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Autore: AgelessIce    24/01/2013    2 recensioni
-Che il tempio sia in movimento è un dato di fatto.
Semplicemente, sto ignorando la situazione.
Non ho la forza, né la volontà, per indagare.
L’ultima battaglia mi ha portato via più di quanto il mio spirito riesca a sopportare.-
-“Non vuoi farmi vedere il tuo viso per le leggi del santuario? “
E scuoto leggermente la testa, dondolando i piedi.
“ Prometti di non ridere, se te lo dico?”
Annuisce, serio, mordendosi appena il labbro inferiore.-
-E mi do’ della sciocca cento volte, e cento volte ancora, quando sento l’urlo soffocato alle mie spalle.
Perché, al momento, non è il cavaliere di Pegasus a necessitare di protezione.
È la sua maestra, ad essere instabile.
Ed, infatti, è lei ad essere riversa al suolo, un rivolo di sangue che sgorga al di sotto della maschera.-
- Aiolia X Marin, fondamentalmente u.u
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eagle Marin, Leo Aiolia, Ophiuchus Shaina, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aquila decaduta

Debole


-Shaina POV-

Tutti loro sapevano che non sarebbero tornati, eppure sono andati lo stesso.

Perché avevano un compito, perché dovevano salvare la loro dea.
Perché è così che si comportano i cavalieri, da sempre.
Perché nulla è più importante della vita di Atena.

E mi ritrovo a fissare Marin, che continua ad allenare le future sacerdotesse.
A guardarla così sembra quasi che gli ultimi eventi non l’abbiano minimamente sfiorata.

È il cosmo a tradirla, però.
Ha perso molto del suo antico splendore, della sua trasparenza.
Come se fosse un vetro appannato.

Ed è strano pensare che vorrei davvero poterla aiutare.
Siamo state tutto fuorché amiche per anni.

“Marin.”

Non so neanche perché io l’abbia chiamata.
Non è come se io abbia effettivamente qualcosa da dirle.

Però lei si gira, fissandomi attraverso quella maschera  inespressiva.

Alza poi lo sguardo al cielo, che ha cominciato a tingersi dei caldi colori del tramonto, e decide che l’allenamento è durato abbastanza.
Congeda le allieve e torna a fissarmi, in attesa.

E io mi ritrovo a caricarle un pugno in pieno stomaco, perché davvero non ne posso più.
Lei, che è stata la mia rivale per anni, si lascia cadere nel baratro senza far nulla.

“Reagisci, accidenti.”
Le mie parole sono appena sibilate, mentre lei si piega in due, senza un lamento.

E, ancora, alza la testa e mi fissa, in silenzio.
E io non riesco a reggere la vista di quel volto fasullo.

Perché quella maschera inespressiva è dannatamente irritante.
Perché quei lineamenti metallici riescono a mostrarmi tutto il suo dolore, anche privi di espressione.

Mi volto, dandole le spalle, scandendo ancora una volta le parole di poco prima.
E comincio a camminare, senza aspettare una risposta che so non arriverà.

E ignoro il senso di inquietudine che mi ha attanagliato lo stomaco appena l’ho colpita.
Perché sono sicura di aver notato un familiare scintillio dorato, nascosto tra gli alti busti degli alberi dietro l’aquila.
È stato per un secondo, uno soltanto, ma so cosa ho visto.
Solo che, semplicemente, non è possibile.

***

-Marin POV-

Aspetto che Shaina sia lontana, prima di voltarmi e guardare alle mie spalle.

Per un secondo, nulla di più, ho avvertito l’assenza al mio fianco essere colmata.

E so che non è possibile, i morti non tornano alla vita con tanta facilità, ma mi ritrovo a scrutare tra le ombre di quel bosco familiare, alla ricerca di non so nemmeno cosa.

E per qualche secondo resto così, immobile, in attesa di un qualsiasi rumore, un qualsiasi movimento.
Non mi stupisco, nel notare che quegli alberi non nascondono proprio nulla.

Eppure il vuoto al mio fianco adesso appare ancora più profondo.

Sospiro, voltandomi.
È alla mia abitazione, che mi dirigo.
Quella che un tempo condividevo con il mio allievo.

E continuo a sentire questa strana sensazione alla bocca dello stomaco, perché non è possibile, ma continuo ad essere convinta di quello che ho sentito.
Sono stata meno sola, per un secondo.

