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Autore: Miss Trent    13/08/2007    4 recensioni
"Mi chiamo Nina Williams, e sono una cacciatrice. Il termine esatto in realtà sarebbe "assassina a pagamento", dato che uccido persone dietro compenso, ma preferisco di gran lunga definirmi una cacciatrice..."
Nina Williams ha ricevuto un altro incarico di morte: il suo obiettivo è Sergei Dragunov, un glaciale militare russo impegnato in una missione scomoda. Sullo sfondo della neve di Mosca prima e dei monti siberiani poi, questa missione sembra non avere fine. E Dragunov sembra avere più di un lato nascosto.
__EPILOGO__
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo Impatto

Capitolo terzo – Primo Impatto


The coldest blood runs through my veins – you know my name.
(Chris Cornell - You know my name - 007 Casino Royale soundtrack)

 


Mosca, piazza della Lubjanka, ore 08.33

   Le ci vollero circa venti minuti per percorrere a piedi il chilometro che la separava dalla postazione. Nonostante fosse la prima volta che visitava quella parte di Mosca conosceva la via da percorrere grazie alle informazioni trovate sul portatile, in albergo. Per lo stesso motivo quando arrivò non ebbe problemi a riconoscere il palazzo da cui avrebbe dovuto sparare, e subito trovò il modo per raggiungere il quinto piano senza farsi notare da nessuno.
   Percorse una serie di scale pericolanti e quindi giunse su un corridoio polveroso sul quale si aprivano molte porte. In verità di porte non ne erano rimaste molte…quel posto sembrava non ospitare nessuno più da ormai molto tempo. Solo bottiglie vuote e qualche cartoccio sporco testimoniava il passaggio di qualche senzatetto che la notte si rifugiava tra le mura di quell’edificio, se possibile ancora più fredde dell’ambiente esterno. Ecco perché Nina non aveva trovato nessuno al suo arrivo.
   Senza curarsi del degrado di quel posto, continuò a camminare fino a trovarsi in una stanza priva di infissi all’unica finestra che si affacciava sulla piazza in un punto quasi trasversale all’ingresso del palazzo della Lubjanka. Una posizione perfetta dalla quale colpire.
   Nina si appoggiò su un tavolo rovinato e coperto di polvere e iniziò a montare il fucile. Le rimaneva poco tempo. In meno di due minuti si appostò alla finestra facendo bene attenzione a rimanere il più possibile fuori dalla portata visiva del traffico e dei passanti lì sotto, e attese.
   Intanto esaminava tutte le auto che rallentavano o si fermavano di fronte al palazzo. Questione di minuti e da una di quelle sarebbe sceso Sergei Dragunov. A meno che non fosse arrivato a piedi…pensava ciò con un po’ di ironia, mentre faceva bene attenzione anche a tutte le facce che erano sotto di lei. Si assomigliavano un po’ tutti: statura alta, molti con capelli chiari, quasi la totalità con occhi azzurri o verdi dal tratto caratteristico.
   Nina richiamò alla mente l’immagine della sua preda: sebbene avesse tutte le caratteristiche della sua terra d’origine, un qualcosa di indefinito lo rendeva inconfondibile a prima occhiata. Saranno state le profonde cicatrici che gli attraversavano il labbro superiore e il naso, o gli occhi sempre stretti in uno sguardo indagatore, comunque il suo volto era impossibile da non riconoscere.

   Dragunov comparve all’improvviso, scendendo da un’auto con i finestrini oscurati. Nina lo vide, e sentì l’adrenalina entrare impetuosamente in circolo. Ancora poco e un proiettile l’avrebbe colpito a morte.
   Lo puntò subito, e poté vederlo attraverso il mirino stringere la mano a due ufficiali usciti ad accoglierlo. La concentrazione aveva raggiunto il massimo. Stava per sparare, aspettando solo l’angolazione perfetta per colpire. Quando il momento arrivò, il dito si mosse da solo esercitando la pressione sul grilletto.

   Successe tutto in poche frazioni di secondo: il colpo partì senza esitazioni. Ma nell’istante il cui il proiettile veniva catapultato fuori dalla canna del fucile, un camion che trasportava materassi si poneva sulla sua traiettoria. Invece di colpire l’obiettivo, la pallottola finiva conficcata nell’imbottitura di lana. Nina si rese conto di ciò che era successo quando vide l’ostacolo attraverso il mirino. D’istinto abbassò il fucile e guardò meglio: ora che il camion era passato, vide Dragunov entrare nel palazzo e la porta che si chiudeva alle sue spalle.
   Aveva appena perso quell’opportunità.
   Incredula, si accasciò sul pavimento sporco stringendo ancora la sua arma. Com’era potuta succedere una cosa simile? Sembrava quasi una beffa del destino... Rimase qualche istante a pensare sul da farsi: l’unica cosa che era in suo potere in quel momento era aspettare. Prima o poi sarebbe dovuto uscire di lì, no?
   Trovò una posizione dalla quale poteva stare comoda a guardare la piazza senza essere vista, e attese. Passarono ore piatte e prive di avvenimenti degni di nota, finché il sole non iniziò a tingere di rosso la candida neve sui tetti di Mosca.
   Nina aveva più volte provato a mettersi in contatto con il quartier generale dei servizi segreti giapponesi, ma il palmare aveva il quel momento deciso, per qualche oscuro motivo, di darle picche. Dopo quasi otto ore di inutile attesa guardò ancora una volta in direzione dell’entrata del palazzo. Solo due uomini vestiti in borghese chiacchieravano fumando una sigaretta. Nessuna traccia del suo obiettivo.
   Trattenendosi dal distruggere per la rabbia tutto ciò che le capitava fra le mani, iniziò a smontare il fucile e prepararsi per il rientro in hotel.
   Fallito. Aveva fallito. Ancora non riusciva a credere a quanto era appena successo. Tutto per uno stupido ostacolo passato al momento sbagliato.
   Quando uscì da quella stanza faticò un po’ per ritrovare l’uscita, dato che la luce iniziava a scarseggiare. Non appena fu in strada, guardò la finestra al quinto piano: un misto di rabbia e frustrazione si impadronì di lei, incamminandosi per la via del ritorno.
   Mosca intanto accendeva le sue luci. Sul tragitto, Nina si guardava intorno, mescolandosi agli ignari passanti, e tentava di non pensare allo smacco appena subito. Aveva perso molti dei soldi inizialmente pattuiti, ma non le interessava più di tanto. Le bruciava di più il fatto di aver mancato la preda.

   Quando entrò nella hall dell’albergo questi pensieri si dissolsero per un attimo, scacciati dal forte profumo di rose rosse e bianche che facevano bella mostra di sé nei grandi vasi lì vicino.
   Ad ogni modo, proprio quei pensieri avevano lasciato il seme di un’ossessione, forse destinata lentamente a crescere…
 

                 ___________________________

Questo capitolo è un po' più corto rispetto agli altri, ma penso di rifarmi in futuro^^

Grazie a Silver Princess, Annasukasuperfan, Softman993 e la mia ammora Valy (la frase in russo è stata tradotta dopo lunghi tentativi su Google Traduttore...se ci sono errori, è perchè purtroppo non è del tutto affidabile...comunque ho fatto del mio meglio e ho usato tutti i trucchi a disposizione per una traduzione più corretta possibile^^) per le loro fantastiche recensioni!

Al prossimo capitolo :-*

 

Miss Trent

 

  
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