Ciao a tutti!!
é la mia prima ficcy
in questa categoria spero che possa piacevi!!! Per quanto riguarda il
personaggio di Blaise forse potreste pensare, magari anche dal mondo in cui si
evolve nei prossimi capitoli, che sia un po OOC ma secondo me non è così,
è semplicemente cresciuto, maturato perchè la guerra lo ha costretto a
farlo ed ha imparato a fare compressi con se stesso e con la vita anche se
non sarebbe mai capace di ammettarlo a se stesso. Spero che vi
piaccia e che recensiate!!!! ( Hermione apparirà dal prossimo
capitoletto!!)
*******
The Taste Of Your
Touch
Stravaccato
sul comodo letto matrimoniale della mia stanza, lasciai che le ultime note
provenienti dal piano di sotto portassero via con loro questa notte che,
nonostante il cartello con scritto "Special Prize", di speciale non aveva
proprio niente.
One
night with you, just one night with you ( una notte con te ragazzo, solo una
notte con te)
everything
we could do ( potremmo fare ogni cosa)
Un
paio di labbra femminili mi lambirono l’orecchio mordicchiandone il lobo mentre
due mani esperte mi abbracciavano da dietro scendendo lentamente per
accarezzarmi il petto, inoltrandosi sempre più in basso. Si fermarono. Non
avevano nulla di passionale, erano dolci, mani affettuose che cercavano in un
modo o nell’altro di comunicarmi qualcosa.
She
said boy where you been? (Lei
disse: "Ragazzo dove sei stato?")
Stop
talkin', let's get with it (Basta parlare,dobbiamo cominciare)
Just like that
they ( Proprio come loro)
Non
apprezzavo tutte quelle coccole o dimostrazioni d’affetto dopo le mie
prestazioni: il mio lavoro si concludeva dopo averlo fatto, o almeno così avevo
sempre voluto e creduto che fosse. Non mi piaceva l’idea che qualcuna si potesse
affezionare a me
in un
qualsiasi altro senso anche se, secondo Jean Claude, il mio obiettivo era
proprio quello di appagare le clienti e farle tornare, in un modo o
nell’altro.
He
said "you’re amazing" ( Lui disse: " Sei favolosa")
She said "then why you
waiting?" ( Lei
disse: "Perchè allora stai aspettando?")
Quando
un anno prima mi ero recato al “The Taste Of Your Touch" mi ero presentato per
il posto da spogliarellista. Mi ero immaginato un locale decadente, sporco quasi
come se credessi che l’impurità dell’animo di chi lo frequentava dovesse
riversarsi anche nell’arredamento del suo interno. Rimasi stupito invece di
essere ricevuto da una donna di bellissime fattezze dai modi eleganti e di
classe.
you
gonna like it, uh huh, ( ti piacerà)
you
gonna want it uh huh, (lo vorrai)
The
Taste Of Your Touch, conosciuto anche come “Le Aiguiser” ( eccitazione dei
sensi) era sì situato nella zona rossa di Parigi ma nella parte di essa che
confinava con l’area ricca, turistica e di conseguenza dei grandi alberghi della
città. Era difficile giungere fino a lì, non era il tipico locale con le insegne
rosse facilmente avvistabile, assolutamente no. Era infatti praticamente
impossibile trovarlo se non si sapeva esattamente dove cercarlo.
you
gonna like it, uh huh ( ti piacerà)
we don’t need no more than he said she
said (noi non abbiamo bisogno d’altro lui disse lei disse)
Bisognava
recarsi al banco informazioni nella Hall del famoso albergo a cinque stelle The
Sweetest Sin (Il più dolce peccato), chiedendo la chiave per il paradiso. Nascosta da
una pianta presente nell’area cocktail dell’albergo, vi era una piccola
porticina sulla quale
era
appeso un cartello "Staff Only" ed una serratura. Al di là di essa un lussuoso
ascensore aspettava i clienti vogliosi. Un unico piano possibile, una sola
scelta ma la migliore perché tre metri più sotto, dopo qualche scalino, una
donna di bellissime fattezze dai modi eleganti e di classe li avrebbe
accompagnati in un locale dal quale, qualunque diavolo entrasse, poteva
assaggiare un po’ di quel paradiso perduto.
