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Autore: Samarskite    23/01/2013    18 recensioni
«Nella casetta sulla collina
Viveva sola una ragazzina...
Viveva di stenti, di topi e di odio
Per vendicare un tristo episodio:
Madre annegata, padre impiccato
L'infanzia il fato le aveva negato.
Un segreto però a te non taciamo:
Era la figlia del dolce Abramo.
Il dolce Abramo, violento e assassino
Ignorava forse di avere un bambino?
E la moglie annegata, fatta reietta
Fantasma, attendeva la dolce vendetta
Inseguiva il castigo aspettando la gloria
Per questo chiamavan sua figlia Victoria?»
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Unsettled


I




Il pullman che dall'aeroporto portava a Mullingar era lento e pigro. Procedeva con una prudenza quasi esasperante in mezzo alla lunga fila di macchine che si era formata tra i pochi kilometri tra la periferia in cui c'era l'aeroporto ed il centro città, avendo cura nei primi venti minuti di prendere tutte le buche, e nell'ora successiva di evitarle con prudenza, cosicchè Louis si stava addormentando.
Il suo zaino era gelosamente appoggiato sulle sue ginocchia, gonfio degli affetti personali che il ragazzo non aveva voluto lasciare in valigia. Sulla stoffa scura erano tracciate a bianchetto numerose dediche dei compagni di scuola di Doncaster, del genere "Tommo rulez", "Fai attenzione ai Nargilli irlandesi", "Problemi? Vodka.", "Valerie", eccetera eccetera. Louis stringeva quel pezzo di casa e di quotidianità con il braccio destro, come farebbe un padre col proprio bambino, mentre il sinistro era appoggiato al bordo del finestrino sporco e sorreggeva la sua testa. Gli auricolari in quel momento avevano scelto di trasmettere "Miss you" dei Blink 182, melodia che cullava il ragazzo e che lentamente ma inesorabilmente lo stava trascinando con sè nel baratro dei sogni.
Non percepiva nulla attorno che non fosse la musica; non il moro che stava lanciando caramelle Haribo ad una ragazza dai capelli biondo rame, non l'autista che fischiettava una canzone degli Smiths, non il bambino con la madre che osservava incuriosito quella massa di adolescenti turbolenti. C'era solo un'altra persona oltre a Louis che non era impegnata ad urlare o creare scompiglio, ed era proprio la ragazza dai capelli biondi, che stava leggendo un libro. Aveva gli occhi dolci ed azzurri, il viso tondo e delicato. Le labbra erano rosso sangue. Indossava una giacca di jeans nero molto leggera, in cui però si stava stringendo per il freddo trasmesso dalla pioggia attraverso i finestrini, ed un vestito nero con stivali marrone scuro. La pelle era bianca come il latte, e lo sguardo profondamente concentrato. Se una caramella del moro le atterrava in grembo o tra le pagine del libro, la prendeva e la mangiava, ignorando (o cercando di farlo) che quella costituisse una chiara provocazione.
Se Louis avesse aperto gli occhi avrebbe notato che ogni tanto la ragazza gli lanciava una fugace occhiata, come chiedendosi se una volta arrivati a destinazione qualcuno si sarebbe preso la briga di svegliarlo per avvertirlo dell'arrivo. E, se Louis si fosse tolto gli auricolari, avrebbe sentito la voce del moro che ogni tanto chiamava la ragazza a bassa voce: "Ragaaaazza..."
Ma naturalmente, i Blink 182 stavano sussurrando "I miss you, i miss you" nell'orecchio del ragazzo, e quindi lui era impegnato ad ascoltare loro.
D'un tratto, il pullman scivolò lentamente verso il bordo della strada, proprio davanti ad una casa in stile vittoriana, facendo la sua prima fermata. Il moro smise di malavoglia di chiamare la ragazza, si mise lo zaino in spalla e scese dal pullmann con aria imbronciata. Solo quando fu sul marciapiede la ragazza, di nome Alison, si concesse un sorrisetto, consapevole di avere negato al moro le attenzioni che egli richiedeva.
