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Autore: Mary_    26/01/2013    7 recensioni
-Va bene, voi perché siete dentro?-
La frase ricordava ironicamente una riunione di carcerati.
"Il liceo sperimentale Michelangelo era diviso in quattro indirizzi: artistico; musicale; lingue e recitazione; sportivo. Al terzo piano, ultima porta a sinistra, stava l’aula del Doposcuola Punitivo."
"-Non te ne sei accorta? Qui sono tutti troppo perfetti e diligenti per farsi mettere in castigo. Mirano tutti troppo in alto. E poi ci siamo noi. Se ci pensi non abbiamo fatto niente di esagerato, semplicemente siamo usciti un po’ dagli schemi. Siamo diversi. Noi siamo come dei fuorilegge.-"
"-Non sono una professoressa, non faccio ripetizioni né corsi di recupero. Ma d’ora in poi potete scordarvi l’idea di non fare niente qui con me.-"
Tutti gli studenti del liceo sperimentale Michelangelo andranno a vedere l'opera teatrale inscenata dai ragazzi del Doposcuola Punitivo, senza pensare a cosa potrebbe esserci stato realmente dietro le quinte...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed è giusto dedicare questo capitolo a tutte quelle sante persone che mi hanno sopportato e aspettato.

E mi riferisco a Paola, mia sorella, che si è sorbita le mie varie paturnie, così come Lucia e Anna, che

hanno fatto lo stesso. Poi lo dedico a Mich, naturalmente, e a Daffy, perchè forse non lo sanno,

ma davvero a volte mi tiro su di morale grazie a loro e a ciò che scrivono. E infine lo dedico anche a Ellie e Miriam, che mi

hanno spronato a pubblicare (rimproverandomi, anche, e giustamente), quindi il capitolo è qui anche per merito loro.

Grazie a tutte, davvero.

 

 

 

Quando tra Biondino e Testa a Cespuglio ci si mettono dei gavettoni, una classe e il Signore del Corridoio

 

 

 

 

Avete mai provato a insegnare a un ottantaseienne come usare un computer?

Luca Grigori sì. Stava provando quest’ebrezza giusto due settimane dopo l’incidente di Giovanni. Il ragazzo aveva cambiato camera, e aveva acquistato un affascinante coinquilino.

Osvaldo Miniera era uno scorbutico e brontolone vecchio signore che si era rotto una gamba cadendo dalle scale e ora era recluso lì con lui.

Essendo impossibile ignorare la sua borbottante presenza, per il bene del giovane malato i suoi amici passavano un po’ di tempo a turno con quello vecchio, intrattendendolo quando la signora Miniera non lo veniva a trovare.

Luca stava appunto provando a introdurlo nel mondo della tecnologia, con scarsi risultati.

-Giovanotto, non pensare di prendermi in giro. Non esiste che io faccia cose strane come pigiare i tasti di quest’affare per cercare sul tuo Internet tutto quello che trovo sul giornale della parrocchia!- stava dicendo l’anziano signore quando Irina entrò nella stanza.

-‘Giorno signor Osvaldo. Ehi, lo sa che mio padre si chiama Osvaldo come lei?-

Il signor Osvaldo la guardò truce. –Non vedo come questo possa interessarmi.-

Irina scrollò le spalle. –Ha ragione anche lei.-

Irina era quella che riusciva ad andare più d’accordo con lui. Entrambi scorbutici, potevano capirsi e non offendersi alle rispettive frecciate che si lanciavano.

-Ti ho portato un regalo, compare!- disse poi la riccia rivolgendosi a Giovanni.

-Spero che sia la mia ragazza, non la vedo da un pezzo.- replicò lui imbronciato.

-Martina viene dopo, doveva ancora finire di studiare per l’interrogazione di recupero di fisica. E a proposito di fisica… ecco qua! Esercizi freschi freschi di giornata!-

-E sarebbe questo il regalo?-

-Questo e una notizia: ebbene sì, la gita di fine anno è dopodomani. Le previsioni sono cambiate ed è definitivo.-

-No!-

-Sì.-

-No!-

-Sì.- s’intromise Luca. –Non capisco perché te la prendi tanto, non ci potresti andare nemmeno l’ultima settimana di scuola, ridotto come sei.-

-Sempre delicato.- piagnucolò Giovanni.

-Almeno quanto tu sei melodrammatico.- fu la risposta pacata dell’altro.

La gita di fine anno consisteva nell’intrepida traversata della città per arrivare al parco più grande e piazzarci tutti gli studenti in modo che si illudessero di essere già in vacanza, nonostante mancasse ancora una settimana alla fine della scuola. In quel locus amoenus (*) i ragazzi potevano sbizzarrirsi in ogni genere di rito da fine scuola, con grande indulgenza dei professori-sentinella.

Per Giovanni Santani, che preparava i gavettoni già con settimane di anticipo, perdere un evento del genere era una vera e propria disgrazia.

-Avevo già fantasticato su tutti i bei momenti in cui avrei bombardato Iri…- frignava lo sventurato infermo, esasperano gli altri due.

-Parla pure come se non fossi davanti a te, Santani.-

-Tu non mi vuoi bene!-

-Ma cosa…-

-Non mi vuoi bene, mi porti solo i compiti di fisica, lo fai per torturarmi, lo so!-

-Mi hai scoperto.-

-HA! Tu quoque!-

Luca sospirò e abbandonò il signor Osvaldo nel momento di suo maggior diletto: una filippica contro la sguaiata gioventù moderna.

Il ragazzo afferrò un cuscino e lo ficcò in faccia a Giovanni, che stava elencando tutte le persone che ormai non lo amavano più, e che era arrivato giust’appunto a lui.

-Ecco! Oh, Luca, non mi ami nemmeno tu! Credevo fossimo amici, ma evidentemente mi sbagliavo!-

-Esatto. Vengo qui tutti i santi giorni solo perché sto facendo un corso accelerato per il martirio.-

Luca era effettivamente in quella camera anche più spesso degli stessi genitori di Giovanni. Sembrava che avesse preso come impegno personale l’accertarsi che Giovanni non combinasse niente di catastrofico e nocivo per sé, cosa probabile anche se era intrappolato in un letto d’ospedale.

