, come i Red Hot Chili Peppers senza Frusciante, come una macchina senza pieno, come le carte di +4 che rimangono mentre si gioca ad “Uno” e hai già perso perché non hai voluto rischiare di far partire una giostra senza fine, e qualcuno ha chiuso prima di te.  Era vuoto si, e alla principessa non rimase altro che compassione. Quando il fanciullo, abbandonato dalla propria ragazza, tornò dalla principessa stringendo il cuore freddo e striminzito nelle mani ruvide, ella non lo riconobbe più. Allungò una mano per prenderlo, ma all'ultimo secondo lo lasciò cadere a terra con un tonfo che fece tremare tutti i muri, dichiarando che quello non era più il suo cuore, che poteva tenerlo per giocarci se preferiva, e questa volta fu lei ad andarsene via. Con l'unica differenza che la principessa senzacuore non sarebbe più tornata.
Questa è una favola all'ordine del giorno. E' una favola moderna, e nelle favole moderne non c'è alcun lieto fine.Forse un giorno la principessa avrà un cuore in regalo da qualche altro fanciullo, ma a quel punto probabilmente sarà già abbastanza abituata da vivere senza.

Mise un punto e rilesse la sua opera. Faceva schifo, eppure si sentiva già molto meglio. Le ore stavano passando tranquille. Con l'arrivo della sorella di Selene giocarono ad uno per gran parte del tempo, e non si risparmiavano strategie e coalizioni. Andrea e Alessandro, gli unici maschi, persero miseramente per primi. 
Vera era decisamente sollevata, rideva e scherzava con gli altri, ma una parte di lei temeva per quello che avrebbe detto a Matteo tornando a casa, se lo avesse trovato sveglio. In più aveva notato che Alessandro la guardava un po' troppo spesso per essere casuale, e la cosa la innervosiva parecchio, perché non aveva assolutamente bisogno di altre complicazioni.  Andrea e Giusy se ne andarono per mezzanotte, visto che avevano parecchio strada da fare, mentre Vera rimase ancora un po'. Alessandro doveva essere un patito dei Red Hot perché aveva tutto l'album Blood Sugar Sex Magik sul suo lettore mp3. Era tra i suoi preferiti, soprattutto visto che in quel momento non poteva ascoltare By The Way.

- Adoro suonare questa. - le disse mentre passava a Suck My Kiss.

Vera tolse la cuffia e lo guardò esasperata. - No, ti prego, dimmi che non sei un dannato chitarrista anche tu, ti prego. -

Alessandro rise.  - Decisamente no. -

- No perché la nostra potenziale futura amicizia si comprometterebbe irrimediabilmente -

- E mi dispiacerebbe terribilmente. Comunque, sono un batterista, astio anche verso la batteria per caso? -

Sorrise rimettendo la cuffia al suo posto e perdendosi nella voce di Anthony che iniziava a cantare una nuova canzone. - No, nessun astio per la batteria. -

Your feelings are burning

You're breaking the girl

She meant you no harm

 

Ascoltando quella strana ballata, Vera si lasciò andare ad un pensiero sciocco ma sincero. Non era vero che c'era una canzone per ogni momento. C'era invece, un momento per ogni canzone. E con i suoi Red Hot quel momento somigliava tantissimo a sempre. Si chiese se con la musica di Matteo poteva mai essere lo stesso.

No, nient'altro era meglio di loro, soprattutto uno sciocco ragazzino con la chitarra in spalla.

Verso l'una salutò Selene dichiarando che doveva tornare a casa, ma lei la trattenne con un braccio. 

- A piedi da sola tu non vai da nessuna parte. Ale, accompagnala. -

- Certo, dove abiti? - rispose subito il ragazzo, sorridendo. Vera si spaventò.

- Non sto lontano da qui, non preoccuparti. - rispose lanciando uno sguardo supplichevole all'amica che però fu irremovibile.

- Meglio così, vi farete una passeggiata, op. - la spinse verso il cancello e l'abbracciò forte.