Il pullman fece ancora una quindicina di fermate, in lungo ed in largo per la piccola cittadina, ma Louis non accennava ad aprire gli occhi ed Alison non aveva ancora messo via il libro. Erano già scesi praticamente tutti.
"Ehi, ragazzo...", chiamò la ragazza chiudendo il libro tenendoci un indice in mezzo per non perdere il segno. Dato che Louis stava palesemente dormendo, si alzò dal proprio posto e gli diede un tocco delicato. Lui aprì gli occhi si scatto e si tolse gli auricolari in fretta e furia. "Si? Cosa. Come? Ho perso la mia fermata?", si agitò.
Alison sorrise. "Non credo, penso sia la prossima. Sei stato assegnato alla famiglia Horan, giusto?"
Louis controllò sul post it che l'accompagnatrice gli aveva dato all'aeroporto. "Famiglia Horan, Hill Road, numero 13, Mullingar.", confermò.
"Perfetto.", disse dolcemente Alison. "Devi scendere qui. Hai bisogno di aiuto con i bagagli?"
Louis scosse la testa frastornato, e scese in fretta e furia senza ringraziare. Prelevò il suo trolley dal porta bagagli, e solo allora si accorse di essere stato scortese, così rimise la testa nel pullman. "Ehi. Grazie."
Alison, che stava raccogliendo le proprie cose, alzò la testa e sorrise: "E di cosa?"
Louis annuì e tornò sul marciapiede. Si trovava davanti ad una casa di medie dimensioni, costruita da un architetto che evidentemente era o un bambino o un grande fan di Up. La facciata dal tetto triangolare, sulla parte destra della casa, era di un azzurro cielo vivo. Il cornicione e le tegole del tetto erano bianche come nuvole, mentre la parte sinistra della casa era grigio nebbia. Sulla porta bianca erano stati disegnati con grande cura dei palloncini di tutti i colori possibili ed immaginabili, ed era stata tracciata la scritta "Casa Horan". La cassetta delle lettere era rosso fuoco, dipinta con diverse sfumature dello stesso colore. La staccionata era bianca, e delimitava un giardino pieno di alberi e cespugli di ogni tipo.
"Dimmi che non mi hanno assegnato ad una casa di pazzi.", pregò Louis a nessuno in particolare.
Una freccia a ventosa scelse quel momento per sfrecciare dall'interno ignoto della casa verso la finestra aperta, sorpassarla ed andare ad attaccarsi alla cassetta delle lettere. Si udì un verso di giubilo dall'interno della casa, ed una voce femminile che commentò con un entusiasta: "Stai migliorando, sul serio. Hai sbagliato di pochi metri."
Poi qualcuno aprì la porta di casa per andare a recuperare la freccia, e vide Louis fermo sul marciapiede, come un cretino, sotto la pioggerella estiva, con un trolley ai piedi ed un post it bagnato in mano, che osservava la casa perplesso.
"Oh,", commentò la donna sulla soglia. "Tu devi essere il nuovo arrivato. Piacere, sono Maura."
Louis si riscosse e si rese conto della situazione quasi comica in cui si trovava, fermo come un cerebroleso a guardare per aria. "Mi scusi, devo sembrarle un cretino.", mormorò. Maura rise allegramente, mentre afferrava vigorosamente il trolley del ragazzo e lo trascinava in casa. "Non ti preoccupare Louis, la nostra casa fa sempre questo effetto a tutti. Entra, non ti mangiamo mica!"
Louis procedette verso l'ingresso, rinfrancato dall'aspetto cordiale della donna. Non sembrava affatto pazza, dopotutto. Era una donna sulla quarantina, rotondetta, di un biondo non più naturale ma che comunque doveva essere molto simile a quello originario.
"Permesso?"
"Entra, entra, forestiero.", disse una voce di ragazza, che poi aggiunse: "Lascia stare quelle, che sono appuntite."
Una voce maschile protestò: "Guarda che lo sa, voleva solo pugnalarti con una di queste."
"Imbecille.", commentò secca la ragazza, per nulla intimorita.
"Guarda che tuo fratello ha ragione, volevo pugnalarti. Non dare dell'imbecille a Niall, su."