Si
veniva infatti scortati in un locale, simile alle normali ale cocktail degli alberghi più lussuosi:
lampadari di cristallo illuminavano l’atmosfera ma erano stati stregati per
diffondere oltre che una luce fioca, magica, anche un calore diverso, un
qualcosa che in mancanza di un termine più appropriato potrei definire
"eccitazione". Proprio così al "Touch" tutto sembrava tentare: dai dipinti
affitti alle pareti alla moquette rossa, Tutto era peccato, ma un peccato di
classe.
Ogni
dettaglio, ogni particolare era stato scelto con cura, come se fosse stato
disegnato dal più grande degli artisti. E se il "Taste" era, a detta di molti,
un qualcosa di indescrivibile, il suo proprietario non era da
meno.
La
fama di Jean-Claude lo precedeva, tutti lo conoscevano per le sue molteplici
abilità e, strano ma vero, le voci su di lui erano giunte anche a me che a
questo ambiente ero completamente estraneo. Se devo dire la verità, quello che
si vociferava su di lui e sulla sua bellezza non era altro che un insulto
alla sua persona. Niente di tutto ciò mi aveva preparato a quello che
vidi.
<
Signor Malfoy, si sieda pure. Non vorrei che andasse a raccontare in giro che
non concedo ogni comfort
ai
miei dipendenti >. Mi disse una voce che limitarsi a definirla sensuale era
un’eresia.
<
Signor LeMonte veram… >
<
Mi chiami semplicemente Jean Claude > Mi sorrise.
<
Jean Claude, mi scusi ma lei mi ha appena definito suo dipendente. Con questo
vorrebbe farmi capire che mi ha già assunto?? Senza ...
ehm …
senza voler sapere come… beh ecco come me la cavo?
>
Rise.
<
Wow se mi avessero detto che sarei riuscito a mettere in difficoltà un Malfoy
non l’avrei mai creduto possibile, ma
c’è una prima volta per tutto no? > Mi guardò affabile, ma
pian piano la sua espressione diventò più seria < Penso che
tu
sia abbastanza intelligente da esserti reso conto che questo locale è molto
esclusivo e che, di conseguenza, non permetto a tutti di varcarne la
soglia. Scelgo con attenzione ed
estrema cura anche i miei dipendenti. > Si fermò fissando i suoi occhi ai
miei con una profondità tale che mi sembrò, in un certo senso, di trovarmi di
nuovo di fronte a mio padre. Una persona normale, non abituata a portare
continuamente una maschera, non avrebbe capito che l’uomo che sedeva
compostamente di fronte a me, si era sentito profondamente offeso dalle mie
parole, come se avessi voluto mettere in dubbio la serietà e la diligenza con le
quali sceglieva i suoi lavoratori. < Prima ancora di comunicarle che il
colloquio di lavoro si sarebbe tenuto qui e rivelarle la posizione del mio
locale, ho incaricato le persone giuste
per
sapere TUTTO su di lei > e quando sottolineò "tutto" lo presi veramente
in parola: giurai a me stesso di non farlo mai arrabbiare perché, scommisi,
avrebbe trovato con facilità anche le persone giuste
per
liberarsi di me.
Deglutii.
<
Mi scusi, non volevo assolutamente mettere in discussione il suo metodo di
lavorare e i criteri con cui sceglie il suo personale.
>
Mi
sorrise nuovamente, riappropriandosi della sua aria amichevole.
