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Autore: scarlattoquest    24/01/2013    0 recensioni
Spesso camminando per strada ti saltano per la testa strane idee. Tutto ha inizio per uno sciocco mal di pancia e le ansie di un'adolescente... hai paura, tremi, il cuore batte a mille, il respiro si fa corto... Poi buio.
Un racconto introspettivo che fa navigare la mente di una ragazza in mille paure.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel mio atroce mal di pancia

 

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Ero decisa… troppe coincidenze, troppi sintomi, dolori lancinanti alla pancia quasi a svenire, giramenti di testa e vista appannata.

<< Mamma ti prego portami in Ospedale>>.

Era cominciato tutto quando a scuola era giunta voce che Rebecca, la ragazza alta e magra della terza A, era stata ricoverata in ospedale per  un tumore al cervello. Brutta storia, è facile passare dalla massima felicità alla tristezza e desolazione più totale… così nell’arco di pochi mesi, Rebecca si era ritrovata in Ospedale consapevole di avere una malattia inguaribile e mortale. Ma io la conosco, Rebecca è forte,amante della vita e proprio grazie a quest’ultima è riuscita a guarire,a tornare tra noi, certo con qualche capello in meno e con un fisico così magro che se solo si fosse messa di profilo sarebbe scomparsa ma per il resto è la solita Rebecca. Da quell’accaduto era passato almeno un anno e io mi stavo preparando per il fatidico esame di terza madia , passavo ore e ore a studiare, non uscivo con gli amici, non avevo una vita sociale, per me c’era solo l’esame, poi tutta pacchia, tre splendidi mesi senza pensieri ma solo divertimento a tutte le ore. L’atteso giorno era ormai arrivato,io con i miei jeans attillati sulle cosce troppo grosse per quei pantaloni e con la mia immancabile camicette bianca, mi ero avviata all’entrata di quel luogo tanto odiato, quante sofferenze e ansie patite in quella maledetta scuola e finalmente la stavo per salutare con un’uscita trionfante…  avevo iniziato a salire le scale,quando  un dolore allucinate mi prese alla pancia,”ma cosa vuoi che sia, è solo un po’ d’ansia” pensai tra me e me mentre stavo per varcare la soglia dove una mandria di professori assetati si insufficienze mi aspettavano per fare il terzo grado su tutto il programma.  Quel viscido professore di tecnica aveva iniziato a farmi moltissime domande sulla forza motrice quando quel lancinante dolore aveva ricominciato ad attaccare… oddio che male, poi pian piano la vista aveva cominciato ad appannarsi, ma io dovevo resistere, non potevo rischiare la bocciature per la troppa ansia, adesso la professoressa di italiano mi stava facendo una domanda su Alessandro Manzoni,  per  fortuna sapevo tutta la sua vita a memoria altrimenti non ce l’avrei mai fatta a ragionare,il dolore troppo forte non mi permetteva di fare nulla. Finalmente i venti minuti erano passati e io mi potevo ritenere una liceale, in quel momento sarei stata contentissima se non fosse stato per quelle fitte così forti… mia madre mi stava correndo incontro… lei sì che era contenta… in un me che non si dica mi ero ritrovata stretta fra le sue braccia, immersa in quel buon odore di rosa… quella fu l’ultima cosa che ricordo. Credo che il dolore mi abbia fatta svenire. Fatto sta che appena riaprii gli occhi mi ritrovai  nella mia stanza,il medico di famiglia mi stava visitando, mi tastava la pancia così forte da farmi vedere le stelle, ogni volta che la sua mano toccava la mia pancia per me era una sofferenza . Poi così com’era venuto se ne andò, dicendo a mia madre, che poverina credo di non averla mai vista così bianca , che doveva stare tranquilla, lo svenimento era dovuto alla troppa ansia e stress pre-esami. Ma io non era affatto tranquilla, sentivo un dolore diverso rispetto a quello causato dall’ansia… ma non dissi nulla,in fondo cosa ne posso sapere io.

Passarono tre mesi da quell’accaduto, io a volte avevo sentito qualche fitta allo stomaco ma senza svenire, ormai avevo la mia tecnica, appena sentivo la fitta mi accovacciavo su me stessa e così passava. Ma mi sbagliavo. Il liceo era ormai iniziato, compiti su compiti occupavano i miei pomeriggi lasciando un piccolo spazietto la sera, il momento più bello della giornata. Un giorno, mentre mi incamminavo per andare a scuola, quell’allucinate fitta tornò a fare capofitto sulla mia pancia, che dolore! Allora mi misi in un angoletto e mi rannicchiai, niente, il dolore non passava, anzi aumentava, sempre più. Il cuore mi batteva forte, avevo paura, ero sola, e senza accorgermene mi afflosciai per terra come una foglia quando cade dall’albero. Era la seconda volta che svenivo. Mi risvegliai nel mio bel lettone, con il solito dottore che pigiava sulla mia pancia, che come al solito se ne andava via rassicurando mia madre che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Ma questa volta non gli credetti e feci bene.

