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Autore: GhostFace    24/01/2013    3 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Va a finire sempre così: uno aspetta con trepidazione la svolta della sua vita; le settimane e i mesi scorrono ininterrotti, senza che cambi mai nulla, senza che la benedetta svolta arrivi mai. Poi, il giorno in cui si sente tranquillo, succede quello che non ci si aspetta: la svolta arriva, ovviamente inattesa; tuttavia, lungi dall'essere la benedizione che si auspicava, si rivela essere la soglia del dramma o della tragedia, a seconda dei casi.
Quel giorno fu l'inizio della tragedia, in primis per Gohan, e a seguire anche per tutti coloro la cui vita ruotava attorno a Goku. Del resto, Goku si ritrovò ad essere il fulcro involontario degli eventi di quel giorno: involontario, perché tutto si può dire di Goku, ma non che desiderasse una svolta nella propria vita. In quei giorni, Goku si sentiva sereno e felice, e non aveva rimpianti di sorta.
Quel giorno, dunque, i due Son erano andati a pesca in una certa zona, non troppo vicino alla loro abitazione, una volta tanto per procurarsi la cena e non per il “lavoro” di Goku. Li pescarono, come sempre, a mani nude, sfrecciando in apnea sotto le dolci acque di un ampio bacino. Erano ormai di ritorno a casa, e la battuta di pesca era stata fruttuosa; camminavano tranquillamente per i sentieri circondati dagli alberi del bosco.
«Caldo oggi, eh?» commentò Goku sorridendo al figlio, impossibilitato ad asciugarsi il sudore della fronte per via dei due giganteschi pesci che aveva pescato e che gli impegnavano le mani. Poi il padre, il cui viso si illuminò di un sorriso, propose al figlio: «Idea! Facciamo a gara a chi arriva prima a casa? Così  prendiamo un po' d'aria fresca!»
«OK! Forza, papà!» acconsentì il ragazzino. Si levarono in volo, Goku portando un pesce per mano e Gohan tenendo il suo enorme pesce sulla spalla destra. Sfrecciavano a tutta velocità nel cielo, con il vento che  scompigliava i loro capelli, quando Gohan si accorse che suo padre rallentava e perdeva bruscamente quota.
«Papà! Che stai combinando?!» urlò il ragazzino divertito, per farsi sentire dal genitore, pensando che stesse facendo il giocherellone come suo solito. «Guarda che ti supero, se ti metti a fare acrobazie!» scherzò. Vedendo che il padre scendeva e si infilava fra le chiome degli alberi, Gohan decise di seguirne l'esempio. Fu colto di sorpresa dal Super Saiyan che, con un «Cucù!» gli fece una sonora linguaccia.
«E io che ti vengo dietro!» si lagnò scherzosamente il bambino.
«Dai... datti una mossa, lumacone!» lo derise Goku riprendendo quota.
«Certo!» Erano nuovamente in aria da una manciata di secondi, quando Goku accelerò. All'incremento della sua velocità corrispose però un’altra brusca caduta verso il basso. Gohan, dubbioso, seguì il papà che nel frattempo si stava sforzando di ritornare in alto, stavolta più lentamente. La combinazione di sudore e movimenti dava l'impressione che il Saiyan stesse facendo una certa fatica, il che era strano: quel genere di azioni e movimenti sarebbero dovuti essere di una banalità sconcertante per un combattente di quel livello.
«Papà, ma... ti senti bene?»
«Tranquillo... non è n-niente...» disse Goku con tono incerto ed esitante. «Mi sento... un po' stanco, solo que... sto...» aggiunse, iniziando ad ansimare... degli ansimi che salivano dal profondo dei polmoni.
«Rallentiamo, dai! L'importante è arrivare a casa! Non possiamo metterci a pisolare per strada, altrimenti faremo tardi e la mamma si arrabbierà... a casa ti riposerai...»
Mentre galleggiavano in aria più lentamente, Gohan si accorse che suo padre stentava davvero molto a rimanere a mezz'aria. «Vuoi camminare un po', papà? Non devi affaticarti più del dovuto... Dammi i pesci, ci penso io!» propose il piccolo con atteggiamento serio.
«N-no... non ce la f...» iniziò a rispondere Goku con un gran fiatone, ma non poté proseguire perché gli si appannò la vista e fece una smorfia di dolore. Perse conoscenza, lasciò cadere i pesci e precipitò rovinosamente verso il suolo, spezzando rami e trascinandosi dietro le foglie dei frondosi alberi del bosco.