La situazione era positiva per entrambi: Giovanni, sempre tendente al vittimismo, non si deprimeva troppo e aveva sempre qualcuno con cui lamentarsi, Luca dal canto suo stava meno chiuso in casa e meno appiccicato al computer.

Solo una persona era poco contenta di questa convivenza. Martina era arrivata a supplicare Sara di portarsi via Luca per poterla lasciare sola con il suo ragazzo.

“Stare soli“ era poi un concetto relativo. Il signor Osvaldo non perdeva occasione per rimproverarli a ogni minima effusione. Un momento in cui approfittare poteva essere quando il signor Osvaldo dormiva, con il piccolo inghippo che l’uomo non dormiva mai di giorno. L’altro momento di libertà scattava quando la moglie, la signora Osvaldo, come la chiamavano loro, veniva a fargli visita. Se non altro a quel punto l’attenzione del marito era rivolta a lei, nonostante i continui borbottii scontrosi che la povera donna si doveva sorbire.

-Non capite, è amore.- disse sottovoce Irina, sentendo Giovanni commentare perplesso l’idilliaco rapporto tra i due coniugi.

-Boh, tu sei l’unica a capirlo perché sei come lui. Credi che se fossi innamorata saresti comunque scorbutica?-

Irina pensò al suo contegno con Matteo da quando, due settimane prima, aveva scoperto di essere innamorata di lui. Non era cambiato niente, continuavano a litigare come prima, anche se lei si sentiva più imbarazzata.

-Sì, direi di sì. Ma non vedo perché dovremmo preoccuparci di questo, dal momento che non lo sono.-  aggiunse, per sicurezza. Ci mancava solo che quella comare di paese del suo migliore amico si mettesse in testa di farle da agenzia matrimoniale per conquistare Matteo. Già, conquistare Matteo. La cosa le dava ancora dei problemi, visto che non aveva idea di come fare, ma preferiva rimandare le paturnie varie, era ancora tutto nuovo e scioccante.  Innamorata di Matteo Conti, roba da matti.

Luca si alzò sbuffando e infilò –con estrema cautela, naturalmente- il portatile nello zaino.

-Io direi di andare, tra poco viene la tua dolce metà e io sono stufo di fare il terzo incomodo.- brontolò.

-E lei si è stufata che tu lo faccia. Anche se, se vogliamo essere precisi, tu sei un quarto incomodo.- disse riferendosi ovviamente all’anziano signore che lo guardava truce. –Ti ho sentito, sai, ragazzo? Non credere che mi piaccia stare rinchiuso in questo letto.-

Luca sospirò e aprì la porta. –Ci vediamo domani. Cerca di non esasperare anche i muri mentre non ci siamo.-

-Aha, spiritoso.- Per tutta risposta l’altro scrollò le spalle e uscì in corridoio.

-Vado con lui, Gio. Salutami Martina, e non fate cose sconce davanti al signor Osvaldo, va bene?-

-Non potremmo nemmeno se volessimo. Come vedi ho gli arti un po’ impediti e potrebbe risultare complicato…-

-Va bene, va bene, il concetto è chiaro! Alla prossima, signor Osvaldo, si riguardi.-

Dopo che il diretto interessato grugnì un saluto, Irina chiuse la porta e raggiunse Luca in fondo al corridoio.

-Come torni a casa?-

-Autobus.-

-Oh, bè, passo davanti alla fermata per andare a casa mia. Vengo con te.-

 

Irina diede un calcio a una vecchia lattina, sovrappensiero. Poi, ripensandoci, andò a riprenderla per buttarla. Luca la guardava di sottecchi.

-Ti serve qualche verifica in anticipo per gli ultimi giorni? Pensavo vi avessero caricato parecchio.-

-Fino alla settimana scorsa sì, ma adesso mi rimane solo il recupero di fisica. Ma non fa niente, tanto devo studiare con Martina, e lei è troppo onesta per aiutarsi sapendo in anticipo le domande.-

Luca scrollò le spalle. Scrollava sempre le spalle quando era troppo pigro per dare una risposta articolata. Ovvero praticamente sempre.

-Come ti senti?- domandò alla fine, con lo sguardo sempre fisso sulla strada.

-Per la verifica? Non preoccupatissima, ho ancora un paio di giorni, e ormai ho scampato gli esami a settembre con l’interrogazione di venerdì.-

Arrivarono alla fermata; Luca si stravaccò molto elegantemente sulla panchina in attesa dell’autobus. Irina rimase in piedi con le mani in tasca.

-Non intendevo la verifica. Mi riferivo all’incidente di due settimane fa.  Te la sei vista brutta anche tu, no?-

-Oh.- Irina guardò sorpresa Luca, che invece osservava interessato la cartoleria dall’altro lato della strada.

-Oh, no, è tutto ok adesso. Insomma, sono rimasta sottosopra per un paio di giorni, ma va meglio ora.- riprese sedendosi accanto a lui.

-Quando ci ripenso mi vengono ancora i brividi.- Ammise il ragazzo aggrottando le sopracciglia.

-Già. A volte mi vengono gli incubi. Una notte ho sognato che Giovanni mi tirava sotto l’auto con lui, un’altra che ero al suo posto per terra… robe simili.-

-Tragico.- Commentò l’altro con una smorfia.

-Un po’.- Faceva fatica a parlarne, ma non l’aveva ancora fatto con nessuno, e si rendeva conto solo in quel momento di quanto sollievo le desse. Grazie, Luca.

-Se avessi bisogno di qualcosa…- borbottò l’amico tornando ad rimirare la cartoleria.

Lei sorrise, a sua volta un po’ a disagio. –Grazie. E non credo di averti mai ringraziato veramente per la tua idea delle firme. Per il murales, intendo.-

Luca scrollò le spalle, come sempre. – Non fa niente. Io e te non siamo un granchè con le parole.-

Probabilmente fu per questo che non dissero altro finchè l’autobus di Luca non arrivò. Si salutarono con un cenno e ognuno andò per la sua strada.

Quel Luca Grigori era proprio bizzarro, così come tutti gli altri del Doposcuola Punitivo, dopotutto. Inoltre, Irina non aveva mai avuto con lui una conversazione tanto lunga.

