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Autore: Julia of Elaja    24/01/2013    4 recensioni
One-shot liberamente ispirata a "Canto di Natale" di C. Dickens.
2^ Classificata al contest "Canto di Natale" indetto da BS.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle, Tom Riddle Sr.
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ventiquattro Dicembre: quella che chiamavano la “Vigilia di Natale”.
Tom Riddle, avvenente trentenne, camminava con aria cupa per le strade di Londra, affiancato dalla sua affascinante compagna, Brianne Swanson, appena ventenne.
Lo charme che lei emanava, il suo fascino e la sua devozione per lui, la rendevano la compagna perfetta. L’aveva incontrata per puro caso, ad Hogwarts, in un giorno in cui era andato da Albus Silente per parlare con lui di un incarico da insegnante ad Hogwarts… incarico che, come già si era aspettato, non gli era stato concesso.
Al ricordo di quell’ingiustizia e della faccia mite di Silente mentre gli negava quel sogno, gli si rivoltò lo stomaco, mentre la rabbia gli risaliva nel corpo e serrava i pugni, indurendo anche la mascella.
“Avanti Tom, cerca di sorridere…” lo schernì Brianne, rivolgendogli un dolce sorriso.
Tom la guardò, con il suo solito sguardo di pietra e un’espressione cattiva dipinta sul viso, causata dallo sgradevole ricordo: “Per quale motivo dovrei sorridere?”
“E’ la vigilia di Natale!” esclamò lei, con gli occhi che le brillavano; sembrava una bambina.
“E allora?Tzè…Natale… questa stupida festività mondana…cosa vuoi che mi interessi?”
La ragazza mutò espressione: il sorriso scomparve, trasformandosi in un broncio.
“Sei così strano, Tom… freddo… sempre immerso nei tuoi pensieri così macabri…”.
Tom la prese per le spalle, e puntò il suo sguardo negli occhi verdi di lei; “I miei pensieri non sono macabri. Io penso al potere, Brianne, a quel potere che tanto bramo….un giorno avrò maghi e streghe ai miei piedi, e io desidero che quel momento arrivi il prima possibile!E tu credi che io debba pensare al Natale, a festeggiare…..vuoi forse mettere a paragone il Potere Assoluto e la Dominazione dell’intero mondo magico con il Natale? Immagina, Brianne... tra qualche anno tutti tremeranno quando pronunceranno il mio nome, Lord Voldemort, Erede di Salazar Serpeverde!”
La ragazza scosse la testa, con fare disperato “Sei fuori di te, Tom.”
“Non chiamarmi con quel sudicio nome da babbano!”
La ragazza trattenne bruscamente il respiro: “Si da il caso che io sia babbana, Tom Orvoloson Riddle.”
“Io sono Lord Voldemort, donna! E dovresti iniziare a chiamarmi così e mostrarmi più rispetto, o farai una brutta fine...”
Gli occhi profondi di Brianne si ridussero a due fessure; “Non sei più il Tom che conoscevo… o, forse, non lo sei mai stato davvero… Mi chiedo se questo si può definire ancora amore”.
Si divincolò dalla presa possente di lui, poi scappò via.
Tom la guardò andare via, ma non provò minimamente l’impulso di rincorrerla e trattenerla.
“Che vada pure, quella babbana!” pensava dentro di sé “Non è degna di capire la virtù e la grandezza dei miei piani di conquista!”.
Camminò con passo svelto verso un vicoletto buio, poi si smaterializzò, comparendo nel lurido monolocale dove abitava, in attesa di trovare una sistemazione più consona e un bel po’di galeoni.
“Stupida babbana!”urlò, prendendo a calci per la rabbia una sedia; quella cadde a terra e si fracassò in mille pezzi; tante piccole schegge taglienti di legno, disposte disordinatamente per terra.
Tom si gettò sul suo letto, si passò una mano tra i suoi folti capelli e chiuse gli occhi: quella ragazza era solo un gioco per lui, un passatempo… giusto qualcuno da usare per divertirsi quando ne aveva voglia. E lei credeva che lui l’amasse?
“Ridicola...” sussurrò, pensando a Brianne “Illusa, sciocca mezzosangue….”.
