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Autore: 9Pepe4    24/01/2013    4 recensioni
Aggiornamento rimandato perché sono un disastro ;_;
Harry Osborn è sopravvissuto allo scontro con Venom e Sandman.
Ora che sa la verità, la sua amicizia con Peter e Mary Jane è più forte che mai, e in ospedale il ragazzo conosce Liz Allen, una giovane infermiera che farà del suo meglio per aiutarlo.
Ma nuove nubi si profilano all’orizzonte...
[Attenzione! Presenza di personaggi del fumetto mai apparsi al cinema!]
(Aggiunto capitolo 22: Un piccolo imprevisto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Osborn, Mary Jane Watson, Peter Parker
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 02 – Il risveglio

Quando Harry si svegliò, la prima cosa che vide fu il volto di Peter.
«Ehi, bello…» riuscì a chiamarlo, con un fil di voce. «Hai una pessima cera».
L’espressione dell’altro cambiò immediatamente, aprendosi in un sorriso colmo di sollievo. «Farmelo dire da te è il colmo. Sei più pallido di uno zombie».
Harry sorrise debolmente, mentre capiva di trovarsi in ospedale.
In quel momento, si accorse che accanto al suo letto c’era anche Mary Jane.
La ragazza era pallida e aveva gli occhi arrossati, ma pareva che le sue guance stessero riprendendo un po’ di colore.
«Lo giuro su quello che vuoi, Harry» aggiunse Peter, con voce roca. «La prossima volta che mi fai prendere uno spavento simile, ti uccido».
Harry cercò di ridere, ma tacque immediatamente.
Il petto gli faceva un male cane, e la sua testa sembrava sul punto di esplodere.
“Be’, se non altro sono vivo” si disse, di colpo.
Quel pensiero fu come un’ondata di calore che lo investì da capo a piedi.
Già. Era vivo, cosa sulla quale poco prima non avrebbe scommesso nemmeno un centesimo.
«Ci hai fatto preoccupare tantissimo» affermò Mary Jane.
Harry si inumidì le labbra secche. «Adesso è tutto passato, no?» domandò, guardando Peter.
Quest’ultimo capì che l’amico non stava parlando solo della morte scampata per un pelo, e accennò un sorriso. «Già».
In quel momento, una voce di donna iniziò a dire, in tono scorbutico: «Questo non è orario di visita, dovreste…»
Una seconda voce – sempre femminile, ma più giovane – intervenne seccata: «Il loro amico ha rischiato di morire, Janet! Da’ loro un po’ di tempo!»
Mary Jane e Peter si erano girati verso la porta della stanza, e Harry aggrottò la fronte, cercando di vedere le persone tra le quali si era svolto quello scambio di battute.
Fece in tempo a cogliere la schiena di un’infermiera robusta che usciva, poi mise a fuoco una ragazza bionda in piedi sulla soglia.
Incrociando il suo sguardo, lei gli rivolse un sorriso imbarazzato.
«Ah, Harry» disse Mary Jane, facendo cenno alla giovane di avvicinarsi. «Lei è Elizabeth Allen, veniva alle medie con me e Peter».
«Piacere di conoscerti» disse la ragazza.
Harry le rivolse un cenno del capo, sentendosi un po’ a disagio.
Conosceva fin troppo bene le condizioni del proprio volto e, sebbene non gli desse alcun fastidio la presenza di Peter e Mary Jane, davanti a un’estranea non poteva dirsi del tutto tranquillo.
«Forse è meglio che andiamo» accennò Mary Jane, riluttante. Guardò l’infermiera bionda e assunse un tono quasi supplichevole. «Liz, ti occuperai tu di lui, vero?»
L’altra le sorrise con fare tranquillizzante. «Sicuro» replicò. «Non è stato un problema farmi assegnare questo post-operatorio».
Peter sembrava poco convinto, e si staccò di malavoglia dal letto dell’amico.
Harry avrebbe voluto far notare loro che non era un invalido, ma poi lasciò perdere. Era bello vedere i suoi amici preoccupati per lui.
«Torniamo nell’orario di visita» gli promise Mary Jane.
«Ci vediamo presto» confermò Peter.
Harry sorrise, lasciando che il proprio corpo spossato si rilassasse contro il materasso. «Certo».
Peter, però, indugiò un istante, e a Mary Jane la cosa non sfuggì.
«Io e Liz ti aspettiamo fuori, tigre» disse al proprio fidanzato, sfiorandogli la guancia prima di uscire in corridoio con l’infermiera bionda.
Harry la seguì con lo sguardo, quindi portò gli occhi su Peter.
