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Autore: cardi    23/01/2013    4 recensioni
Dal Capitolo 2: "Stavo per svoltare l’angolo quando qualcuno mi si pose davanti, qualcuno che conoscevo già. Il ragazzo posò il braccio sul muro accanto a me e mi tagliò la strada “Chi è ?” disse, curioso indicando Manuel.
Sbuffai “Mio figlio” inventando. “Fortunato il papà allora!” disse e pizzicò la guancia di Manuel con le due dita. Beh.. devo ammettere che la posizione in cui si era messo non aiutava a oppormi ma passai sotto il suo braccio e svoltai l’angolo sistemandomi una ciocca dei ricci biondi che era volata via dalla coda. "
Dal Terzo Capitolo: "Aprii la porta e mi stampò un bacio secco sulla guancia “Sogni d’oro!” con un passo il biondino-moro scomparse nella sua cabina e io rimasi lì, impalata sentendo ancora le sue labbra sulla mia guancia. "
ISPIRATA AD UNA STORIA VERA
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1

Lo odio. Odio starmene ore e ore seduta sul sedile della macchina e poi fare tre ore di fila per salire su una fottutissima nave e poi tornare ore e ore in macchina.

Certo, niente di tutto questo è paragonabile alla bellezza della vacanza. Ore e ore sdraiate sui lettini sotto il sole cocente, a guardare i bei ragazzi passarti davanti, a nuotare nel mare limpido della Croazia.

Odio il viaggio che bisogna fare per farsi solo quindici benedettissimi giorni di relax. Ma mi mancava troppo la mia piccola isoletta per rinunciare a tornarci per la quinta volta anche quest’anno. Abbiamo degli amici lì, e ci avrebbe fatto compagnia la famiglia di mia zia.. Beh, non che questo rientrasse perfettamente nei miei piani ovvio. Ma mia zia era una persona a posto, un po’ meno suo figlio. Un rompiscatole di prima categoria che doveva avere sempre l’ultima a meno che io non gli rifilassi una minaccia di una delle mie, ma alla fine gli volevo bene (?). Poi c’era mio zio, sempre in cerca di abbracci proprio da Me, quella che “non rompermi i coglioni, please e lasciami prendere il sole in pace”. Infine, c’era mia cugina, la più sopportabile di tutta la combriccola e diciamo che eravamo molto legate. Si può quasi dire che fosse la mia cugina preferita.. Ma lei non sa che gli dico così perché non ci sono altre cugine in giro...

Chiusi gli occhi per un nanosecondo mentre oltrepassavamo il cartello  “Benvenuto in Abruzzo comune di #cazzatevarie”.

“Non starai mica dormendo sorellona!” mi gridò nell’orecchio mia sorella. Alzai gli occhi stringendo i pugni e mi voltai verso di lei con tono duro “No, risposo gli occhi razza di idiota con due gambe” le sbraitai indicando l’orario dell’orologio della macchina. “04:12”

“Sai che questa frase non ha senso, vero?” disse in difesa, cauta.

“Non ribattermi di prima mattina, Arianna. Finirei per buttarti fuori dalla macchina con indosso solo un paio di pinne e un boccaglio” dissi acida rimettendo le cuffiette all’orecchio per tenermi sveglia. La vidi alzare le mani in segno di difesa e borbottare qualcosa per poi tacere.

Avevamo un’oretta buona per arrivare ad Ancona e prendere la nave delle 05:30, ovvero un’oretta buona per sentirmi a palla beatamente gli One Direction. Un’oretta buona per prepararmi psicologicamente alla presenza di mio cugino, e per prepararmi al puntualissimo mal di mare. Sbuffai voltando la testa verso il finestrino.

                                                        Un’ora dopo

Stavo tranquillamente leggendo il libro di narrativa che la mia orrida professoressa di lettere mi aveva assegnato per le vacanze quando la nave iniziò a compiere bruschi movimenti. Sbuffai, e chiusi il libro di scatto. Mio zio si avvicinò sussurrandomi “Si parte! Eccitata?” chiese stringendomi in un caloroso abbraccio. “Zio, controllati. – commentai distaccata- sono cinque volte che salgo su questa nave.. – dissi scocciata e alzandomi di scatto staccandolo da me- e basta con questi momenti affettuosi, diamine!” .

Guardai per un attimo la sua espressione attonita e risi a trentadue denti, mise il broncio. “Okay, ti do al massimo 12 secondi ma poi devi staccarti da me e non chiedermi un  abbraccio per tutto il giorno!”

Mi si accoccolò e un po’ in imbarazzo battei la mano sulla sua schiena con fare materno. Dopo poco corrugai la fronte e dissi “4-3-2-1... Basta!” mi alzai di scatto e mi misi il giacchetto di pelle per uscire fuori all’aria aperta e far perdere le mie tracce a quello scemo di mio zio, non feci in tempo ad infilare la seconda manica che mio padre mi fermò di botto con la sua macchina fotografica al collo.

“Sara, devi farmi un favore!” sbuffai, mentre la nave salutava il porto italiano con un suono strambo. Inarcai un sopracciglio guardando il soffitto e moderai la voce, possibile che non avessi un attimo di pace? “Dimmi...”

“Devi camminare.”

“Oh beh, si. Grazie del consiglio!” commentai acida.

“Dai, ascoltami! Devi camminare – gli lanciai un’occhiataccia sarcastica – senza mai fermarti, non importa su quante persone andrai a sbattere contro, cammina dritta per dritta senza fermarti mai, okay?”

