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Autore: Ryo13    25/01/2013    2 recensioni
Storia della follia a cui può spingere l'amore, narrata nella forma di un racconto. Adam e Amelia non possono vivere l'uno senza l'altro, ma questo li spingerà ad intraprendere un cammino oscuro, che rompe i limiti della vita, della morte, della morale.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Your mind plays on you'
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Capitolo10_zps102a5fc7



I giorni immediatamente successivi a quello che, per tutta la vita di Amelia, era stato definito come “il grande giorno”, passarono senza che ella riuscisse a mettere il naso fuori casa. La quantità di informazioni nuove che a ogni minuto si riversavano nel suo cervello, tramite il micro-processore installato nella sua carne, le provocava fitte alla testa e nausee continue. Le salì la febbre, dunque per giorni fu costretta a letto e furono pochi i veri momenti di lucidità che poté spendere a riflettere su quella situazione paradossale. Adam si prendeva cura di lei con sollecitudine, come aveva sempre fatto, ma per fortuna non rimaneva mai molto a lungo nella sua stanza come da esplicita richiesta della ragazza.
Ogni volta che lo vedeva, Amelia provava sentimenti contrastati: da un lato vedeva suo padre, dall’altro un amante perduto, da un altro punto di vista ancora, vedeva il carnefice. Non riusciva a non colpevolizzarlo per ciò che aveva dovuto subire, a sua insaputa, e che stava continuando a soffrire anche ora, con l’intromissione non voluta di quei ricordi teneri e strazianti di una persona morta per un’altra altrettanto scomparsa.
Aveva avuto modo di constatare anche, attraverso ciò che vedeva con gli occhi della mente, che quelle persone, così innamorate l’una dell’altra, erano in realtà vissute più di settant’anni prima. Il dubbio – che le si era insinuato progressivamente, man mano che faceva caso al tipo di abbigliamento che indossavano, alla tecnologia che avevano, ecc ecc – venne confermato dalla stesso Adam, un giorno in cui la febbre era più bassa.
«Sì, hai ragione. Quei ricordi risalgono a settantatré anni fa.»
«Ma… com’è possibile?» chiese Amelia incredula.
Adam la guardò con la sua solita aria di quiete e sorrise appena. «Io sono un robot, Amelia. Continuerò a muovermi fino a quando i miei ingranaggi funzioneranno.»
«Ma tu… tu mangi, dormi, fai le stesse cose che faccio io! Come fai a non… a non “scaricarti”?»
«Uso delle speciali celle di conversione dell’energia solare: come i pannelli che si impiantano nei tetti delle case, solo molto più piccoli e capaci di convogliare molta più energia. Hanno speso un capitale considerevole su di me, allora. Sono fatto dei migliori materiali… almeno così mi è stato detto. Il motivo per cui non ci sono ancora tanti come me è perché solo Amelia è stata capace di sviluppare adeguatamente questa tecnologia. Lei era un genio, e senza le sue intuizioni, la scienza ha fatto passi molto più piccoli di quanto avrebbe potuto se avesse usufruito delle sue idee. Ora che sono morte tutte le persone che la conoscevano, comunque, hanno lasciato in pace anche me.»
«Che cosa vuoi dire? Non ti seguo.» disse Amelia.
«Molti uomini hanno cercato di studiare il mio funzionamento ma nessuno di loro è mai riuscito ad arrivare al centro del mio essere: Amelia ha sigillato la matrice e i dati più importanti. Senza la chiave di accesso nessuno può copiare ciò che sono o può modificarlo in altro modo. È per questo che hanno presto perso interesse nei miei confronti… ero un vicolo cieco, per loro.»
Si fermò un momento per porgerle il termometro.
Poi riprese: «Lei lo sapeva… sapeva bene che ci avrebbero provato, se mi avessero scoperto. Era per questo che mi teneva nascosto. Lei non voleva che qualcuno mi cambiasse e mi rendesse altro diverso da Adam. Io ero suo. Il suo Adam. Lo ero e lo sarò per sempre perché adesso io ho te.»
Come sempre più spesso accadeva, Adam tornò di nuovo sull’argomento più ostico, quello che Amelia rifiutava con tutte le sue forze e che non poteva accettare di capire, né tantomeno desiderava ascoltare. Ogni volta che riuscivano a parlare per qualche minuto di qualsiasi cosa, quasi si tranquillizzava, mettendo da parte l’angoscia e illudendosi che quell’incresciosa situazione si potesse in qualche modo superare. Ma bastava un attimo, una frase o un argomento, che subito tutto ripiombava su di lei più reale e, forse, anche più doloroso di prima.
Adam non si accorgeva di farle del male e non si rendeva conto che fosse controproducente forzare la mano dove chiaramente lei si sentiva ancora così insicura e spaventata: secondo la sua logica, Amelia doveva capire. Ora che sapeva, che aveva i ricordi giusti, doveva tornare a essere l’unica persona della sua vita e si aspettava che ricambiasse un sentimento che lui per primo, con l’inconsapevolezza di cui solo un essere artificiale poteva essere dotato, aveva svuotato della sua natura.
Con un simile disequilibrio tra le parti, fu solo naturale l’allontanamento che ne seguì.