«Papà!» gridò Gohan, lanciandosi all'inseguimento del corpo del genitore.
Nel frattempo, in un'altra zona del mondo, Piccolo sussultò.  «Gohan!» Il namecciano ebbe un cattivo presagio, forse per un’istantanea percezione delle aure, forse per le sue doti innate di telepatia da namecciano... o forse, per via dell’intenso legame instauratosi da tempo con il figlio di Goku. Allarmato, si involò alla ricerca dell'allievo.
Il piccolo mezzo Saiyan mise il padre a sedere appoggiandolo semiseduto ad un tronco d'albero; trovò una certa difficoltà, perché la mollezza del suo corpo gli impediva di tenerlo in una corretta e stabile postura; il genitore non smetteva di fiatare e gemere, lanciando ogni tanto qualche gemito più forte. Versò l'acqua della borraccia che aveva con sé sulla testa del genitore, per farlo rinvenire: Goku si riebbe, ma cominciò ad agitarsi con maggior foga. Gohan, incerto e disorientato, iniziò a piagnucolare coi lacrimoni agli occhi: «Papà, svegliati! Stai tranquillo, riposati, ti prego!» Pur nel rammarico che lo affliggeva, notò che il genitore doveva provare un forte dolore al cuore, visto che non la smetteva di stringersi il muscolo pettorale sotto la maglia della tuta, proprio all'altezza del cuore.
Nel giro di una lunga serie di minuti, in preda ad una crescente alterazione, Piccolo stava già sorvolando il bosco dove padre e figlio si trovavano. Aguzzò i sensi e le percezioni e riuscì a trovarli senza troppo girovagare: «Gohan! Che sta succedendo??»
«Non lo so! Papà ha cominciato a stare male circa un quarto d'ora fa, o forse un po' di più! Diceva di essere stanco, ma adesso guarda in che condizioni è! Non è semplice stanchezza, la sua!» esclamò con voce disperata.
«Sbrighiamoci, non c'è tempo da perdere! Io lo porterò a casa, tu sai dove trovare un medico??»
«Sì! C’è un dottore nel villaggio vicino casa nostra! Lo porterò a casa io stesso, così non perderemo altro tempo!»
Piccolo si caricò Goku sulla spalla destra e, senza indugiare, l'allievo e il maestro si misero in viaggio. Percorsero un breve tratto di traiettoria aerea insieme, poi – ad un certo punto - si separarono e presero strade diverse.
Pochi minuti dopo, Piccolo atterrò davanti alla casa dove Goku  abitava con la sua famiglia, reggendo il suo ex rivale tra le braccia. Si avvicinò alla porta e iniziò a chiamare Chichi a gran voce. Chichi, sentendosi chiamata, accorse subito: fu grande lo stupore quando vide l'alieno verde che le portava il marito così sofferente e privo di coscienza.
«Mostro! Che cosa fai qui??» cominciò a gridare, isterica più che mai; mossa dai suoi pregiudizi contro il demone namecciano, lo assalì con una valanga di accuse: «Che hai fatto a Goku? Dov'è Gohan?? Che gli hai fatto?? Dimmi la verità, non ti azzardare a raccontarmi menzogne! Avete combattuto e hai usato qualche tecnica infame delle tue, giusto??»
Piccolo le rispose a tono, sbraitando seccato anche lui: «Stai zitta, stupida! Se avessi un po' di cervello, capiresti che tuo marito sta molto male! Basta guardarlo! E Gohan è andato a chiamare un medico!»
Chichi, ammutolita, prima guardò il volto pallido del suo sposo, poi fissò il namecciano con cipiglio accigliato di disapprovazione, infine gli disse: «Muoviamoci... stendiamolo a letto.» Goku, anche da disteso, non smetteva di agitarsi e fremere disperatamente; Piccolo gli strappò la canottiera, per permettergli di respirare meglio.
Dopo la sfuriata a scapito di Piccolo, Chichi cominciò a deprimersi e ad immalinconirsi mentre asciugava e detergeva il sudore corporeo del suo marito; senza che se ne rendesse conto, le lacrime le rigarono il volto. No, così non andava bene: doveva darsi una mossa. Appoggiò l'orecchio sul petto muscoloso del marito, in un gesto di premura e di attento esame insieme: il cuore batteva in maniera dannatamente irregolare. Doveva esserci di mezzo un problema cardiaco, non ci voleva un genio a capirlo. Si risolse a telefonare Bulma: anche se non si erano frequentate molto negli anni, Bulma e le vicende in cui era stata coinvolta le avevano sempre trasmesso l'impressione di una donna affidabile, risoluta, che sapeva giostrarsi in tutte le situazioni, anche quelle senza via d’uscita; una tipa con una marcia in più, insomma. Il genere di sostegno che le occorreva in quel momento. «Oddio mio! Povero Goku! Lascia fare a me, Chichi... mi metto subito in movimento! Ti terrò informata! Fidati!»
