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Autore: dreamlikeview    26/01/2013    14 recensioni
E se Louis fosse uno spogliarellista ed Harry uno studente comune che lo incontra per caso?
E se Harry a Louis piacesse fin dal primo momento, ma quello non provasse gli stessi sentimenti? E se alla fine si incontrassero sotto la pioggia per la seconda volta, nascerebbe un amore? Ci riproverebbero? O continueranno uno ad amare e soffrire in silenzio e l'altro ad ignorare e non aprire il suo cuore all'amore?
[Larry Stylinson, what else?]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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 N.d.a c'è una canzone linkata all'interno, mettetela per immaginare meglio la scena.  
p.s non è quella introduttiva. 
 

Is this really happening?
I swear I’ll never be happy again
And don’t you dare say we can just be friends
I’m not some boy that you can sway
We knew it’d happen eventually.
(If it means a lot to you - A Day To Remember)

 
Successe tutto una notte, per caso.
Nessuno dei due se lo aspettava, chi si sarebbe mai aspettato una cosa del genere?
Come mai era avvenuto proprio a loro che non sapevano l’uno dell’esistenza dell’altro?
E soprattutto, perché uno dei due alla fine doveva sempre finire per soffrire? Non poteva essere una cosa reciproca, per una buona volta? Soprattutto per lui, Louis Tomlinson da sempre rifiutato? Da sempre seconda scelta?
A lui era cambiata la situazione, era cambiata in peggio, da quando aveva trovato lavoro in quel night club, in cui era entrato senza troppi problemi a causa del suo bell’aspetto.
Capelli castani spettinati, occhi azzurri cristallini, con delle venature di verde prato; quelle iridi che avrebbero fatto incantare chiunque, uomo o donna che fosse; il fisico non palestrato, ma asciutto, leggermente muscoloso, bicipiti ben piazzati, spalle non troppo larghe, longilineo, collo lungo, pelle leggermente abbronzata, con un piccolo accenno di barbetta sul mento. Quando i padroni del night club l’avevano visto, non c’avevano pensato due volte ad assumerlo, ma lui era convinto che fosse stato assunto come cameriere, non come spogliarellista. La prima volta che si era recato al lavoro, infatti, non si era aspettato che fosse quello il suo lavoro.
Certo, da parte sua non era stato intelligente andare a cercare lavoro proprio in un night club, ma gli era sembrata l’ultima spiaggia dopo decine e decine di copie del suo curriculum rifiutate, dopo colloqui in cui gli avevano detto “No, sei troppo giovane” oppure “Non cerchiamo bellocci che vogliono la carriera facile”. Quando aveva visto il cartello “Cercasi personale” fuori dal quel night club non ci aveva pensato su due volte. Era entrato dentro, tanto, si era detto, non aveva niente da perdere, al massimo avrebbe guadagnato un altro no da aggiungere alla lista. E invece no, appena lo avevano visto, gli avevano porto un contratto e lui senza nemmeno leggerlo, aveva firmato, bisognoso ormai di avere un lavoro, e contento di averlo trovato, non aveva semplicemente pensato di leggerlo,nemmeno per farsi un’idea di ciò che c’era scritto. Semplicemente aveva accettato, e basta.
Però, anche se inizialmente contrario, alla fine ci aveva preso gusto.
Non si faceva mettere le mani addosso da nessuno, ma gli piaceva in un certo senso far impazzire le persone, soprattutto se erano maschi. Ebbene sì, era anche omosessuale, anche se era stato con qualche ragazza precedentemente, da quando aveva capito di essere attratto dagli uomini, non era più stato con nessuno.
Ma le sue movenze, la sua corporatura, la sua voce, portavano al pensiero che lui non fosse poi così tanto etero, ma in pochi alla fine l’avevano capito.
E a Louis piaceva da morire portare all’eccitazione qualunque ragazzo, per poi lasciarlo insoddisfatto, quasi come a vendicarsi del raggiro che aveva subito, trovandosi a fare quel lavoro. Ma da quando lui lavorava lì la clientela era aumentata di gran lunga rispetto a quanto fosse prima.
Si era divertito una sera, a stuzzicare un ragazzino biondo, probabilmente irlandese a giudicare dall’accento con cui gli si era rivolto, forse il nome era Niall, o Niallan, o Noah, faceva differenza, in fondo, per lui? Alla fine lo aveva lasciato insoddisfatto sotto la porta del suo “camerino” dandogli una buca colossale, scappando dal retro. Un’altra volta, si era divertito un po’ meno quando un ragazzo dai capelli corvini,dalla pelle ambrata e gli occhi scurissimi, Zayn, gli sembrava di aver capito si chiamasse, lo aveva praticamente sbattuto contro il muro e provato a toccarlo, ma a lui era bastato un urlo e la security del night club era accorsa a salvarlo. E come non ricordare la sua ultima “vittima”. Un innocente ragazzino arrivato per caso nel posto, in una comitiva di una decina di persone, gli occhi profondi marroncini, tendenti all’ambrato, e i capelli di cui Louis  non aveva capito il colore, a causa delle luci del locale, ma probabilmente erano castani, come i suoi, forse un po’ più scuri, com’era che si chiamava? Lima? Liam? A Louis fondamentalmente non importava come si chiamassero i clienti, bastava che rimassero il tempo necessario, bevessero un po’ del dovuto e facessero guadagnare abbastanza al suo capo, in modo da stare tranquillo e assicurarsi una buona paga. Non faceva nulla di male, in fondo, no? Era un lavoro come un altro.
Si era improvvisato ballerino non essendolo realmente, ma ci aveva provato. Le prime volte era risultato impacciato, goffo e buffo, ma pian piano era migliorato diventando da impacciato attraente, da goffo bello, da buffo seducente.
Certo, la sua identità era nascosta da una maschera, dalla quale solo i suoi occhi erano visibili, non voleva che qualche conoscente o amico, riconoscendolo l’avesse giudicato male per quello che faceva. Un po’ se ne vergognava, ma ormai era dentro, non poteva più uscirne. Non avrebbe nemmeno voluto, effettivamente, lui si divertiva. Ci aveva preso gusto. Era diventato lentamente un piccolo stronzo,  che eccitava le persone e poi se ne andava, senza degnarle nemmeno di una sfiorata. Era diventato il suo marchio di riconoscimento. Dovunque passasse Louis Tomlinson, detto Randy Rockhard,restava sempre qualcuno di insoddisfatto. Okay, era uno spogliarellista, ma questo non lo obbligava ad essere anche una prostituta, no?
Ormai, la sua fama si era sparsa per tutta Londra.
Il ragazzo misterioso, dagli occhi ghiacciati e la sensualità migliore di quella di una donna.
Ma probabilmente Louis avrebbe incontrato qualcuno che l’avrebbe portato via da lì,e un po’, lui ci sperava da un lato, voleva uscire da quel luogo, e forse qualcuno sarebbe arrivato. Un ragazzo curioso, discreto, timido, tranquillo, che non si spingeva mai oltre le sue capacità, che a tutto voleva dare la sua spiegazione.
Un ragazzo che avrebbe sconvolto e scombussolato la vita di Louis Tomlinson.
Un ragazzo dai capelli ricci, occhi verdi, ma di un verde particolare, smeraldo, ma con sfumature verde prato, degli occhi magnetici, che avrebbero rapito quelli del ragazzo che si esibiva nei pub come ballerino.
Un ragazzo che avrebbe cambiato la sua vita, ma in meglio in peggio?
 

*

 
Il supermercato apriva alle sette, e Louis aveva decisamente fame. Era lì da una buona mezz’ora ad aspettare che aprisse per comprare una scatola dei suoi biscotti preferiti per poi tornare a casa, prendere una buona tazza di latte con quelli, infilarsi nel letto caldo, e prendersi il suo meritato riposo dopo quella sfiancante notte al night club.
Aveva un bel gruzzoletto in mano, e finalmente poteva pagare le bollette della luce e non rischiare gli staccassero tutto. Alle sette in punto, il negozio ancora non apriva, e Louis sospirò pesantemente, era stanco e affamato, voleva quei  dannati biscotti e il supermercato non apriva. Sbuffò andando a sedersi su una panchina lì vicino. Reclinò la testa all’indietro, lasciandosi sfuggire un gemito di stanchezza. Chiuse gli occhi per un attimo, e rabbrividì. Le scene della notte precedente gli passarono davanti come un film. Stava per essere violentato di nuovo, ma stavolta non era un ragazzino, no, era un uomo adulto, grande e grosso. E per un attimo si era spaventato a morte, se non fosse stato per la prontezza di riflessi di un ragazzo riccio che cercava il bagno.
 