<
Ne ero più che sicuro. So quanto abbia bisogno di questo lavoro, conosco la sua
situazione e devo ammettere che un tempo suo nonno mi aiutò notevolmente a
risolvere una certa
questione, ma non è per questo che sono più che contento di offrirle di
entrare a far parte dello staff del Touch. Non permetterei mai che le mie
questioni personali interferiscano con la mia attività. > Jean Claude aveva
ripreso il suo tono melodico e sensuale e riconobbi che, se non fossi stato più
che certo riguardo alla mia sessualità, avrei rincorso quella voce in tutte le
mie fantasia più sfrenate. < Vede, la
sua fama di amatore l’ha preceduto. Mi sono informato ovviamente anche su questo
aspetto della sua vita ... > non ne rimasi stupito. La prima persona che mi
venne in mente fu Pansy Parkinson: adorava letteralmente raccontare le nostre gesta a tutte le persone che
glielo chiedevano o davanti alle mie spasimanti solo per il gusto di vederle
soffrire. < … e sono rimasto molto impressionato da come gestiva la situazione. Quindi, non penso ci sia
bisogno di chiederglielo ma … vuole accettare di lavorare qui?
>
In
meno di un secondo, prima di conoscere le modalità e gli orari del mio lavoro,
firmai il contratto. Lo so, lo so, veramente poco professionale, ma il desiderio
di non dover più elemosinare o dormire sotto ai ponti era tale da
attanagliarmi.
Successivamente
mi fu presentato un mio collega che aveva il compito di spiegarmi con esattezza
le mie mansione. Con mio stupore,
scoprii che l’uomo in questione era proprio il mio migliore amico Blaise
Zabini, con il quale avevo perso i rapporti dopo la caduta del Signore Oscuro, e
che lavorava sotto nome falso da sei mesi circa.
Blaise
mi accompagnò nella mia camera al centro della quale catturava l’attenzione un
ampio letto matrimoniale a tre piazze. Un frigo bar, una scrivania, un tappeto e
una piccola porticina che conduceva
al mio bagno personale, provvisto di vasca idromassaggio completavano il
tutto.
La
mia stanza trasudava sesso ed eleganza.
Ne
fui compiaciuto: ero stato costretto dal Ministero a privarmi di tutto e a
vivere come meglio potevo, circondato a volte anche da straccioni ma la classe e
la dignità non spariscono mai: una volta che li hai dentro rimangono nel tuo
DNA.
Esistevano
principalmente tre tipi di clienti al Touch:
- Le Empty dette anche Loveless ovvero le
senza amore: in noi cercano principalmente un amico. Ci pagano e ci raccontano
la loro vita, i loro problemi e noi non dobbiamo far altro che ascoltarle. Anche
durante i possibili "incontri avvicinati" si aspettano dolcezza e
tenerezza;
- The Passionness: hanno richieste molto
particolari che sanno non corrispondere con i desideri dei loro partner o che
hanno paura a richiedere loro, perciò si affidano a noi. Molte volte ci
trascinano letteralmente fuori dal locale per portarci in luoghi aperti o
particolari a consumare la loro passione. Una volta mi sono ritrovato in un
cimitero. Passare con loro una notte è molto stancante ma, per lo meno, non devo
fingere di essere qualcosa che non sono: posso togliere la maschera di
gentilezza che sono costretto ad indossare con le Empty.
- Per
la terza categoria Blaise non ha ancora trovato un nome adeguato. Si tratta di
donne in carriera che, troppo prese dal loro lavoro, non hanno il
tempo per una vita privata ma fanno finta di averla. E così noi ci
ritrovavamo sballottati a una festa di matrimonio, di laura o a qualche strana
cena di famiglia. Altre volte veniamo "usati" per fare ingelosire qualcuno.
you
gonna like it, uh hu, ( Ti piacerà)
you
gonna want it, uh huh, ( Lo vorrai)
Sorrisi
alla donna distesasi al mio fianco. Questo mestiere era perfetto per
me: era abituato a fingere da una vita, a far trasparire le emozioni che le mie
clienti volevano ed ero piuttosto bravo in quello che facevo, il Migliore:
questo lo dimostrava anche l’ alto prezzo da pagare per passare una notte con
me.
Diedi
una fugace occhiata all’orologio fissato al muro mentre la cliente si
stiracchiava, indolenzita: il suo tempo era scaduto. Cercai di farglielo capire
gentilmente come Blaise e Jean Claude stessi mi avevano insegnato, ma la
delicatezza non è mai stata una mia prerogativa.
