Film > Le 5 Leggende
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Autore: AngelsOnMyHeart    26/01/2013    3 recensioni
[FANFICTION IN REVISIONE DAL 15/11/2015]
[Capitoli revisionati: 11/15]
Gli anni sono trascorsi dalla vittoria dei Guardiani e la conseguente sconfitta di Pitch, l'Uomo Nero.
Dieci anni, ad essere precisi.
Tutte le attività delle Leggende sono tornate alla normalità e di quei difficili giorni, non è rimasto altro che un lontano ricordo.
Ma non tutto è esattamente tornato come prima, poiché, da quella notte, una luce sul Globo ha smesso di brillare.
Scarlett è una studentessa di diciotto anni, una semplice ragazza la cui vita non ha nulla che possa ritenersi degno di nota ma che cela nel proprio petto un peso oscuro, il quale sta lentamente trascinando la sua mente nell'oblio.
Incubi.
Da che la ragazza riesca a ricordare, la sua mente è sempre stata tempestata da neri, asfissianti ed orribili incubi e non è mai stata in grado di capire il motivo per cui questi infestassero il suo sonno. Sapeva solamente che erano sempre presenti e che, qualunque cosa facesse, sarebbero tornati notte dopo notte.
Ma il tempo inizia a stringere e, con questo, molte verità verranno a galla, portandosi dietro altre domande le cui risposte non sempre saranno un sollievo per l'anima.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III 
Mondo a pezzi 





 