Aveva appena finito una parte dello spettacolo, e tornava “dietro le quinte” per riposare cinque minuti, per riprendersi dalle due ore appena fatte, per rilassare un attimo i nervi con la solita tazza di the fumante, quando si era trovato davanti quell’energumeno, che lo aveva preso per le spalle e sbattuto contro lo spigolo della porta,ed un gemito di dolore era fuoriuscito dalle sue labbra, e stava per essere seguito da un urlo di aiuto, ma quello fu più furbo e gli mise una mano sulla bocca, impedendo al ragazzo di urlare, ma quando per Louis sembrava tutto perso, qualcuno era passato di lì e visto il baccano prodotto dai gemiti del castano soffocati contro la mano dell’uomo, questo era accorso, scansando l’uomo e regalandogli un pugno dritto sul naso, coprendo poi il malcapitato con il proprio corpo, allargando a 180° le braccia, intimando all’uomo di andare via.
Appena quello fu scappato, il giovane si voltò verso Louis, sorridendogli per rassicurarlo. Nel frattempo, il ragazzo sopraffatto dalla paura, era scivolato lentamente contro la parete, e si era tirato le gambe al petto, a mo’ di guscio. Il riccio si era inginocchiato e gli aveva porto la mano.
“Sono Harry”- aveva detto –“non voglio farti del male” – l’aveva rassicurato.-“per fortuna cercavo il bagno, altrimenti non mi sarei accorto di niente” – aveva sorriso ancora per tentare di tirarlo su.
L’altro, con il viso ancora coperto dalla maschera, gli aveva sorriso e l’aveva ringraziato con una stretta di mano, prima di scansarlo malamente e chiudersi nel camerino a più mandate.
E quando era uscito, il riccio non c’era più.
 
Prima di tornare al lavoro, aveva parlato con la security, ovviamente e aveva fatto cacciare quell’uomo dal locale, e dopo il resto della nottata era finalmente libero di andare via.
E ora, se ne stava con gli occhi chiusi, la testa reclinata all’indietro su una panchina,aspettando che quel maledetto supermercato aprisse. Allungò le braccia all’indietro, stiracchiandosi, e aprendole le appoggiò alla panchina. Forse per la paura, ma aveva ancora quella brutta sensazione di impotenza, di essere inerme davanti a quell’uomo che lo aveva avuto praticamente in pugno.
Rabbrividì al solo pensiero, e si decise a riaprire gli occhi, guardandosi intorno. Non c’era ancora nessuno per quelle strade, per sua fortuna senza la maschera e quei “vestiti” non era più Randy Rockhard, ma semplicemente Louis Tomlinson, e a lui la cosa andava più che bene. Odiava essere riconosciuto.
Si mise seduto, più o meno composto e incrociò le braccia al petto. Odiava anche aspettare.
Mentre si chiedeva se il supermercato avesse mai aperto, sentì qualcuno sedersi accanto a lui. Ebbe paura di girarsi. Se fosse stato quell’uomo? Oh, ma non poteva riconoscerlo, ma Louis era paralizzato comunque, aveva paura.
“Mai una volta che questo supermercato apra in orario.” – sbuffò una voce roca, dolce.
Una voce che Louis riconobbe subito. Era quella di quel ragazzo. Era la stessa voce del ragazzo dagli occhi verdi che l’aveva soccorso. Sperò con tutto il suo cuore che non lo riconoscesse. Come poteva riconoscerlo?
Dannata sensazione che qualcuno potesse riconoscere in Louis, Randy.
“H-ha ra-ragione” – rispose l’altro, senza voltarsi verso il ragazzo al suo fianco, che sentendo quella voce cristallina sorrise spontaneamente, ma il castano non riuscì a vederlo.
“Anche lei è rimasto senza colazione?” – chiese cordialmente.
“Eh già. Non riesco a svegliarmi senza aver fatto colazione con i miei biscotti” – si sciolse Louis, sorridendo.
Stavolta riuscì a girarsi verso il ragazzo, e lo riconobbe davvero. I suoi dubbi erano fondati. I capelli ricci e le spalle larghe c’erano, mancavano solo quei maledetti occhi verdi che l’avevano rapito la sera precedente.
“Comunque, mi chiamo Louis” – e per lui fu un sollievo dire il suo vero nome,e non il suo soprannome. –“e può darmi del tu, non sono così vecchio” – sorrise spontaneamente guardando il profilo dell’altro.
Non c’erano dubbi, era quel ragazzo che cercava il bagno, l’avrebbe riconosciuto ovunque.
“Harry!” – sorrise voltandosi e porgendogli la mano –“e puoi darmi anche tu del tu, non sono così vecchio” – rise il riccio, mentre il castano si perdeva in quelle pozze smeraldine e gli stringeva la mano, sorridendo.
Harry lo guardò negli occhi, perdendosi anche lui in quelle pozze azzurre del ragazzo, che trasmettevano in quel momento felicità, in contrasto con un velo di tensione che aleggiava negli occhi del castano, senza un apparente e reale motivo.
Nessuno dei due si rese conto del tempo trascorso, persi l’uno nello sguardo dell’altro, fino a quando sentirono le serrande del supermercato aprirsi. Louis distolse in fretta lo sguardo, e controllò l’orologio.
Si erano fatte le sette e un quarto. Possibile che fosse passato così tanto tempo, da quando i loro sguardi si erano incrociati? Possibile che ora non pensasse ad altro che a quegli occhi? Possibile che ora Louis si sentisse vuoto, notando quello sguardo allontanarsi da lui e fissarlo, prima di entrare nel supermercato dandogli le spalle.
Si riscosse, finalmente e raggiunse l’entrata. Cosa doveva prendere?
Ah già, i biscotti.
Sorrise come un ebete e percorse i reparti del supermercato, giungendo finalmente a quello tanto agognato dei biscotti. Si lasciò sfuggire uno sbadiglio, quando allungò la mano per prendere la scatola, facendola andare a scontrare con un’altra.
Si imbarazzò subito, per avere ancora la bocca spalancata per lo sbadiglio, e ritirò la mano coprendosi la bocca, permettendo al contendente di prendere la scatola.
“Ma guarda chi si rivede!” – esclamò una voce che fece accapponare la pelle a Louis.
Rabbrividì di paura. No, no. Non poteva averlo riconosciuto. Era impossibile riconoscerlo. Il riccio di prima non l’aveva fatto, perché doveva farlo quest’uomo qui?
“N-non so di-di cosa st-stia parlando..”- deglutì balbettando. Non riusciva a muoversi, immobilizzato dalla paura.
Quello non si curò del fatto che il ragazzo tremasse, e con uno spintone lo bloccò contro lo scaffale, facendo cadere alcuni prodotti, e Louis tremò ancora.
“M-mi la-lasci” – balbettò in un sussurro, stringendo gli occhi per il dolore alle spalle appena provato. Ma perché dovevano capitare tutte a lui?
“Adesso tu stai zitto, e mi segui senza proteste, va bene ragazzino?” – chiese l’uomo, afferrandogli i polsi e tirandoglieli al di sopra della testa, contro quello scaffale.
Louis scosse velocemente la testa, terrorizzato da quello che poteva accadere. Non voleva, non voleva seguirlo, non voleva avere niente a che fare con lui.
“Mi-mi la-lasci, u-urlo” – tremò ancora, quando la presa di quello sui polsi si intensificò, e un sonoro schiaffo raggiunse la sua guancia. Louis deglutì ancora, accusando il colpo senza lamentarsi. Dire che era impaurito, era un eufemismo, era letteralmente terrorizzato, bloccato dalla paura. Ma sapeva che doveva ribellarsi, non poteva farsi toccare da uno sconosciuto. Si fece scappare una lacrima, quando non riuscì a scostarsi prima che questo infilasse una mano nei suoi pantaloni iniziando a toccarlo.
Ma in quel fottuto supermercato non c’erano le telecamere di sicurezza?
“Mi- mi lasci!” – urlò Louis, sperando che qualche anima lì dentro lo sentisse, ma sembravano come isolati dal mondo. Louis cercava di dimenarsi, e più ci provava, più questo intensificava la presa sui polsi, schiacciandosi contro il corpo esile di Louis, che continuava ad agitarsi, cercando di urlare sempre più forte.
L’uomo lo colpì ancora, così forte che Louis si ritrovò con la guancia opposta al colpo appoggiata allo scaffale. E deglutì ancora, mentre quell’uomo non si staccava da lui, anzi lo toccava sempre di più, lo violava sempre di più. Ma non doveva uscire da lì?
Aveva i polsi bloccati, ma le gambe erano libere, poteva dargli un calcio e farlo scappare, no?
Ebbene, ci provò, ma quello previde la sua mossa e piantò un ginocchio tra le gambe del ragazzo, impedendogli i movimenti, e Louis urlò ancora, disperato.
Sperava che qualcuno sentisse quelle urla di disperazione, di paura.
 
