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Autore: Janez    25/01/2013    0 recensioni
questa è una vera e propria light novel. non una semplice racconto a puntate. la storia narra le vicende di una giovane scrittrice che a 16 anni è molto insoddisfatta della sua vita; fatica a ritrovarsi con i suoi compagni della stessa età, sente di non riuscire ad adattarsi alla superficialità e al mondo che la circonda. eppure si sente sola. cosi in una giornata di neve esprime un desiderio, non sa verso chi, al primo che l'ascolterà, se al bene o male non gli importa. e addormentandosi si risveglia un mondo compltamente sconosciuto. con un corpo che non è il suo in una situazione surreale da cui non riesce a uscire. si accorge di trovarsi intrappolata in uno dei suoi racconti e la sua vita da quel momento non sarà più la stessa.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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è così è giunto nuovamente il periodo natalizio, come ogni anno a questa parte, starò male di nuovo, e non credo che avrò niente da festeggiare”.

guardò la rubrica telefonica e scorse i numeri, c’erano solo quelli dei parenti, nessun amico se non compagni per i compiti, non ne aveva mai sentito nessuno al di fuori della scuola.  

“anche quest’anno lo passero da sola a cantare le canzoni di natale fino a quando non prenderò sonno. in fondo sono io quella sbagliata, quella che non riesce a legarsi con nessuno. ma non dovrei dispiacermene in fondo queste sono scelte mie o no?!… lo sono vero?”

Nadia guardò il suo riflesso sul vetro della camera oltre il tavolo della scrivania, come se il gioco del riflesso di se stessa  fosse una sorta di folla capace di ascoltarla e giudicarla per tutti i suoi errori della vita.

“lo sono sempre state mie scelte, d’altronde non posso farmene una colpa, e poi lo so bene, considerando il fatto che qualsiasi persona incontrata ha come dire…  quella mentalità dannatamente piatta che si articola su concetti terra-terra di cui io non voglio avere niente a che fare.
ossia qualsiasi cosa che la massa reputa divertente o che ritiene tale. come pensare ossessionatamene all’altro sesso in modo del tutto impertinente, indecente, e tante cose che finiscono per ente di cui adesso non mi viene niente in testa;  

poi se non bastasse cercare di arrivare al fine settimana per essere più ubriachi più fatti e poi la mattina vantarsene come se fosse quello il centro nevralgico dell’importanza di questo pianeta, non credete sia assurdo tutto questo?  

non guardarmi così? scrutò se stessa nel vetro con un espressione di amarezza.

ok lo ammetto, probabilmente sto generalizzando un po’ troppo, forse penso troppo e cerco di trovare qualcosa di sbagliato negli altri per giustificare il fatto di essere sola in casa e con la paura che nessuno mi capisce, nemmeno il gatto addormentato sul letto mi capisce, le ho riempito la ciotola di croccantini e l’ha snobbata completamente.

- eh… che ti prende Rossetto, non me le fai le fusa questa sera… perché te ne stai li tutto addormentato, preferisci il sonno a me?” guardò il gatto rossiccio stirarsi sul letto e cambiare posizione per poi acciambellarsi e chiudersi in se stesso per non voler sentire la sua voce.
“fa come ti pare d’altronde è giusto che un gatto faccia solo le cose gatte” -

son sicuro che se ci fosse stata la mamma a quest’ora era tutto coccole e fusa, anche gli animali hanno qualcosa da rimproverarmi. qualcosa che io non riesco ancora a capire. se fosse stato un gatto intelligente avresti dovuto per lo meno alzarti da li e dirmi, senti Nadia guarda il tuo problema è questo, e farmi comprendere come normalmente dovrebbe fare una persona adulta, una persona… Adulta, già…  cercò per un attimo di sforzarsi e non piangere. perché te ne sei andata, non ti sembra ingiusto avermi lasciato qua con tutti questi problemi Mamma? fissò la neve che scendeva nella finestra e dimezzava le luci arancio dei lampioni. una lacrima le solcò il viso e abbassò la testa per non essere più osservata dal suo riflesso che piangeva. si asciugò le lacrime e ritornò nuovamente seria.

passerà non è così? passerà tutto come ogni volta, in fondo è una questione di abitudine…
anche la solitudine è un pò una compagna di vita, lei non ti farà rimanere da sola, ti rimarrà affianco.  starà qua affianco a me a guardarmi morire e non andrai più via.