Dopo circa una settimana, Amelia fece ritorno a scuola.
Michelle le disse che era stata molto preoccupata per lei perché era sparita senza farsi più sentire dopo la discussione che avevano avuto quella mattina, all’uscita della scuola, alcuni giorni prima.
Amelia si scusò come poté e le disse che era stata male e che aveva avuto la febbre. Per fortuna, il pallore che le adornava ancora il viso, come un’ombra fosca in ricordo dei giorni tetri appena trascorsi, confermarono la sua versione e Michelle non sospettò affatto che ci fosse qualcosa che non andasse.
Tuttavia si ritrovò a interrogare l’amica sulla questione che avevano lasciato in sospeso.
«Allora, Amelia, raccontami! Cosa ti ha detto tuo padre? Eri così preoccupata di ciò che avrebbe potuto rivelarti! Ti ha parlato alla fine? Avete fatto qualcosa?»
A quella menzione, Amelia si tese come una corda di violino. Abbassò lo sguardo e per un po’ non riuscì a guardare l’amica, come se temesse che potesse leggerle negli occhi la verità sulla depravazione del genitore e che potesse condannarla per quello. Come avrebbe reagito se avesse saputo cosa fosse suo padre? E all’idea di quello che le aveva fatto? O peggio… al pensiero di quale fosse stato il suo vero scopo? Al fatto che lui pretendeva di avere una relazione amorosa con Amelia, che aveva cresciuto come una figlia?!
Si sentì quasi svenire e capì che non avrebbe mai potuto permettere, in nessun caso, che trapelasse a verità.
Ora, con ancora più dispiacere, si rendeva conto che quanto successo avrebbe davvero cambiato la sua vita per sempre, sì, ma in un modo che fino ad allora non aveva previsto: sarebbe stata costretta ad allontanarsi da tutti.
Non avrebbe potuto più permettere a nessuno di avvicinarsi a lei al punto da conoscerla profondamente, poiché una tale vicinanza rischiava di far venire fuori la verità. Non sarebbe stato affatto difficile sospettare qualcosa nel momento in cui si fosse notato l’atteggiamento fin troppo protettivo di Adam nei suoi confronti o si fossero udite le parole d’amore che aveva per lei.
Ed ora, per la prima volta, si trovava a dover mentire a un’amica, a impedirsi di essere totalmente franca con lei.
«Non è stato nulla, davvero. Avevi ragione tu… mi sono preoccupata per niente!»
«Ma… come? Non avevi detto che doveva rivelarti qualcosa?»
«Beh, sì… come avevo sospettato, si trattava di mia madre.»
«Ah! Davvero? Allora è viva? Dimmi!» Michelle si illuminò in viso, pregustando già di udire notizie meravigliose.
«Oh… no, cioè… non lo so, veramente. Mi ha solo detto che non sa bene che fine abbia fatto.»
«Come non lo sa! Possibile?» esclamò la ragazza, sorpresa. «Cosa ti ha detto allora?»
In realtà, Adam le aveva riferito, a proposito dei suoi veri genitori, che non li conosceva neppure: l’aveva vista un giorno al parco giochi, aveva apprezzato quella bambina dai capelli rossi e gli occhi chiari – la fisionomia della sua Amelia – al punto da prenderla semplicemente. I genitori l’avevano persa di vista un momento e lei, l’attimo dopo, era sparita. Puff! Andata.
Adam l’aveva portata con sé e le aveva cancellato la memoria affinché non piangesse per avere la sua mamma e il suo papà.
Quando l’aveva saputo si era rammaricata di quei ricordi perduti, rallegrata per la speranza di poter avere ancora dei genitori in vita, da qualche parte, e adirata riguardo all’ingiustizia che aveva subito: con uno scatto l’ira – ormai sempre più frequenti peraltro – aveva cacciato Adam dalla sua vista, gridandogli che l’odiava e che avrebbe desiderato non averlo mai incontrato. Poi si era pentita di quel gesto e di quelle parole. In fondo, comprendeva cosa aveva mosso il robot: un semplice e inoppugnabile comando logico.
Ma naturalmente non poteva dire tutto ciò alla sua amica, quindi inventò una scusa. «Mi ha riferito che per anni l’ha cercata, senza mai trovarla e che probabilmente è morta.»
Michelle si rattristò e dichiarò ad Amelia che capiva la sua delusione. Poi le intimò di farsi forza ricordandole di guardare ai lati positivi: lei aveva ancora suo padre!
Per poco non si mise a ridere di quelle parole. Le sembrava tutto così assurdo! Ma si sforzò di rimanere in silenzio e fingere di apprezzare il suo gesto e le sue parole, dato che non poteva assolutamente rivelarle i suoi terribili segreti.