Si
era già rimessa gli slip e i jeans, ma non sembrava propensa a riallacciarsi il
reggiseno e infilarsi la maglietta. Dovevo accelerare i tempi: avevo giusto una
mezzora per farmi una doccia e poi sarei dovuto scendere al Taste per il mio
secondo turno. Stasera avremmo avuto a che fare con una donna appartenente al
terzo gruppo da me descritto. Doveva trattarsi di qualcuna molto importante ed
influente poiché di solito è Jean Claude a sceglierci secondo i gusti della
cliente, invece, quella volta, il capo ci aveva detto che tutti noi, anche
quelli che non erano di turno, si sarebbero dovuti trovare all’ “Aiguiser"
vestiti impeccabilmente.
Non
tutti noi eravamo abbastanza ricchi da poterci permettere abiti di classe ma a
questo problema Jean Claude aveva posto rimedio allestendo una specie di camera
armadio piena zeppa di vestiti suoi mai indossati o a lui regalati da importanti
stilisti.
Gattonai
fino a trovarmi dietro di lei ricordandomi di afferrare il suo reggiseno di
pizzo. Le feci passare entrambe le braccia e poi lo chiusi con delicatezza,
baciandole lentamente il collo fino a giungere all’orecchio, mordicchiandole
il lobo. Nello stesso momento in
cui alzò le braccia piegandole all’indietro nel tentativo di afferrarmi
dolcemente i capelli, riuscii a farle rinfilare la maglietta attardandomi, una
volta addosso, sui suoi fianchi, accarezzandoli dolcemente. Si girò verso di me
cercando la mia bocca e cominciai a baciarla sempre con più passione. Dopo
sessanta secondi era arrivata alla porta della mia stanza senza neanche
rendersene conto. Quando ci staccammo sospirò sulle mie
labbra.
<
Ciao, a presto > mi sussurrò all’orecchio allontanandosi da me per tornare
alla sua vita di tutti i giorni.
Mi
appoggiai alla porta sospirando come aveva fatto poco prima lei ma, questa
volta, per il sollievo.
<
Non se ne voleva più andare? > una voce ormai conosciuta mi
raggiunse.
<
No. E sono anche in ritardo con i tempi se voglio essere pronto tra trenta
minuti > risposi. Raccolsi gli abiti che avevo precedentemente scelto e mi
avviai verso il bagno.
<
Ci siamo ridotti proprio male ve? >
Lo
guardai alzando un sopracciglio fingendo di non aver capito dove volesse
arrivare.
<
Beh stiamo smaniando per arrivare puntuali ed essere scelti per trascorrere una
serata noiosa con una signora, probabilmente anziana, durante la quale saremo
esibiti come un trofeo. E poi? Sesso deludente con una persona che quasi
sicuramente ci farà schifo ma saremo costretti a mascherarlo. > Il suo
sguardo triste mi perforò ma come la solito mostrai
indifferenza.
<
Di solito le mie clienti sono giovani, belle, vogliose ed esperte Blaise, se
Jean Claude ti rifila gli scarti la colpa non è … >
< Le clienti
"giovani, belle, vogliose ed esperte" come le chiami tu, NON pagano 2500
euro per una notte, sono ancora abbastanza carine e capaci da potersi trovare
qualcuno al di là di queste porte e soprattutto se Jean Claude ha tutto questo
riguardo verso questa donna, deve essere una persona veramente importante e
difficilmente una ventenne ha così
tanto potere. > Si fermò probabilmente attendendo una mia reazione ma
io continuavo a guardarlo senza vederlo, temendo quella domanda,
quella a cui non avevo ancora trovato una vera riposta da quando lavoravo al
Taste.
< E
facciamo tutto questo per cosa? > mi chiese infine.
<
Soldi Blaise, soldi. > Gli dissi e cercando di essere il più
possibile cinico, tagliente e freddo,
aggiunsi < O vuoi continuare a leccare i piedi dei tuoi cari amichetti
sperando che, facendogli pietà, ti gettino qualche spiccioletto? >
Sperai di ferirlo, sperai di ferire il mio migliore amico, quello che mi era
stato vicino sempre e comunque, quello che non mi aveva mai tradito ma che ora
stava qui,
davanti a me, torturandomi psicologicamente cercando di farmi vedere oltre il
muro che avevo fortificato.