forse dovrei cambiare? ci ho già tentato una volta ricordi. non ne sono capace, non riesco a mentire a me stessa. non so se si è capito bene, ma io non sono quel tipo di ragazza che rimane in casa a fare cose frivole, truccarsi a guardarsi allo specchio a folleggiare dannatamente su probabili amori passati, presenti e futuri, o meglio si, anche io sono umana, lo faccio, ma non sono decisamente attratta dall’atteggiamento superficiale di certe persone da pensarle accanto a me nella mia vita. e come se fossi distaccata in una stanza segreta a cui nessuno bada. l’invisibile agli occhi e l’invisibile al cuore. mamma cosa dovrei fare? una nuova lacrima scese sul suo viso.

giusto! giusto! basta rimproverarsi, io sto bene qua e qui dentro ho tutto quello di cui ho bisogno, un portatile, la tastiera e un nuovo divertente racconto dove posso scrivere come vorrei la mia vita. ebbene si io scrivo, e non pensate a questo sia come un triste rifugio dalla realtà, per me è come respirare. accese il tasto che avviava il computer e attese di vedere il computer davanti ai suoi occhi.

“ci siamo” guardò nuovamente fuori dalla finestra e accarezzò i fiocchi di neve che scendevano piano come se fossero senza tempo.

fu a quel punto che un velo di nostalgia la fece piombare nella malinconia assoluta. il suo paese che conosceva come le sue tasche veniva lentamente cancellato, ogni cosa che lei ricordava spariva sotto quella coltre di bianco. la sua mente divagò tra quei fiochi che lentamente crollavano dal cielo come le sue lacrime.

sospirò e guardò il suo riflesso. i capelli castani che seguivano il contorno del viso, gli occhi nocciola quasi ambrati, la bocca carnosa e un sorriso lieve che si cuciva nel volto non appena le dava importanza. il pigiama era di una taglia più piccolo, ma va bene, tanto lo indossava solo per la notte, riusciva a malapena a trattenere le sue curve, molto generose; le stesse che in qualche modo la condannavano   a essere circondata da  cretini che volevano da lei solo una cosa. non era proprio da buttar via eppure si sentiva come se fosse di quegli ingombri da magazzino, di quelli che non sai dove metterli e li poggi temporaneamente da qualche parte, per poi farli sparire nel dimenticatoio del mondo. forse sarebbe stato meglio per lei  sparire e farsi dimenticare da tutti.

osservò nuovamente il manto bianco della neve che poco per volta stava uniformando i pensieri di quel mondo, e  le sembrò che un enorme mostro senza occhi sedesse sopra le case. e così si rivolse direttamente a quella strana creatura che immaginava.

fece un lungo respiro e disse:
“ti prego, qualsiasi cosa ci sia la fuori, se buona o malvagia non mi importa, voglio solamente che mi ascolti, dammi soltanto il potere di riscrivere la mia vita da capo in modo diverso, non voglio più essere così sola, chiunque tu sia ascoltami, voglio che ogni cosa sia diversa, insomma ti sembrerà anche strano, ma voglio che mi incasini la vita, levami da questa noia, io so che tu puoi farlo se vuoi, puoi cancellarmi da questo mondo” appena pronuncio’ quella frase si sentii  una stanchezza irreale, non riusci’ più a tenere gli occhi aperti e abbassò il capo sulla tastiera del portatile sulla scrivania e si addormentò lasciando che la stanchezza la invadesse.

il profumo del caffè sembrava l’unica cosa che avesse senso, sentiva l’arorma farle da cuscino nel mentre che ancora con gli occhi chiusi cercava una posizione più comoda per la testa. aprì gli occhi e fissò il mobile davanti a se come se fosse un opera di uno scultore sconosciuto. quel fuxia era talmente acceso da poter illuminare a giorno la notte. Si tirò  su mettendosi seduta. si accorse di stare  in un letto matrimoniale. Il posto di fianco al suo era disfatto come se effettivamente avesse dormito con qualcuno, per lo meno il lenzuolo ricordava ancora la posizione del corpo di chiunque fosse stato la. “ma che diamine sta succedendo?” disse,  poi la sua attenzione fu richiamata dal rumore metallico delle posate proveniente dall’altra stanza. Un rumore di un pensile che si chiudeva e il fruscio di movimenti silenziosi oltre la porta. Ruotò con la testa a osservò bene la stanza, non riconobbe nulla di quello che vedeva , ne i quadri con colori assurdi, ne il lampadario a forma di orecchio pendere dalla parete, ne i poster di, di.. “ohhh mio dio! Ma come si fa a mettere Justin Bieber?”, “ma dove accidenti sono capitata?”  le tende rosa di hello kitty, una scrivania piena zeppa di pupazzetti di ogni forma. poi sussultò dalla paura non appena avvertì i passi farsi sempre più vicini. Guardò la porta e si appiattì lungo la parete opposta, completamente spaventata da quel mondo che non conosceva.  Quando la porta si aprì, un ragazzo la guardava con uno sguardo tra l’amorevole e il maniacale, la cresta di gallo impomatata da gel e lacca e brillantina come se piovesse; solo a guardarlo rimase disgustata da quello che vedeva. Aveva sempre odiato le persone che seguono le mode come se fossero il loro passaporto per entrare nel mondo, e chiunque esagerasse come in questo caso, avrebbe avuto sicuramente tutto il suo ribrezzo e disgusto. il ragazzo comunque continuò a masticare un cewingum e la guardava con uno sguardo spento, senza emozioni.