Harry camminava per il supermercato ancora scosso da quegli occhi.
Era sicuro di averli visti da qualche parte, ne era sicuro al cento per cento. Ma dove li avesse visti, non riusciva a ricordare. Erano di un colore particolare, quell’azzurro così chiaro da sembrare ghiaccio, con quelle sfumature di verde. Gli erano rimasti impressi nella mente. Ma non era in grado di ricordare dove l’avesse visti.
Aveva fatto una faticaccia a distogliere lo sguardo, e correre dentro al supermercato. Sapeva solo che si era sentito incredibilmente vuoto, quando li aveva lasciati lì dietro di lui.
Vagava per gli scaffali, cercando di ricordare cosa dovesse comprare, perché dopo quella visione era talmente scosso da non ricordare nulla. Nemmeno cosa gli serviva. Sapeva solo che voleva di nuovo quegli occhi azzurri su di sé, voleva rivedere quel ragazzo. Magari la fortuna, gli avrebbe permesso di incontrarlo ancora, magari proprio lì nel supermercato, no? 
Era davanti allo scaffale dei cereali, e stava scegliendo se prendere quelli al miele o alla cioccolata, quando udì un urlo che gli fece accapponare la pelle. Un urlo proveniente da qualche reparto dietro di lui, lasciò la confezione di cereali che stava esaminando, il cestino della spesa per terra, e corse in quella direzione. Sentiva quelle urla sempre più vicine, e più si avvicinava più temeva che qualcosa fosse successo a qualcuno. Era esageratamente altruista, per questo faceva dei problemi degli altri sui problemi.
Quando giunse al luogo dove provenivano le urla, spalancò gli occhi guardando la scena che aveva di fronte a sé. Un uomo, grosso, teneva un ragazzo fermo contro lo scaffale, e quello urlava con tutta la voce che aveva in gola, per riuscire a farsi sentire da qualcuno.
In una frazione di secondo, Harry riconobbe l’uomo. Era lo stesso che aveva picchiato in quel locale, la notte precedente, quello che stava per violentare il ragazzo mascherato, lo spogliarellista. Un pervertito, insomma.
Con uno scatto, Harry fu vicino all’uomo e lo spintonò via dal ragazzo, facendolo finire per terra.
“Ma non si vergogna?” – chiese Harry, piazzandosi davanti al ragazzo, per impedire all’uomo di avvicinarsi ancora. Il riccio non aveva visto chi fosse il ragazzo, ma lo sentiva respirare velocemente e singhiozzare piano, segno che era traumatizzato dalla cosa. Come poteva non esserlo? Stava per essere stuprato contro lo scaffale di un supermercato di prima mattina.
“Ragazzino, sparisci.” – fece duro l’uomo, avvicinandosi minacciosamente ad Harry, che lo guardò con sfida, senza muovere un solo muscolo lontano dal ragazzo ancora schiacciato contro lo scaffale, che non azzardava a muoversi nemmeno per respirare.
“Vada via lei, io da qui non mi muovo.” – replicò allora il riccio, sostenendo lo sguardo di quello, che fece per dargli un pugno, che Harry deviò spostando la testa, e piantò un pugno nello stomaco dell’omone, che fu seguito da un calcio, che lo rimandò a terra.
“Ho detto vada via.” – fece serio il riccio, mentre l’uomo sconfitto andava via, lanciando un’occhiataccia a Louis mimandogli con le labbra “Non finisce qui, ragazzino”. Quando Harry si fu assicurato che l’uomo fosse andato via, allora si voltò verso il ragazzo che aveva salvato e incrociò quelle iridi azzurre che l’avevano scombussolato, che ora erano scure, piene di lacrime, terrorizzate.
“Ehi va tutto bene” – tentò di rassicurarlo il ragazzo, allungando una mano verso il suo viso, ma il castano si ritirò all’istante, timoroso.
Louis, sentendo la voce, però alzò gli occhi verso di lui, riconoscendolo come il ragazzo incontrato fuori, che l’aveva salvato la notte prima. Era stato salvato per la seconda volta dal riccio dagli occhi verdi.
Non ci pensò due volte, dopo aver scansato la sua mano, perché non aveva ancora capito chi fosse, si sbilanciò verso di lui, affondando il viso sul suo petto e singhiozzando senza ritegno.
Harry rimase interdetto per qualche istante, ma poi allungò le braccia dietro la schiena del ragazzo e lo cullò, cercando di calmarlo.
“Shh.. va tutto bene, va tutto bene, è tutto finito” – sussurrò all’orecchio del ragazzo, tenendolo stretto al petto, cullandolo. –“ehi tranquillo, ci sono io” –sussurrò ancora.
Louis era scosso da violenti singhiozzi, che non cessavano di scuotere il suo petto, non aveva mai avuto tanta paura in vita sua. Non credeva che qualcuno potesse riconoscerlo, e poi mentre quello gli aveva messo le mani addosso, aveva avuto un flash della notte prima, quando l’uomo era riuscito a togliergli la maschera, e lui l’aveva subito rimessa quando Harry aveva spinto quello lontano da lui, ecco perché l’uomo l’aveva riconosciuto, e il riccio no.
Dopo un bel po’ di tempo, Louis finalmente smise di singhiozzare, e si staccò leggermente da petto di Harry, ed alzò lo sguardo su di lui, perdendosi nei suoi occhi.
“Scu-scusa, t-ti ho ba-bagnato la-la maglia..” – borbottò imbarazzato, mentre Harry gli rivolgeva un sorriso rassicurante, e gli sussurrava di stare tranquillo, che non faceva niente. Ma Louis no, Louis continuava a scusarsi senza smettere di piangere. Harry allora lo fermò per le spalle e lo abbracciò di nuovo. Il ragazzo tra braccia del riccio si rilassò di gran lunga e smise di balbettare cose senza senso, e si decise. Si staccò da Harry, allungò una mano verso lo scaffale e afferrò il pacco di biscotti, abbassò lo sguardo imbarazzato.
“Grazie per avermi salvato” –sussurrò – per la seconda volta –pensò.
“Figurati, non potevo permettergli di toccarti.” – sorrise.
Louis si passò la manica della maglietta a righe che indossava  sulle guance e sotto gli occhi, cercando di prendere un po’ di contegno, e di sistemarsi. Harry non si era accorto dei pantaloni rossi slacciati del ragazzo, aveva solo pensato a trarlo in salvo. A Louis cadde l’occhio sul punto in cui guardava Harry, ed arrossì vistosamente, e cercò con le mani tremanti di chiudere la zip dei pantaloni e poi il bottone.
Harry ridacchiò e gli sorrise dolcemente. L’altro alzò lo sguardo su quello del riccio, perdendosi in quei due occhi magnetici, e proferì appena qualche parola, che fece rabbrividire il riccio.
“T-ti va d-di ve-venire a-a fa-fare colazione co-con me..?” –balbettò.
“S-sì, mi andrebbe molto..”- rispose con una punta di insicurezza il riccio, sorridendo però. Louis agguantò un'altra scatola di biscotti e afferrò la mano del riccio. Tremava ancora, Harry lo poteva sentire dalla presa insicura che aveva sulla sua mano, da come il braccio fosse tremendamente traballante. Lo fermò, infatti, e lo attirò ancora una volta.
“Sicuro di star bene?” – chiese apprensivo e premuroso.
Louis titubante, annuì incerto, ma si lasciò comunque abbracciare dal riccio, che pian piano si stava facendo largo nel suo cuore. Harry era intenerito da quel ragazzo, sembrava così fragile, così.. da proteggere.
“Sto bene, ma vieni con me.” –e quella per Harry fu una muta richiesta di non lasciarlo solo, perché ancora troppo spaventato,ancora troppo scosso da quello che era avvenuto. Per questo, il riccio annuì, e stringendogli la mano lo seguì fino alla cassa dove il castano pagò le scatole di biscotti e trascinò il riccio fuori dal supermercato, e si guardò intorno come per ricordare qualcosa.
“Dannazione”- borbottò –“sono senza auto”
“Tranquillo, ce l’ho io, dimmi solo dove abiti.” – disse in suo aiuto il riccio. Il castano si rilassò e annuì, stringendo la mano del ragazzo e seguendolo verso l’auto. Una volta dentro, Harry gli chiese nuovamente l’indirizzo e il castano annuì dicendogli la via. Il riccio annuì, e digitò l’indirizzo sul navigatore e attese che la voce metallica ed odiosa dell’oggetto si diffondesse per l’abitacolo.
Non conosceva bene Londra, e sicuramente si sarebbe perso se non avesse utilizzato quel piccolo oggetto. Sorrise a Louis che al suo fianco appoggiava la testa sul finestrino e chiudeva gli occhi, probabilmente stanco.
“Louis?” – chiamò il riccio, mentre metteva in moto.
“Mmh..?” –mormorò quello con gli occhi chiusi, probabilmente era già entrato nel mondo dei sogni, estraniando così il riccio, che sorrise intenerito.
“Niente, niente, dormi pure, ti sveglio appena arriviamo da te” – sorrise. Louis fece un gesto col capo, come d’assenso ed Harry ridacchiò spontaneamente guardandolo. Il castano tirò le gambe sul sedile, rannicchiandosi lì sopra, intenerendo di più il riccio. Era adorabile in quella posizione. Sembrava un bambino.
Non ci pensò due volte a mettere in moto e seguire le indicazioni dettate dalla voce metallica del navigatore, e pian piano percorse la strada fino alla casa di Louis.
Dopo il semaforo svoltare a destra –ed Harry eseguì alla lettera, trovandosi in una via spoglia, costeggiata solamente da un paio di cassonetti per la spazzatura. Un grande palazzo si ergeva accanto a quello in cui probabilmente Harry sarebbe dovuto entrare, che faceva solo ombra in quel piccolo vicoletto, già stretto di suo, opprimendo l’aria e rendendola quasi impossibile da respirare. Quel ragazzo viveva in un posto così lugubre, davvero?
Harry si sorprese poco del perché quell’uomo volesse violentarlo. Era di una bellezza fuori dal comune, e probabilmente veniva anche lui da quel quartiere. L’istinto di proteggerlo investì di nuovo il riccio che si protese verso il castano e lo scosse leggermente.
“No.. mamma cinque minuti..” – balbettò. Il riccio ridacchiò, ed uscì dalla portiera, avvicinandosi cautamente a quella del castano. L’aprì, ma non lo fece sbilanciare, la testa appoggiata sul finestrino,si ritrovò contro il petto caldo ed accogliente di Harry, che si abbassò, gli passò il braccio sotto le ginocchia e lo sollevò senza problemi, prendendolo in braccio. Si avvicinò al portone e chiese a Louis dove avesse le chiavi di casa. Il ragazzo prima di accucciò meglio contro il petto caldo di Harry, e poi gli mormorò che erano nella tasca dei pantaloni e che abitava al secondo piano.
Harry ridacchiò e reggendolo contro il petto, riuscì muovendo la mano a mo’ di contorsionista, a prendere le chiavi nella tasca dei pantaloni del ragazzo, ed aprire il portone. Entrò lentamente, quasi per non far rumore e non svegliare il castano dormiva tra le sue braccia, che si sentiva sicuro e protetto, e quindi respirava tranquillamente, era rilassato. Harry invece sorrideva vedendo quel ragazzo così. Si notava parecchio che nessuno dei due fosse in imbarazzo davanti a quella scena. Louis dormiva, era ovvio non provasse imbarazzo, ma Harry? Aveva uno sconosciuto tra le braccia, e cercava di aprire la porta di quell’appartamento da cui proveniva un tanfo di chiuso terribile. Sulla porta, si poteva notare una targhetta un po’ sporca e opaca, su cui poteva leggersi il nome “Louis Tomlinson”. Tomlinson era il cognome. Riuscì finalmente ad aprire la porta e ad entrare dentro, e il tanfo di chiuso penetrò nelle sue narici, facendogli storcere il naso.
Le finestre erano chiuse, le tapparelle abbassate, e le uniche due porte che si vedevano, chiuse. Il riccio entrò nella casa con lentezza, si chiuse la porta alle spalle, e depose il ragazzo su un divano sfatto al centro del salone. Notò una porticina sulla sinistra e l’aprì, trovandosi in un piccolo spazio di circa cinque metri quadri con un fornello e un mobile che probabilmente era un frigorifero. Nel piccolo lavabo c’era solo una tazza sporca, e sotto di esso un piccolo mobiletto dove probabilmente c’erano i prodotti per pulire, che il castano non aveva mai usato se non in qualche rara occasione. Si sporse dalla piccola cucina e vide il ragazzo tremare dal freddo. Scosse la testa e non sapendo dove tenesse le coperte, mise il suo giubbotto addosso al ragazzo coprendolo. Poi si rimboccò le maniche e come una brava donna delle pulizie, si mise a riordinare tutto, e dare un tocco di pulito a quella casa. Non osò aprire le altre due porte, non volendo violare la privacy del castano. Dopo un’oretta fu soddisfatto e ricordò di aver lasciato la busta con i biscotti di Louis nell’auto, non era riuscito a prenderla insieme al ragazzo, per questo corse giù e prese la busta dall’auto, correndo di nuovo nella casa del ragazzo, trovandolo seduto sul divano che si fissava intorno con aria spaesata.
“M-ma c-che è su-successo?” – chiese il castano, stropicciandosi un occhio, sbadigliando, ma con un sorriso stampato sulla faccia.
“Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere un po’ d’ordine..” – fece il ragazzo leggermente intimidito perché non sapeva se avesse fatto la cosa giusta.
“G-grazie, non so cosa dire, in effetti.. ma grazie..” – balbettò il castano, sorridendo all’altro che fiero chiuse la porta alle sue spalle e andò vicino al ragazzo.
“Prendi il the o il latte?”
 “Latte.. ma facc-”- tentò di dire, ma Harry lo bloccò con una mano, sorridendo e dirigendosi in cucina per preparare il latte al ragazzo, per poi tornare con una tazza fumante del liquido bianco macchiato da un po’ di caffè e i biscotti ancora nella confezione. Si sedette accanto a lui e gli passò il tutto, facendolo sorridere.
“Grazie, sei davvero.. gentile.” – dovette ammettere Louis. Con lui nessuno si era mai dimostrato gentile, a partire dai suoi quando l’avevano sbattuto fuori di casa a causa della sua omosessualità.  –“e-e tu non prendi nulla..?” – chiese, intimidito.
“Mi accontento di qualche biscotto, non mi piace il latte” – confessò sorridendo. Louis allora aprì la scatola e la porse al riccio che prese qualche biscotto e ne mangiò un paio osservando il ragazzo di fronte a lui bere un gran sorso di latte e poi fissarlo con le labbra macchiate. Si morse le labbra. Era dannatamente affascinante anche in quelle condizioni. Ma cosa gli stava facendo quello sconosciuto?
Poi il castano prese un biscotto immergendolo nel latte, aspettando che si ammorbidisse, e poi lo mangiò velocemente. Harry lo osservò compiere quell’azione con almeno una dozzina di biscotti, prima che finisse il latte e lo guardasse con quegli occhioni azzurri che ora non erano più tanto spaventati.
“Grazie per tutto..” – mormorò. –“anche per avermi salvato, per avermi accompagnato, per la casa, per il latte.. sei stato.. gentile, grazie..”
Harry gli alzò il viso con una mano, e lo fissò negli occhi.
Deglutì diverse volte e poi appoggiò le labbra su quelle del ragazzo che lo fissava con gli occhi spalancati. Dopo un attimo di smarrimento, Louis si rilassò. Il riccio tracciò il contorno delle sue labbra con la lingua eliminando i residui di latte, e facendogli dischiudere le labbra. Gli prese il viso con tutte e due mani, mettendo passione, ardore e dolcezza nel bacio, e Louis ricambiò portando le mani dietro al collo del ragazzo, avvicinandolo a sé e baciandolo con gli stessi sentimenti dell’altro. Si baciarono per un po’, fino a che il riccio non si rese conto di ciò che stava facendo, scattando in piedi sull’attenti, quasi come se fosse stato beccato a fare qualche misfatto, quasi come se fosse stato colto in fragrante.
Senza degnare di uno sguardo Louis, Harry corse via, lasciando il suo giubbotto lì e un Louis decisamente confuso che si toccava le labbra ancora scosso.
Cosa diavolo era successo? Si era lasciato trasportare da uno sconosciuto?
No, non era da lui. Non poteva essersi abbassato a tanto.
Eppure quel riccio.. quel riccio gli aveva fatto qualcosa che lui non riusciva ancora a spiegare, che lui non voleva spiegare, che non voleva ammettere.
Gli piaceva da morire quel riccio. Gli piaceva dalla notte precedente, quando l’aveva salvato. Gli piaceva quando l’aveva incontrato sulla panchina fuori dal supermercato. Gli piaceva quando l’aveva salvato di nuovo nello stesso supermercato. Gli piaceva quando l’aveva portato nella sua auto. Gli piaceva quando l’aveva preso in braccio. Gli piaceva quando gli aveva portato il latte caldo con i biscotti. Gli piaceva quando l’aveva baciato. Gli piaceva anche ora che era andato via, lasciandolo solo e spaesato in casa sua.
Probabilmente, gli piaceva anche prima di conoscerlo. Gli piaceva anche quando aveva visto quei due occhi verdi che lo guardavano mentre si esibiva. Perché sì, Louis la notte prima aveva puntato a far eccitare lui, non l’uomo che voleva fargli del male, ma il ragazzo dagli occhi verdi che non aveva staccato gli occhi da Randy. Lui il riccio dagli occhi verdi. Che quello fosse stato un caso del destino, che l’aveva fatto pentire di tale gesto nei confronti di quello?
E con quei pensieri nella testa si addormentò di nuovo.
Con quegli occhi verdi nella mente crollò di nuovo tra le braccia di Morfeo.
 