Poi i giorni passarono, e così le settimane, i mesi e gli anni. Come aveva intuito quella prima volta, Amelia si era allontanata da tutti: si era volontariamente isolata in un guscio protettivo che avrebbe separato per sempre la vita che conduceva nel mondo reale e quella che viveva nella sua casa dove, ogni giorno, l’attendeva Adam che provava costantemente ad avvicinarla, ad avere con lei un rapporto che la ripugnava.
Nessuno la conosceva per quello che era, nessuno sapeva cosa aveva dentro, cosa provava e quale insopportabile dolore dividesse la sua anima. La fine della scuola l’aveva portata a chiudere tutte le amicizie. Perfino Michelle, dopo innumerevoli tentativi, aveva rinunciato a mantenere un legame con lei: Amelia si rifiutava di uscire, si rifiutava di invitare gente a casa, si rifiutava di spiegare ciò che non andasse e ciò che la preoccupasse. La fine di quell’amicizia, tuttavia, non le procurò solo sconforto ma, stranamente, anche un senso di liberazione dall’obbligo di dover fingere costantemente con tutti: un sorriso qua, una frase allegra là e una battuta per ridere… cose così semplici erano diventate, col tempo, un grosso peso per lei, poiché aveva nell’animo sempre meno spensieratezza.

Alla fine Adam c’era riuscito: ora Amelia era davvero sola.
Le era rimasto solo lui.

 

[Continua...]

 

E ora? Questa fine potrebbe lasciare presagire qualcosa di ancora triste e deprimente? Oppure, forse, è il barlume di speranza? Perché quando si arriva al fondo non si può far altro che risalire, giusto? Oppure - come dicono alcuni - si comincia a scavare? :ghya:
Come ho anticipato in tag, mancano ormai 2 capitoli alla fine della storia :excl:
Dal prossimo, ci sarà un "balzo" temporale... quindi non vi annoierò ancora con la storia dei sentimenti tormentati di Amelia XD O dei tentativi di Adam di farla diventare la sua amante...
Si introdurrà anche un nuovo personaggio che avrà un ruolo ben preciso nel racconto, soprattutto come chiave allegorica nel sistema dei personaggi :heart:
Spero che tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto! <3
Alla prossima! *baci*

   
 
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