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Autore: LostHope    24/01/2013    3 recensioni
Sono solo un povero clown, uno sporco clown, nato per far divertire. Camminare sul filo, ballare come una matta, darmi fuoco per sbaglio e fare trucchi scadenti. Il mio lavoro è questo. Li farò divertire, saranno così impegnati a ridere e a godersi la loro vita, che nessuno si accorgerà di nulla, quando aprirò le gabbie dei famelici leoni
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Aither Shellvine è un ragazzo intelligente, un abile hacker e un ribelle.
Odia la Capitale, i suoi mille distretti che cercano di nascondere una pace e una perfezione che non esiste, sotto lo sguardo vigile dell'Ordine Dell'Iris e i Punitori.
Poi, arriverà Lei.
E scoprirà che, dietro quella perfezione fasulla, si nasconde qualcosa di veramente terribile.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno 1, 16 febbraio 20xx
 
Dopo una camminata di due minuti nell’oscurità, passando per un lungo corridoio attraverso un passaggio segreto, ero arrivato davanti ad una gigantesca porta in ferro, con un G4 rosso e sbavato scritto sopra. Un odore di muffa che riempiva la poca aria respirabile.
Dietro quella porta, il mio futuro.
Se quella lettera nera con il simbolo del Governo, un iris scarlatto, non fosse mai arrivata per assumermi, non avrei mai creduto nell’esistenza di un laboratorio segreto, ne sottosuolo della Capitale.
Eppure, ero lì.
“Ehi, tu ! Tu sei quello nuovo, vero ?”
L’odore di muffa fu coperto da un odore acido che vacillava tra sigaro e rhum.
Un uomo tozzo, con una barba nera che copriva la pelle abbronzata, uscì dall’oscurità del corridoio.
Indossava un camice come me, ma non nero, bensì verde, macchiato di scuro e che emanava un forte olezzo.
Sembrava uno di quei ribelli che infestavano Cuba …
Gli dissi di sì e mi presentai.
“Finn Shellvine ? Che onore, il brillante tirocinante che ha lasciato a bocca aperta tutti i dottori del distretto Cancri ! Che fortuna, abbiamo un vero e proprio giovane genietto … che acquisto spettacolare sei, tigre.” Si complimentò, ironico, poi mi porse una mano piena di calli “Io sono Korn Wayseeh, tuo supervisore, piacere mio. Ora tigre, siamo in ritardo pazzesco e dovrei dirti le cose principali. Sei fortunato, mi hai preso in un buon momento, quindi in due minuti ti dirò il minimo indispensabile. Prima di tutto, un piccolo quiz: perché abbiamo i camici diversi, noi due ?”
Tirai ad indovinare.
“Esatto, abbiamo mansioni diverse: tu controlli e dai medicine, io opero e testo. Seconda domanda, hai stomaco di ferro, malattie varie o preferenze di qualunque tipo ?”
Non avevo nemmeno fatto in tempo a rispondere alla domanda, che Korn lo fece per me.
“Non importa che tu risponda, le risposte che avresti dato sono tutte irrilevanti. Ultima domanda …”
Tirò fuori da una tasca sudicia una carta magnetica e sogghignò, fissandomi.
“Sai, vero, quello che facciamo qui ?”
Abbassai la testa e feci di sì con la testa, pentito.
“Ottimo, lezione finita.”
Utilizzò la chiave e la porta si aprì.
 Lasciando libero un odore di marcio e morte che per poco non mi fece vomitare.
“Ci  farai l’abitudine, tigre.”
L’odore era solo una parte dell’orrore che si trovava dietro quella porta: doppia file di celle,con sbarre di ferro arrugginite, scure e sporche, il pavimento è lurido con macchie di sudicio e sangue secco, nessuna finestra, per cercare di liberarsi dall’odore c’era una piccola grata per il condotto per l’aria, ma era inutile e sudicia anch’essa.
E dentro le celle: bambini.
Di tutte le razze ed età.
“Sei proprio fortunato, qui si trovano i migliori esperimenti, la crème de la crème del nostro laboratorio. Ehi, tigre … ti vedo triste, cos’hai ? Non avrai dei figli, vero ?”
Sorrido, triste. Sì, un maschietto, quattro anni a giugno.