"Io do' dell'imbecille a chi mi pare, pap...", si interruppe. Louis era sulla soglia del salotto, a cui si accedeva subito girando a sinistra dall'ingresso. "Oh, tu devi essere Louis!", esclamò lieta la ragazza che dava dell'imbecille a chi la pareva. Aveva i capelli molto corti, biondi, decisamente spettinati con una certa cura, ed un corpo perfetto. I suoi occhi variavano dal verde molto scuro al nero, al contrario dei due uomini che le stavano accanto. Uno, il più alto ed anziano, era un uomo sulla cinquantina, ben piantato, capelli scuri ed occhi colore del ghiaccio. Il più giovane aveva gli stessi occhi del padre, ma aveva uno sguardo più dolce ed era meno muscoloso. Era biondo e portava l'apparecchio.
La ragazza andò incontro a Louis sorridendo spiccia. "Piacere, il più alto è Bob, il più largo è Niall, io sono Dylan."
"Dy...?", chiese Louis, certo di aver capito male l'ultimo nome.
"Dylan. È il mio cognome, Dylan. Guai a te se mi chiami Angela. D Y L A N. ", disse allegramente la ragazza.
"Cognome? Ma io ero assegnato in casa...", andò in panico Louis controllando il post it. Lui era in casa Horan.
Dylan sbuffò. "Nessuno gli ha spiegato come stanno le cose in questa casa?", chiese con aria di rimprovero.
"È qui da tre secondi netti, Angie.", obiettò il padre.
"Io non sono loro figlia. Sono stata adottata.", spiegò Dylan con una serenità che Louis, se fosse stato nella sua situazione, non sapeva se sarebbe stato capace di avere.
"Io non sono largo.", aggiunse Niall imbronciato.
"Certo che no, sei filiforme, Niall, stavo scherzando. ", disse Angela con aria sbrigativa. "Vuoi vedere la tua stanza, Louis?"
Louis annuì.
"Niall, fagli vedere la sua stanza.", concluse Dylan.
"Perchè io?", si lamentò il fratello.
"Perchè io devo insegnare a tuo padre a tirare una freccia al bersaglio e non ai cespugli."
"Ti hanno fatta troppo impertinente, ragazzina.", la ammonì ridendo Bob Horan, poi brandì l'arco ed incoccò una freccia a ventosa con grande fatica, lasciando nella loro sacca quelle con una vera punta.
Dylan gli andò dietro e perfezionò la posizione del busto del padre, raddrizzò la freccia e cercò per quanto possibile di direzionare la traiettoria.
"Molla.", gli ordinò perentoria.
Sziump.
La freccia sorpassò il bersaglio come se non lo ritenesse degno di attenzioni e si diresse verso Louis, che la prese al volo.
"Ecco. Questo succede se non tiri abbastanza convinto. Adesso il forestiero penserà che attentiamo alla sua vita.", commentò secca Dylan. Poi aggiunse: "Guarda ed impara, padre."
Afferrò l'arco e una freccia con la punta, tese la corda e respirò lieve, come se stesse entrando in sintonia con il battito cardiaco di un animale, puntando verso la cucina. Lasciò la freccia, che sorpassò Louis ed andò ad infiliarsi dritta nell'arrosto che si trovava sul tavolo. Dylan sorrise soddisfatta e sorpassò padre, fratello ed ospite per andare a recuperarla.
Poi tornò indietro, soffermandosi alle spalle di Louis e sussurrandogli nell'orecchio, provocandogli brividi lungo la schiena: "Questa è casa Horan, forestiero inglese."
Louis la osservò negli occhi verdi, sconcertato, e lei scoppiò a ridere. "Scherzo, tranquillo."
"Sì, scusa, sono solo stanco...", disse lui scuotendo la testa.
"È il jet leg che scombussola.", considerò saggiamente Niall.
"Dai un alloggio a questo poveretto, Jet Leg.", lo prese in giro Dylan.
Niall brontolò ridendo e fece segno a Louis di seguirlo lungo le scale.















Eccomi qui con una nuova Fan Fiction, che sinceramente senza Chiara/percysword/@acciologan non sarebbe mai nata. Spero vi piaccia, vi lovvo.
  
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