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Autore: animapurpurea    27/01/2013    4 recensioni
Spense la cicca, lasciò che il fumo le entrasse per l’ultima volta nella cassa toracica prima che quel piccolo involucro d’anima consunto tra i due polmoni neri smettesse di battere. La palpebre calarono il sipario facendola addormentare per sempre nella speranza di risvegliarsi da quel dannato incubo così concreto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The blessed chirping of a caged bird in your arms.

La teiera era sul fuoco e, giusto il tempo per rilegarsi i lunghi argentei capelli in uno chignon disfatto, che iniziò a borbottare tra il vapore.
Ora del the? No, solo un momento di pausa, ecco tutto.
Pura riflessione.
Aveva sempre amato contemplare il silenzio e affogare nella propria mente davanti ad una tazza fumante e, nonostante l’avanzare degli anni, questo capriccio non le era passato.
Versò l’acqua bollente in una tazzina di porcellana con una bustina di Jasmine Green Tea, il suo preferito.
Lasciò in infusione, mescolò e si accomodò su una delle sedie dai cuscini candidi che circondavano il tavolo rotondo della cucina della loro casa di campagna. Iniziò a sorseggiare la calda bevanda.
Era attorniata da quattro pareti celesti con l’intonaco che veniva via a pezzi, mobili in legno come credenze e sportelli, un piano cottura in alluminio, un frigorifero e svariate fotografie in bianco e nero.
Si era ripromessa che da vecchia avrebbe fatto di tutto per non trasformarsi in una di quelle signore scorbutiche con feltrini, polvere e gatti. Fortunatamente a quelli era allergica, ma per il resto non aveva potuto evitare che la forza devastante del tempo la investisse in pieno rendendola debole, trascurata, grigia.
Non era la morte quella, ma l’avrebbe preferita di gran lunga rispetto a quello che era successo.
Si sentiva non-viva, un automa.
Consumava quello che rimaneva della sua esistenza a cercare invano di rivivere i ricordi. Ricordi sfumati ed emozioni lontane.
Era sola, completamente.
Fece scorrere le esili dita sul bordo del recipiente secondo movimenti circolari con lo sguardo smarrito oltre la tenda di lino della portafinestra verso il pallido meriggiare di una valle arsa dal sole in pieno marzo.
Colline verdi, stormi di rondini, cielo azzurro, rumore dell’infrangersi delle onde del mare in lontananza e profumo di primavera.
Ma lei era turbata.

La sua melodica risata era un’eco di emozioni nella mente.
Rivide le rievocazioni frammentate della loro vita insieme da quando si erano incontrati sulla costa di Ballycastle nella contea di Adrim a Tramore nella contea di Waterford in Irlanda durante l’estate del 1970.
La prima volta che si conobbero lui aveva diciotto anni mentre lei era un anno più piccola; si incrociarono per sbaglio in mare mentre entrambi stavano facendo surf da onda.
Una grande passione in comune quella del mare, delle sue onde che come lamine di metallo si infrangevano sulla baia.
Allora dimmi il tuo nome.” le aveva detto all’orecchio il ragazzo, dagli occhi come due smeraldi in cui potersi perdere, con un tono di voce che l’aveva fatta rabbrividire.
In quella grotta si sentivano solo i loro cuori palpitare.
Amethyst.” aveva risposto con un sibilo.
Beh, si spiega tutto dato i tuoi occhi.” aveva ammiccato passandosi una mano tra la folta chioma di ricci castani che gli avvolgevano il capo.
In effetti erano un enigma violaceo, come il minerale stesso, che si aprivano sul mondo accompagnati da delle ciglia scure, che insieme ai lisci e folti capelli corvini lunghi fino alla vita, la pelle diafana, le efelidi sul viso e la figura slanciata le avevano sempre conferito una parvenza ultraterrena.
Ora tu devi dirmi il tuo.” aggiunse beffarda.
Harold, ma tutti mi chiamano Harry.” increspò le labbra in un sorriso a dir poco meraviglioso provocando, a sua volta, le due buffe fossette agli angoli della bocca che gli conferivano un’aria infantile.
Allora io sarò l’eccezione che ti chiamerà Harold.” arrossì impercettibilmente.

Ricordò quando le loro labbra si sfiorarono per la prima volta.
I loro corpi che si univano.
Le loro mani fatte appositamente per accogliere quella dell’altro.

Prometti che ricorderai tutto questo.” le aveva detto una volta giunta la fine della vacanza.
Perché non dovrei Harold? Ci terremo in contatto.
Tu ricorda e basta perché questo non è un addio.” aggiunse lui prendendole le mani e schioccandole un bacio sulla fronte.
E così fu, poiché fece di tutto per ritrovarla e farla sua.
Avevano un legame speciale, indistruttibile, che sarebbe durato in eterno.
Si completavano.
L’uno era l’ancora dell’altra.
Erano rimasti uniti in qualunque evenienza, da quando scoprirono che non avrebbero mai potuto avere figli, fino alla morte di lui per un incurabile cancro al pancreas.

Riassaporò il calore che solo i suoi abbracci sapevano darle; quando le cantava la sua canzone preferita con voce calda e lievemente roca mentre lei sprofondava nel sonno tra le sue braccia forti ed accoglienti.

A falling star fell from your heart and landed in my eyes
I screamed aloud, as it tore through them, and now it's left me blind

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

And in the dark, I can hear your heartbeat
I tried to find the sound
But then it stopped, and I was in the darkness,
So darkness I became

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

I took the stars from our eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

Prometto che un giorno conterò tutte le lentiggini che hai dipinte sul viso.” decretò raggiante il ragazzo sorridendole sulle labbra mentre le scompigliava, con movimenti delicati delle dita sottili, la fitta chioma.
Cosa avrebbe dato per sentire nuovamente quella voce pronunciare il suo nome o il suo corpo caldo che la attanagliava a sé in una morsa tremendamente piacevole.
Tutto avvenne in un lampo, troppo in fretta.