La mia risposta fece rabbuiare Wayseeh, che mi lanciò uno sguardo scioccato. “Ero sarcastico … ma guarda, bambini che crescono altri bambini, come è caduta in basso la nostra società ! Meno male che c’è il programma Perfect, mi fa credere in un futuro migliore !”
Parlare di quello che facevano qui come futuro mi fa pensare.
Sì … la società è caduta veramente in basso.
Non avrei mai accettato, se non sapessi cosa succede a chi non rispetta gli ordini dell’Ordine Dell’Iris.
Osservai le ‘cavie’: smunti e bendanti alla bene e meglio,che comunque non riuscivano a nascondere le loro ferite lo stesso, nascosti nei loro camicioni sudici un tempo bianchi, rannicchiati per terra,mentre cercavano di nascondersi nei loro camicioni sudici un tempo bianchi, di rendersi invisibili.
“Ci credi che questa spazzatura ha un’utilità, a conti fatti ? Stamattina abbiamo fatto una scoperta eccezionale !” sorrise, quell’uomo, avvicinandosi a me e sussurrandomi poi nell’orecchio “Le bambine dai capelli rossi … scoppiano che è un piacere !”
La mia faccia lo fece letteralmente sbellicare.
“Eh sì, come un fuoco d’artificio: uno splendido spettacolo di colori vermigli, peccato per l’odore ! Una cosa del genere è un grande passo per la scienza: un metodo originale per togliere lavoro ai musi gialli e per riciclare questa spazzatura immonda !”
Spazzatura.
Chi vive per strada, chi passa la propria vita legato ad un letto d’ospedale o di un manicomio, riformatorio e prigione.
Spero di non diventare come lui …
“Tornando a noi” l’uomo tornò serio e mi diede qualche pacca alla spalla “Il tuo lavoro è controllare queste cavie e somministrargli le medicine che ti daranno i miei colleghi. Non devi toccarli senza guanti o altre protezioni: alcuni sono tossine viventi. Non curarti delle loro condizioni: se la devono cavare da soli, pure i più piccoli. E, prima di tutto, occhio a Lei.”
… Lei ?
“Lei, Lei ! La Veterana, è qui da quando aveva tre anni, l’unica tra tutta ‘sta feccia che mostra grandi progressi. Ora ne ha sei anni, compiuti un mese fa. Abbiamo festeggiato, mancavano solo qualche bambina dai capelli rossi e sarebbe stato un vero party…” rise alla sua battuta e mi indicò l’unica cella con una porta vera e propria, lanciandomi un mazzo di chiavi arrugginite.
Deglutii e cercai di aprire la porta.
Quando ,all’improvviso, la mano di Korn mi bloccò il braccio, ringhiando un “Sei per caso impazzito ?!”
Aveva uno sguardo che traboccava odio e rabbia allo stesso tempo.
“Mettiti questa” mi porse una maschera colorata di blu e con un naso rosso.
Un clown …?
“Non voglio dover raccattare il tuo corpo freddo e decomposto, tigre.”
La indossai, incerto, e gli chiesi il perché di questa paura.
“Paura ? Mi fa solo fatica andare a dire alle alte sfere che un altro novellino ha tirato le cuoia. Meglio non farla arrabbiare, quella … non guardarla negli occhi … mai !”
Poi sorrise, facendo sparire la rabbia dal volto e andandosene, sparendo nell’oscurità.
“Buon primo giorno, clown !”
Rimasi in silenzio.
Se io ero un clown, Korn doveva essere l’Uomo Nero, perché, quandò sparì, i bambini cominciarono a piangere ed a gemere. Ma molti erano silenziosi, come bambole buttate per terra.
Rimanere lì, con quella maschera ridicola, bloccato dalla paura, mi faceva sentire un vero e proprio schifo.
Aprii la cella.
Notai subito tre cose: la prima era che la stanza non era affollata come le altre, anzi,vuota. La seconda è che quella stanza era illuminata al centro e gli angoli erano bui, come se non esistessero. La terza cosa mi fissava con due occhi verdi e con uno sguardo vuoto, dormiente.
La camicia che indossava era troppo lunga, un cappuccio cucito male le copriva la testa, lasciando sfuggire qualche ciocca fulva.