 

Lunedì mattina una testa bionda fece capolino alla porta della IV B del corridoio dell'indirizzo Artistico. Martina andò incontro all'intruso, sorpresa.

-Ciao. Che ci fai qui?-

-Cercavo Testa a Cespuglio, ho un messaggio da recapitare.- esclamò Matteo Conti gioviale guardandosi attorno. La sua espressione cambiò considerevolmente quando individuò in fondo alla classe Irina Rainieri.

Perchè Irina Rinieri era seduta su un banco abbracciata a un individuo che aveva le braccia grosse il doppio delle sue e contro cui non avrebbe avuto la minima chance in caso di un duello per il cuore della fanciulla?

Martina seguì il suo sguardo e ridacchiò per la sua faccia, che doveva essere leggermente demoralizzata.

-Ehi, Iri! Ti cercano!- gridò in direzione dell’interessata, che sbucò da dietro la spalla dell’energumeno.

Sgranò gli occhi nel vederlo, sorpresa, e arrossì leggermente. Aha, colta con le mani nel sacco!

 -Un secondo!- esclamò, e tornò a nascondersi dietro l’enorme massa muscolare del tizio.

Mh. Era piuttosto grosso. Accidenti.

-Ecco qua, Carletto, soddisfatto?- Irina diede una pacca alla grossa spalla del gorilla e saltò giù dal banco.

Carlo Pisquani, ripetente del quarto anno, era stato soprannominato “Carletto” per la sua mole considerevole, e ora esibiva sul braccio e sul collo un dragone nero. Per riuscire a realizzarlo Irina aveva dovuto appollaiarsi sul banco e dalla postazione di Matteo sembrava effettivamente che si stessero abbracciando.

Carletto agguantò la compagna per le spalle e la stritolò per bene, tutto contento per il nuovo tatuaggio. Matteo potè sentire lo scricchiolio delle ossa di Irina. Quest’ultima raggiunse barcollante l’amico e gli rivolse un’occhiata interrogativa.

-Buon giorno, piccola esploratrice! Pronta per la gita?- Irina fece spallucce. –Ti serve qualcosa, Giovane Marmotta?-

-Luca ha chiesto se possiamo pranzare insieme, noi del Doposcuola Punitivo. Non è strano che l’abbia proposto lui? Il nostro Luca Grigori si ammorbidisce!-

Irina sorrise. Le piaceva la prospettiva di passare un po’ di tempo anche con loro e non solo con la sua classe.

-Certo, così ci troviamo anche per decidere quando andare a trovare Gio all’ospedale.-

-Giusto. Allora contiamo anche su di te.- E segnò su un foglietto il suo nome.

-Siamo in sei, a che ti serve la lista?-

-Rendeva il tutto più professionale.-

-Logico. A dopo, Conti.-

-A dopo, Rainieri.-

 

Matteo guardava impressionato il panino di Marco, che vantava la bellezza di cinque strati, di cui uno contenente una cotoletta intera.

-Svelami il tuo segreto, ti prego. Com’è possibile che tu non sia obeso, se davvero mangi cose del genere?-

-Bè, tecnicamente non è mio. L’ho vinto a un mio compagno di classe. Solo che è talmente grosso che non so come morderlo.-

-Ti do una mano io.- L’offerta di Matteo chiaramente non era una dimostrazione di amicizia, ma un semplice moto d’invidia causato dalle dimensioni del suo triste panino al prosciutto.

Irina masticava la sua pizza e li osservava.

-Si sente la mancanza di Gio. Sembriamo tutti meno scemi.-

-Giovanni è l’essenza della nostra stupidità.- commentò Luca addentando il suo panino.

-Credo che ne sarebbe fiero.-

-Sì, è il genere di cose che lo renderebbe orgoglioso.-

-Fare il cretino da solo non è divertente.- si lamentò Matteo, appoggiando la testa alla spalla di Marco e cominciando a piagnucolare. L’altro lo guardò basito e vagamente inquietato. Fran si allungò per dargli delle pacche sulla schiena.

-Riuscite a pensarci? L’anno prossimo non saremo più al Doposcuola Punitivo.- esclamò.

-Bè, non è detto. Magari Luca ammazza Genziana e viene rinchiuso per un altro anno.- intervenne Irina.

-E’ possibile.- commentò il direto interessato, che trovava Luca Genziana ogni giorno più fastidioso, quando si appiccicava a Sara.

-Non ce ne sarà bisogno.- Sara, che fino a quel momento non aveva spiccicato parola, se ne stava rannicchiata sul prato, con la testa tra le braccia.

-Non ti senti bene?- Luca le si avvicinò, giusto per controllare che non fosse in fin di vita, ma la ragazza lo fulminò con lo sguardo. –Stai lontano da me, uomo.- sibilò, facendolo congelare sul posto.

Guardò in cagnesco Matteo e Marco, che la guardavano allibiti.

-Oggi ce l’ho con i maschi.-

Fran la guardò dispiaciuta e comprensiva. –Primo giorno di ciclo?- Sara annuì tetra. –Sto malissimo. Non ho dormito, ho mal di pancia, mal di testa, mal di schiena. Voglio morire.- Rantolò tornando a raggomitolarsi. Fran, in quanto essere umano femmina potè sedersi accanto a lei e accarezzarle la schiena per confortarla.

Luca ebbe il buon senso di andarsi a sedere al posto di Fran, accanto a Irina.

-Saggia decisione.- lo accolse quest’ultima. –Non temere, tra due o tre giorni dovrebbe tornare come prima, almeno per quanto riguarda il carattere.-

-Quante storie…- borbottò Matteo, ancora sorpreso.

-Tu, maschio, non puoi capire. Vorrei vedere te in quel periodo del mese, biondino.-

Matteo stava per ribattere qualcos’altro, ma incontrò gli occhi severi –da leggersi “assassini”- di Sara, e preferì tacere.

 

Sara stava effettivamente male. Fran stava rovistando nello zaino da una decina di minuti alla ricerca della scatola di antidolorifico.

-Ma insomma, maledette pastiglie, dove cavolo vi ho messo, accidenti a me…- era il continuo borbottio che proveniva dalle sue parti.

Alla fine si schiaffò la mano sulla fronte e sbuffò.