Nonostante fossero passati quasi vent’anni, non si era ancora abituata a quella tremenda sensazione di dolore dilaniante che era sempre viva in lei, come una ferita la cui cicatrice non si sarebbe mai rimarginata. La situazione era degenerata, era mentalmente instabile e persa all’interno della rete che il terrore e la tristezza avevano tessuto nella sua mente.
La solitudine era la sua unica compagnia.
Lo shock e la sofferenza erano stati tali da provocarle la vitiligine su gran parte della pelle e l’anoressia. Si era ammalata, le restava poco da vivere.
Sul suo corpo portava i segni di quella deturpante perdita che le aveva stravolto la vita.
Aveva perso il suo compagno, il suo punto di riferimento, il suo tutto.
Non ce la faceva. Il suo era un decesso volontario, un suicidio, e il cibo era il suo unico appiglio, dato che quello era l’unico sforzo che quel minimo di forza fisica in lei potesse ancora concederle.
Amethyst si era dovuta ricredere anche sull’amore, perché prima di lui non aveva avuto veramente nessuno. Lo considerava astratto e forse anche inesistente.
Erano stati predestinati?
La sua morte aveva lasciato un vuoto incolmabile dentro di lei.

“Perché te ne sei andato? Spiegamelo! Perché mi ha lasciato da sola, in balia di me stessa? Perché Harold, perché?”
“Avremmo dovuto invecchiare insieme. I tuoi ricci sarebbero dovuti diventare bianchi e il tuo volto florido avrebbe dovuto ricoprirsi di rughe proprio come il mio. Ho bisogno di te!” gridò scaraventando con violenza la tazzina contro il muro, la quale andò in mille pezzi risuonando sordamente sul macadam.
"Saremmo potuti rimanere sempre quei due ragazzi che amavano fare surf e così questa maledetta vecchiaia, con te, sarebbe stata leggera, impalpabile."
Scivolò lungo la parete di vetro sedendosi sul pavimento in parquet.
Si portò l’indice della mano destra, contrassegnato da una piccola gabbia per uccelli tatuata, sulle labbra come per riassaporare l’essenza di colui a cui erano appartenute.
“Lui non tornerà indietro. Smettila di illuderti, sei patetica Amethyst.” sussurrò con le mani tra i capelli in preda ai singhiozzi causati dall’ennesima crisi.
Lacrime amare iniziarono a solcare il pallido volto ormai marcato dalle rughe e dalle macchie.
Sei vecchia, decrepita. Sei inutile, pensò furente. Non puoi cambiare le cose. E’ morto, fattene una ragione. Anche se continuassi a ripetere quanto lo ami.., continuava l’altezzosa voce nella sua testa.
“Non è vero!” sbraitò sconvolta per autoconvincersi, sprofondando ancora di più nell’abisso.
Nella stanza riecheggiavano i rumori dei suoi affannati respiri e del suo pianto sommesso.
Dopo qualche attimo di sospensione assoluta nel tempo allungo un braccio verso il ripiano della cassapanca, in legno intarsiato alla sua sinistra, in cerca delle sigarette.
Con gli occhi ancora serrati ne prese una, la portò alla bocca e la accese.
Sentì la nicotina inebriarle le narici e tutte le pressioni e i pensieri riversarsi all’interno di quell’incarto cilindrico.
Un’altra via di sfogo insieme alla pittura, le quali cercavano invano di riempire le sue giornate.
L’aria sapeva di malinconia e tabacco.
Assaporò ogni tiro incastrando bene la sigaretta tra la fessura delle labbra e facendo piccoli cerchi di fumo aspirando.
Harry aveva sempre odiato quel vizio, ma lei non poteva farne a meno anche se in quel momento si sentiva terribilmente in colpa. Come se per ogni sbaglio che commetteva lo sentisse più vicino, pronto a guidarla.
Spense la cicca, lasciò che il fumo le entrasse per l’ultima volta nella cassa toracica prima che quel piccolo involucro d’anima consunto tra i due polmoni neri smettesse di battere. La palpebre calarono il sipario facendola assopire per sempre nella speranza di risvegliarsi da quel dannato incubo così concreto.

Ho bisogno di un respiro di vita, un piccolo tocco di luce divina. Arriverò. Ci incontreremo di nuovo e anche contro i “no” dei cori della mia testa verrò. Ma avrei bisogno di un tocco in più, un altro assaggio di fretta divina, come quella che ti ha strappato via da me. Ci credo, anche se non so dalla parte di chi sto, ci credo Harold. Ci credo.

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Corner of soul.
Salve bella gente(?) lol
Si vede che amo i Florence + The Machine eh? Ahahah li adoro uu
Purtroppo per voi, sono di nuovo qui a pubblicare l’ennesima cagata, ma sono dettagli vista la mia ispirazione poco fruttiva.
Essenzialmente questa os è molto deprimente e non credo di essere stata in grado di rendere al meglio la sensazione di dolore, ma credo che l’amore, per quanto possa essere per me astratto, se vero, la sua fine provoca tutto questo, secondo me ovviamente.
Btw fatemi sapere cosa ne pensate eh uu
Chiedo umilmente perdono per il ritardo della fan fiction sui one direction, ma la scuola mi sta uccidendo, non ho tempo e sono priva di idee al momento e ciò mi uccide perché ho una voglia matta di scrivere.
Perdonatemi.
Nella speranza di pubblicare al più presto,
Sawadee
Al.

  
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