- chi diavolo sei? e dove sono capitata? Che cos’è questo posto, se è tutto uno scherzo dillo subito eviterà cose ben peggiori alla fine? –
Lui rimase sorpreso dalla sua affermazione, quasi si aspettasse un altra frase
- Betty buongiorno -
- Betty? chi è Betty?  ma che mi prendi in giro? -
- Betty Buongiorno – ripetè ancora una volta
- ti si è incantato il disco, cosa ci faccio in questo posto, e tu chi cavolo sei? – mentre faceva la domanda, intravide nello specchio una ciocca dei suoi capelli, istintivamente con la mano se li portò davanti agli occhi
- oddio!!!! ma sono diventata bionda!? ma che succede? – guardò verso il basso e notò un seno strabordante, che già lei ne aveva abbastanza, ma quello era una cosa … inumana, stava su come se fosse di silicone…. – sono rifatta!!!… mio dio!!! questo no! ma che diavolo succede? cos’è uno scherzo? – si mise in piedi sul letto e guardò il ragazzo fermo alla porta ancora nella stessa posa di prima
- Betty buongiorno – ripeteva instancabilmente ogni volta che lo guardava negli occhi.
- non sono Betty! -
- Betty buongiorno -
- che fine ha fatto il mio corpo, questa cosa è… è…  volgare!  Di chi è questo corpo fasullo? – ripetè quelle parole e il ragazzo guardandola ripeteva ancora
- Betty Buongiorno -
- heee!!! Buongiorno un cavolo!!! – urlò dal nervoso – adesso rispondimi! -
- ho fatto la colazione, ho preparato le fette biscottate con il burro come piace a te amore, il caffè con il lattuccio e poi il succo d’arancia, io adesso vado al lavoro -
- ma che cosa vuoi che me ne freghi… di te e del tuo lavoro, e di…  ma sei completamente scemo? non sai dove te l’infirerei il lattuccio!? – camminò lungo il letto come se fosse un isola e non potesse uscire da quella barriera di coperte, osservò nuovamente il ragazzo che con lo sguardo inebetito continuava a fissare qualcosa che doveva trovarsi in una delle due piazze del letto, chinò la testa in direzione del cuscino e disse ancora una volta
- ho fatto la colazione, ho preparato le fette biscottate con il burro come piace a te amore, il caffè con il lattuccio e poi il succo d’arancia, io adesso vado al lavoro -
- non devi essere normale secondo me… secondo me tu hai perso qualche rotella, non ne voglio… lo vuoi capire! non ne voglio! ci siamo intesi, non farmi diventare volgare ti prego!? dimmi piuttosto dove sono e dove mi trovo, ecco vedi mi sto anche calmando! – lo disse con una voce molto nervosa – adesso dimmi chi sei? o giuro che se mi rispondi un altra volta la stessa cosa vengo la e ti… ti prendo a calci -
- ho fatto la colazione… ho preparato le fette biscottate – ne avevo decisamente troppo del sentire una altro volta quella cantilena, gridai dalla rabbia.
- haaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!! – prese la lampada del comodino e la lanciò con tutte le sue forze, mancandolo, ma rompendo la lampada a forma di pesce rosa che si ruppe in mille pezzi sul pavimento, balzò dal letto e gli corse incontro e gli urlò addosso
- non me ne frega niente della colazione, ne del caffè, del lattuccio e ne di qualsiasi stramaledetta cosa fatta da te e dalla tue mani e adesso vattene ovunque, basta che ti levi dalle palle – gridò,  poi sentì un rumore strano che la fece sobbalzare, come se si fosse rotto qualcosa, senti il rumore di un foglio strappato. e il ragazzo si scosse dal torpore in cui era capitato
- allora? – gridò ancora – mi rispondi o devo veramente prenderti a pugni? -
- calma, calma, ti rispondo ma ti prego cara calmati? -
- cara? cara dillo a tua sorella! -
- ma sei la mia ragazza -
- se ti rompo le braccia forse la smetti di dire di queste, queste… ecco… fesserie -
- fe… fermati – disse con paura – non so per quale motivo ti comporti cosi Betty -
- chi è questa Betty? la vuoi finire di chiamarmi così -
- sei tu, Betty, Elisabetta va bene, se ti chiamo in questo modo va meglio? però torna alla normalità, che scherzo sarebbe questo? -
-  e giusto quello che mi chiedo io, che scherzo è questo? e poi giusto per fissartelo in testa, io non sono Elisabetta, chiaro! -
- ho fatto la colazione, ho preparato le fette biscottate con il burro come piace a te amore, il caffè con il lattuccio e poi il succo d’arancia, io adesso vado al lavoro -
- di nuovo… ma che diamine ti è  preso tutto ad un tratto, ti son tornati gli occhi da pesce morto e quel’espressione da scemo – guardò nuovamente quel ragazzo così strano, si comportava come se fosse un automa, era ripartito esattamente dal punto in cui era rimasto in panne prima. e in qualche modo provò a rispondergli per vedeve se cambiava qualcosa…
- grazie, prenderò del caffè e del succo d’arancia, va bene così? – le fece un sorriso finto e lo guardò negli occhi… – allora?-
- grazie cara -
lui la fissò con uno sguardo mezzo addormentato e con uno strano luccichio negli occhi, poi iniziò a camminare verso di lei con le labbra prominenti in avanti. A vederlo così Nadia si spaventò e  balzò indietro come una molla.
- che cosa stai tentando di fare? che significa tutto questo? -
non rispose, non disse una parola e continuò a camminare verso di lei con lo stesso atteggiamento equivoco.
- giuro che urlo, mi metto ad urlare, se solo ti avvicini un altro po, ti prendo a calci veramente finchè non ti scompare il culo  -
camminando all’indietro per sfuggirle, ritornò sopra il letto e il ragazzo continuò a camminare come uno zombie verso di lei.
- mi stai facendo paura adesso, che ti succede? svegliati! -
un nuovo rumore di pagina strappata risvegliò il ragazzo
- Elisabetta ti stai comportando in modo anomalo, devi dire le tue battute o non saprò come andare avanti? -
- per favore allontanati da me, che cosa stai cercando di fare si può sapere? esiste un telefono per chiamare la polizia da qualche parte? -
- devo darti il bacio e tu mi devi augurare buon lavoro o non posso uscire dalla scena -
- la scena? ma di che cosa stai parlando, e poi non so nemmeno chi sei non ti conosco -
- sono Giorgio, il tuo ragazzo -
- Giorgio… ti chiami Giorgio vero, sai… credo che  ti sto per fare molto male, Giorgio -
- che cosa? io ti devo dare un bacio e tu mi devi dire grazie e augurarmi buon lavoro -
- mi spiace, l’unica cosa che posso fare per te è questo! – un calciò parti verso le parti basse di Giorgio che si accasciò al suolo in preda a un dolore allucinante.
- non osare mai più fare una cosa del genere o la prossima volta … ma che sto dicendo! ci perdo anche tempo a farti la morale, sto uscendo pazza,  non ha senso, niente a senso – saltò il ragazzo steso sul pavimento e cercò l’uscita dell’appartamento. la trovò e si mise a correre per le scale del palazzo, un minuto dopo si trovò  in strada e fissava una cittadina bagnata dal sole come se fosse una cartolina irreale.
nessuno la notava nel mentre che camminava in pigiama.
Mentre cercava di capire dove andare si accorse che il ragazzo l’aveva seguita. Iniziò a correre più velocemente per sfuggirgli.
- Elisabetta fermati! -
- non sono Elisabetta come te lo devo dire!? – si fermò perché con le pantofole rosa a forma di cuore non riusciva a correre come si deve.
- Elisabetta che stai facendo devi tornare dentro, io ti devo dare un bacio e dirmi grazie e augurarmi un buon lavoro -
- ancora con questa storia … devi cercare di piantarla Giorgio,  che strano sai ti assomigli a quel verme viscido del mio vicino di casa si chiama… hei aspetta, si chiama proprio Giorgio  - rimase interdetta per un attimo, poi disse – è Firenze? Questa è Firenze vero? -
- si è Firenze -