Le foglie secche cadevano lente dagli alberi, sparpagliandosi un ovunque sull'erba del prato, ricoprendolo dal manto dorato dell'autunno. Nel parco sembrava non esserci nessuno, solo un'altalena che dondolava cigolando, dando all'ambiente silenzioso un che di spettrale, testimoniava la presenza di qualcuno. 
Scarlett si teneva con le mani alle catene, lasciandosi trasportare. 
Il capo chino, gli occhi persi nel vuoto mentre la sua mente vagava, nel vano tentativo di elaborare dei pensieri logici. 
Quel che era accaduto poco prima, a scuola, possibile che lo avesse solamente immaginato? O, altrimenti, era possibile che fosse realmente accaduto? E se sì, perchè? Cosa avrebbe potuto volere quella cosa da lei? 
“Sarò forse schizofrenica?” Si chiese coprendosi il volto con le mani, trattenendosi a stento dallo scoppiare in lacrime. 
:- Scarlett? -. 
Alzò gli occhi, incontrando lo sguardo di Jamie, in piedi davanti a lei, avvolto nel suo cappotto, con le mani in tasca. 
:-Dalla piscina ti ho vista correre via. Cosa ti è successo? -. Le domandò preoccupato. 
Non rispose, rimase a fissarlo in silenzio, incerta su cosa dire. 
Era vero che si conoscevano dai tempi dell'infanzia. 
Era vero che lui le era sempre stato vicino, nonostante tutte le sue stranezze. 
Ed era anche vero che lui, era sempre stato lì ad ascoltarla senza mai permettersi di giudicare ed, anzi, aveva spesso cercato di dispensarle dei consigli, proprio come quella mattina. 
Questa volta però, gli incubi avevano scavato molto più in profondità, perché cominciò a temere. Si trattava di una cosa completamente diversa da un sogno fatto nel proprio letto mentre si dorme e se, anche lui, avesse cominciato a pensare che l'unica soluzione possibile fosse la psicoterapia? 
No, aveva troppa paura per affrontare l'argomento. 
:-Niente di che, stavo solo correndo-. Mentì infine. 
Jamie la squadrò con sguardo poco convinto :-Scarlett. Ti conosco da una vita e so che, se puoi evitare di correre, sicuramente lo fai. Come so anche che, quando c'è qualcosa che non va, ti rinchiudi in te stessa e non ne vuoi parlare e, devo dirtelo, questo tuo atteggiamento, mi sta facendo preoccupare-. 
La ragazza, per tutta risposta, scosse il capo, negando nuovamente e tornando a guardarsi le scarpe :-Stai facendo un casino per nulla, fidati. Te l'ho detto, non è successo niente-. 
Il ragazzo le si avvicinò, sedendosi sull'altalena accanto a lei :-Senti, se non vuoi parlarne, io lo posso capire e di certo non ti obbligherei a farlo ma, ti prego, almeno non mentirmi-. 
Lei tornò a guardarlo, notando come la stava fissando insistentemente con i suoi tondi occhi nocciola che, nonostante fossero incupiti dalla preoccupazione, brillavano di una luce che non avrebbe mai brillato nei suoi: si trattava della Speranza. 
Scarlett rimase in silenzio, sentendosi in colpa, sotto il giudizio di quegli occhi sinceri, d'avergli negato la verità. 
Lui, dal canto suo e come era sempre solito fare, non si perse d'animo e, senza insistere, le diede una pacca fraterna sulla spalla :-Andrà tutto bene, vedrai. Non devi aver paura-. 
Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra della ragazza, erano certo belle parole le sue ma, come in molti casi, era più facile a dirsi che a farsi. 
Si incamminarono poco dopo verso casa, senza parlarsi molto, anzi, non si parlarono per niente. Scarlett non si era mai sentita così sola e distante da lui. 
Quando finalmente arrivarono davanti ai vialetti delle loro case, Jamie la fermò afferrandola saldamente per le spalle e piazzandole il viso ad un palmo dal naso, il che la fece ritrarre, erano amici da molto tempo ma, il contatto fisico così ravvicinato era una cosa che non le piaceva per niente, specie se improvviso e senza permesso :-Devi farmi un favore-. Le disse con lo sguardo più serio che le avesse mai rivolto. 
La ragazza rimase ammutolita ma annuì. 
:- DEVI combatterli! -. 
:- I..io -. Balbettò lei, non trovando una risposta alla richiesta che il ragazzo le stava facendo. 
:- Fidati di me, non avere paura. Devi solo credere e, quando crederai, sarai in grado di sconfiggerlo-. 
Credere? Ed in cosa avrebbe dovuto credere una ragazza senza alcuna speranza o che, quantomeno, si sentiva tale? 
:-Farò del mio meglio-. Lo accontentò infine, mettendo il broncio, il che lo fece sorridere. 
Le passò una mano tra i corti capelli, spettinandoglieli :-A domani allora e metti la sveglia all'orario giusto, pigrona!-. 
Scherzò salutandola e dirigendosi così verso la propria abitazione, mentre Scarlett sfilava le chiavi dalla cartella, aprendo la porta di casa. 
Combatterli aveva detto? 
Il calore dell'ambiente domestico scaldò le sue guance fredde, quasi come il marmo. Sua madre non era ancora rientrata dal suo turno di lavoro all'ospedale. Meglio così non le avrebbe chiesto come era andata la scuola e, lei, non sarebbe stata costretta a dirle l'ennesima bugia. Non aveva alcuna voglia, o intenzione, di studiare, motivo per cui abbandonò immediatamente l'idea, assieme alla borsa, ossia sul pavimento dell'ingresso. Decidendo invece di concedersi una lunga e calda doccia, sperando che questa le rimettesse un po' in ordine le idee. Cosa che, purtroppo, non riuscì a fare. 
La sua testa, in quel momento, vagava in un posto troppo lontano per far sì che dei pensieri logici potessero raggiungerla e, solo quando si abbandonò sul letto, stremata, le parole di Jaime tornarono a riecheggiarle nel cranio. L'orologio digitale segnava le 19:18. 
Aveva mai provato a combatterli, i suoi incubi? 
Forse un tempo, quando aveva ancora lo spavaldo coraggio di una bambina che credeva nelle fate, nei draghi e nel principe azzurro che accorre a salvare la dama in difficoltà ma lei, ormai, non era più una bambina e sapeva che la vita non andava così. Le fate non esistevano, così come i draghi ed, ancora meno, il principe che avrebbe potuto salvarla. Perché quello era il mondo reale ed, in quel mondo, ognuno doveva imparare a sopravvivere con i propri mezzi di fortuna e chi non ci riusciva si ritrovava solo ed allontano ma al tempo stesso, ancora abbastanza vicino, così da poter essere schernito e deriso. 
Si strinse al cuscino ed, alla fine, seppur a malincuore, si addormentò. 