Per un istante, sembrò che su di loro gravasse il peso di mille cose non dette, ed Harry sentì il bisogno di cercare una qualche chiarezza.
«Bernard mi ha detto che… che la ferita di mio padre è stata provocata dal suo aliante».
Mentre pronunciava quelle parole, sentì una stretta allo stomaco. Istintivamente, le sue mani corsero alla fasciatura che gli stringeva il petto…
Peter sbatté le palpebre. «Sì» disse soltanto.
«E tu hai detto la verità» aggiunse Harry. Gli sembrava di avere la bocca piena di sabbia.
«Sì».
«Quindi…» Il ragazzo inspirò profondamente dal naso. «Quindi è vero. Lui aveva cercato di ucciderti, ma non ci è riuscito. Per questo è morto».
Peter rimase in silenzio, ma Harry trovò la conferma nel suo sguardo che cambiava.
«Ah». Lasciò che la sua nuca sprofondasse nel cuscino.
«Harry…» iniziò Peter.
L’altro, però, scosse appena la testa. «Va bene così, Pete» affermò.
Si sentiva irrealmente calmo. Forse era troppo esausto per mettersi a rimuginare su suo padre, su Goblin, su… su tutto. Forse era la sua mente che cercava di difendersi chiudendo fuori ogni cosa.
Harry emise un lento sbuffo.
«Cavoli» commentò poi, tentando di suonare ironico. «Sono a pezzi. Forse è meglio che tu vada, prima che MJ venga a chiamarti».
Peter corrugò la fronte, ed Harry abbozzò un sorriso.
«Tanto ci vediamo dopo, no?»
L’altro annuì lentamente. E, sebbene sembrasse piuttosto preoccupato, riuscì a sorridere a sua volta. «Ci vediamo dopo».
Ci furono altri sorrisi, poi Peter uscì in corridoio.
Liz e Mary Jane si erano fermate poco più avanti, e lui le raggiunse in pochi passi.
Mary Jane gli rivolse un piccolo sorriso e Liz, impegnata a sciogliersi la coda di cavallo, lo guardò di sfuggita.
«Harry starà bene, vero?» le chiese Mary Jane, in tono angustiato.
L’altra ragazza spostò la propria attenzione sull’amica, passandosi una mano tra i capelli biondi. Annuì, rassicurandola: «Il dottor Reed diceva che l’operazione è andata molto bene».
Ancora indecisa, la rossa guardò Peter. «Forse dovremmo…» iniziò.
«MJ, sono le cinque del mattino» la interruppe Liz, in tono franco. «Quel che dovete fare è andare a riposarvi. L’orario di visita inizia alle tre del pomeriggio. Vedete di essere in forma per allora».
«E tu?» intervenne Peter. «Cosa farai?»
«Io starò qui ancora per molto, temo» replicò Liz, poi lo guardò dritto in faccia. «E so fare bene il mio lavoro, davvero».
Peter si chiese se era suonato troppo diffidente, dopodiché scambiò un’occhiata con Mary Jane, mentre Liz aggrottava la fronte.
«Va bene» disse Mary Jane alla fine. «Tu… prenditi cura di lui».
Liz sorrise. «Senz’altro».
Baciò l’amica sulla guance, rivolse un cenno al ragazzo, e poi restò a guardarli mentre se ne andavano, camminando tanto vicini da sfiorarsi.

Dopo l’uscita di Peter e Mary Jane, Harry si era appisolato.
Quando l’infermiera bionda – Elizabeth Allen, si chiamava – arrivò a svegliarlo, lui ebbe un sussulto.
In un dormiveglia agitato, aveva rivissuto il momento in cui Venom l’aveva trafitto… Impiegò qualche secondo, prima di registrare il volto chino su di lui e di notare che la ragazza aveva tra le mani delle bende di un bianco accecante e del disinfettante.
«Scusami, devo cambiarti la fasciatura» gli spiegò lei, infilandosi un paio di guanti in lattice.
Harry sbatté le palpebre, mentre il suo cuore riprendeva un ritmo normale. «Fa’ pure» mormorò.
Liz Allen gli gettò una mezza occhiata e il giovane sentì l’impulso di coprirsi la guancia destra con la mano; subito dopo, però, la ragazza si chinò su di lui, mettendosi al lavoro.
Giusto per fare qualcosa, Harry si mise ad osservarle la nuca. La scriminatura dei capelli biondi era tutta a zig-zag, come se la ragazza si fosse pettinata di corsa.
«Posso farti una domanda?» chiese Liz, alzando per un istante gli occhi su di lui.
«Quale?» replicò Harry, sorpreso.
«MJ e Peter Parker» fece la ragazza, tornando a chinarsi sul petto di lui. «Stanno insieme?»