Fran gesticolava sempre ed era molto espressiva; era questo che a volte la faceva sembrare un po’ pazza.

Ad ogni modo il suo problema era un altro. Si era ricordata di aver lasciato a sua sorella le pastiglie, il che voleva dire andare a recuperarle.

Questo era proprio ciò che Fran voleva evitare, detestava incontrare i compagni di classe di sua sorella. In particolare i suoi amici, Lorenzo e Giorgia, due snob con la puzza sotto il naso e con la fissa di essere perfetti. Quei due non facevano mai niente per nascondere il loro disprezzo per Fran e per i suoi amici o per qualsiasi altra persona che facesse qualcosa di minimamente diverso dalla media, facendo vergognare Teresa e arrabbiare Fran.

Quello che la faceva più imbestialire era che l’unica orribile colpa da lei commessa era quella di far parte del Doposcuola Punitivo. Come se lei e gli altri avessero commesso chissà quali crimini.

Fran era convinta che se sua sorella fosse stata in una classe meno… elitaria, tutti questi problemi non ci sarebbero stati.

Camminava alla ricerca del Trio della Perfezione con Irina a fianco, che era venuta per supporto. Marco le aveva raggiunte quando la situazione aveva iniziato a degenerare: ovvero quando Matteo aveva iniziato a sbuffare per la noia ogni due secondi e Luca, seccato, gli aveva ficcato in testa lo zaino.

Alla fine trovarono il gruppetto alle prese con una sventurata compagna di classe che, a quanto pareva, esibiva un colore di capelli troppo trasgressivo.

-Credi davvero che ti prenderanno sul serio come violinista se li tieni di quel colore? Pensaci bene, Linda, sembri più un’artista di strada piuttosto che una concertista.-

Linda sbuffò e si passò una mano tra i capelli blu scuro. –Ti comporti davvero da altruista, Giorgia, ma con la lingua biforcuta che ti ritrovi non sei molto credibile. In ogni caso se un’orchestra mi giudica per il colore di capelli e non per come suono il violino, allora non vale nemmeno la pena di entrarci.-

Ecco, perché sua sorella non era diventata amica di questa Linda, invece che prendersi le mele bacate della classe?

Il sorriso di Irina fece capire a Fran che la pensava come lei.

Lorenzo, uno spilungone magro magro, che ancora non aveva distribuito in giro la sua dose di simpatia, squadrò lei, Marco e Irina e poi diede un colpetto a Teresa, che se ne stava più in disparte.

La ragazza notando sua sorella e i suoi discutibili amici arrossì di colpo e la guardò infastidita.

-Cosa vuoi?- domandò brusca accompagnata dallo sbuffo seccato di Giorgia.

-Cavolo, Terry, stai attenta, rischi di commuovermi a ricoprirmi di affetto in questo modo.- replicò sarcastica la sorella.

Giorgia bisbigliò qualcosa all’orecchio di Lorenzo, che ridacchiò. Irina lo guardò come se volesse staccargli la testa con una mazza da baseball e Teresa strinse le labbra, nervosa.

Che belle, le riunioni di famiglia.           

 

-Mie!- esclamò Sara gioiosamente quando vide arrivare Fran con le pastiglie.

Fran gliele diede subito, consapevole che per lei rappresentavano la salvezza.

-Fai paura, lo sai, sì? Sembri pazza.- intervenne Matteo allucinato. Sara per tutta risposta lo guardò male e gli voltò le spalle.

-E tu cos’hai, Fran, mestruata pure tu?- domandò allora il biondo notando la faccia scura dell’amica.

-No, incontro ravvicinato con le guardie del corpo di mia sorella. Lascia perdere.- sospirò all’espressione perplessa dell’altro.

-La ragazza con i capelli blu è sua amica, però.- intervenne Marco. –Le vedo parlare in corridoio, ogni tanto.-

-Quando non ci sono i due Signori Perfettini, immagino.- commentò Fran amaramente. –Senza di loro Teresa è abbastanza umana, davvero.- disse come per scusarsi del comportamento di sua sorella.

-Sì, lo so. E’ tra quelli del Musicale che hanno firmato la petizione per Irina, sai?-

-Sul serio?- Sia Fran sia Irina lo guardarono sbalordite. Sapevano cosa pensava Teresa del Doposcuola Punitivo e dei suoi membri, almeno a giudicare da come li guardava sempre, e non erano certo pensieri carini.

Fran non si stupiva che sua sorella, orgogliosa com’era, avesse omesso quell’episodio, ma si sentiva più leggera.

-Si vede che non è male come sembra.-

Fran sorrise riconoscente a Marco. –No, non lo è.-

 

Un urlo belluino, simile a quello di un dugongo inferocito, echeggiò nell’aria, seguito dal tremore del terreno ai passi della bestia in avvicinamento.

-Carletto! No!-

Troppo tardi. Irina fu completamente investita dal getto d’acqua. Bagnata fradicia, come se fosse stata investita da uno Tsounami, si voltò allibita nella direzione di Carletto, che se la rideva tutto felice, brandendo un altro fatale gavettone.

-HA! INGRATO CHE NON SEI ALTRO!- Agguantò la bottiglia d’acqua di Matteo e si lanciò all’inseguimento.

Martina, che li aveva raggiunti dopo una folle corsa per cercare di fermare Carletto, si fermò a osservare, ancora col fiatone, la scena dell’enorme mole di Carletto che scappava dalla piccola Irina.

Matteo se ne stava seduto corrucciato. –E’ la mia bottiglia, quella…- borbottava irritato.

-Potrebbe tornare indietro, se Carletto non se la mangia.-

-Chi? La bottiglia o Irina?-

-Tutt’e due, considerando quant’è grosso.- ridacchiò la ragazza divertita. Matteo fece una smorfia.

-Ad ogni modo, se potesse, ci sarebbe Gio al suo posto. Progetta l’attacco di gavettoni dall’inizio dell’anno, e la sua preda preferita è Irina.-

Gio sapeva bene che se teneva alla sua vita e ad avere una pacifica e duratura relazione con lei non doveva sfiorarla nemmeno con una goccia d’acqua.