Louis era indeciso se presentarsi o meno al lavoro, insomma, era ancora spaventato a morte da quell’uomo. Ma se da una parte era spaventato, dall’altra era eccitato dalla probabilità di rivedere il riccio. Dentro di sé, sperava di incontrarlo lì, per fargli pagare lo stato in cui lo aveva lasciato, andando via da casa sua e da lui.
Non riusciva a capacitarsi. Cosa gli aveva fatto quel ragazzino, sicuramente più piccolo di lui di qualche anno?
Se la sera prima era lì,però c’erano abbastanza possibilità che lui tornasse, del resto chi non era attratto da Randy Rockhard? E di certo quell’Harry non era un’eccezione.
Per questo, alla fine si convinse che quella fosse la soluzione migliore e si preparò. Avrebbe detto agli uomini della security che se avessero avvistato quell’uomo non avrebbero dovuto farlo entrare per nessun motivo. E poi non poteva perdere una serata di lavoro, quindi una paga, per quello. Certo, era spaventato a morte, ma come poteva darsi malato se il giorno precedente era in perfetta forma? Non poteva.
Se sfortunatamente il riccio non si fosse presentato, e lui fosse stato colto da un improvviso terrore, avrebbe sempre potuto fingere un malore e tornare a casa prima. Era un ottimo piano.
Per questo,intorno alle dieci di sera decise di vestirsi indossando le prime cose che trovò nell’armadio – tanto una volta al locale si sarebbe cambiato con i vestiti di scena- e quando fu pronto arrivò in orario al night club, dove, dopo aver descritto sommariamente le caratteristiche di quell’uomo alla security, quasi come se fosse stato un agente segreto in incognito, sgattaiolò dentro, fino al suo camerino dove si disfece dei suoi vestiti e si attese che lo annunciassero.
 