Poco dopo, Gohan era già di ritorno a casa. Fece scendere il medico dal dorso: infatti lo aveva portato fin lì in volo.
«Mamma, ho portato il dottore del paese! Quello che ci fa i vaccini!» Il dottore era un caprone antropomorfo che, in altre circostanze, avrebbe avuto un'espressione bonaria; indossava un paio di occhialetti, il lungo camice bianco e lo stetoscopio al collo. Entrato in casa, già messo sull’avviso dal racconto del ragazzino, iniziò subito a visitare il Saiyan.
 
In quel momento, alla Capsule Corporation, Bulma si stava mettendo immediatamente in contatto videotelefonico con il Dr. Hatataku, cardiologo di chiara fama internazionale, fondatore di una nota clinica nella Città dell'Ovest: un alto luminare celebre e stimatissimo nel mondo scientifico, probabilmente l'equivalente medico del Dr. Brief, di cui era caro amico. Date le difficoltà (il paziente ed il medico abitavano in due regioni del mondo diverse, quindi Goku non poteva essere subito ricoverato), Bulma si offerse di accompagnare il medico sul posto: una visita a domicilio era la soluzione più celere e meno scomoda per l’ammalato. Dopo aver invitato il medico a farsi trovare pronto a partire insieme ad un'infermiera, chiuse la comunicazione e fece un rapido resoconto della situazione a Yamcha, Pual e Olong e diede loro le istruzioni, da brava organizzatrice.
«Yamcha, sai dove abitano Tenshinhan e Jiaozi?»
«Sì, più o meno sì.»
«Bene! Non abbiamo il loro numero, quindi dovrai andare a cercarli! Prendi dalle mie capsule il jet medio! Parti subito! Io vado a prendere il Dr. Hatataku. Poi, mentre siete in viaggio, ricordatevi di chiamare Crilin e Muten... dobbiamo dare a Goku tutto l'aiuto possibile, e anche di più!!» si raccomandò.
«Va bene, cara, non preoccuparti! Ci vediamo direttamente a casa di Goku.»
Bulma si fiondò fuori di casa, aprì l'astuccio porta-capsule e scelse il velivolo che più le faceva comodo. Casualmente, notò nel grande spiazzale nel giardino esterno la navicella di Vegeta, dove egli in quel momento si stava allenando come di consueto. Strinse nella mano la capsula e, in tutta fretta, decise di avvisarlo. Anche lui aveva il diritto di essere informato di ciò che stava accadendo a quello che lui chiamava Kakaroth, no? La ragazza bussò al portellone della navicella, attese alcuni secondi e Vegeta aprì; Bulma gli spiegò la situazione.
«Balle! Non può essere una cosa grave... un vero Saiyan non può morire di malattia!»
«Pensala come vuoi» rispose la ragazza con tono frettoloso. «Io sto andando lì e, se cambierai idea, penso tu sappia come trovarci. Tanti saluti!» concluse, girando i tacchi e andandosene bruscamente. Sembrava che quel Saiyan si divertisse di proposito a farla irritare ogni volta. In realtà, in quel caso Vegeta non aveva inteso davvero provocarla: Vegeta era davvero convinto che quelle preoccupazioni fossero tutte scemenze, e non voleva lasciarsi sopraffare dall'ombra di inquietudine che tali rivelazioni gli avevano lasciato. Per queste ragioni, decise di mantenersi indifferente e tornare agli allenamenti.
 
La faccia perplessa e rammaricata del medico caprone mostrava come la situazione fosse per lui incomprensibile: quei sintomi non gli permettevano di individuare la malattia. L'unica misura che riuscì ad adottare fu un'iniezione di antidolorifico per sedare l’ammalato come era necessario, mentre era restio a somministrare altri medicinali, in assenza di esami ed analisi, per paura di controindicazioni a lui ignote. Se non altro, l'ammalato aveva smesso di agitarsi e i suoi muscoli erano più distesi e rilassati. Fortunatamente, nel giro di pochi minuti, Bulma si fece di nuovo sentire da Chichi, avvertendola dell'arrivo imminente del cardiologo.
