Capitolo
1
Lo odio. Odio
starmene ore e ore seduta sul sedile della
macchina e poi fare tre ore di fila per salire su una fottutissima nave
e poi
tornare ore e ore in macchina.
Certo, niente di
tutto questo è paragonabile alla bellezza
della vacanza. Ore e ore sdraiate sui lettini sotto il sole cocente, a
guardare
i bei ragazzi passarti davanti, a nuotare nel mare limpido della
Croazia.
Odio il viaggio
che bisogna fare per farsi solo quindici
benedettissimi giorni di relax. Ma mi mancava troppo la mia piccola
isoletta
per rinunciare a tornarci per la quinta volta anche
quest’anno. Abbiamo degli
amici lì, e ci avrebbe fatto compagnia la famiglia di mia
zia.. Beh, non che
questo rientrasse perfettamente nei miei piani ovvio. Ma mia zia era
una
persona a posto, un po’ meno suo figlio. Un rompiscatole di
prima categoria che
doveva avere sempre l’ultima a meno che io non gli rifilassi
una minaccia di
una delle mie, ma alla fine gli volevo bene (?). Poi c’era
mio zio, sempre in
cerca di abbracci proprio da Me, quella che “non rompermi i
coglioni, please e
lasciami prendere il sole in pace”. Infine, c’era
mia cugina, la più
sopportabile di tutta la combriccola e diciamo che eravamo molto
legate. Si può
quasi dire che fosse la mia cugina preferita.. Ma lei non sa che gli
dico così
perché non ci sono altre cugine in giro...
Chiusi gli occhi
per un nanosecondo mentre oltrepassavamo il
cartello “Benvenuto
in Abruzzo comune di
#cazzatevarie”.
“Non
starai mica dormendo sorellona!” mi gridò
nell’orecchio
mia sorella. Alzai gli occhi stringendo i pugni e mi voltai verso di
lei con
tono duro “No, risposo gli occhi razza di idiota con due
gambe” le sbraitai
indicando l’orario dell’orologio della macchina.
“04:12”
“Sai
che questa frase non ha senso, vero?” disse in difesa,
cauta.
“Non
ribattermi di prima mattina, Arianna. Finirei per
buttarti fuori dalla macchina con indosso solo un paio di pinne e un
boccaglio”
dissi acida rimettendo le cuffiette all’orecchio per tenermi
sveglia. La vidi
alzare le mani in segno di difesa e borbottare qualcosa per poi tacere.
Avevamo
un’oretta buona per arrivare ad Ancona e prendere la
nave delle 05:30, ovvero un’oretta buona per sentirmi a palla
beatamente gli
One Direction. Un’oretta buona per prepararmi
psicologicamente alla presenza di
mio cugino, e per prepararmi al puntualissimo mal di mare. Sbuffai
voltando la
testa verso il finestrino.
Un’ora
dopo
Stavo
tranquillamente leggendo il libro di narrativa che la
mia orrida professoressa di lettere mi aveva assegnato per le vacanze
quando la
nave iniziò a compiere bruschi movimenti. Sbuffai, e chiusi
il libro di scatto.
Mio zio si avvicinò sussurrandomi “Si parte!
Eccitata?” chiese stringendomi in
un caloroso abbraccio. “Zio, controllati. –
commentai distaccata- sono cinque
volte che salgo su questa nave.. – dissi scocciata e
alzandomi di scatto
staccandolo da me- e basta con questi momenti affettuosi,
diamine!” .
Guardai per un
attimo la sua espressione attonita e risi a
trentadue denti, mise il broncio. “Okay, ti do al massimo 12
secondi ma poi
devi staccarti da me e non chiedermi un
abbraccio per tutto il giorno!”
Mi si
accoccolò e un po’ in imbarazzo battei la mano
sulla
sua schiena con fare materno. Dopo poco corrugai la fronte e dissi
“4-3-2-1...
Basta!” mi alzai di scatto e mi misi il giacchetto di pelle
per uscire fuori
all’aria aperta e far perdere le mie tracce a quello scemo di
mio zio, non feci
in tempo ad infilare la seconda manica che mio padre mi
fermò di botto con la
sua macchina fotografica al collo.
“Sara,
devi farmi un favore!” sbuffai, mentre la nave
salutava il porto italiano con un suono strambo. Inarcai un
sopracciglio
guardando il soffitto e moderai la voce, possibile che non avessi un
attimo di
pace? “Dimmi...”
“Devi
camminare.”
“Oh
beh, si. Grazie del consiglio!” commentai acida.
“Dai,
ascoltami! Devi camminare – gli lanciai
un’occhiataccia
sarcastica – senza mai fermarti, non importa su quante
persone andrai a
sbattere contro, cammina dritta per dritta senza fermarti mai,
okay?”
“Se
investirò qualche ragazzino, avrai un brutto peso sulla
coscienza sai papy?” dissi apostrofandolo.
“Ma
zitta!- si allontanò borbottando- ma che razza di figlia mia
è uscita fuori?!”