 
Harry era chino sui libri. Lui era uno studente universitario, aveva degli esami da fare, ma quando il telefono gli squillò, e il suo amico Nick lo invitò ad uscire, decise di lasciare quelle maledette formule di fisica e quelle maledette leggi che non riusciva ad imparare e si preparò. Magari una serata diversa gli avrebbe fatto dimenticare quello che era accaduto quella mattina. Come aveva potuto cedere al fascino di uno sconosciuto? Non era affatto da lui. Come poteva? Ma poi, lui era sempre stato etero, non gli piacevano i ragazzi, perché quella mattina aveva avuto l’impellente voglia di baciare quello sconosciuto?
Non lo sapeva, ma la cosa lo incuriosiva.
Già gli era successo di provare una specie di attrazione verso un ragazzo, la sera prima in un night club dove sempre Nick lo aveva portato. E non sapeva perché si era lasciato trascinare in quel luogo.
Sperava vivamente che quella sera non lo portasse ancora lì, non voleva che si presentasse una scena come quella della notte prima. Lui era un tipo tranquillo, studioso. Non gli piaceva andare in giro per i locali, ma.. cosa non si fa per gli amici? Non resisteva quando Nick lo chiamava e gli diceva di accompagnarlo, perché senza di lui sarebbe stato noioso, si sarebbe sentito solo, e tante altre balle che gli rifilava per scollarlo da quei maledetti libri; ed Harry puntualmente ogni volta cedeva, cadeva come una pera cotta, ogni volta che Nick lo chiamava correva da lui e lo accompagnava anche in posti squallidi come quel luogo dove era stato la notte precedente,ed aveva salvato quel povero ragazzo da quell’uomo. Ma poi, pensava Harry, cosa ci provavano quei pervertiti a costringere quei poveri ragazzi ad andare a letto con loro? Harry non si dava una spiegazione, eppure.. dentro di lui era scattato quella mattina, con quello sconosciuto. Louis. Aveva un nome dannatamente bello e musicale.
Chissà, se mai l’avesse rivisto, gli avrebbe dato un altro bacio, ne era sicuro.
Ridacchiò tra sé e sé scompigliandosi i capelli e scendendo finalmente dalla sua camera del campus dell’università di Cambridge – fortunate borse di studio dell’High School – e raggiunse Nick fuori dal campus che lo attendeva.
“Ciao secchione!” – lo salutò affettuosamente.
“Simpatico, Ni. Andiamo va, dove mi porti stasera?” – fece Harry, allacciandosi la cintura di sicurezza, perché sapeva che il suo amico fosse un imprudente alla guida.
“Ti porto nel locale di ieri,a me è piaciuto!” – esclamò entusiasta.
“Il locale o lo spogliarellista?” – fece Harry, divertito.
“Tutti e due.” – borbottò l’altro arrossendo –“e anche a te è piaciuto, aveva un bel culo.”
“Sono ancora etero, Nick. Quando sarò una checca isterica come te, sarai il primo della mia lista.”
L’altro ragazzo scoppiò a ridere ed Harry si sentì abbastanza soddisfatto per aver fatto ridere uno dei suoi due migliori amici.
“Oh Hazza, sei così divertente. È bello sapere che sarò il primo a cui penserai.”
Ed Harry sorrise, forse un po’ forzato, perché il primo pensiero lo aveva avuto, ed era andato a quel ragazzo che aveva soccorso quella mattina. Ma perché non la smetteva di pensarlo? Nemmeno studiando il cervello si era scostato da quello di quel ragazzo. Affascinante, misterioso, impacciato, tenero, spaventato… da proteggere.
“Certo, certo” – biascicò, mentre l’amico metteva in moto e lo portava verso quel locale.
Harry non aveva idea cosa sarebbe successo lì dentro, non aveva idea di chi avrebbe incontrato, e cosa gli avrebbe fatto. Era ignaro di tutto, eppure il suo destino lo attendeva lì.
 
 
Una volta nel locale, Harry, lo studiò, cercando di capire dove si trovasse, lo riconobbe come quello della notte precedente. I tavoli sistemati sotto il piccolo palco, alcuni erano quasi vicini a questo, il bancone per prendere le bibite dall’altro lato del locale e mille persone che si strusciavano tra di loro al ritmo della canzone e altre che impazienti attendevano l’arrivo dello spogliarellista, il famosissimo Randy Rockhard, e capì che non sarebbe riuscito ad andare via. Guardò implorante Nick, nel vano tentativo di fargli cambiare idea, ma l’altro era già stato attirato dal giovane che era appena uscito su un palco di legno, illuminato con le intermittenti colorate, e che si teneva saldamente, ma contemporaneamente mollemente ad un palo  posto al centro del palco.
Nick trascinò Harry fino ai tavoli in prima fila, guadagnandosi un ottimo posto per guardare tutto –come lo aveva definito Nick – quel ben di dio.
Il ragazzo sul palco sorrise, prima che la canzone che era in riproduzione terminasse e desse iniziò a quella che lui avrebbe ballato. Harry si sentì spaesato dopo aver visto quel sorriso. Aveva qualcosa di familiare, ma non sapeva cosa avesse di familiare. Forse la notte precedente l’aveva visto sorridere.
Il ragazzo sul palco puntò gli occhi su di lui, e mosse i fianchi al ritmo della canzone che era appena iniziata.
Lolita di Lana del Rey.
Accarezzò con una mano quell’asta e poi appena sentì dentro di sé il ritmo della canzone iniziò a muoversi in modo sensuale, facendo spalancare la bocca al riccio quando vide quei movimenti fluidi e sensuali senza un accenno di errore o di vergogna. Harry non aveva ancora visto niente, alla fine. Il ragazzo indossava dei jeans strettissimi che lasciavano poco all’immaginazione, delle bretelle rosse e una maglia a righe.
Slacciò la prima bretella,muovendo le anche con sensualità, ed Harry fu rapito dal movimento fluido che il ragazzo fece per compiere quelle azioni. Passò poi all’altra bretella ancora ancheggiando, e con una lentezza assurda, per quanto concedessero le note della canzone, le lasciò cadere per terra, senza che queste emettessero un singolo suono, o forse era stato sovrastato da quello della musica; e già a questo Harry non riuscì più a staccare gli occhi da lui. Era dannatamente affascinante anche per lui che era quasi etero. Il giovane sul palco puntò di nuovo gli occhi in quelli di Harry, facendolo sciogliere alla sola vista di quelli. E il riccio dovette deglutire diverse volte prima di riuscire a distogliere lo sguardo da quegli occhi. Il castano – Harry aveva intravisto i suoi capelli la notte precedente –con un movimento lento, ma ancora a ritmo di musica sfilò via la maglietta lanciandola casualmente al riccio, che restò immobile quando quella si posò sulla sua faccia, impendendogli per un paio di minuti la vista di quello che c’era sul palco. Durante tutto questo, il castano non aveva smesso un attimo di muovere i fianchi, e di muovere a ritmo di musica il sedere. Harry si affrettò a spostare la maglietta, guadagnandosi una pacca amichevole da Nick e un sorriso malizioso dal ragazzo sul palco. Ne studiò il corpo. Non era granché muscoloso, a parte per i bicipiti e non aveva un filo di peluria da nessuna parte per ora visibile, ma Harry ne restò affascinato. Un corpo quasi femminile. Quindi la sua eterosessualità non era andata a totalmente a quel paese. Si morse convulsamente le labbra quando il ragazzo gli diede le spalle, pentendosi di non aver ammirato ancora una volta quei meravigliosi occhi azzurri. E anche quelli erano maledettamente familiari. Gli studiò le spalle. Non erano larghe, anzi era piuttosto piccolo, e in un certo senso faceva tenerezza. Se non fosse stato quel tipo di persona, il riccio probabilmente l’avrebbe stretto e protetto così come aveva fatto con quel ragazzo quella mattina. Non sapeva ancora che in realtà erano la stessa persona.
Harry strinse i pugni, e sudò freddo quando il ragazzo si piegò in avanti mostrando il suo fondoschiena al pubblico, per sfilarsi con grazia i pantaloni, e poi lanciarli a caso da qualche parte.
Tornò a fissare il riccio, il cui sguardo era posato sulle gambe dell’altro. Harry lo stava mangiando con gli occhi, con quelli avrebbe voluto stuprarlo per quello che gli stava facendo provare quella notte.
Ma che diavolo di pensieri faccio? Oh signore, sono diventato gay!
Le gambe erano fini, sottili, per nulla muscolose, anche quelle quasi femminili. Non avevano un accenno di peluria, così come tutto il corpo.
Lo sguardo di Harry, dopo un po’, risalì le gambe, mentre il ragazzo continuava a muoversi agilmente, con grazia e seduzione intorno a quell’arnese di ferro,che il riccio avrebbe volentieri sostituito con se stesso.
Harry, suo malgrado, si ritrovò a fissargli il rigonfiamento che aveva sui boxer. Harry giurò che a quella vista sentì una scossa elettrica che gli percorse la schiena fino a finire nei pantaloni, anzi al cavallo dei pantaloni, e dovette mordersi le labbra per non toccarsi e alleviare quello che era successo dentro di lui.
Eppure la notte precedente non aveva avuto quell’effetto devastante.
Il castano sul palco si rese conto di ciò che stava succedendo al riccio, e decise che era quello il momento adatto a sferrare il colpo di grazia al ragazzo. Con lentezza si piegò sulle ginocchia, appoggiando casualmente una mano sui boxer, facendo arrivare un’altra scossa elettrica giù per la schiena del riccio, che si morse freneticamente le labbra quando il castano in ginocchio, gattonò verso il bordo del palco, avvicinandosi al riccio e guardandolo con quei maledettissimi occhi azzurri, così azzurri che il cielo in tempesta era niente a confronto, pieni di malizia e sensualità, invitandolo ad avvicinarsi a lui.
Harry chiuse per un attimo gli occhi, convogliando in sé tutte le forze necessarie a dire no, a respingere l’attrazione prepotente che stava avendo verso quel tipo. E, quindi, sempre vicinissimo al tavolo, Louis puntò due mani in avanti e con uno scatto felino scese dal palco avvicinandosi quasi nudo al ragazzo riccio che lo fissava ora con gli occhi sbarrati.
Si avvicinò pericolosamente al suo orecchio e con voce roca e sensuale: “Ti aspetto nel mio camerino, riccio, voglio ringraziarti per bene per ieri sera” – soffiò.
Harry trattenne un gemito quando sentì i denti dell’altro mordergli l’orecchio, per poi tornare a muoversi sulle note finali della canzone e risalire con uno scatto felino uguale a quello di prima sul palco.
Appena la canzone terminò, il giovane fece un inchino, sorridendo ancora maliziosamente verso il riccio, che era inibito. Non riusciva nemmeno a pensare in quel momento. Non riusciva a fare assolutamente niente.
Maledetto Nick che lo aveva portato in quel posto. Maledetto lui che l’aveva seguito. Maledetto spogliarellista che l’aveva sedotto in quel modo orrendo. Come poteva aver provato qualcosa di fisico verso un ragazzo?
Ma qualcosa glielo confermava, quei brividi dietro la schiena, che lo scuotevano, quel rigonfiamento sul cavallo dei pantaloni, e tutto quello che in quel momento provava. Tutto sembrava confermargli che lui era gay, non etero, perché provava attrazione verso quel ragazzo. Magari era solo un caso, ma Harry chi era per resistere a una necessità impellente del suo corpo?
 