Martina odiava bagnarsi. Odiava l’effetto che la pioggia aveva sui suoi capelli, odiava quando i vestiti bagnati le si appiccicavano alla pelle, non le piaceva nemmeno nuotare. Affinchè non sorgano dubbi strani assicuriamo che si lavava. Solo non amava le doccie straordinarie.

Per questo motivo Irina veniva designata ogni anno come vittima, cosa che in realtà la divertiva.

Ciò nonostante quell’anno aveva pensato di evitare la doccia, data la mancanza di Giovanni, ma per sua sfortuna il suo compagno di banco aveva mandato un sicario.

Matteo guardava assorto Irina che veniva ancora una volta investita da un considerevole getto d’acqua e tentava la ritirata verso la fontana, alla ricerca di materia prima per rispondere all’attacco.

Martina scoppiò a ridere quando il gavettone di Irina centrò, per puro caso, ovviamente, la chioma fluente e ormai fradicia di un’imbestialita Costanza Rossini. Costanza cominciò a sbraitare contro la riccia, col risultato di attirare l’attenzione di quei trogloditi dei loro compagni, che le si gettarono addosso sommergendo lei e i suoi vestiti firmati.

-Ecco, questa è una scena che non dimenticherò mai.-

Matteo guardò la Rossini che ormai annegava nei suoi abiti fradici. –Ce l’hai con lei?-

-Tutte le ragazze della scuola ce l’hanno con lei. Il suo problema è che ci prova con ogni essere maschile in grado di respirare, che sia occupato o no.- Si ricordava ancora di quando si era incollata a Giovanni l’anno prima, facendola imbestialire anche se ancora non stavano insieme.  Era a quel punto che si era resa conto che forse Giovanni Santani non le stava così antipatico.

-Sai… mi sono chiesto spesso… non sei mai gelosa del rapporto che c’è tra Gio e Irina? Insomma, sono sempre insieme, no?- le domandò Matteo dopo un minuto di silenzio.

-Gelosa di Gio e Irina? Sinceramente non mi è mai passato per la testa. È sempre stato evidente che sono solo amici, e mi fido di entrambi più che di me stessa. No, proprio non ce li vedo insieme. Come ti è venuto in mente?-

Matteo fece spallucce e tornò a guardare la disfatta della Rossini. Sembrava che uno stuolo di rivali si fosse unito ai ragazzi della IV B per sopprimerla. Faceva quasi pena.

Sembravano spettatori di uno spettacolo teatrale, seduti lì tranquilli a godersi la scena.

Dietro di loro Sara era tornata ad accovacciarsi dolorante, Luca si teneva a debita distanza da lei e discuteva con Fran a proposito del professore di latino –è in effetti più corretto dire che Fran parlava e lui ascoltava- e Marco si era appoggiato all’albero e non dava più segni di vita.

Martina diede un’occhiata a Matteo, che quel giorno era evidentemente di cattivo umore.

-Non vorrei farmi i fatti tuoi, Matteo, ma… non sarà a te che dà fastidio che Gio e Irina siano sempre insieme?-

Matteo sgranò gli occhi così tanto che la ragazza temette di vederli cascare dalle orbite. Lui si guardò alle spalle e, assicuratosi che nessun altro stesse seguendo il discorso, rispose con ostentata tranquillità. –A me non dà fastidio… dovrebbe?-

-No che non dovrebbe! Insomma, non c’è proprio niente di cui essere gelosi. Scusa se te lo chiedo, ma a te piace Irina, no?-

-No! Sì? Perché me lo chiedi?-

-Bè, ce lo chiedevamo tutti in classe, in realtà. Alcuni pensavano che voi steste insieme, ma Irina me l’avrebbe detto.-

Gli occhi di Matteo diventavano sempre più grandi e tondi a ogni parola che pronunciava, il che cominciava a inquietarla. Chissà, magari lei e i suoi compagni avevano preso un granchio, come diceva Giovanni, eppure sembrava evidente a tutti che quei due si piacevano.

Gli unici a non considerare minimamente l’ipotesi erano, per chissà quale motivo, proprio i ragazzi del Doposcuola Punitivo.

 

Matteo trovava la situazione vagamente assurda, ma soprattutto spiacevole.

L’unico a cui aveva detto cosa provava per Irina Rainieri era Aldo Visconti, il suo vicino di banco, e lo aveva fatto sotto costrizione. Sapere che un’intera classe faceva progetti su di lui e Testa a Cespuglio era davvero spiazzante.

-Bè, ma… questo è… assurdo, dai, come vi è ventuo in mente?-

-A volte vi comportate come marito e moglie, non ve ne accorgete? Ma se dici che è assurdo…-

-Assurdo.-

-Non così tanto, però.-

-No?-

-No.-

-Magari… non del tutto assurdo?-

-Decisamente non assurdo. Ma non c’è niente di male. Voglio dire, non commettete un reato se state insieme.-

-Non stiamo insieme!-

-Bè, allora dovreste darvi una mossa. O meglio, tu dovresti darti una mossa; Irina non è molto acuta in queste situazioni.-

-Me n’ero accorto, sì.-

-Forza e coraggio. E scusa se ti ho estorto queste informazioni, non andrò a raccontarle in classe, ovviamente. Il fatto è che eravamo convinti che fosse tutto già risolto.-

-Forse siete troppo avanti.- rispose Matteo, tornando a guardare con aria stralunata il campo di battaglia, che si stava lentamente svuotando. Cercò il cadavere della Rossini tra le macerie, ma la trovò più distante, intenta a cercare una presa per il phon in pieno parco. Non sembrava una ragazza molto brillante, in effetti.

-Ah, e comunque non starei a preoccuparmi neanche di Carletto. Non sono ancora entrata nella testa di Iri, e lei non si confida mai riguardo ad argomenti del genere, ma sono quasi sicura che al momento non sia interessata a lui.-

Proprio in quel momento Carletto afferrò Irina per la felpa e le rovesciò nel colletto il contenuto di una bottiglia intera. Qualsiasi cosa prima la ragazza pensasse di lui, ormai Carletto non era più un problema.

Anzi, a giudicare dalla faccia di Irina, presto sarebbe scomparso dalla faccia della terra.