Harry la fissò. «Penso di sì» disse alla fine.
Si rendeva conto che non era il massimo delle risposte, ma d’altronde non poteva certo spiegare ad una sconosciuta che temeva avessero litigato a causa sua e della sua vendetta.
Liz rise brevemente, mentre le sue dita lavoravano veloci. «Se alle medie mi avesse detto che in futuro si sarebbe fidanzata con Parker, le avrei dato della pazza».
Harry aggrottò la fronte.
Lei, concentrata sulla fasciatura, non lo guardava in faccia, ma ciò non lo infastidiva. Anzi, lo faceva sentire più a suo agio.
«Non ti piace Peter?»
La ragazza si strinse nelle spalle, mettendo da parte una benda unta e insanguinata. «Penso di essere stata una delle persone che alle medie gli rendevano la vita impossibile» ammise. «Ero odiosa, a quei tempi».
«Ah» disse Harry, e nessuno dei due aggiunse altro.
Liz conosceva bene il suo mestiere: fu molto delicata, e solo una volta il giovane sentì una fitta dovuta a una mossa troppo sollecita.
Neanche allora, però, si lasciò scappare un fiato.
Era sopravvissuto a una ferita mortale. Non gli sembrava il caso di lamentarsi.
Quando Liz ebbe finito, buttò via le bende che gli aveva tolto, poi gli domandò: «Come ti senti?»
Harry cercò di pensarci onestamente. «Come se ieri sera avessi partecipato a una raccolta fondi particolarmente stressante».
La ragazza sorrise. «Vuoi dire una di quelle serate interminabili, da spendere facendo sorrisi a persone odiose ed esageratamente ricche?»
Stupito, lui la guardò come se la vedesse realmente solo in quel momento. «Proprio così…»
«Capisco la sensazione» affermò Liz, scrollando la testa bionda.
Harry inarcò un sopracciglio scuro. «Sì?» domandò.
«Mio padre possiede un albergo e qualche club in giro per New York» spiegò allora la ragazza. «Il suo patrimonio mi ha fatto trascorrere serate noiosissime».
«Be’» mormorò Harry, cercando con cautela di sedersi più dritto, «tutta quella noia non ti è tornata utile?»
«A te è tornata utile?» chiese lei di rimando, scettica.
«Dirigo la OsCorp» rispose Harry. «Ora le raccolte fondi devo persino organizzarle. Tirando le somme, un po’ di addestramento mi ha fatto bene. Sicura che a te non sia servito proprio a niente?»
«Stai scherzando» disse Liz. «Sono finita a fare l’infermiera, quindi…»
Harry non poté farne a meno. Rise. «E perché questo mestiere, se posso chiedere?»
Anche se la capacità visiva del suo occhio destro era stata ridotta notevolmente dall’esplosione che lo aveva sfigurato, si rese subito conto che non poteva.
Il sorriso di Liz, infatti, si fece improvvisamente forzato. «Cosa c’è di meglio dell’aiutare il prossimo?» scherzò, ma ora c’era una traccia di nervosismo nella sua voce.
Harry ne fu incuriosito, ma purtroppo non aveva le energie per continuare a indagare, così non insistette.
«Niente» ammise invece. «Ero solo sorpreso».
«E tu?» incalzò Liz. «Dirigi la OsCorp, hai detto?»
Harry si rabbuiò. «Una scomoda eredità paterna» disse, sorvolando sul fatto che la parte peggiore del retaggio di Norman Osborn era stata un’altra. «Non me la cavo troppo bene, sta fallendo».
Pensando al tracollo dell’azienda, dovette abbassare gli occhi.
Liz lo osservò con discrezione. «Sta fallendo» obiettò infine. «Non è ancora fallita».
Harry rialzò il capo, sorpreso. Pensò che probabilmente lei lo aveva detto solo per essere gentile, ma si sentì comunque incoraggiato.
«Già» concordò, in tono assorto. «Non è ancora fallita».
Liz gli sorrise. «Qui ho finito» disse poi. «Adesso ti lascio riposare…»
















Note:
Allora, so di aver già risposto a chi ha recensito lo scorso capitolo, ma li (anzi, le) ringrazio di nuovo, perché mi hanno fatta felicissima *^*
Poi, be’, ringrazio Enide e ErinThe per aver aggiunto questa storia tra le seguite.
E… non credo di aver nient’altro da dire (c’è chi sa già che l’altro ieri ho visto “Dead man walking”, che mi ha lasciato un’angoscia tremenda, e forse ciò contribuisce a limitare la mia solita parlantina XD), perciò vi do appuntamento a mercoledì 30 gennaio ^^
  
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