Louis Tomlinson, detto Randy Rockhard, era in grado di tramutare in gay anche una persona convinta di essere etero come Harry Styles, lo studioso secchione di Cambridge.
 
Era ancora al tavolo. Harry non sapeva cosa fare. Il ragazzo era sparito dietro le quinte da ormai mezz’ora, e Harry giocava convulsamente con le mani, non sapendo cosa fare. Più ci rimuginava, più si convinceva che andare da quel Randy era una cattiva idea, ma Nick l’aveva lasciato solo per andare da un gruppo di ragazzi poco lontano, e lui era logorato dalla curiosità, e dall’eccitazione, perché non vedere cosa volesse da lui quel ragazzo?
Aveva detto che voleva ringraziarlo, quindi una stretta di mano e via, no?
Harry dentro di sé, però sapeva che quel ragazzo non si sarebbe limitato ad una stretta di mano, eppure era curioso lo stesso.
 
Louis, dal canto suo, si trovava nel suo camerino, ed attendeva impaziente il riccio.
Non sapeva cosa gli avesse fatto. Non sapeva cosa gli fosse successo, da quella mattina era attratto in una maniera tremenda da quel ragazzo. Da quella mattina provava qualcosa di strano, misterioso per il giovane che lo aveva salvato, e da quel bacio non aveva capito più nulla. Non si era mai sentito protetto con qualcuno, aveva sempre avuto la paura costante che qualcuno potesse fargli del male, che qualcuno potesse toccarlo. Ma con quel ragazzo si era sentito maledettamente bene. Con quel ragazzo aveva provato qualcosa che non aveva ancora provato, e non sapeva cosa fosse. Attrazione? Probabilmente, era bello. Con quegli occhi verdi, quei ricci ribelli, quel viso così dolce.. non gli aveva chiesto nemmeno il numero, perché dopo averlo baciato era scappato via. E Louis con quel bacio aveva giurato di aver sentito i fuochi artificiali nel cuore e nello stomaco, aveva giurato che non aveva mai provato una sensazione bella come quella in vita sua, mai prima d’ora. No, non era possibile. Lui non credeva a queste cose, l’amore a prima vista era ridicolo. Non esisteva, almeno nella sua concezione, nella sua visione del mondo.
Louis doveva essere immune a questo. Non poteva rischiare di deludere le aspettative di qualcuno, quindi doveva tenere l’amore e le relazioni lontane da lui, se doveva continuare a fare quel lavoro lì.
Eppure quel ragazzo lo incuriosiva. Tanto, troppo. E nella stessa maniera lo attraeva. Era come una calamita che attirava un pezzo di metallo. E in effetti, quello che sarebbe successo a loro due, era più o meno quello che succedeva ad una calamita e a un pezzo di ferro. Incontrarsi, unirsi per poi dividersi con molta difficoltà.
Louis, però, non ci credeva. Quando lo vide entrare, al suo cuore mancò un battito. Era chiaro. Ci era caduto con tutte le scarpe. Quel riccio l’aveva fatto cadere in un vortice senza più ritorno. Poteva negarlo a se stesso quanto voleva, ma ci era caduto dentro e ora non poteva più uscirne, perché tutto lo avrebbe portato a tornare da lui.
“Ehm.. eccomi” – fece il riccio entrando nella saletta spoglia, notando il castano con solo un misero asciugamano addosso. Cosa era convinto di trovarci? Lì dentro c’erano solo una poltrona, uno specchio e un tavolo, e il riccio si trattenne dal ridere. Era quasi divertente quella scena, era convinto che quel ragazzo fosse stato come una di quelle modelle che si vedevano nei telefilm americani e quindi aveva un camerino degno di quel nome, invece era solo una stanza spoglia con il niente al suo interno.
Ma la presenza di Harry, per Louis illuminò tutta la stanza, tanto che secondo lui non sarebbe servita la lampada che penzolava dal soffitto accesa ad illuminare quel piccolo abitacolo.
Per una manciata di minuti, Louis non seppe cosa fare o dire. Doveva dimostrarsi attraente e sensuale come qualche minuto prima, o doveva dimostrarsi carino e timido come quella mattina? Era combattuto.
Combattuto e incantato dalla bellezza del ragazzo di fronte a sé. Come era possibile tale cosa? Non ci credeva, non voleva crederci. Non poteva prendere una sbandata per un ragazzo conosciuto da quanto? Due sere? Con cui aveva parlato sì e no mezza volta? Non era possibile, eppure stava accadendo e lui non sapeva come fermare quel cumulo di emozioni che arrivavano al suo cervello alla sola vista del riccio.
“Ehm, ehi? Ti senti bene?” – chiese il riccio,dopo una buona manciata di minuti, in cui il castano era  stato lì ad osservarlo, senza emettere suono.
Louis, in imbarazzo per la figuraccia appena fatta, con uno scatto veloce si avvicinò al ragazzo, chiuse lo porta alle sue spalle, sbattendolo immediatamente contro di essa e baciandolo con foga, quasi come se quella fosse l’unica cosa possibile da fare, l’unica cosa che lui sapesse fare.
Affondò una mano in quei ricci morbidissimi al tatto,e come quella mattina si sentì risucchiato in un vortice di emozioni senza più via d’uscita, lo stesso vortice in cui era caduto appena aveva visto il riccio.
Dopo un attimo di esitazione, il riccio ricambiò il bacio con foga, cingendo le spalle del castano con le braccia, attirandolo di più verso di sé, facendo scontrare i loro bacini,  strappando al castano un gemito di piacere nel sentire l’erezione del riccio contro di sé e facendolo sorridere soddisfatto per il lavoro di seduzione compiuto prima.
Il riccio non si rese conto di cosa stesse facendo, colto alla sprovvista e dall’eccitazione, si ritrovò a far cadere l’asciugamano che il castano indossava, mentre Louis lo portava lentamente verso la poltrona, sedendosi sopra, sfilando la maglietta del riccio con velocità. Come aveva fatto a spingerlo a tanto?
Nessuno l’aveva mai spinto a fare sesso nel suo camerino, e invece quel riccio ci era riuscito. Aveva abbattuto le sue difese ed ora era sopra di lui, che delicatamente e con foga marchiava la pelle di Louis, con baci bollenti e umidi che lo facevano rabbrividire. Louis lo voleva. Non voleva attendere oltre. Con un gesto veloce sbottonò i pantaloni del riccio, facendoli cadere.
Harry dal canto suo, non si rendeva conto di nulla. Lui conosceva quella sensazione, l’aveva provata. Ma in quel momento non se ne rendeva conto, era troppo preso dal momento. Troppo coinvolto per realizzare che il ragazzo di quella mattina e quello che stava baciando erano la stessa persona. Troppo preso dal castano per staccarsi. Troppo impegnato a sentire le labbra di quello contro le sue, contro il suo collo, contro il suo petto. Troppo impegnato a gemere quando quello lo sfiorava. Troppo impegnato a baciarlo a toccarlo, per  rendersi effettivamente conto di quello che accadeva intorno a loro. Maledizione, quella maschera gli impediva di guardare bene il suo viso.
Allungò una mano verso il viso dell’altro nell’atto di togliergli la maschera e Louis si immobilizzò sotto di lui.
“T-ti prego, n-no” – biascicò, ansimando contro le labbra dell’altro.
“Perché..?” – ansimò Harry, guardandolo finalmente negli occhi. Quei maledetti occhi azzurri. Quegli occhi azzurri che gli piacevano tanto, quegli occhi azzurri che quella mattina l’avevano preso e trasportato in un altro mondo.
Quei maledetti occhi azzurri che lo avevano conquistato, come aveva fatto a non riconoscerli? Come aveva fatto ad essere così stupido da non rendersi conto di chi fosse quel ragazzo?
“N-non ci credo..” – balbettò, gli sfilò immediatamente la maschera e lo vide.
Louis Tomlinson. Quello di quella mattina.
“Oddio.”
“Ha-Harry, ti-ti prego..” – balbettò Louis.
“Non ci credo, sei quello di stamattina. Quello del supermercato!” – esclamò Harry, facendo indietreggiare l’altro, facendolo profondare nella poltrona –“mi hai solo usato! Con quanta gente l’hai già fatto? Eh? Prima sembri tanto dolce e carino e poi? Li scopi? Ma cosa sei?” – strillò quasi Harry, adirato. Non sopportava essere preso in giro. Non sopportava che la gente si approfittasse del suo buonismo.
“Non sono cosa credi.. io-io..” – si fermò per deglutire, timoroso di quello che aveva di fronte –“io lavoro qu-qui, m-ma n-non so-sono una br-brutta p-persona, i-io..”
“Non voglio sentire nemmeno una parola.”
Harry raccolse i suoi vestiti da terra, e si rivestì così in fretta che mise la maglietta al contrario senza nemmeno rendersene conto. Ignorò il castano che piangeva sulla poltrona.
Louis si sentiva spezzato. Il ragazzo non lo conosceva e si era rivolto a lui come una puttana. Ecco perché temeva che qualcuno scoprisse quel suo segreto. Ecco perché non voleva che nessuno sapesse chi fosse Randy, ma che tutti fossero convinti che Louis fosse il ragazzo di sempre.
“Ha-Harry..” –lo chiamò ancora, mentre quello usciva sbattendosi la porta alle spalle.