Lo vidi sparire
e mi guardai intorno, spaesata. Decisi di
starmene zitta e di iniziare a camminare. La gente nel corridoio mi
schivava e
quella seduta mi squadrava come pensando fossi cieca. Stavo continuando
ad
avanzare impettita quando vidi qualcuno venirmi incontro. Non
è che mi veniva
proprio incontro, camminava anche lui, impettito, e non dava segno di
scostarsi
dalla linea che stava percorrendo con i piedi. La mia stessa. Lo
guardia
incuriosita, incoraggiandolo a continuare a camminare e venirmi
addosso. Lui,
sempre più vicino, ghignò divertito senza
deviare. Oramai era una QUESTIONE
PERSONALE, pensai. Alzai lo sguardo e allungai il passo per coordinarlo
alle
sue lunghe falcate a confronto delle mie gambe piccole. Si
stupì per un attimo,
quel ragazzo, ma sorrise ancora di più e avanzò
di un passo. Quello che bastò,
senza neanche accorgermene, per farci sbattere uno contro
l’altro. Alzai lo
sguardo, infastidita. Dico diamine! Gioco e gioco, ma alla fine cazzo
ci fai lì
in mezzo spostati, deficiente!! Ma non lo dissi ad alta voce, per
fortuna,
perché lo avrei urlato considerando la mia tolleranza.
I miei occhi si
fusero per un nanosecondo con i miei
mescolando il suo blu elettrico, il suo blu del colore del mare, con il
mio
castano scuro, il mio banalissimo castano scuro. Un brivido mi
raggiunse la
schiena e distolsi lo sguardo, imbarazzata. C’era qualcosa in
quegli occhi, in
quelle pozze d’acqua infinite,
qualcosa
di già visto..
Posai le mani
sul suo petto e mi allontanai da lui nello
stesso tempo in cui mio padre fece la sua entrata battendo il cinque ad
un altro
uomo sulla quarantina che non avevo mai conosciuto.
“ahahhaha,
sei stato grande!”
disse lo sconosciuto, a mio padre. Mentre lui si limitava
a far scorrere
il dito per mostrare le sue ultime foto fatte con la Nikon nuova di
zecca. Lo
sconosciuto mi porse la mano “Piacere, Marco. Tu sei
?”
“Scusa-
dissi falsamente dispiaciuta – ma i miei genitori mi
hanno insegnato a non parlare con gli sconosciuti.. Vero
papà?” chiesi cercando
supporto ma lui si esibì in una grande risata.
“Ma
non è uno sconosciuto! E’ un fotografo anche lui,
piccola! Come me”
Inarcai un
sopracciglio infastidita “ e si può sapere cosa
volevate concludere voi due mandandomi a sbattere contro una
cinquantina di
persone solo per poi farmi scontrare con questo ragazzo!?- dissi
indicandolo,
mi ricordai di lui e mi voltai- ah, mi scuso da parte loro, ma mio
padre è
mentalmente disturbato” dissi
squadrandolo.
“Ehm..-
sussurrò il ragazzo dagli occhi del colore del mare-
veramente lui, Marco, è mio padre” disse ridendo
sfoggiando un sorriso degno di
portare la S maiuscola. “E si.. Non solo tu hai un padre
mentalmente
disturbato.”
Okaaaay, la sua
voce mi aveva un po’ sciolto, ma mi ricomposi
e guardai saccente mio padre in cerca di spiegazioni.
I papà si misero simultaneamente le
macchinette fotografiche al collo e il cosiddetto
Marco-sono-il-papà-di-quello-bello spiegò
“Oh, ho soltanto un amico a cui
serviva una foto entro oggi e non avevo ancora trovato niente inerente
a
qualcosa di giovanile, quindi ho incontrato tuo padre e ci siamo messi
d’accordo per creare una mezza specie di colpo di fulmine. E
diciamo che la
foto dei due innamorati che si scontrano non è venuta
affatto male!” incrociai
le braccia al petto, squadrandoli “gli innamorati che si
vanno a sbattere
contro ?! Sul serio, potevate cercare qualcosa di un po’
più deficiente ?”
“ahhahah!
Dai non fare l’acidona.” Disse mio padre.
“Papà,
senti, ti ricordi no, dobbiamo andare a vedere la
puntata che ci siamo persi ieri sera di Dragon Ball!” si
ricordò il ragazzo
battendosi una mano sulla tempia e facendo balzare il ciuffetto moro
più lungo
del normale su e giù sulla propria testa.
“Bene,
io me ne vado” commentai.
Mi misi
finalmente bene il giacchetto e salutai con un cenno
impercettibile della mano quagli altri due che mio padre si era portato
appresso. Bene, così
non ne bastava uno
disturbato mentalmente, eravamo a tre. Ma c’era da ammettere
che per quanto
quel ragazzo dovesse essere fissato con Dragon Ball, con quegli
occhioni potevo
anche passarci sopra.
TADDATARATAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
<3
Allora,
via con le presentazioni. Questa storia
è un modo per dimenticare tutto quello che è
successo, perché tutto quello che
scriverò qui mi è successo veramente, ma non
voglio anticiparvi niente... Spero
solo id esservi piaciuta e magari di avervi strappato anche qualche
sorriso :D
!
Ringrazio
in anticipo, anche se lo farò anche
nel prossimo capitolo che posterò e negli altro (se ci
sarà qualcuno che lo
farà) chi la inserirà nelle seguite, preferite e
eccetera :3 e chi la
recensirà! <3
-Levi