Il medico caprone rimase in casa fino all'arrivo del collega cardiologo, per sorvegliare il paziente: adesso Goku era pallido, il suo respiro pesante e la sua espressione sofferente ma, se non altro, non si agitava più.
Al suo arrivo, Hatataku iniziò una visita completa ed accurata, sotto gli occhi di Gohan, Chichi e lo stregone del Toro, Bulma e Piccolo, nonché del medico caprone. «Questi sintomi non mi convincono per niente. Da un lato potrebbero essere ricondotti a varie patologie che sicuramente hanno colpito il cuore, dall'altro non c'è una patologia specifica che rientri in questi parametri. Sarebbe opportuno un esame del sangue, per cominciare.» Effettuò dunque il prelievo di alcuni campioni di sangue. «C'è un solo modo per accelerare le diagnosi. Andrò da un collega di mia conoscenza che ha un laboratorio di analisi in una città qui vicino e gli chiederò di analizzare questi campioni di sangue; nel frattempo controllerò le banche dati informatiche in cerca di dati e informazioni... non è possibile che proprio io non ne sappia niente! Vi giuro che, nonostante la mia esperienza in materia, non ci sto capendo nulla.» dichiarò il medico con accento visibilmente preoccupato. A quel punto, il medico estrasse da una capsula un jet biposto e partì con la sua infermiera. Anche il caprone, rendendosi conto che la sua presenza era inutile al momento, disse che sarebbe tornato all'ambulatorio in paese per espletare il suo lavoro ordinario; lasciò il numero telefonico d'emergenza, promettendo che, se fosse stato necessario, sarebbe tornato subito per sedare di nuovo il paziente: ormai ritrovare l’indirizzo gli sarebbe riuscito agevole.
Poco dopo, iniziarono ad arrivare gli amici di Goku. I primi a farsi vivi furono Muten, Crilin e la tartaruga, che aveva insistito tanto per essere presente; il volto di Crilin si deformò in una grottesca espressione di commozione infinita. Sicuramente era lui il più emotivo tra gli amici stretti di Goku. Dopo un po', arrivò anche il gruppetto di Yamcha. Tutti vollero dare un'occhiata per capacitarsi delle condizioni di salute dell'amico ammalato, ma si resero ben presto conto che tutto quell'affollamento era controproducente: la stanza era piccola e la folla dava un senso di soffocamento. Di propria iniziativa uscirono tutti dalla casa e si riunirono nel cortiletto antistante, lasciando che al capezzale del malato rimanessero solo la moglie, il figlio e Bulma, che si era impegnata a fare da filo diretto con il medico e perciò aveva annullato tutti i suoi impegni aziendali della giornata.
Piccolo si distaccò dal gruppo dei terrestri, mettendosi in disparte.
Mentre Tenshinhan e Jiaozi si erano seduti a terra, pensierosi, con lo sguardo verso il basso, fissando il terreno, Crilin, Yamcha e gli altri, dritti in piedi, attendevano l'evolversi della situazione. Si scambiavano poche parole; la tensione era più che palpabile. Per di più, erano perfettamente consapevoli della propria impotenza ed inutilità in quelle circostanze. Ogni tanto qualcuno attirava l'attenzione degli altri con qualche amarcord del passato del tipo “Vi ricordate quando...?” Era il genere di discorsi che si fanno quando la malinconia fa presentire il verificarsi di un evento luttuoso; anche se nessuno osava parlarne, il peso che si sentivano fin dentro l'anima era tale che tutti inconsciamente temevano proprio il peggio.
L'unico che si lasciò scappare un «E se lo stessimo perdendo?» fu il piccolo Jiaozi, che fece demoralizzare tutti i presenti. Fu immediatamente rimbeccato da Tenshinhan: «Stupido! Non devi neanche pensarlo!»
Un'improvvisa percezione turbò i presenti: all'improvviso arrivò Vegeta; indossava una canottiera nera e dei pantaloni di tuta grigio scuro, con il logo della Capsule Corporation. Da tale abbigliamento si deduceva che aveva interrotto apposta i suoi esercizi; nessuno avrebbe indovinato che Bulma era riuscita a piantargli nell’animo il seme della preoccupazione. Sì, Vegeta – sempre a modo suo - era divenuto sempre più inquieto, più di quanto la sua coscienza fosse in grado di accettare, più di quanto gli amici di Goku potessero comprendere.