Ad occhi chiusi, iniziò a ripensare a tutti i momenti vissuti fino a quel momento: il ricordo del tanto odiato orfanotrofio, l’arrivo di Albus Silente nel giorno in cui gli rivelò di essere un mago… la sua gioia… l’emozione che lo pervase quando il Cappello Parlante lo smistò nei Serpeverde, il fascino che lui aveva sempre esercitato sui suoi professori e su tutti, ad Hogwarts… fino ad arrivare al suo incontro con Brianne, sempre lì nella sua amata Hogwarts, i loro incontri segreti ad Hogsmeade, la passione sfrenata che li aveva uniti… quella stessa passione che da anni ormai li legava…
E poi un pensiero improvviso lo pervase: sua madre. La sua ignota madre, l’unico legame di sangue con il mondo magico, la sua ancora di salvezza… se solo non si fosse innamorata perdutamente di quel babbano che era poi diventato suo padre, sarebbe stato anche meglio... ma ormai lui era corso ai ripari. Aveva ucciso suo padre, facendo giustizia al nome dei Gaunt e di sua madre, abbandonata da quel sudicio babbano mentre era gravida di lui…
Udì dei rintocchi lontani: era arrivata la mezzanotte.
Riaprì lentamente gli occhi: aveva udito un rumore, appena fuori dalla sua porta.
Si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta d’ingresso della casa; la aprì ma non vide niente e nessuno. Si udivano solo i rintocchi del campanile lontano.
“Che strano… avrei giurato di aver sentito qualcuno…” si disse, rientrando in casa e chiudendo la porta dietro di sé.
Rabbrividì: l’aria gelida che era entrata aprendo la porta, si era diffusa nella stanzetta.
“Incendio!” disse Tom, puntando la sua bacchetta contro i ceppi nel caminetto.
Si avvicinò al fuoco, allungando le mani per intiepidirsi.
“Sei davvero identico a tuo padre, Tom.”
Il ragazzo sobbalzò: una voce femminile aveva parlato alle sue spalle. Era una voce sconosciuta, eppure così stranamente familiare…
Si girò, lentamente, tenendo stretta a sé la bacchetta e puntandola contro l’ospite indesiderata.
Seduta sul suo letto, una donna dai lunghi capelli scuri e dalla mascella squadrata, occhi grandi e carnagione grigiastra, lo osservava con dolcezza.
“Chi sei?”
La donna non gli rispose ma si alzò, avvicinandosi a lui; Tom continuava a tenere la sua bacchetta in mano e la puntava contro la sconosciuta.
“Vieni con me, Tom.” Disse la donna, porgendogli una mano.
Lui la scrutò con diffidenza, poi le si avvicinò: sentiva dentro di sé di potersi fidare di quella donna…
Le porse la sua mano e lei la strinse con forza. Chiuse gli occhi e sentì il vento gelido sferzare il suo volto. Quando li riaprì, si ritrovò nel suo vecchio orfanotrofio, e la donna che gli si era presentata era stesa su un letto, attorniata da diverse donne, tra cui la direttrice dell’orfanotrofio.
Urlava come un’ossessa: Tom si avvicinò cautamente e notò che la sconosciuta era nel pieno del parto.
“Coraggio, ci siamo quasi…” le stava dicendo una signora, intenta nel suo compito da improvvisata ostetrica.
Un urlo più forte degli altri si sovrappose alla voce della signora: la sconosciuta, piangendo ed urlando, diede finalmente alla luce il suo bambino. Un neonato con folti capelli neri, sporco di sangue e rannicchiato su sé stesso, era uscito fuori dal suo ventre ed era ora tra le braccia di una delle donne attorniate al letto.
“Ci siamo, signora! Eccolo qui! E’ nato!”
“Signora...??”
La puerpera stava ansimando, ma sorrideva: guardava suo figlio e con un cenno della mano se lo fece posare sul seno, tenendolo stretto a sé.
“Tom… chiamatelo Tom, come suo padre… Tom Orvoloson Riddle. Questo dev’essere il suo nome.”
Detto questo la donna spirò, mentre il neonato continuava a piangere e le donne attorno si portavano una mano alla bocca, scosse da quella imprevista morte.
Tom capì in quel momento di trovarsi in presenza di sua madre: quella a cui aveva assistito era la sua nascita.
Si voltò verso la donna di cui ormai aveva capito l’identità: la guardò, con occhi stupiti.
“Si, Tom. Sono io, tua madre.” disse Merope, sorridendogli “Ti ho mostrato questa visione affinché tu capisca che la tua vita è nata da un sacrificio: dal mio sacrificio! E non devi mai dimenticarlo... ma ora, vorrei mostrarti qualcos’altro...”
La stanza attorno a loro si dissolse e Tom si ritrovò nel salone dell’orfanotrofio, dove un piccolo albero di Natale, addobbato alla men peggio, spiccava a centro stanza.