le venne in mente una cosa, pensò immediatamente a un qualcosa che aveva scritto qualche anno fa ambientato proprio nella cittadina toscana, un raccontino breve dove i protagonisti erano Giorgio e Elisabetta, aveva preso in prestito  il nome di Giorgio dal figlio del vicino di casa, un guardone allucinante che ogni volta che stava alla finestra rimaneva ore e ore a fissarla; e se questo non bastasse, rimaneva li tutto il giorno cercando di vederla passare. Nadia  sapeva benissimo che aveva una cotta per lei, ma a parte questa operazione di vedetta che la rendeva nervosa, il ragazzo in questione non era sicuramente uno che brilla per intelligenza o coraggio, per carisma, viveva appaticamente solo pensando a se stesso. era stato molto facile prenderlo come modello negativo in una storia di questo tipo. Giorgio non era ne interessante, ne bello, ne tanto meno atletico, era al mondo solo perchè c’era posto, per l’appunto il ragazzo che mai nessuno vorrebbe augurarsi. Mentre Elisabetta era una svampita emo-truzza che impersonificava tutto quello che odiava in un essere umano, addiritura rifatta e finta fino al midollo… cosa ci poteva essere peggio di questo?
però pensando bene a quel racconto, se quest’ipotesi fosse vera e lui fosse effettivamente il Giorgio del racconto, dovrebbe avere una voglia di fragola sulla pancia. la ricordava bene, era stato un particolare nella descrizione che l’aveva fatta ridere mentre la creava.

