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Autore: kay33    24/01/2013    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo essere arrivata a New York, Rose dovrà decidere cosa fare della sua vita...Jack è morto, ma qualcosa di lui è rimasto ;D
Se vi ho incuriosito e volete saperne di più leggete la storia :D
Pubblico in maniera piuttosto regolare, ma avviserò in caso di ritardi!
Baci
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caledon Hockley, Rosalinda Dewitt Bukater, Ruth Dewitt Bukater | Coppie: Jack Dawson/Rosalinda Dewitt Bukater
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non preoccuparti Rose, andrà tutto per il meglio!”
“Continua a respirare!” Urlavano concitate Mel e Hannah; avevo le contrazioni da quasi un’ora, e né loro né io sapevamo cosa fare. Lucy era andata a prendere altri asciugamani, mentre il marito era corso in città a chiamare la levatrice. Sperai che arrivasse presto.
Il dolore era spaventoso, non avevo mai provato nulla di simile in tutta la mia vita. Non era la sensazione peggiore però; man mano che passava il tempo, cresceva in me la paura che qualcosa potesse andare storto, e non avrei sopportato di perdere anche l’ultimo regalo che mi aveva fatto Jack. Cercai di scacciare quel pensiero triste.
 
“Un’altra spinta Rose, ci siamo quasi!” ordinò la levatrice; appena arrivata si era data subito da fare, e la sua presenza mi aveva tranquillizzato moltissimo. Era una donna piuttosto anziana, ma ne aveva viste di ragazze nella mia situazione, e sapeva esattamente cosa fare.
“Un’altra ancora, vedo la testa! Bravissima, ce l’hai quasi fatta!” continuava a ripetermi; ma “l’ultima” spinta non era mai l’ultima, e io non ce la facevo più. Ormai ero in travaglio da parecchie ore e il dolore era insopportabile, ma continuai a fare quello che mi diceva, pensando al meraviglioso momento in cui avrei abbracciato per la prima volta il mio bambino.
 
“Ce l’hai fatta Rose!” mi disse Lucy con le lacrime agli occhi; si era emozionata, ormai mi considerava una di famiglia, e mio figlio sarebbe stato come un nipotino per lei. Tirai un sospiro di sollievo, vedendo le facce allegre delle ragazze, udendo la voce rassicurante di Lucy e, soprattutto, il vagito del mio bambino. Era vivo, e stava bene. Era tutto quello che desideravo.
 
“Hai avuto un maschietto, è meraviglioso” disse affettuosamente la levatrice e, dopo averlo lavato e sistemato in una copertina, me lo porse.
 
Non mi dimenticherò mai la prima volta che lo presi in braccio; ero emozionata come non mai, e dopo tutta la paura e il dolore delle ore precedenti, finalmente potevo vederlo e toccarlo. Fu indescrivibile, e dallo sguardo di Lucy capii che certe sensazioni possono comprenderle solo le madri. Mel e Hannah si davano da fare, cambiando le lenzuola e preparando qualcosa da mangiare per me. Erano molto curiose di vedere il bambino, ma decisero di lasciarmi un po’ da sola con lui.
Avevo già deciso che lo avrei chiamato Jack. Aveva i capelli biondi e lo sguardo allegro; fui felice di constatare che assomigliava molto al padre.
 
Sperai che non mi facessero domande sul nome; nonostante i tre mesi passati con loro, e l’affetto e la confidenza che ormai ci legava, non volevo rivelare loro questa storia. Temevo che rivangare il passato sarebbe stato troppo doloroso.
 
Jack cresceva forte e sano, mangiava con appetito ed era sempre allegro; ogni volta che qualcuno si avvicinava alla sua culla faceva delle smorfie simpatiche, e tutti lo adoravano. Non aveva problemi a farsi prendere in braccio da qualcuno che non fossi io, e ciò fu un bene, poiché con l’inizio della primavera decisi di mantenere la mia promessa e di cominciare ad aiutare al ranch. Parlando con il signor Thomson e con suo figlio Andrew, che si occupavano della campagna, decidemmo che avrei potuto cominciare occupandomi dei vitellini. La maggior parte dei cuccioli era accudita e alimentata dalle madri, ma i più deboli non potevano rimanere al pascolo, ed avevano un piccolo recinto al coperto. Io avrei dovuto dagli da mangiare una volta al giorno. Non era un compito impegnativo, e mi lasciava ancora molto tempo da dedicare a mio figlio, ma mi faceva sentire utile, e fui felice di dare una mano.
 
I primi giorni Andrew mi seguì e mi fece da maestro; mi istruì sulle quantità di latte da somministrare, e su cosa fare nel caso si fossero fatti male o fossero peggiorati. Fino a quel momento non avevamo parlato molto, era un ragazzo taciturno e un po’ timido, ma dedito al suo lavoro; si vedeva che amava gli animali, e si prendeva cura di loro in maniera perfetta.
Mi promise che mi avrebbe insegnato a cavalcare, uno di quei giorni, ed io accettai entusiasta.
 
Quando ebbi imparato abbastanza, mi lasciò da sola a svolgere le mie mansioni. Le prime volte avevo un po’ di timore, avevo sempre paura di sbagliare qualcosa, ma poi ci presi la mano, e imparai a capire dai loro versi e dai loro comportamenti di cosa avessero bisogno. Mi facevano molta tenerezza, così piccoli e deboli, e pensai che alla fine fossero per certi versi molto simili ai “cuccioli” di uomo.
 
I giornali non avevano parlato a lungo della mia scomparsa; ogni tanto comparivano notizie su Cal o sulla sua società. Aveva da poco aperto un nuovo stabilimento, e sembrava che gli affari andassero bene per lui. Su mia madre non avevo notizie, avendo deciso di non scriverle; quella decisione fu piuttosto combattuta, poiché nonostante tutto Ruth rimaneva comunque mia madre, e avrei almeno voluto sapere come stava, o parlarle di Jack. Decisi di accantonare il pensiero, e che forse le avrei scritto per Natale.
 
Nessuno venne a cercarmi, e nemmeno i vicini dei Thomson fecero domande; ero stata classificata come una lontana cugina al momento del mio arrivo, e non si insospettirono.
 
Ero davvero felice in quel periodo, e sperai che le cose potessero rimanere così per sempre; ma si sa, nulla dura per sempre. 
  
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