Un bambino solitario, dal volto pallido e affilato, stava scartando il suo regalo.
Nella stanza c’era solo lui: era buio pesto, dovevano essere nel cuore della notte.
“Sono io…” sussurrò Tom guardando il bambino “Molti anni fa’...”
Mentre il piccolo Tom era intento a scartare il suo regalo, fece il suo ingresso, nella stanza, una timida bambina dai capelli a boccoli dorati. “Tom…”
Il bambino si girò “Cosa vuoi tu qui?”
La bimba gli si avvicinò, con un sorrisetto sulle labbra: “Sai da parte di chi è quel regalo?”
“No e non mi interessa.” Rispose lui, riprendendo a scartare il regalo.
“E’ da parte mia..” sussurrò la bambina, guardandolo con aria triste. Un colpo potente di tosse la scosse, lasciandola senza fiato.
Tom, non curante dell’altra presenza, prese in mano il suo regalo: era un diario, con la rilegatura di cuoio, e con tanto di penna inclusa.
“Ho messo da parte dei soldi per comprartelo… sai, sono i risparmi di un anno….” disse la bimba, con voce debole, mentre altri colpi di tosse sopraggiungevano.
Tom guardava il diario con un ghigno disgustato: “Tutto qua? Un diario? E cosa dovrei scriverci?”
“Quello che vuoi!” rispose con semplicità la bambina.
Tom la guardò con disprezzo: si alzò ed uscì dalla stanza, lasciando la bambina triste e sull’orlo delle lacrime, con la tosse che, potente, la scuoteva.
“Vedi, Tom…” intervenne sua madre “Quella bambina ti aveva fatto un dono, e lo aveva fatto con tutto il suo cuore. Perché l’hai disdegnato in quel modo?Cosa c’era di sbagliato in quel gesto? Non le hai nemmeno detto grazie, non hai apprezzato quella semplicità e quell’affetto che lei elargiva…vuoi sapere cosa è successo dopo, Tom?” . Prese una pausa, mentre il ragazzo scuoteva la testa:“La bambina venne adottata, come ben sai, dopo qualche mese. Morì per una polmonite qualche giorno dopo l’adozione.”
Tom la guardò a bocca aperta.
“Quella bambina è morta, Tom, sapendo che tu l’avevi disprezzata in vita. Nel giorno di Natale, tu non hai considerato il suo gesto gentile, e lei è morta sapendo che Tom Riddle la odiava.  Ti sembra giusto, Tom?”
“Non m’importa di quella bambina, non m’importa nulla!!” urlò Tom, scagliandosi contro la madre.
Ma quella scomparve, e non rimase altro se non l’oscurità ad attorniarlo.
Un silenzio innaturale scese su di lui; dopo qualche secondo, sentì una mano posarsi sulla sua spalla sinistra…
“Madre?”. Si voltò e si ritrovò dinanzi un uomo che era identico a lui in ogni minimo particolare.
“Ciao, Tom...”
“Via da me, lurido babbano!” ringhiò contro suo padre, togliendo la mano di lui dalla sua spalla.
Cercò la sua bacchetta, ma si rese conto di non averla più in tasca.
“Tom, sono io, tuo padre. Sono qui per aiutarti a comprendere lo spirito del Natale. E, soprattutto, aiutarti a cambiare, finché sei in tempo...”
“Cosa stai farneticando? Tu sei morto! Torna nella tua tomba a Little Hangleton!”
“Tu mi hai ucciso, Tom. Ma io ti ho perdonato. Sono qui per aiutarti, figlio mio… voglio che tu diventi una persona migliore.”.
Mentre l’uomo parlava, la scena mutò nuovamente, mostrandogli una sala da pranzo riccamente addobbata, con un tavolo imbandito e pieno di ogni bene.
Tacchino, pudding, e altre delizie, erano disposte ordinatamente sul tavolo.
Un uomo e una donna sulla quarantina d’anni erano seduti, in attesa di qualcosa o qualcuno.
“Brianne!” esclamò la signora “Ti prego, vieni!”
“No!” urlò in risposta una voce singhiozzante.
La donna si alzò dal tavolo, sospirando e suo marito con lei; si recarono nella stanza attigua, il salotto, dove una ragazza dai lunghi capelli castani piangeva, stesa su un divano.
“La riconosci, vero?” disse suo padre, guardando Tom “E’ la ragazza che ti è devota e fedele. Brianne Swanson”.
Tom annuì: la visione di quella ragazza in lacrime, tuttavia, non l’aveva toccato… o forse si?
