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Autore: miss potter    27/01/2013    6 recensioni
Freddo.
Lenzuola.
Piumone.
Pelle.
Respiro.
Tepore.
Amore?
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                    Nessuna malizia.




Avrei potuto sentirmi a disagio quando, all’ora del tè, gli passavo la sua tazza e lui l’accettava, con distrazione, ignorando il casuale sfioramento delle nostre dita nello spazio tra il piattino e il manico.
Avrei potuto arrossire come un pomodoro quando entrava senza bussare nel bagno, mandando all’aria ogni forma esistente di pudore e riservatezza propria di ogni essere umano per parlarmi di qualche prezioso indizio riguardante un caso mentre facevo la doccia.
Nessuna malizia. Non c’è mai stata nessuna, cavolo di malizia, tra noi due.
Neanche quando, una sera, lui aveva deciso di scivolare lento e gelato nel mio letto.
“Sherlock?” avevo sussurrato, dopo un istante di rimbambimento dovuto al dormiveglia, voltandomi di scatto verso la sua sagoma scura. “Che ci fai qui?”
Respira, respira, respira John.
Prima o poi se ne andrà, continuavo a ripetermi mentalmente.
Fa come se fosse Sarah.
Immagina Sarah, immagina Sarah. Non è Sherlock. Solo Sarah.
Pensa a Sarah, diamine!
“Ho freddo, John” mormorò soltanto, facendo cigolare le molle del materasso sotto il suo peso ed intrufolandosi sotto le coperte.
Le sue parole mi vennero ben presto confermate dal brivido che provai quando i suoi piedi, nudi e ghiacciati, sfiorarono per puro caso – non so dirvi se lo fosse stato realmente – i miei, più tiepidi ed ormai abituati alla temperatura dell’ambiente sottostante il piumone.
Sarà forse stato per la notevole stanchezza accumulata nella giornata o, con molta più probabilità, per lo sconcerto più totale provocatomi da quella situazione ai limiti dell’imbarazzante perché non riuscii ad articolare una frase dal significato linguisticamente coerente per tutto il tempo che gli servì per sistemarsi, appallottolandosi contro la mia schiena, le braccia strette al petto e le ginocchia piegate sull’addome.
Tremava come un bambino dopo un brutto sogno.
Con calma, prendendo un bel respiro profondo e mandando a quel paese tutti i miei tentativi di auto convincimento, mi voltai supino e cercai i suoi occhi, dispersi da qualche parte sotto quell’indomabile selva di ricci scuri che gli nascondeva parte del viso. Di quest’ultimo, infatti, erano rimasti allo scoperto metà naso, gli zigomi affilati e le labbra a cuore, serrate e tese dal brivido.
Teneva le sue grandi mani chiuse a pugno, sotto il mento, e la pelle intorno alle nocche, già bianchissima per natura, sembrò essere percorsa da vasi di latte, non di sangue.
Aveva l’aspetto di un angelo adolescente, morbidamente immerso nella sua candida nuvola fatta di lenzuola e cuscini e in un sonno talmente profondo da incutere immensa pace a chiunque vi posasse lo sguardo.
Ero incredibilmente rilassato.
“Sherlock, tutto bene?” azzardai scostandogli una ciocca ribelle dalle palpebre serrate e frementi col movimento del mio indice sinistro, aiutato dal medio, in quella che poi si rivelò essere una lieve e totalmente involontaria carezza che, dalla punta del naso, lambì la curva della fronte per poi fermarsi alla sommità della testa.
Lo sentii rilassarsi sotto il mio tocco e anche i suoi piedi, intrecciati ai miei, sembrarono aver perso la temperatura di due ghiaccioli.
“Hm, hm” mormorò soltanto, annuendo impercettibilmente col capo e stringendosi maggiormente addosso al mio corpo.
Risi di quella situazione. Silenziosamente, tra me e me, ma ne risi.
Non avrei mai potuto immaginare che, un giorno o l’altro, mi sarei ritrovato a dividere il letto col mio coinquilino. Insomma, non che mi dispiacesse o che mi desse in qualche modo fastidio, intendiamoci. Nelle fredde notti di Kabul capitava spesso di dover avvicinare le brande sotto la tenda medica per racimolare quel poco di calore che i corpi dei feriti emanavano, insieme all’odore sgradevole delle ferite e della sabbia umida che s’infiltrava sotto i vestiti insieme ad insetti d’ogni genere e dimensione.
Non so se si nota, ma non rimpiango un solo istante della mia carriera da soldato.