… Non poteva essere lei. Troppo piccola.
Il ricordo delle bambine -fuoco d’artificio mi fece salire la nausea.
“Sei qui per Shadow ?”
Parlava di Lei ?
La sua voce era melodiosa, ma anche metallica.
Mi tolse il fiato.
“La vuoi portare al Parco Giochi ?”
Dico di sì.
Era incredibile come avevano trasformato un crudele esperimento in qualcosa che poteva essere comparato ad un gioco come l’altalena o lo scivolo.
La bambina si era messa a strisciare verso un angolo buio, mostrandomi le sue gambe nude e impallidire.
Non credo di aver mai visto una cosa del genere: delle vene rosse che si ramificavano per le gambe, come grosse radici, inumane.
Sparì nel buio e un rumore metallico riempì il silenzio della cella e la bimba riapparve, attaccata ai fianchi di una sua coetanea più grande.
Capelli lunghi e neri come ali di corvo, l’occhio sinistro bendato con stracci lerci e l’occhio destro scuro come una notte senza luna, che lo fissava, mentre faceva strisciare ad ogni passo le catene che l’abbracciavano come una camicia di forza.
“Sei quello nuovo ?”
Feci segno di sì.
“Bene … devi condurmi nella stanza COD, secondo piano verso il basso, terza porta sul corridoio ovest. Devi aprire le catene dalla parte del muro, ti puniranno se non sono legata. Non fissarmi mai l’occhio sinistro e devi tenermi sotto controllo costante, quando sono fuori dalla cella: molti novellini hanno fatto una fine orrenda per colpa di queste cazzate.”
Rimasi a bocca aperta: una bimba di soli sei anni, in un posto del genere, di solito diventava come uno di quei bambini simili più a bambolotti. Invece lei era adulta, seria.
Come se fosse una cosa totalmente normale.
Seguii le sue istruzioni e mi misi a sganciare le catene dal muro, mentre lei appoggiò la sua fronte su quella della compagna, per farla smettere di piangere.
“Fiore, tornerò, non ti preoccupare. Asciugati le lacrime, tra qualche minuto verranno anche per te. Testa alta e comportati bene.”
“S-Si …”
Uscimmo e chiusi la porta, mentre la ragazza mi fissava, curiosa.
Perché non si ribella se è così forte ?
Perché non scappa, perché non fugge ?
“Sono solo un povero clown” la ragazza canticchia e risponde alle mie domande, facendo tintinnare le catene “uno sporco clown, nato per far divertire. Camminare sul filo, ballare come una matta, darmi fuoco per sbaglio e fare trucchi scadenti. Il mio lavoro è questo. Li farò divertire, saranno così impegnati a ridere e a godersi la loro vita, che nessuno si accorgerà di nulla, quando aprirò le gabbie dei famelici leoni …”
Aveva sospirato e, con un tono malinconico, mi chiese chi ero.
Le dissi il mio cognome.
Le piacque.
“Mi piace molto … è un cognome libero … spero di rivederla : mi piacciono molto i clown blu !”
Non ce la posso fare.
Mi trema la mano mentre scrivo, l’inchiostro e la penna non seguono più il mio volere.
Il lavoro del clown … non credo di riuscirlo a fare, di riuscirlo a sopportare.
Ho paura che la corda si spezzi, di scivolare, di diventare cenere e sbagliare il trucco.
E di finire divorato.
Mi chiedo … se riuscirò a fare quello che ho progettato.
Ho paura di fallire.
Ho forse … ho più paura per quella ragazza, Shadow.
Non posso rimanere a lungo a scrivere, la luce potrebbe svegliare Ardisia …
Non deve scoprire né il mio lavoro, né il mio diario.
Non voglio mettere in pericolo lei e il mio bambino …
Meglio chiudere qui.
Lo sporco clown ha bisogno di dormire.
 
 
 
Ecco qui, cominciata un'altra fiction ... mamma mia che fatica -.-"" Quando mai l'ho fatto, eh ?
Spero vi piaccia, mi sono mooolto impegnata per questo ^^ !
Un bacio a chi legge, a chi commenta, alle mie amiche e alla mia sempai che ha paura dei clown !
Ciao ciao :o)
  
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