“Brianne, avanti, non puoi rovinarti la vigilia di Natale. Vedrai che, qualsiasi sia il tuo problema, si risolverà… coraggio, figlia mia… fammi un sorriso…” stava dicendo la donna, con voce dolce e pacata, mentre prendeva posto accanto alla giovane.
“Oh, mamma!” esplose lei, piangendo più forte “E’ così difficile… mi fa soffrire così tanto…”
La ragazza abbracciò sua madre, e affondò la testa nel suo petto, quasi come se fosse una bambina.
“Sta’ tranquilla, Brianne… tutto andrà per il meglio…” la rincuorava la donna, dondolandola.
Suo marito era lì, in piedi, e guardava rattristato quella scena.
“Hai visto, Tom? Hai rovinato il Natale non solo ad una ragazza, ma anche alla sua famiglia. Il suo dolore è diventato il dolore dei suoi genitori, e tutto questo per causa tua! Non provi rimorso per quello che hai fatto?”
Tom era disgustato da quella scena, o forse dalle sue azioni e dai suoi pensieri: aveva davvero fatto sì che Brianne stesse così male? Possibile che quella ragazza piangesse così tante lacrime per lui?
Ma nel momento stesso in cui si rese conto di provare rimorso, lo scacciò come se fosse una bestia sgradita e pericolosa: “Non mi importa nulla, lo volete capire???Prima mia madre, ora tu! Andate via!!!!!” urlò a pieni polmoni Tom, adirato.
Suo padre, scuotendo la testa con aria rassegnata, scomparve alla sua vista, lasciandolo di nuovo nel buio più totale.
“Devo essere sotto l’effetto di un incantesimo… o forse è solo un sogno…. Sì! Tutto questo non è reale, è un sogno…” si stava dicendo Tom.
Una luce lo illuminò in pieno viso: qualcuno si stava dirigendo verso di lui, una figura alta ed allampanata, con un cappello da stregone in testa e una lunga barba argentea…
“No…” sussurrò Tom, sentendo lo stomaco rivoltarsi per la rabbia “Silente!”
“In carne ed ossa, Tom!” esclamò quello, sorridendogli con fare sornione “O, forse, sarebbe più appropriato dire: in spirito e nella tua testa!”
Tom gli si scagliò addosso: ma nel momento stesso in cui le sue mani si strinsero attorno all’esile collo di Silente, lo trapassò, perse l’equilibrio e cadde a terra.
“Tu sei… un fantasma?” chiese, mentre la meraviglia si sostituiva alla rabbia.
“No, Tom... diciamo che sono una visione!”
Si rialzò in piedi e gli si avvicinò: “Ho già avuto il piacere” disse, virgolettando quest’ultima parola “di ricevere una visita dai miei genitori che mi hanno mostrato alcune cose… e tu, Silente, cosa mi mostrerai?”
“Il tuo futuro, Tom.” rispose secco Silente “Se non ti deciderai a cambiare, e continuerai con la tua oscura via, allora questo sarà il futuro che ti si prospetta…”
Una nuova scena si presentò agli occhi di Tom.
Un cimitero, pieno di lapidi e tombe bianche di marmo, si estendeva a perdita d’occhio.
“E’ uno scherzo, Silente?”
Ma il mago continuò a camminare, incurante della sua domanda. Gli fece cenno con una mano di seguirlo, e Tom si incamminò dietro di lui.
I loro passi erano silenziosi, in quel cimitero dove non c’era nessuno, all’infuori di loro.
Silente si fermò bruscamente, davanti ad una lapide. Era rovinata, incrostata, sporca e solitaria, lontana da tutte le altre lapidi.
“Leggi.” Gli disse, guardandolo dritto negli occhi.
Tom si avvicinò alla lapide: aveva già intuito a chi appartenesse.
“Qui giace Tom Orvoloson Riddle, da tutti conosciuto come Lord Voldemort. Fautore di terribili crimini e grande nemico del mondo magico.”
Silente continuava a scrutarlo, silenziosamente.
Tom continuò a fissare la sua futura lapide.
“Vedi qualcuno qui a compiangerti, Tom?”.
“No.”
“E sai perché?”
“Perché nessuno sente la mia mancanza…” realizzò Tom.
“Esatto. Hai procurato solo sofferenze alle persone che si sono imbattute in te. Solo dolore, morte. E nessuno vuole farti visita, perché sei solo il ricordo della malvagità umana.Vuoi che la tua vita finisca così?”
“Io non morirò!” esclamò quello “Troverò una soluzione alla morte e diventerò immortale!”