senza riflettere si avventò su Giorgio cercando di sollevargli il maglione.

- ma che fai, tu dovresti dirmi grazie e poi… e … poi… -
- piantala con questa tiritera e stai zitto e fammi guardare! ci metterò solo un minuto -
- non voglio, lascia la mia maglia! -
- io faccio ciò che voglio e io guarderò ugualmente – cercò di liberarsi delle mani di Giorgio che cercavano di difendersi
- tu mi devi dire grazie…. tu  mi devi dire… e  io ti devo baciare e devi augurarmi, devi augurarmi un buon lavoro -
Nadia si bloccò un istante e rispose – nooo!!!… lo vuoi capire si o no, devo controllare una cosa,  quindi sta buono,  devo sollevarti sto cavolo di maglione, poi torna a fare quello che ti pare, a me non interessa dove vai, poi sparirai dalla mia vita e non ti rivedrò mai più, quindi basta stronzate! fammi guardare, te lo ordino! -
- non ci riuscirai, tu non devi fare queste cose non è previsto -
- previsto da chi scusa? comunque  ci riuscirò, e lo vedo io cosa è previsto o no, chiudi la bocca e rimani fermo! – prese come bersaglio la sua faccia e con un diretto rapidissimo lo fulminò. il ragazzo si accasciò al suolo. a quel punto sblusò il maglione trovando la voglia di fragola proprio la dove sapeva che fosse.
- eccoti, ero sicura che ti avrei trovato…  oh mio dio, significa… che sono nel mio racconto, non ci posso credere! -
Giorgio si rimise in piedi e si fermò immobile di fronte a lei
poi disse – grazie per il buon lavoro, io vado al lavoro -
- ma che succede adesso? -
- grazie, lavoro, lavoro -
- l’hai già detto basta però adesso!! -
- grazie al lavoro, lavoro -
- ti sei fuso? a giusto tu non sei vero, sei un personaggio, quindi effettivamente non puoi muoverti a piacimento, perché quindi sei qua? -
- grazie io….-
Nadia non riuscii più a trattenersi e lo schiaffeggiò – ti ho detto basta! -
ogni cosa di quel mondo rimase ferma ancora più di prima, tutte le persone, le macchine, persino i piccioni si erano fermati. si guardò attorno vedendo che tutto si era come immobilizzato…
- accidenti! e adesso? ma.. ma sono stata io a fare questo? e se dico muovetevi? no, non succede nulla vero?… tu…Giorgio, cammina! muoviti! fai un passo! niente di niente  manco a parlarne, ma perchè sono capitata in questa cosa assurda…  voglio uscire di qua!  devo avere rotto questo mondo, adesso come cavolo faccio a ritornare nella realtà? ma che incubo è mai questo? – iniziò  a camminare in avanti e prendere sempre più velocità. cercò di correre con quelle ciabatte ridicole che aveva nei piedi. quando si accorse che anche quella fuga era abbastanza infruttifera si fermò.
-  sono riuscita in qualche modo ad alterare la storia del mio racconto, sono un fallimento in tutti i mondi anche qua dentro, si è bloccato tutto, Giorgio dovrebbe trovarsi a lavoro quindi se blocco un personaggio blocco tutto, che scema! – si girò su se stessa guardando quel posto diventato come una scenografia di un teatro prima della recita.
- allora anche qua siamo giunti alla fine –

  
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