<< Mamma voglio andare in Ospedale>>

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<< No mamma, voglio andare in Ospedale>>

Così dopo tanta insistenza e tante rassicurazioni (alle quali assolutamente non credevo)convinsi mia madre. Ci avviammo verso l’Ospedale più vicino casa. Appena entrati fummo investiti da un odore terrificante, l’odore di qualsiasi Ospedale. Facemmo una fila lunghissima e finalmente ci avviammo nella sala dove mi attendeva la dottoressa. Credo che fosse una donna sulla cinquantina, bassa e piena di nei… uno persino purulento. Mi mise uno strano gel ghiacciato sulla pancia e con un apparecchio iniziò a spalmarmelo. Da un televisorino vicino vedevo l’interno della mia pancia, ma non ci capivo un gran che…  io vedevo solo macchie in bianco e nero, ma lei no. La sua espressione non era rassicurante… la sua voce si faceva sempre più cupa e allentava la forza dell’apparecchio sulla mia pancia come se avesse paura solo di toccarmi. Dopo aver mugugnato e sospirato per  almeno cinque minuti, si decise a parlare.

<< Signora non vorrei allarmarla, ma credo che sua figlia abbia… un tumore al pancreas. Ovviamente bisognerà fare degli accertamenti, ma quello che ho visto non mi è piaciuto neanche un po’>>

Ebbene sì,avevo un terrificante mostro nella pancia… un mostro che pian piano mi avrebbe consumata.
Passò un mese da quella terrificante notizia… il mese più lungo di tutta la mia vita. Lo passai ovviamente in ospedale. Quelle pareti bianche che prima mi avevano tanto spaventata ormai erano familiari, persino piacevoli. Le immaginavo come un foglio su cui disegnare, su cui raccontare dei propri sogni… quei sogni che non avrei mai potuto realizzare. Volevo fare la scrittrice…volevo diventare famosa e magari sposare anche un uomo bello. Ma chi aveva più la voglia di scrivere… chi aveva più la forza.  La chemioterapia mi distruggeva… risucchiava tutte le mie forze, mi rendeva un mostro. Pian paino i miei capelli biondi iniziavano a scomparire, a cadere… avevo il terrore di pettinarli o di lavarli. Non li volevo più toccare. I miei occhi azzurri avevano perso la loro luce, ormai erano spenti, tristi, rovinati… proprio come la mia vita.
La chemioterapia non risolse la mai malattia, anzi la fece peggiorare. Ogni giorno sentivo che aumentava, diventava sempre più grave… piano piano mi stava divorando… mi stava uccidendo. Fui costretta a fare quel maledetto intervento… “ Non ti preoccupare con questo risolverai tutto” mi aveva detto il dottore… ma io non ci credevo. Il fatidico giorno dell’intervento arrivò e io stranamente non ero preoccupata…ne avevo passate di tutti i colori…cosa vuoi che fosse un taglietto in confronto a giornate intere distesa su un lettino attaccata ad un’apparecchiatura risucchia vita. Mi avviai in ospedale con una borsa con l’essenziale dentro. Intanto l’intervento sarebbe durato poco e io sarei tornata a casa sana e salva. ILLUSA. Prima di entrare in sala operatoria mamma mi stampò un bacio sulle fronte e poi fui trasportata su una barella nella mia ultima ancora di salvezza.
L’intervento è andato male, tutta la mia corta vita va male. Adesso sono in camera mia, nella mia bella casa. Questa sarà una delle ultime volte che la vedrò… perché me lo sento… tra poco lascerò questo mondo per andare a vivere in uno migliore, uno in cui la sofferenza e il dolore non esistono, dove tutti sono in pace ed in armonia. Dove la vita non finisce a causa di una malattia tanto piccola quanto grave. Mamma come al suo solito sta vicino a me,perché anche lei sa che è giunta la mia ora. Ho sonno, le palpebre mi si chiudono dasole… il cuore mi batte forte… sta battendo per l’ultima volta. TUM-TUM… TUM- TUM

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Mi sveglio di soprassalto, sono tutta sudata e ho le lacrime agli occhi. Sono nel mio letto,nella mia meravigliosa stanza e mia madre è accanto a me. È stato un incubo… era tutto finto. Mi alzo e ridendo corro ad aprire le finestra per ammirare le bellezza del panorama.  È bel tempo, il sole brilla più lucente che mai illuminando l’erba ancora bagnata dalla rugiada. Quanto è  bello quello che mi circonda… quanto è bella la vita.

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Dopo un po' di tempo e tanta pigrizia finalmente sono riuscita a pubblicare la mia prima storia. Spero vi piaccia =D
Per ora ciao a tutti.
Sara

  
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