Se lo
avevo ferito non lo diede a vedere, probabilmente perché sapeva qual'era il mio
vero scopo.
<
Non abbiamo una vita, Draco. >
* Ha
ragione* continuava a ripetere una vocina dentro di me, la stessa che mi
aveva costretto ad aiutare gli Auror e a tradire Voldemort, la stessa però che
mi aveva fatto perdere tutto. Avevo giurato a me stesso che l'avrei fatta tacere
per sempre in un modo o nell'altro: un Malfoy non ha una
coscienza.
<
Belle donne pronte a pagarci e anche profumatamente per fare, la maggior parte
delle volte,
qualcosa
che ci piace; vitto e alloggio gratis e bei vestiti. Sinceramente Blaise, non so
di cosa ti lamenti! > Mi nascosi ancora una volta dietro alla maschera
di arroganza e indifferenza che mi ero costruito in tutti questi anni. Qualunque
altra persona avrebbe desistito ci sarebbe rimasta male o si sarebbe arrabbiata,
ma Blaise sapeva cosa stavo facendo: volevo solo proteggermi da me stesso,
continuare a vivere, o meglio a respirare senza pormi inutili domande, senza
dannarmi per un qualcosa che non potevo cambiare e non volevo
riconoscere.
<
Draco, al di fuori del Taste, chi sei? > Deciso, diretto, come sarei
stato io se avessi avuto il coraggio di affrontare la verità. Fu peggio di
una pugnalata.
Feci
l’unica cosa che potevo fare: mi incazzai e chiusi violentemente dietro di me la
porta del bagno investendolo con una serie di epiteti che non possono certo
essere definiti d'affetto. Sentivo fremiti di rabbia scorrermi in tutto il corpo
e per un secondo lo odiai. Perché aveva ragione, perché mi aveva sputato in
faccia tutto quello che non volevo vedere, perché sapevo che non ero più e
probabilmente non sarei mai più stato Draco Malfoy. Al mio nome ormai erano
associati solo vergogna, disprezzo e la vendetta di tutti quelli a cui mio padre
aveva ucciso qualcuno. Malfoy. Ogni singolo momento della mia vita, ogni
mia scelta, pensiero e modo di fare erano stati dettati da quel cognome, da
quella parola di sei lettere che aveva segnato il mio destino. Io ero Malfoy,
ero la mia famiglia, i miei antenati e le loro scelte, e se non potevo più
essere ciò che mi avevano insegnato a diventare, che cos'ero? Ho sempre pensato
che ognuno di noi scegliesse il proprio futuro ma, mi sono accorto che solo
pochi hanno il coraggio di cominciare a zero, purtroppo io non ero uno di loro.
Un Malfoy fifone? Un'eresia direte, ma
adesso che il mio cognome non era nulla, solo carta straccia, cosa
importava? A chi importava?
A me,
perché se avessi accettato tutto ciò sarei stato costretto a trovare la
forza di ricominciare.
Mi
doleva la testa dal troppo riflettere. Diedi un pugno contro il muro con una
forza tale capace di ferirmi e farmi sanguinare. Aprii con violenza il getto
dell’acqua della doccia sperando di lavare via dal mio corpo tutti i miei
pensieri e farli scorrere velocemente giù.
Mi
asciugai guardando il mio volto perfetto allo specchio e me ne compiacqui. La
modestia non era mai stata il mio punto forte. Mi sorrisi ripetendo a me stesso
che non avrei permesso a nessuno, nemmeno a Blaise, di far anche solo vacillare
la mia autostima, e con questo pensiero scesi con grazia le scale che portavano
dal mio appartamentino al Taste Of Your Touch.
Non
sapevo quanto mi stavo sbagliando.
La canzone è di Ashlee Tisdale e si chiama "She said, he said"
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