Il luogo era sempre lo stesso. Alti e fitti alberi la circondavano in una claustrofobica gabbia nera. Stavolta, però, c'era qualcosa di nuovo. Tra la fitta vegetazione, parve aprirsi un piccolo sentiero che senza pensarci troppo, si ritrovò a seguire, con la sola speranza che l'essere che la stava braccando non la seguisse anche su quella nuova via. Ma quello era il suo regno, ogni piccolo dettaglio era “lui” a decidere se potesse accadere o meno. L'unica cosa, su cui sembrava non avere controllo era la sua volontà, era lei che, nella sua gabbia, decideva dove fuggire. Come una cavia da laboratorio. 
Alla fine del sentiero, giunse ad una radura dove, al centro esatto, stava un letto di legno, completamente sfatto ed abbandonato nel mezzo del nulla. Anche quello era nuovo e, per una volta, la curiosità la stuzzicò, spingendola ad avvicinarsi quando dei tentacoli fuoriuscirono dalle ombre, avvolgendole le gambe e risalendole come dei serpenti sino alla vita e su, ancora più su. Scarlett si preparò, la massa informe arrivò ad avvolgerle il capo, oscurandole la vista. 
E cadde! 


Un freddo improvviso la costrinse a destarsi. Gli occhi semi chiusi dal sonno ed il braccio sinistro, messo sotto il cuscino, si era addormentato. Volse un' occhiata alla finestra, trovandola chiusa. Ma allora da dove proveniva quel freddo? 
Si mise a sedere, passando una mano tra i capelli, lo faceva sempre quando si svegliava ed era nervosa -praticamente sempre- le piaceva la sensazione che le davano i suoi capelli, quando le accarezzavano le dita, e quando il suo sguardo sfuggì, per caso, ai piedi del letto, dovette trattenersi dal cacciare un urlo di terrore, spingendosi con la schiena contro la spalliera del letto. 
Perché lì, proprio davanti a lei, si ergeva un ombra, nera più del buio stesso, nella quale aleggiavano due luci ambrate. 
Tentò, quasi immediatamente, di accendere la lampada sul comodino al suo fianco ma -CLICK- non si accese. 
CLICK. Presa da panico, continuò a premere l'interruttore con la vana speranza che questo decidesse, dopo i suoi mille tentativi, di tornare funzionante -CLICK CLICK CLICK CLICK. Ma non successe niente. 
Volse un'occhiata alla porta, in quel momento le parve così distante che scappare le sembrò del tutto fuori questione, totalmente convinta che, se avesse anche solo allungato un piede verso il pavimento, l'ombra si sarebbe scaraventata su di lei in un batter d'occhio. Decise quindi di restare ferma e non tentare la fortuna che, sapeva, non stravedeva per lei. Almeno sino a quel momento l'ombra non aveva accennato alcun movimento, perché correre il rischio? 
Si spinse con ancora più forza contro la parete, sperando quasi che essa la inghiottisse, facendo respiri profondi nel tentativo di mantenere la calma. 
“Due volte in un giorno, non va bene, non va affatto bene”. 
L'ombra continuò a non far nulla, restando a fissarla con i suoi occhi gialli. 
“Magari è solo un gioco di ombre, causato dalle luci mandate dai lampioni in strada!” Cercò di convincersi. 
Poco sotto gli occhi sospesi, allora, si andò a disegnare una mezzaluna, irta di aguzzi denti bianchi, il che bastò a convincerla che non si trattasse di un'illusione. 
:-Ti prego basta. Lasciami in pace- supplicò -Ma cosa vuoi da me?-. Chiese poi, esasperata, spezzando il silenzio notturno. 
Lo sai” 
Ma cosa? Cosa avrebbe dovuto sapere lei? 
:-Io non so nulla! Non so chi tu sia o cosa tu voglia e nemmeno mi interessa! Voglio solo che mi lasci stare! -. Nemmeno si accorse di stare gridando, graffiandosi la gola, mentre le lacrime le rigavano le guance. 