“Tu dici, Tom? Eppure questo è il tuo futuro..” disse Silente, sorridendogli con semplicità e indicandogli la lapide “Qui giace il tuo cadavere.”
Tom scosse la testa. “Questo è solo un sogno.”
“Non lo è, Tom. E lo sai anche tu, l’hai capito.”
Purtroppo era così: quello era qualcosa di diverso da un sogno, era molto più realistico.
“Cosa posso fare?”
“Riguardo cosa, Tom?”
“Come posso evitare che questo futuro si realizzi?”
Silente lo osservò, scrutando i suoi scuri occhi.
Azzurro cielo contro nero pece.
“Devi cambiare, Tom. Devi renderti conto dei tuoi errori, delle tue convinzioni sbagliate. Dare ascolto a chi ti vuole bene, a chi, nonostante tu lo voglia allontanare, è sempre lì al tuo fianco...”
“Brianne…”
“Si, Tom. Lei, e non solo...”
Tom sentì il suo cuore battere veloce: la paura di quel futuro così tetro si diffuse in lui come un veleno, annebbiandogli la vista, mozzandogli il respiro.
“Non voglio questo futuro.”
“Allora cambialo, Tom. Scegli la via del bene, e non quella del male.”
Si guardarono negli occhi: un battito di ciglia, poi fu di nuovo il buio.
Un altro battito di ciglia: Tom era di nuovo steso sul suo letto.
Aprì gli occhi e si mise a sedere sullo scomodo materasso: si sentiva ancora intontito, gli girava la testa…
Si alzò piano dal suo letto; dalla finestra entrava una luce abbagliante. Possibile che fosse già giorno?
Aprì la porta di casa sua: l’aria era ferma, il vento gelido della sera precedente era scomparso.
Un ragazzino camminava a pochi metri da lui, assieme al suo cane.
“Ehi, tu!” esclamò Tom, rivolgendosi al ragazzo “Ma che ore sono?”
“Sono le dieci del mattino!” esclamò quello allegramente “Ed oggi è Natale! Auguri, signore!”.
Tom lo guardò andare via, come sotto shock. Era già il mattino? E soprattutto, era il mattino di Natale?
Prese una giacca pesante, se la gettò addosso ed uscì da casa sua.
Doveva raggiungerla. Doveva capire se quello che aveva sognato quella notte era davvero successo.
Si smaterializzò, ricomparendo davanti ad un elegante villa londinese.
Aprì il cancelletto della casa, che conduceva al giardino, e tirò dritto verso la porta d’ingresso della casa. Bussò deciso alla porta.
Gli aprì una donna dal volto fin troppo familiare. Tom riconobbe subito la signora della visione.
“Si?”
“C’è Brianne in casa?” chiese “Sono un suo amico.”
“Te la chiamo subito, caro. Vuoi accomodarti?”
“No. La aspetterò qui fuori.”
“Come preferisci!” disse la signora, rivolgendogli un sorriso mentre si allontanava.
Dopo qualche secondo, Brianne arrivò, trafelata, con una coperta addosso e gli occhi rossi e gonfi.
Aveva pianto.
Allora la visione gli aveva mostrato la realtà…
“T-Tom!” balbettò lei, incredula “Che-Che ci fai qui?”
Lui non disse nulla: le si avvicinò, baciandola appassionatamente.
La ragazza rispose entusiasta al bacio, abbracciandolo.
“Ma…. ma Tom!”. Rise. Era felice, lo si leggeva nei suoi occhi. “Cosa è successo? Perché sei qui?”
“Ieri sera… io ho…” si bloccò: non voleva raccontarle della visione “Sono qui per farti sorridere di nuovo, Brianne.”
La ragazza lo abbracciò, e sospirando gli disse: “Oh, Tom. Quanto vorrei che tu cercassi di capirmi…”
“Prometto di provarci, Brianne.”
“Lo farai davvero, Tom?”
“Ci proverò. Non ti assicuro nulla, ma ci proverò.”
“Mi basta anche solo questo.”
I due si baciarono nuovamente.
“Cambierò” si disse Tom “E se non dovessi riuscirci, almeno potrò dire di averci provato.”.
“Buon Natale Tom!”
“Buon Natale, Brianne.”
E mentre le campane suonavano a festa lì vicino, i due rimasero abbracciati.
“Cambierà davvero?” pensava Brianne.
“Cambierò davvero?” si chiedeva Tom “Solo il tempo saprà dirmelo. Chi lo sa...”
E con questi pensieri, salutò il Natale, mentre il sole lo illuminava e una nuova speranza nasceva nel cuore di entrambi.
   
 
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