Louis lo seguì, e non seppe dove trovò il coraggio di urlargli dietro un altro dei suoi segreti.
“IO SONO VERGINE!” – urlò. Probabilmente qualcuno l’aveva sentito, ma ormai perché non confessarsi del tutto?
Harry scosse la testa e lasciandoselo alle spalle tornò al tavolo, afferrò Nick per un braccio e lo trascinò via, lontano da quel castano sensuale, lontano da quel castano che l’aveva preso in giro, lontano da quel ragazzo che l’aveva fatto innamorare senza che se ne rendesse conto davvero. E no, Harry non l’avrebbe mai ammesso di provare qualcosa per lui, non avrebbe mai ammesso che quel castano l’aveva conquistato totalmente, non avrebbe mai ammesso che era cotto di lui, e si sentiva ferito ed usato, quasi tradito.
“Harry, per l’amor del cielo, che diavolo ti prende? Perché hai la maglietta al contrario e i pantaloni ancora aperti?” – fece Nick, fermandosi in mezzo alla strada,mentre il riccio lo trascinava per arrivare in fretta all’auto.
“Voglio andare via, okay?” – chiese sull’orlo delle lacrime strillando.
“Ma ti hanno violentato o cosa? Sei sconvolto!”
“N-no, i-io..” – deglutì –“ti racconto tutto, ma non qui, voglio andare via..” – fece con la voce incrinata.
L’altro annuì e preoccupato a morte lo riportò al campus, dove si fece raccontare tutto ciò che era accaduto quando si era allontanato. La reazione Harry ottenne alla fine del suo discorso, dello sproloquio dell’essere stato raggirato in quel modo fu una larga e acuta risata da parte del suo amico, che non si capacitò di come il suo migliore amico potesse essere così stupido.
“Harry, sei vittima di un colpo di fulmine” – disse semplicemente –“ammettilo, quel Louis ti piace, altrimenti non reagiresti così.”
“Ma cosa dici?” – strillò –“a me non piace quello lì!”
“Harry, devo ricordarti di quella ragazza che ti ha usato per far ingelosire il suo ragazzo e tu non hai provato niente di tutto ciò? O di quando quell’altra aveva fatto quella scommessa o..?” – Harry lo fermò mettendogli una mano sulla bocca.
“Okay, ho afferrato.” – si morse le labbra pensieroso, prima di continuare –“forse un pochino..” – Nick lo guardò di traverso ridendo –“un poco..” – un altro sguardo indagatore di Nick lo fece esplodere –“e va bene, mi piace un casino okay?” – sbottò Harry. –“ma è così… ah. E poi è.. cazzo. E.. Capisci?”
“Capisco solo che tu sei cotto a puntino, e che sei un coglione ad averlo lasciato lì, tutto solo.. con qualche maniaco che potrebbe fargli del male, o il temporale che potrebbe abbattersi su di lui in questo momento.” – Harry guardò fuori dalla finestra e vide lente goccioline di pioggia battere sulla finestra, e le immagini di Louis che tremava come una foglia dopo l’aggressione di quell’uomo lo tormentarono ancora.
Dannazione, cosa doveva fare? Seguire il cuore o la mente?
Seguire il consiglio di Nick e di buttarsi o di rimanere impassibile?
Ormai l’aveva ammesso a se stesso e a Nick. Non poteva tirarsi indietro.
Cuore o ragione?
Ragione o cuore?
 
 
Louis era distrutto.
L’unica volta che si era sentito bene con qualcuno, questo appena scoperto la sua identità l’aveva rifiutato, trattato malissimo, non gli aveva creduto,l’aveva distrutto.
Non aveva mai provato una delusione d’amore – ma poteva parlare di amore in quel caso? - e si stava convincendo che non fossero così esagerate come le descrivevano nei libri o nei film. E invece erano anche peggio.
Erano come un macigno che gravava sulla sua testa, come un peso all’altezza del cuore.
Si sentiva vuoto, non si sentiva accettato. Non si era mai sentito amato, come poteva pensare che qualcuno lo amasse così? A lui poi? Doveva essere stupido per aver creduto che qualcuno avesse potuto innamorarsi di lui, in una notte per giunta.
Dopo un bel po’ di tempo, in cui aveva realizzato che non avrebbe più rivisto il riccio correre tra le sue braccia, si rivestì, e raccolti i vestiti uscì dal locale. Guardò l’ora.
Erano le quattro. Aveva finito relativamente presto, a giudicare dagli standard. Si era stufato della sua vita, si era stufato di lavorare in quel posto. Perché nessuno lo salvava da quella vita del cavolo che doveva vivere?
Perché non arrivava nessuno a dirgli Da oggi basta, si cambia routine, ci sono io con te.
Lui era l’eterno rifiutato.
Era stato rifiutato dai genitori, era stato rifiutato da tutti i possibili lavori, ed era stato rifiutato anche da Harry.
Quanti problemi si faceva per uno sconosciuto?
Uno sconosciuto che l’aveva conquistato con uno schiocco di dita, però.
Una volta fuori, fu investito dalla pioggia.
Sbuffò. Ci mancava solo la pioggia, che in quel momento sembrava collaborare al suo umore nero, alla sua tristezza, alle sue lacrime che avevano da poco finire di scorrere dai suoi occhi, ai suoi singhiozzi che non lo avevano ancora abbandonato. Senza un ombrello, si incamminò sotto la pioggia, dopo aver tirato un enorme sospiro.
Mentre camminava si sentì strattonato per un braccio, e tremò di paura.
Che fosse ancora quell’uomo?
Non avrebbe avuto ancora il suo angelo custode a salvarlo. Non ci sarebbe stato Harry. E lui non aveva la forza per difendersi. Iniziò a tremare per la paura, mista al freddo e ai brividi che gli salivano lungo la schiena con il freddo delle gocce di pioggia.
“Shh, non aver paura” – sussurrò una voce al suo orecchio. Una voce roca, dolce, conosciuta.
“Ha-Harry..?” – chiese con una punta di speranza nella voce. Speranza di poterlo risentire, speranza di poterlo riabbracciare, e di poterlo baciare ancora. almeno una, che chiedeva, in fondo?
Il ragazzo dietro di lui,  lo voltò verso di sé, e lo prese per i fianchi, facendo combaciare le fronti. La pioggia scorreva lungo i loro visi, sui loro capelli, dentro i loro vestiti.
Louis si morse le labbra, insicuro, timoroso. Temeva che Harry svanisse da un momento all’altro, per questo allungò le braccia verso il collo del ragazzo, avvicinandolo prontamente a sé, affondando le mani in quei ricci bagnati, che non  perdevano la loro morbidezza.
“Scusa, per prima, ero..” – non gli fece finire la frase. Con le lacrime che si mischiavano alla pioggia, le labbra bagnate, chiuse gli occhi alzandosi sulle punte e baciandolo. Finalmente sentiva di nuovo quel sapore dolciastro, finalmente quelle labbra rosse e piene erano di nuovo sulle sue.
Harry non ci mise molto a ricambiare. Alla fine il cuore aveva prevalso sulla ragione. Non serviva a nulla serbare rancore, si sarebbe fatto spiegare tutto a tempo debito.
Morse il labbro inferiore di Louis, chiedendo accesso alla sua bocca, che gli fu concesso dall’altro e il bacio prese vita. I due si persero completamente l’uno nei sapori dell’altro, mischiandoli e creandone uno nuovo, misto al dolciastro dell’acqua piovana, che lo rendeva unico. Il loro sapore.
Restarono lì a baciarsi per un tempo eterno. In fondo, il tempo era relativo, il tempo scorreva diversamente agli occhi di un osservatore esterno, come diceva Einstein, quindi loro potevano prendersi il tempo che volevano, agli occhi loro sarebbe sembrato solo un attimo.
Quando si staccarono da quel bacio, entrambi cercavano aria, ma sorridevano felici. Si completavano, non potevano non esserlo.
“Non hai mai baciato qualcuno sotto la pioggia?” – affannò Louis sorridendo.
“No, sei il primo” – sussurrò Harry, mordendogli il labbro, facendolo fremere ancora.
Stavolta fu Harry ad iniziare il bacio. Il secondo bacio sotto la pioggia, creando di nuovo quel sapore solo loro.
Una volta staccati, Louis appoggiò la fronte contro quella dell’altro, guardandolo negli occhi.
“P-portami v-via” – balbettò Louis –“n-non farmi tornare lì, n-non voglio più fa-fare quello..” – ansimò Louis contro le labbra di Harry, respirando a fatica, per poi gettarsi sul suo petto e abbracciarlo forte, stringendolo come se fosse l’unica cosa che importasse in quel momento.
Harry gli appoggio una mano sulla schiena, e annuì.
“Ti porterò via, promesso.”
“An-andiamo a casa mia, c-ci asciughiamo.” – fece Louis tremando come una foglia, ancora tra le braccia di Harry, che ridacchiò divertito, cercando di coprirlo il più possibile con le proprie braccia.
Louis si lasciò andare ad un sorriso divertito, finalmente qualcuno era arrivato anche per lui, poteva essere vero?
In una notte?
Poteva una notte essere la fortuna della vita di una persona? Poteva una notte cambiare radicalmente due vite?
Poteva una notte far trovare due persone sconosciute?
Probabilmente loro si amavano da prima, probabilmente nessuno dei due aveva mai amato qualcuno, perché si aspettavano, probabilmente erano destinati ad incontrarsi e in due giorni ad innamorarsi.
Probabilmente insieme, avrebbero fatto qualcosa di utile.
 