Devi combatterli!” Quelle parole le tornarono in mente all'improvviso e deglutendo a fatica, si allungò verso l'ombra protendendosi con la mano tremante, laddove i suoi occhi vedevano la massa scura ergersi. 
Doveva sentire e capire se fosse reale o no. C'era quasi. 
La luce si accese all'improvviso, abbagliandole gli occhi, che si trovò costretta a socchiudere, scoprendo che, dinanzi a lei, non c'era più nulla. Solo la porta del suo armadio, semi aperta. 
O forse non c'era mai stato niente? 
:-Che cosa?-. 
:- Scarlett?!? -. 
Rabbrividì volgendosi verso sua madre, in piedi sulla soglia della porta mentre si copriva le labbra con le mani, per la preoccupazione. 
:-Santo cielo, cos'è successo? Ti ho sentita urlare!-. 
Non seppe cosa risponderle, non aveva raccontato nulla a Jamie, figuriamoci se avesse potuto dire a sua madre che delle ombre la perseguitavano, inseguendola sino a scuola e parlandole, addirittura. Certo non avrebbe potuto inventarsi molto, nelle condizioni in cui era. 
Gli occhi di sua madre la scrutavano con attenzione, in attesa di una risposta, la guardava come...come.. 
“Come se fossi pazza” Pensò tristemente Scarlett. 
:-Ho avuto solamente un incubo e mi sono spaventata-. Disse infine, abbassando lo sguardo per evitare gli occhi della donna. Non voleva vederlo. Non voleva e non poteva credere di essere ritornata a quel punto, di nuovo. 
:-E ora è tutto a posto?-. 
Il suo tono preoccupato, seppur dolce e gentile, non faceva che aumentare in Scarlett la paura per ciò che sarebbe potuto scaturire da tutti quegli eventi. 
Annuì infine, annegando nell'ennesima menzogna e si risistemò nel suo letto, continuando ad evitare lo sguardo di sua madre. 
La donna quindi si avvicinò, sedendole accanto ed accarezzandole i capelli con le sue dita affusolate. 
:-Li preferivo come erano prima, sai?-. Le sussurrò dolcemente senza ricevere alcuna risposta ma, comunque, se lo aspettava, sapeva che sua figlia non amava toccare troppo l'argomento. 
Nemmeno quando l'aveva già trovata così, al rientro dal lavoro, chiedendole il perché di quel gesto avventato, si era sbilanciata troppo. Semplicemente le aveva risposto d'aver bisogno di un po' di “luce” nella sua vita e, per buttarla sul ridere, aveva aggiunto di spaventarsi da sola, quando si guardava allo specchio, credendosi uno spettro uscito da quegli horror giapponesi. 
:-Cerca di dormire amore mio. Fai sogni d'oro-. 
Scarlett chiuse gli occhi, di nuovo sull'orlo delle lacrime, stanca di dover mentire alla ricerca di un bene migliore che non riusciva a trovare in nessun modo. 
:-Ok mamma. Buonanotte-. 
La donna andò via, chiudendosi la porta alle spalle. 
L'oscurità si impadronì nuovamente nella stanza ma stavolta Scarlett non riaprì gli occhi, cominciando a contare fino a 10, proprio come insegnavano ai bambini per scacciare la paura del buio, costringendosi al suo sonno tormentato ed ora reso peggiore da un Incubo ancora più potente e pericoloso: la realtà. 


 

* * * * 



Sandman, avvolto nel suo solito silenzio, aveva assistito a tutta la scena al di fuori della stanza. 
Non c'era tempo da perdere. 
Si precipitò via, allarmato, sulla sua nuvola di sogni. Doveva sbrigarsi ed avvertire North e tutti gli altri Guardiani dell'imminente pericolo. 
Non sapeva esattamente come, ne quando sarebbe successo -l'istinto gli diceva molto presto- ma qualcosa di oscuro e potente era pronto a tornare. 
Solo di una cosa era certo: stavolta non sarebbe stato affatto facile, fermarlo. 

   
 
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