 

Ogni movimento di Irina comportava uno spruzzo d’acqua dalle scarpe e mille goccioline che si disperdevano generosamente sui suoi poveri amici. Da come forse avrete capito, insomma, era bagnata fradicia.

La ragazza si strinse corrucciata nella felpa, emmettendo svariati “ciff” e “ciaff”.

-L-la prossima v-v-volta userò la testa di Carletto c-come pallone per la p-partita di calcio tra p-p-professori e alunni. Voglio vedere p-poi se r-ride.- borbottava come una pentola di fagioli, tremando dal freddo.

Secondo la legge di Murphy, infatti, proprio in quel momento si era messo a soffiare il vento, cosa che poteva risultare piacevole per chi non sopportava già il caldo di giugno, ma terribile per chi era zuppo come una spugna di acqua fredda.

-Hai freddo?- chiese laconico Luca, dimostrando tutto il suo acume.
Irina non rispose nemmeno e continuò a tremare nella sua enorme felpa ormai inservibile.

-Vuoi la mia?- domandò Matteo dopo un po’.

-C-come?-

-La mia felpa, dico. A me non serve.- disse indicando la sua felpa abbandonata sulla testa di Marco, che cercava di dormire appoggiato all’albero.

Irina guardò Matteo come se fosse persona più meravigliosa al mondo. Avete presente gli occhi sbrilluccicosi degli anime giapponesi?

-Ehi!- si lamnetò Marco quando Matteo gli levò dalla faccia la felpa per darla a Irina.

-Questioni di forza maggiore.- replicò passandola alla bagnata forza maggiore, che l’afferrò tutta contenta e tremante e zampettò altrove per cambiarsi. Martina lanciò un’occhiata eloquente a Matteo. Stava sicuramente pensando alla storia del sembrare marito e moglie, e il ragazzo si affrettò a ignorarla, voltandosi per dare uno scappellotto a Marco, che ancora cercava di dormire.

-Teo! Ma che ti prende oggi, hai il ciclo anche tu?- protestò lui seccato. Un ringhio basso proveniente dalla parte di Sara zittì il moro. Fran si affrettò a calmare l’amica.

Luca aveva ragione. Erano un branco di squilibrati anche senza Giovanni Santani, ma era comunque tutto diverso quando l’essenza della loro stupidità non era tra loro.

Come direbbe il buon vecchio Socras, la stupidità senza la sua essenza è come il pane senza la marmellata. (**)

-Non so che cos’amare di più della giornata: la gita o il fatto che non c’è il Doposcuola.- Fran scese dall’autobus con un salto e guardò soddisfatta il Michelangelo. Irina sospirò. –Non per me. Fino alle sette sono qui a pulire. Accidenti, cosa diavolo ci sarà da pulire se noi studenti abbiamo passato la giornata fuori?-

-La polvere, per esempio. Non fare la lavativa e datti una mossa, ragazzina.-

Irina sobbalzò e si girò di scatto verso Torquato, il bidello. –Ma che diamine… devi… sempre apparire all’improvviso?- soffiò con il cuore ancora in gola per lo spavento. Torquato era un asso nell’apparire dal nulla senza preavviso e far venire infarti alla gente.

-Saluta le amiche e datti una mossa, o ti toccherà lavare i pavimenti della mensa con Ramona.-  Con l’orrida prospettiva di passare la sera in compagnia di Ramona e dei pavimenti appiccicosi della mensa Irina sobbalzò un’altra volta.

-No! No, grazie, Ramona può fare a meno di me. Verrò con te, Torquato, non sia mai che affatichi la tua vecchia schiena a spazzare tutto da solo.- Salutò velocemente Fran e seguì Torquato oltre il cancello della scuola, mentre quest’ultimo ancora borbottava :”Vecchia schiena un corno…”

Torquato era a conti fatti la compagnia migliore che potesse avere in quelle sere. Era un po’ burbero, e soprattutto folle, ma era molto meglio delle altre bidelle. In particolare Irina si teneva alla larga da Ramona, poco portata per l’igiene –il che spiegava perché i pavimenti della mensa rimanessero appiccicosi- e da Lara, invece troppo portata per la pulizia. Ricordava ancora di quando aveva costretto lei e Torquato a girare per i corridoi con le pattine. Roba da matti.

 

-Ragazzo, dovresti essere a casa. Che diavolo ti porta a scuola fuori orario? Già questo mi basta per capire che non hai le rotelle a posto…-

-Ma se lei mi lasciasse spiegare…-

-Via dal mio corridoio, biondo.-

Biondo? Irina si affacciò incuriosita dalla porta della classe dove aveva appena finito di pulire e trovò niente meno che Matteo Conti alle prese con il suo poco socievole compare di pulizie.

-Torquato, che stai facendo? E piantala con questa storia del “tuo” corridoio. Che orgoglio può esserci a essere il Signore del Corridoio?-

L’uomo guardò Irina in cagnesco. –E’ tuo questo?-

-Cosa?-

-E’ tuo questo tizio?-

-Sì, è mio… cioè, lo conosco.-

Torquato sbuffò e se ne tornò a pulire borbottando.

-Ma che diavolo di problemi ha?- sbottò Matteo guardandolo male. Sembrava che fosse profondamente offeso dal fatto di essere appena stato trattato come una cosa.

 

Il prode cavalier Matteo Conti aveva cercato una scusa qualsiasi per andare a parlare con madamigella Irina Rainieri e chiarire una volta per tutte quello che provava per lei.

Questa faccenda dell’intera IV B che sospettava e congetturava riguardo a loro due lo infastidiva parecchio.

Così aveva optato per raggiungere la ragazza nella classe dove stava lavorando con la scusa di dover riprendere la felpa che le aveva prestato. Non era un gran pretesto, considerato che Irina avrebbe potuto tranquillamente restituirgliela il giorno dopo, ma una volta che si era deciso era meglio sfruttare la sua sicurezza e darsi una mossa.

Matteo Conti aveva proprio coraggio da vendere.

Irina era andata a cambiarsi in bagno e lui era lì ad aspettarla, teso come la corda di un violino.

Se maledì per non essersi preparato un discorso. Aveva pensato che improvvisare sarebbe stata la cosa migliore, ma ora la riteneva un’idea balorda. Non aveva la minima idea di cosa dire e, agitato com’era, era capace di parlare per più di mezz’ora senza mai arrivare al punto.