- Non so come ringraziarti Sè, sul serio. Credo che non ce l'avrei fatta da sola. -

- Prendi questo. Credo che avrai bisogno di scrivere un altro po'. - disse, ficcandole in mano il quaderno dalla copertina arancione e stampandole un bacio sulla guancia. - E sogni d'oro -

Alessandro si era materializzato dietro di loro. Salutò Selene e chiuse il cancelletto. - Beh, guidami -

- E' imbarazzante avere quasi vent'anni e doversi far accompagnare. - rispose Vera, dirigendosi verso casa.

Ma mentre camminavano l'imbarazzo andava via con le scarpe e la ragazza scoprì che avevano in comune molte più cose di quanto credesse. La passione per Harry Potter, gli stessi gusti musicali se non fosse stato per il metal, la stessa dose di idiozia nel voler fare un video scemo in cui cantano Barbie Girl con tanto di parrucca bionda. Quasi non si accorse, presa com'era nel parlare, che era arrivata a casa, finché non intravide Matteo profondamente addormentato sul dondolo esterno, senza tracce di chitarra in giro. Sospirò, salutò di fretta Alessandro e si affrettò ad aprire il cancello con le chiavi. 
Una parte di lei, quella meno nobile e soprattutto più ferita, avrebbe voluto lasciarlo lì. Lo svegliò sfiorandogli un braccio con la punta delle dita. Matteo aprì subito gli occhi, rossi e stanchi come non li aveva mai visti, e istintivamente provò a stringerla a sé, prendendole le mani. Vera lo lasciò fare, rimanendo immobile, pietrificata. Sapeva che c'era tutta la differenza del mondo tra quello che effettivamente voleva, desiderava profondamente, e quello che invece andava bene per lei, per essere felice. E non era Matteo. Si prese un po' di tempo per pensare, mentre le sue mani si aggrappavano alle braccia di Matteo senza che potesse fermarle. Sentiva che stava per piangere di nuovo, e che tutto quello che aveva fatto fin'ora, tutto il voler stare bene per forza, e i vari auto convincimenti erano stati del tutto inutili. Lei non era una combattente, era semplicemente un'altra vittima che si era arresa. E guardava la notte allontanarsi ancora una volta, e ascoltava Matteo tacere tra le lacrime. Si chiese cosa stesse pensando lui, così accoccolato fra le sue braccia. Nemmeno lui sembrava tanto un combattente, non era mai stato così vulnerabile ai suoi occhi. Non c'erano parti, non c'erano eroi, ma lei aveva ugualmente un bisogno terribile di essere salvata. Dopo mille sospiri Vera cercò i suoi occhi e lui forse lo capì perché mollò la presa e la guardò in attesa.

- Non voglio stare con te. -disse lei, tremando.

Matteo aveva uno sguardo indecifrabile.  - Non vuoi? -

- E' troppo complicato. Io ho bisogno di una relazione sana. E poi io e te siamo praticamente parenti. Non vedo come dovrebbe funzionare... - si stava arrampicando su specchi troppo scivolosi. Ma non ebbe bisogno di continuare.

- Va bene Vera. - rispose lui, alzandosi. Quella risposta così povera le fece gelare il sangue. 

Va bene. 

Cosa c'era che andava bene? Era felice che si stesse togliendo di mezzo di sua spontanea volontà così da potersi concentrare nei suoi porci comodi con Jenny? Sapeva di essere sbiancata, ma sperò che la luce tenue della notte non la tradisse. Matteo le prese il viso tra le mani e la baciò, poggiando appena le labbra sulle sue per pochi secondi, ad occhi chiusi. Non li riaprì fin quando il suo viso fu alla portata di Vera, ed entrò in casa socchiudendo la porta, lasciandola da sola.





 
 
WEWE FANCIULLE (E CAVALIERI lol)
Dovevo festeggiare il mio primo VENTISEI, si 26 auuuu, e dovevo farlo insieme a voi.
Quindi vi lascio con questo capitolo in stramegaultraritardo, sperando col cuore che vi piaccia. (L'università mi distrugge, lunedì ho un'altro esame T.T)
http://www.youtube.com/watch?v=u3DQrC8vy8A
Questa canzone ha ispirato l'intero capitolo.
Un bacione ad ognuno di voi, ma grandissimo.  
Seren
<3
 
p.s. la parte in cui Vera scrive sul quadernino, come molti di voi immagineranno, è semplicemente una pagina riveduta e corretta del mio diario personale che ho voluto condividere con voi. 
 
   
 
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