È per questo che faccio attenzione nel chiudere bene la porta alle mie spalle, al mio arrivo a casa.
E chiudo anche tutte le finestre, qualsiasi spiraglio di luce.
Tutto ciò che affaccia al mondo esterno.

Solo allora mi dirigo al lavabo, portandomi via la maschera e appoggiandola al marmo freddo.
Lavo con attenzione il viso, lasciando che acqua, sangue e sudore si mischino.

È per caso, che mi ritrovo a fissare il volto metallico che copre il mio volto ogni giorno.
È ancora incrinato, quasi fosse un viso vero, quasi quelle fossero cicatrici.

Cicatrici che sono orgogliosa di portare.
Perché è per salvare Seika, che me le sono procurate.
È per dare speranza al mio discepolo.

A quel bambino cresciuto troppo in fretta. Come ogni cavaliere, del resto.
Come me.
 

---

 
“E non hai proprio idea di dove possa essere tuo fratello?”

Scuoto la testa, osservando l’unico bambino che gradisce la mia compagnia.

Perché io non sono Greca, perché io non ho il diritto di indossare l’armatura.
Non sono ben vista, da queste parti, lo so benissimo.


“E come intendi fare a trovarlo?”

Alzo il braccio, lasciando che il tintinnio del campanello che porto al polso si diffonda nell’aria.

“Non lo so, ma finché ho questo so di poterlo fare.”
Perché è il nostro legame.
E non so nemmeno perché glielo stia dicendo.


Lui mette su un’espressione pensierosa dannatamente buffa, e faccio fatica a reprimere la risata.
Ma io non posso ridere, devo imparare a controllarmi.
Una sacerdotessa non lascia trapelare le sue emozioni. È questo che mi hanno insegnato.


“Mio fratello era un traditore.”

E quelle parole sono stranamente piene di rancore.

E  davvero non capisco come si faccia ad odiare il proprio fratello.

Inclino la testa, consapevole che lui non può cogliere la mia espressione… perplessa.
Perché io indosso la maschera. Perché io devo nascondere la mia femminilità.


Però lui non parla, non si spiega.
Si limita a rabbuiarsi e stringere i pugni.


E per un secondo fa quasi paura.

“È per questo che devo diventare forte. Tutti mi considerano solo come il fratello del traditore. Devo riscattarmi.”

E credo che questo ragazzino sia davvero strano.
Strano nel senso buono, ammesso che  esista.


Perché io non sarei mai capace di odiare mio fratello.
Però non glielo dico, questo.
Non voglio infrangere la determinazione nel suo sguardo.

---


Afferro la maschera, riportandola al volto, con un gesto quasi rabbioso.

Anche se, probabilmente, il termine adatto sarebbe disperato.
Ma non si addice ad una sacerdotessa.
Rabbioso è più adatto.

Perché so che è inutile.
Perché so che concentrarsi sul nulla che mi circonda non aiuta.
Non cambia la situazione. Non aiuta a riempirlo.

Ma non riesco a fare altrimenti.

E mi sento dannatamente debole.

***

-Saori POV-

La consapevolezza di essere la causa di tanta tristezza, di tanti lutti, non è qualcosa che io possa sopportare facilmente.
Perché poco importa, che fosse indispensabile.

È per salvare me che i cavalieri d’oro hanno dato la vita. È per salvare me che Seiya e gli altri hanno rischiato di seguire il loro esempio.
Se solo fossi stata più forte…
“Atena?”

Scuoto la testa, come per mandar via i pensieri.

“Certo. Scusami stavo –“
“Non dovresti distrarti, sai? Sei stata tu a chiedermi di venire fin qui.”

Annuisco, prestando piena attenzione alle sue parole.
Perché ha ragione.
Perché è fondamentale che lei accolga la mia richiesta.
E lo so, che i miei cavalieri sono in pena. Spero solo che riescano a fidarsi di me.
Nulla di più.
Perché andrà tutto bene. 
 
 

Salve a tutti!
Probabilmente avrete già capito dove sto andando a parare, ma vabbé.
Devo dire che questo capitolo non mi convince, ma abbiate pietà di me. L'ho scritto mentre la prof spiegava latino. Le mie facoltà mentali non potevano essere intatte.
Comunque, oltre a questo, spero di non aver deluso le vostre aspettative, e che i personaggi non siano terribilmente OC.
Cercherò di farmi perdonare con il prossimo capitolo >.<
Grazie infinite a chi continua a seguirmi <3
A presto!


  
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