«Chi ti ha invitato qui?» chiese Tenshinhan con accento di collerico fastidio; tra i presenti, il treocchi era il meno conciliante nei confronti di Vegeta: come gli altri ne aveva subito i soprusi, ma non aveva convissuto con lui abbastanza da abituarsi a tollerarlo o semplicemente ignorarne la presenza.
«Chiudi il becco, imbecille» lo tacitò seccamente il Principe, per poi entrare disinvolto nella casa del rivale. Si indirizzò nella stanza da cui venivano delle voci sommesse, e trovò ciò che gli interessava. Si fermò a circa un metro dal letto, squadrando il Super Saiyan infermo dall'alto con la fronte corrugata dal disappunto.
«Come sta adesso?» domandò in modo generico, senza lasciar trapelare emozioni.
«È stato sedato» spiegò Bulma. «Un medico di mia fiducia si sta dando da fare per trovare una cura...»
«Bah.» brontolò Vegeta. Uscì dalla casa, e si andò a posizionare su un albero del cortile, silenzioso, schiena appoggiata ad un grosso ramo, in attesa di sviluppi.
                                                  
Più tardi, il cellulare di Bulma squillò. «Salve, Bulma! Sono Hatataku! Ho spulciato in lungo e in largo le più ricche banche dati mediche del mondo, informatiche e non, ma è assurdo... del male che ha colpito il signor Goku non c'è traccia. Da un rapidissimo esame preliminare del sangue, risulta una grave infezione di origine virale... sicuramente l'incubazione del virus risale a non poco tempo fa. Ho però il dovere di informarvi che i risultati non sono del tutto attendibili, dato che sono stati compiuti in maniera sbrigativa.»
«Che cosa significa allora? Non esistono rimedi??» domandò Bulma nervosa, abbassando il tono della voce per non farsi udire dai presenti.
«Aspetti, Bulma, c'è dell'altro. La composizione del sangue è parecchio anomala...»
«Ma certo! Perché Goku è un extraterrestre... però mi raccomando, contiamo sulla vostra riservatezza.»
«È chiaro.» Hatataku, come del resto il padre di Bulma, era un genio abbastanza bizzarro da non lasciarsi strabiliare all’idea di star curando un alieno. «Comunque questo fattore comporta che il virus si riproduca e si disintegri a ritmi frenetici, senza avere il tempo di diffondersi al di fuori dell’organismo: dunque possiamo desumere che tutti voi siete probabilmente fuori dal rischio di un contagio. Il problema...»
«Ho capito!» lo interruppe Bulma. «Il problema sussiste solo per Goku, dunque! Che si può fare?»
«Continuerò a fare indagini... troverò un rimedio, lo troverò! Quanto è vero che mi chiamo Hatataku!»
«Aspetto sue notizie! Grazie della sua immensa disponibilità.»
 
Le ore trascorsero, si fece ormai pomeriggio inoltrato. Il sole si andava abbassando verso la linea dell’orizzonte. Chichi si voltò verso Gohan con un sorriso tristissimo, forse il più triste del mondo, il sorriso di chi si sforza di ostentare serenità ma porta il peso della rassegnazione nel cuore. La moglie di Goku aveva foschi presentimenti, ma si era imposta di non perdere la speranza.
«Gohan, fammi un favore. Fatti un giretto fuori e vai nel bosco a prendermi qualche ramoscello dalla solita pianta... Hai presente la tisana che mi faccio la sera quando voglio riposare? Quando papà si risveglierà, voglio preparargliene un po'...» Gohan fiutò qualcosa di strano in quella richiesta, ma non volle sollevare obiezioni; era un bambino per niente stupido, quindi accettò la richiesta della madre, pur essendo consapevole di come stesse cercando di tenerlo all’oscuro di qualcosa. I presenti compresero che Chichi temeva che nel giro di pochi minuti accadesse il peggio, e non voleva che il figlio vedesse il genitore andare all'Altro Mondo sotto i suoi occhi. Anche Chichi in tenera età aveva sperimentato sulla propria pelle la morte prematura di un genitore, infatti era stata allevata dallo Stregone del Toro, praticamente solo.
Fu un caso che, proprio quando Gohan fu lontano, un urlo spezzò il silenzio che pesava su tutti in quel momento. Goku aveva ricominciato ad agitarsi; tossiva ed ansimava, sudava come un dannato e si sbracciava, sdraiato sul suo letto, portando ogni tanto le mani contratte sul cuore. Chichi non sapeva più cosa fare, in preda al panico per quell'inaspettata reazione del marito, quindi richiamò Bulma. «Dobbiamo chiamare il medico... serve dell'altro antidolorifico! Il cuore gli sta facendo male in maniera pazzesca!»