Ora ne era certo, sarebbe partito col parlare del tempo, fino ad arrivare al buco nell’ozono, ma di sentimenti nemmeno una parola.

Proprio mentre cercava di rimettere in ordine i suoi pensieri da adolescente frustrato con gli ormoni in subbuglio, Irina ricomparì con la sua felpa, facendolo girare di scatto.

-Ecco qua. Ti senti bene?-

-Benone. Perché?- domandò nervoso prendendo la felpa che lei gli porgeva.

-Hai la faccia verdognola, quasi.- Ah, ecco, molto attraente. Niente seduce più di un sano colorito verdognolo da ansia da prestazione.

Matteo continuava a stropicciarsi la felpa tra le mani, che gli sudavano terribilmente, altra cosa estremamente seducente.

-…Conti? Non stai bene?-

-No! Cioè, molto bene, niente di che. Tu come stai? Mi ascolteresti un secondo?- disse tutto di fila senza mai respirare, in preda al panico. Accidenti, faceva proprio pena. C’era un piccolo Giovanni Santani sulla sua spalla che si divertiva un mondo e sghignazzava senza ritegno per il modo in cui si stava umiliando. Sull’altra spalla stava appollaiato un piccolo Marco Poli che esortava il pubblico a scommettere sull’esito della sua triste avventura.

-Sì, certo, dimmi. Sicuro di non volere un bicchier d’acqua?-

-Niente acqua, sto bene. Solo, sta’ zitta, ok? Per favore.- aggiunse, rendendosi conto di non essere stato molto cortese. E non era bene.

Irina si sedette sul banco, incuriosita e perplessa. Matteo si schiarì la gola con fare molto concentrato, per darsi un certo tono.

-Il fatto è che… noi non facciamo che litigare, e lo so bene che sembra strano, ma io lo trovo divertente, anche se sembra sempre che tu voglia staccarmi la testa. Cosa che non escludo farai una volta o l’altra, visto quanto sei violenta. Insomma, probabilmente non si direbbe, visto che tu mi dai sempre contro e m’insulti ogni giorno, ma…-

Assicuriamo i gentili lettori che Matteo, dopo quella sbrodolata di “ma” e “però”, che voleva essere un incipit ben fatto, aveva l’obiettivo di porre un “ma” fondamentale: il “ma non m’importa dei vari problemi e difetti e bla bla bla” che avebbe risolto ogni cosa e portato a un lieto fine. Purtroppo Matteo si era scordato di non essere Giorgio e di non avere un copione che parlasse per lui, e per ora riusciva a cavarsela a tirare fuori solo i difetti e i problemi. Così va la vita quando non è scritta da qualcun altro.

La povera Irina a ogni sua parola diventava sempre più rossa e si sentiva sempre più mortificata, tanto che a un certo punto saltò giù dal banco e di avviò offesa verso la porta.

-Accidenti, Conti, se sei venuto solo per insultarmi puoi continuare il discorso con Torquato.-

Matteo l’afferrò per il polso, allarmato dalla sua –giustificata, peraltro- reazione.

-No, no, aspetta! Quello che cerco di dire, e di cui tu non ti sei ancora accorta, è che mi sono innamorato di te, ritardata che non sei altro!-

Suonò più come un’accusa, che come una dichiarazione, e Matteo avrebbe preferito ballare il valzer con Torquato piuttosto che essere lì, ma ormai il danno era fatto, quindi tanto valeva andare avanti.

“La distruzione di Matteo Conti-Irina Rainieri, la vendetta”. 

La ragazza lo fissava con gli occhi sgranati e non diceva niente. Matteo tossicchiò e cercò di spiegarsi meglio. La sua consolazione era che peggio di così non poteva andare.

-Va bene, ricomincio. Non volevo insultarti. Cioè, quello lo faccio sempre, e direi che adesso non è indispensabile. Bè, è proprio come ho detto. Mi sono innamorato di te, Rainieri, e sembra che sia maledettamente evidente, perché se ne sono accorti tutti i tuoi compagni di classe! Quindi il problema dev’essere tuo, Testa a Cespuglio, come hai fatto a non rendertene conto?- sbottò alla fine, sudando freddo. Qualcosa gli diceva che non aveva fatto una bella impressione nemmeno con il secondo tentativo. Era quel che si dice un ragazzo sagace.

Irina era ancora in evidente difficoltà, indecisa se prendere a pugni il ragazzo o baciarlo. Le veniva più facile prenderlo a pugni, in realtà, dal momento che aveva più esperienza in questo campo, ma per prima cosa decise di rispondere alla sua domanda.

-Bè, io… non me n’ero accorta, no! E non me ne sono accorta perché… perché… tu ti eri forse accorto che ero innamorata di te?-

-No, onestamente. Aspetta, tu…? Davvero?-

-Ma certo!-

-Eri o sei?-

-Tutt’e due, direi.-

-Oh! Bene.-

-Quella di prima cos’era, una dichiarazione?-

-Voleva esserlo, sì. In effetti avrei dovuto lavorarci su un po’ di più.-

-Poteva andare bene la seconda parte. Se ritiri il “ritardata”.-

-Ma quello è vero. Non ti sei accorta di niente!-

-Bè, allora tu sei un… pessimo dichiaratore, ecco!-

Leggendo tra le righe si potrebbe notare l’euforia che aveva preso entrambi, ben nascosta dagli insulti che si rivolgevano. Erano così su di giri che non riuscivano nemmeno a litigare come si deve.

-Non è vero! Sta’ a sentire, me n’è appena venuta in mente una fantastica.- Matteo gonfiò pomposamente il petto e cominciò a declamare una replica della vecchia dichiarazione di Giorgio: “Irina, tu sei la mia vita ora, il mio sole, il mio fiore, sei l’aria che respiro, il bocciolo della rosa più bella, la rugiada che compare alla mattina, il timido raggio di un tramonto sul mare, sei lo zucchero sulla lingua, la canzone più melodiosa, l’unico motivo per cui un ragazzo come me può voler viver…” Irina scoppiò a ridere e gli tappò la bocca con una mano, dicendo tra le risate: -Che estro poetico! Ora dovrai chiedere i titoli d’autore alla preside. Sbaglio o mesi fa ti avevo detto che il malcapitato che mi avrebbe fatto una dichiarazione del genere sarebbe finito male. E ancora non riesco a credere che quel malcapitato sia tu.-

 “Da parte mia credo che tirerei qualcosa in testa al malcapitato che osasse dichiararsi a me in questo modo.”