Alcuni potrebbero dire che mi manca l’adrenalina, l’eccitazione che solo una battaglia può dare, a lungo andare, quando uno si abitua al sangue e ai cadaveri di acneici ventenni e padri di famiglia.
Il fatto è che tutto ciò di cui avevo più bisogno, in quel momento, era proprio lì, accanto a me, sepolto sotto un piumone pulito e soffice, e l’odore di morte aveva lasciato il posto alle erbe selvatiche dello shampoo e al muschio del dopobarba di Sherlock.
Sorrisi al suo indirizzo, certo che non lo avrebbe notato ma ancor più sicuro che ne avrebbe percepito il rumore, delle mie labbra che si piegavano.
Alzai un braccio, godendomi il leggero strofinare della mia pelle sulla stoffa morbida delle lenzuola, e gli circondai le spalle dopo averlo fatto passare sotto il suo collo, ora caldo, quasi bollente.
Lo sentii fremere d’esitazione, o forse di sincero imbarazzo per quella situazione, ma nonostante il più che comprensibile disagio interpretò al meglio quel mio gesto e mi si accoccolò sul petto come un grosso gatto lunatico, in quel momento bisognoso d’attenzioni e d’affetto. Giurai di avvertire anche una specie di brontolio, simile a delle fusa, provenire dalla sua gabbia toracica e non potei fare a meno di posare la felicità che mi danzava sulle labbra sul suo capo, ispirando a pieni polmoni il fresco profumo dei suoi capelli.
Rabbrividii quando sentii le ossa appuntite del suo bacino pungermi i fianchi e la sua gamba sinistra scavalcarmi arpionandosi così al mio addome.
Nessuna malizia. Ma proprio zero. Credetemi.
“Sei comodo” sospirò a un certo punto, provocandomi un leggero brivido vicino la giugulare.
“Ne sono felice, Sherlock.”
“E mi piace il tuo… odore.”
Anche il tuo è molto buono, mi venne da rispondere.
“Il mio odore?”
“Sì.”
“E di cosa so, Sherlock?”
A quel punto, strofinò la punta del suo naso al confine tra il mio collo e la porzione di petto lasciatami scoperta dalla leggera maglia del pigiama, respirandone a fondo ogni centimetro, ogni neo, ogni sporgenza ossea e cartilaginea per poi abbandonarvi sopra una guancia, solleticandomi le labbra e il mento coi suoi ricci.
“Di John” borbottò sui miei pettorali.
Sorrisi per l’ennesima volta, stringendolo maggiormente a me e godendomi il tepore del suo corpo propagarsi come una brezza estiva, calda e rinvigorente, lungo le mie membra, stanche ma incredibilmente rilassate.
Avrei potuto morire felice, stretto in quel modo a lui, e pregai che quella notte, ormai alle soglie dell’alba, non potesse finire mai, che la luna decidesse di fermarsi ancora un po’ su, nel cielo stellato di Londra, per assistere al mio, personalissimo miracolo che, molto più di quanto avevo già chiesto, mi stava salvando la vita ogni giorno.
Ci addormentammo così, abbracciati, l’uno immerso nell’odore della pelle dell’altro e nella nostra nuvola di lenzuola e serenità.
Io non sono cristiano. Non ho mai creduto in nessun paradiso o inferno. Ma ero e sono tutt’oggi convinto che ognuno di noi possa trovarlo qui, sulla Terra, se cerca bene.
Io lo stavo trovando tra le braccia di un sociopatico, in un appartamento di quarta categoria della capitale inglese, e la gente avrebbe parlato. Oh, eccome se avrebbe parlato…
Ma, stranamente, ammetto che non avrei potuto desiderare niente di meglio dal destino
.









Note:
Questa storia mi è stata ispirata dalla stupenda, ma che dico, STRAORDINARIA immagine che trovate qui sotto.
Eccovi il link da dove l'ho pescata -->  http://detectivelyd.deviantart.com/art/Still-Point-297830876
 


Author's Corner: Insomma, sono rimasta davanti al pc per un tempo indefinito con una faccia da pesce lesso e litri di saliva sulla tastiera quando ho scoperto questa immagine che, mi preme precisare, NON possiedo.
Credo sia una delle immagini a tema Johnlock più belle e dolci che abbia mai visto.
Il disegno è un'altra delle mie più grandi passioni e credo che, molto probabilmente, mi riesca meglio della scrittura, dunque spero comunque che la mia interpretazione in chiave letteraria di questo disegno meriti un vostro commento.

miss potter



 
  
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