Un gemente urlo sovrumano di dolore fece rimbombare non solo la casa, ma tutta l'area circostante. Istintivamente tutti, ma proprio tutti schizzarono dentro la casa e non resistettero all'impulso di entrare nella stanza da letto. Goku ansimava con estrema fatica; in un'ultima fiammata di malessere, aprì gli occhi come non aveva fatto più da quando Gohan aveva cercato di soccorrerlo nel bosco, in mattinata. Nel breve istante in cui i suoi occhi furono aperti, abbracciò i presenti nella stanza con un unico sguardo e il suo volto contratto per i patimenti si distese in un sorriso ampio. Prima di richiudere gli occhi, tutti videro un quasi impercettibile lampo di preoccupazione nei suoi occhi. Ciò che in quel momento desiderava invano di vedere fu chiarito pochi secondi dopo, quando mormorò con fatica: «Go... han...». Poi chiuse gli occhi e la bocca e, in modo totalmente innaturale rispetto a pochi secondi prima, il suo corpo si afflosciò; quindi il suo volto si compose in un'espressione seria, ma finalmente serena. Fu subito evidente a tutti quello che era accaduto, e l'ultimo pensiero di Goku era andato a Gohan, l'unico dei suoi cari assente in quel momento. Magari si era chiesto dove fosse, forse temeva che qualche nuovo nemico lo stesse minacciando e avrebbe voluto essere con il figlio per poter combattere e difenderlo, come aveva sempre fatto. Per di più, fu subito chiaro a tutti che quella era la seconda volta per Son Goku: ossia la volta definitiva, il non ritorno. Al solo pensiero, Crilin e Yamcha, distrutti, strinsero i denti e gli occhi, ma non furono capaci di reprimere le lacrime; le due donne, lo Stregone del Toro, Olong, Pual e la tartaruga, senza pudore si erano trasformati in fontane di lacrime, mentre il maestro Muten, reso più forte dall'esperienza di vita secolare, simulava forza d'animo dietro gli occhiali da sole e la folta barba bianca, limitandosi ad ingobbirsi sotto il peso del guscio. Anche Tenshinhan, a capo chino, serrava gli occhi e bocca in un patetico tentativo di sopprimere le lacrime; non aveva versato lacrime per quell'icona ammirata e rispettata che era stato per lui Taobaibai, ma il Super Saiyan lo aveva conquistato in modo più profondo. La malinconia traspariva anche dalle lacrime di Jiaozi; il dispiacere aveva deformato persino il suo viso naturalmente neutro. Piccolo diede le spalle alla comitiva, chinò il capo e incrociò le braccia, mentre Vegeta, più che costernato o addolorato, sembrava furente: stringeva i pugni e digrignava i denti, mentre il suo sguardo era più spaventosamente irato del solito. Il Principe dei Saiyan si risolse ad allontanarsi dalla stanza, preda di un istinto incontrollabilmente violento. Per evitare di distruggere tutto, si mise a correre verso l'uscita e percorse il cortile davanti all'ingresso. Spiccò un salto e sparì nel tramonto di quel pomeriggio.
 
Gohan avvertì qualche voce in lontananza non troppo udibile, ma non l'associò a suo padre. Si avviò verso casa. Attraversò il bosco; con rapidi balzi sui sassi che emergevano dal pelo dell'acqua superò il fiume, in pochi minuti fu di nuovo a casa per trovare gli amici riuniti con espressione compunta davanti alla casa. Essi si scansarono per lasciarlo passare ed entrare nell'abitazione. Chichi guardò il figlio in viso e, con gli occhi stracarichi di lacrime che già le rigavano il volto, annunciò mestamente: «Gohan... papà non c'è più.» Chissà quanto ne sarebbe stato felice Freezer.
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE
Il medico caprone è preso dal fumetto Dr. Slump & Arale, dove è il medico del Villaggio Pinguino e gestisce l'ambElatorio. Invece Hatataku è una mia invenzione: il suo nome è una storpiatura dell'inglese "heart attack" (= attacco cardiaco, infarto).
Qualche minimo spunto, come avrete notato, è preso dalla scena iniziale dello special di Trunks del futuro.
Non risparmiate i commenti: positivi o negativi, saranno comunque ben accetti. :-)
  
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