 “Ah, puoi stare sicura che io non ti dirò mai una cosa del genere.”

Non era buffo? Mesi prima la pensavano a questo modo e ora erano lì; Matteo si era dichiarato e Irina non gli aveva tirato niente in testa.

Chi l’avrebbe mai detto? A quanto pare, tutti eccetto i diretti interessati e gli altri componenti del Doposcuola Punitivo.

 

-Scherzi a parte, ti va bene che quel malcapitato sia io?-

Irina sorrise imbarazzata. –Non ne sceglierei un altro.-

Matteo sorrise a sua volta, e fu sollevato che la ragazza, che aveva abbassato lo sguardo, non potesse vedere la sua espressione ebete.

-Sai, ho già provato due volte a baciarti e non mi è mai andata molto bene. Se ci provo adesso cosa succede?-

-Tu provaci e vediamo.-

 

Ma non successe niente.

Non appena Matteo si avvicinò alla ragazza, dal corridoio sbucò Torquato, che urlò a pieni polmoni: -Tempo scaduto! Fuori di qui, ragazzo, se ci tieni ad avere classi e bagni puliti!-

Matteo, vedendolo spuntare all’improvviso, fece un salto di due metri, andando a sbattere contro il banco dietro di lui. Naturalmente lo spigolo si conficcò nel suo fianco. Irina, che aveva già fatto esperienza delle entrate a sorpresa del bidello, si limitò a battersi una mano sulla fronte, profondamente frustrata.

Sotto lo sguardo severo e indagatore del suo assillante custode accompagnò fuori il biondo, in un silenzio imbarazzato.

-Lo odio.- mormorò a denti stretti lui quando arrivarono alla scalinata in fondo al corridoio.

-Lo so. Si diverte alle mie spalle.- borbottò lei mortificata. Guardarono indietro e non videro nessuno. Via libera.

-Bè…- mormorò Matteo avvicinandosi una seconda volta al viso della ragazza.

-RAINIERI! I pavimenti non si lavano da soli! Forza!-

Matteo, a pochi centimetri dalle labbra di Irina, espirò profondamente e si allontanò del tutto, borbottando scocciato: -Va bene, mi arrendo. Vai a lavare i pavimenti.-

Lei ridacchiò, ancora rossa, e lo salutò con un cenno della mano. –A domani.-

-Abbiamo ancora una faccenda in sospeso, Rainieri, non ci sarà sempre il bidello a salvarti. Con questo sono a quattro tentativi mancati, non fa bene al mio orgoglio maschile.-

SPLAT!

Uno straccio bagnato atterrò tra di loro, schizzandoli di acqua saponata. Indovinare la mano nemica non fu difficile.

-Ho capito!- sbottò Matteo in direzione di Torquato.

Non la si faceva al Signore del Corridoio.

 

 

 

 

(*) Il locus amoenus è un luogo idilliaco.

(**) Socras è un personaggio del cartone di altissimo livello della Kinder Ferrero "I Roteò". 

 

 *Angolo di Mary

Coff coff.

No, fermi tutti, niente oggetti contundenti contro l'autrice! *Viene centrata in pieno da un computer* Me lo meritavo, è vero.

Chiedo scusa in tutte le lingue che conosco (due) per il mio ritardo. Sono veramente dispiaciuta, ma l'ultimo anno di scuola si è fatto sentire, accompagnato da un simpaticissimo blocco che mi ha impedito di scrivere in modo decente durante l'estate. Lo so, sono una disgraziata.

Ma procediamo con ordine. *Schiva un altro computer*

Innanzitutto ci tenevo a introdurre l'amicizia consolidata tra Luca e Giovanni. Perchè anche Luca ha un cuore, signori, solo che lo mostra solo nei momenti di maggior sconforto. E dicendo questo mi riferisco anche a lui e Irina. E' stato strano scrivere quella parte, perchè quei due si relazionano poco, ma è una delle mie preferite.

La cara dolce Sara: non è tutta farina del mio sacco la sua felice situazione. Per carità, le mestruazioni sono la storia più vecchia del mondo, ma le ho messe in questo capitolo non perchè mi stiano simpatiche (ci mancherebbe anche), ma per omaggiare una storia che mi ha divertito immensamente e che reputo veramente meritevole di essere letta, ovvero "Ogni ventotto giorni", di Yvaine0. Lo so, ho commesso emulatio e spero che Mich non me ne vorrà per questo, il mio intento era quello di farle un omaggio, perchè quella storia... boh. La trovo un piccolo gioiellino dell'humor.

Ecco perchè ora cliccherete sul link e la andrete a leggere. (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1299119&i=1)

Fran e Marco: cari, vecchi ragazzi, ancora non ho finito con loro, naturalmente. Ad ogni modo ecco un po' spiegata la relazione tra Fran e sua sorella. Non molto idilliaca in effetti, ma non voletegliene, io voglio un gran bene a Teresa.

E ultimi, ma non per importanza: Matteo e Irina. 
Ebbene sì. E' successo. Ve lo aspettavate?
Lo so, non sono per niente romantici, ma per due come loro non ho saputo fare diversamente. Scrivere la scena della dichiarazione è stato un parto assurdo, ma alla fine sono sicura che le cose siano andate così. Sono pur sempre Matteo e Irina, dopotutto.

Molto bene, cosa sto dimenticando ancora? Ah, sì. Torquato. Vi proibisco di non amarlo. Omaggio a Torquato Tasso, come ho già detto, è una persona degna di rispetto. 

Vi chiedo ancora scusa per il tempo che ci ho messo, spero che la mole del capitolo possa almeno un po' compensare il tempo.

Grazie mille di avere ancora la pazienza di seguire, davvero. 

Mary 

P.S. Come sempre chiedo di farmi notare i sicuramente presenti errori di battitura. Grazie.

  
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