“Se investirò qualche ragazzino, avrai un brutto peso sulla coscienza sai papy?” dissi apostrofandolo.

“Ma zitta!- si allontanò borbottando- ma che razza di figlia mia è uscita fuori?!”

Lo vidi sparire e mi guardai intorno, spaesata. Decisi di starmene zitta e di iniziare a camminare. La gente nel corridoio mi schivava e quella seduta mi squadrava come pensando fossi cieca. Stavo continuando ad avanzare impettita quando vidi qualcuno venirmi incontro. Non è che mi veniva proprio incontro, camminava anche lui, impettito, e non dava segno di scostarsi dalla linea che stava percorrendo con i piedi. La mia stessa. Lo guardia incuriosita, incoraggiandolo a continuare a camminare e venirmi addosso. Lui, sempre più vicino, ghignò divertito senza deviare. Oramai era una QUESTIONE PERSONALE, pensai. Alzai lo sguardo e allungai il passo per coordinarlo alle sue lunghe falcate a confronto delle mie gambe piccole. Si stupì per un attimo, quel ragazzo, ma sorrise ancora di più e avanzò di un passo. Quello che bastò, senza neanche accorgermene, per farci sbattere uno contro l’altro. Alzai lo sguardo, infastidita. Dico diamine! Gioco e gioco, ma alla fine cazzo ci fai lì in mezzo spostati, deficiente!! Ma non lo dissi ad alta voce, per fortuna, perché lo avrei urlato considerando la mia tolleranza.

I miei occhi si fusero per un nanosecondo con i miei mescolando il suo blu elettrico, il suo blu del colore del mare, con il mio castano scuro, il mio banalissimo castano scuro. Un brivido mi raggiunse la schiena e distolsi lo sguardo, imbarazzata. C’era qualcosa in quegli occhi, in quelle pozze d’acqua infinite,  qualcosa di già visto..

Posai le mani sul suo petto e mi allontanai da lui nello stesso tempo in cui mio padre fece la sua entrata battendo il cinque ad un altro uomo sulla quarantina che non avevo mai conosciuto.

“ahahhaha, sei stato grande!”  disse lo sconosciuto, a mio padre. Mentre lui si limitava a far scorrere il dito per mostrare le sue ultime foto fatte con la Nikon nuova di zecca. Lo sconosciuto mi porse la mano “Piacere, Marco. Tu sei ?”

“Scusa- dissi falsamente dispiaciuta – ma i miei genitori mi hanno insegnato a non parlare con gli sconosciuti.. Vero papà?” chiesi cercando supporto ma lui si esibì in una grande risata.

“Ma non è uno sconosciuto! E’ un fotografo anche lui, piccola! Come me”

Inarcai un sopracciglio infastidita “ e si può sapere cosa volevate concludere voi due mandandomi a sbattere contro una cinquantina di persone solo per poi farmi scontrare con questo ragazzo!?- dissi indicandolo, mi ricordai di lui e mi voltai- ah, mi scuso da parte loro, ma mio padre è mentalmente disturbato” dissi  squadrandolo.

“Ehm..- sussurrò il ragazzo dagli occhi del colore del mare- veramente lui, Marco, è mio padre” disse ridendo sfoggiando un sorriso degno di portare la S maiuscola. “E si.. Non solo tu hai un padre mentalmente disturbato.”

Okaaaay, la sua voce mi aveva un po’ sciolto, ma mi ricomposi e guardai saccente mio padre in cerca di spiegazioni.  I papà si misero simultaneamente le macchinette fotografiche al collo e il cosiddetto Marco-sono-il-papà-di-quello-bello spiegò “Oh, ho soltanto un amico a cui serviva una foto entro oggi e non avevo ancora trovato niente inerente a qualcosa di giovanile, quindi ho incontrato tuo padre e ci siamo messi d’accordo per creare una mezza specie di colpo di fulmine. E diciamo che la foto dei due innamorati che si scontrano non è venuta affatto male!” incrociai le braccia al petto, squadrandoli “gli innamorati che si vanno a sbattere contro ?! Sul serio, potevate cercare qualcosa di un po’ più deficiente ?”

“ahhahah! Dai non fare l’acidona.” Disse mio padre.

“Papà, senti, ti ricordi no, dobbiamo andare a vedere la puntata che ci siamo persi ieri sera di Dragon Ball!” si ricordò il ragazzo battendosi una mano sulla tempia e facendo balzare il ciuffetto moro più lungo del normale su e giù sulla propria testa.

“Bene, io me ne vado” commentai.

Mi misi finalmente bene il giacchetto e salutai con un cenno impercettibile della mano quagli altri due che mio padre si era portato appresso. Bene,  così non ne bastava uno disturbato mentalmente, eravamo a tre. Ma c’era da ammettere che per quanto quel ragazzo dovesse essere fissato con Dragon Ball, con quegli occhioni potevo anche passarci sopra.

 

 

 

TADDATARATAAAAAAAAAAAAAAAAAAA <3

Allora, via con le presentazioni. Questa storia è un modo per dimenticare tutto quello che è successo, perché tutto quello che scriverò qui mi è successo veramente, ma non voglio anticiparvi niente... Spero solo id esservi piaciuta e magari di avervi strappato anche qualche sorriso :D !

Ringrazio in anticipo, anche se lo farò anche nel prossimo capitolo che posterò e negli altro (se ci sarà qualcuno che lo farà) chi la inserirà nelle seguite, preferite e eccetera :3 e chi la recensirà! <3

 

-Levi

  
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