Corsero veloci, verso l’auto di Nick che aveva preso Harry, e altrettanto veloci corsero a casa di Louis per cambiarsi, prendersi, baciarsi, cadere. Cadere nel loro amore, cadere in quello che stavano vivendo.
Cadere in quel vortice senza più ritorno. Cadere.. e mai più risalire?
Cadere, senza farsi male? Cadere e restare incolumi?
Cadere.. cadere semplicemente ed innamorarsi?
In fondo, uno era una calamita, l’altro il pezzo di ferro. Una volta incontrati non si sarebbero mai più separati.
Non si poteva, tuttavia, dire chi dei due fosse la calamita e chi il pezzo di ferro, perché entrambi si attraevano, ed entrambi non volevano più scollarsi l’uno dall’altro. Entrambi erano due forze opposte che si attraevano.
Louis timoroso, fragile, ma consapevole di se stesso, Harry coraggioso, forte, ma insicuro di se stesso.
Per questo si completavano. Erano due facce della stessa medaglia, lo Ying e lo Yang. Erano due persone unite dalla nascita da  un filo rosso, che li avrebbe uniti per tutta la vita e che li aveva portati entrambi sulla stessa strada.
 
 
 
Louis ormai non lavorava più come spogliarellista in quello squallido night club.
Harry aveva convinto suo padre ad assumerlo nella pasticceria Styles, nel pieno centro di Londra,il quale aveva accettato sia la sua entrata come impiegato che come fidanzato del figlio, quindi era stato doppiamente accettato.
Louis come cassiere era niente male. Attirava i clienti, il suo bell’aspetto non era rinnegabile, ed era anche bravo ad intrattenerli con battute di spirito, e a consigliare i prodotti migliori.
Magari, se avesse incontrato prima Harry, avrebbe risparmiato tutta quella sofferenza di quegli anni.
Harry era fuori per delle indagini sul campo con l’università e non sapeva quando sarebbe tornato. Gli mancava da morire, e finalmente dopo quasi un anno di relazione quasi stabile era pronto a dirgli quelle due paroline che teneva dentro da troppo tempo. Tenerlo lontano gli aveva fatto capire tutto.
La campanella sulla porta della pasticceria trillò, e Louis alzò la testa dal bancone.
“Buongiorno, posso servi..?” – gli morirono le parole in gola quando lo vide lì davanti a sé.
Alto, capelli ricci scomposti come al solito, aria da bambino, occhialoni neri sugli occhi, e quel sorriso dolce che aveva sempre. Fece un salto oltre la sua postazione di lavoro e gli volò al collo, abbracciandolo forte.
“Ciao Louis” – sussurrò l’altro stringendolo a sé, per poi cullarlo dolcemente tra le braccia.
“Non ne potevo più di tenerti lontano, mi mancavi tantissimo..” – sussurrò Louis, stringendosi a lui, per poi baciarlo, sorridendo felice contro le labbra dell’altro.
“Devo dedurre che a casa mi sbatterai al muro e mi stuprerai?” – rise Harry, prendendo il viso del suo ragazzo tra le mani, guardandolo negli occhi, e vedendolo serio la sua risata si fermò lentamente –“devi dirmi qualcosa? Non stai bene? Sei incinto?”
Louis ridacchiò vedendo il ragazzo così preoccupato per lui, e la cosa gli fece piacere.
“No semplicemente ti..”- si fermò –“incinto?” – rise.
“Scusa, mi sono preoccupato. Dimmi.”
Louis deglutì per un attimo, il cuore prese a battere troppo velocemente, lì nella sua gabbia toracica, mentre il riccio lo guardava preoccupato, lo scrutava con quegli occhioni verdi che l’avevano conquistato fin dalla prima volta che si erano visti.
“Semplicemente ti amo, Harry.” – sussurrò dandogli un bacio a stampo, chiudendo gli occhi e aspettando la reazione dell’altro.
Harry si lasciò andare ad un sorriso spontaneo. E restò contro le labbra di Louis, godendosi quel momento che aveva sperato di vivere da sempre, facendo rimbombare nella sua mente quelle parole che Louis finalmente gli aveva rivolto.
“Ti amo anch’io, Louis.”
Harry lo aveva salvato. Lo aveva salvato dallo stupratore la prima volta, ed anche la seconda; l’aveva salvato dalla solitudine; lo aveva portato via dal night club, salvandolo da quella vita. L’aveva salvato da se stesso.
Ed insieme erano inevitabilmente caduti nel loro amore.






NO, JIMMY PROTESTED!

Che cattiva persona che sono.
Non sono morta ccccente! E' che a parte che ho un esame a breve e devo darlo prima della fottutissima operazione, e poi questa cosa mi ha tenuta impegnata non un giorno, non due, non tre. Ma tutta la santa settimana. Perchè? Perchè mia sorella l'aveva gentilmente cancellata dal pc. E quindi ho dovuto riscriverla.
Anyway.
First of all, grazie a tutte quelle che hanno collaborato alla realizzazione. LU! (tanto per cambiare lol) che : 1. Ha trovato il nome da spogliarellista per Louis 2. Fatto il banner adorabile, che però non sono riuscita a postare perchè il mio pc è stupido, provvederò a postarlo appena risolvo. 3. Aiutato con la  canzone che Louis balla. (si tra poco la scrive lei al posto mio la OS lol)
Veronica che ha cercato anche lei delle canzoni adatte, ma alla fine ho scelto quella lì perchè.. fa effetto dai. Ammettetelo che fa effetto quella canzone.
Poi, andiamo avanti.
Ringraziamo mia sorella - si fa per dire - per aver cancellato quella di 20 pagine che era venuta fuori, accontentatevi di queste 11. LOL
E niente. Niente. Niente.
Non so cosa dire se non.. perdonatemi se non ho postato i Baby, ma torneranno, promise :3
E poi.. buh. Non lo so, spero vi sia piaciuta, che non vi abbia fatto vomitare e niente altro, davvero.
Spero che non ci siano errori, io l'ho riletta, ma mi scuso per alcuni evenutali.
E.. stahp. 
Avete sentito che i due piccioncini sono andati insieme al cinema? dwrfvtcrefvefxfedc fangirlo *-*
Basta. Mi dissolvo.
*woosh*

Vi voglio beeeeeneeeee! <3 
   
 
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