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Autore: Cicciopalla    27/01/2013    2 recensioni
Un uomo dal cielo che cerca la sua scatola blu.
Due fratelli che cacciano demoni mentre cercano di scoprire una cura per l’Angelo al loro fianco.
Un dottore che risolve crimini insieme al detective più geniale, finché i crimini non si svelano più di semplici atti umani di violenza.
Tutto inizia a cambiare.
Niente è come sembra.
Moriarty è reale, e ha i suoi piani.
[SUPERWHOLOCK]
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Life's a bitch and you know it

 
« Anche se devo dire che pensavo gli angeli avessero le ali e fossero rasati, non che indossassero impermeabili. »
 
Sherlock Holmes era un arrogante cretino.
 
Dean aveva immaginato che sarebbe stato fico, proprio come nei libri, qualcuno che fosse carino, gentile, brillante… ma, no, non lo era e Dean doveva ammettere di essere deluso. Si sentiva come un fan che era stato ingannato, non che si considerasse un fan di Sherlock Holmes, ma…
 
« Sai - » disse il cacciatore, non poteva nascondere il fastidio nella sua voce. « A volte le cose non sono come sembrano. Mi spiace deluderti, ma questa è la vita, amico. »
 
Sherlock non lo guardò nemmeno mentre inspirò profondamente col naso e scelse di ignorarlo. Non che a Dean importasse… era solo dannatamente fastidioso!
 
Il suo sguardo vagò su Castiel; l’angelo se ne stava fermo di fianco ad una piccola mensola, una mensola che appariva abbastanza costosa, il suo volto perfettamente calmo, ma Dean poteva notare che c’era qualcosa che non andava. Era strano, o forse no, ma Dean poteva quasi percepire quando qualcosa non andava bene con Castiel. Doveva essere quel ‘legame speciale’ che loro condividevano. In quel preciso momento poteva vedere il dolore nascosto dietro quegli impossibili occhi blu.
All’esterno Castiel era tutto calmo e impassibile.
 
« Quindi… » Sam si schiarì la gola, voltandosi da parte a parte per guardare Dean e Sherlock. « Forse dovremmo discutere dei fatti ora. »
 
« Intendi il caso. » Sherlock corresse il giovane Winchester. Dean grugnì, ma fu ignorato. Perfetto, fottutamente perfetto per lui!
 
« Sì, il caso. » annuì Sam. Dean si chiese come suo fratello potesse mantenere la calma, ma d’altronde Sam era sempre stato quello migliore… nel mantenere la calma in situazioni del genere. « Vi abbiamo detto chi siamo, adesso abbiamo bisogno di risposte. »
 
Sherlock si appoggiò allo schienale della poltrona, le gambe incrociate e le mani intrecciate in grembo come se stesse pensando pensosamente.
 
John guardò da Sherlock a Sam, poi da Dean al Dottore; il pover'uomo sembrava confuso, e Dean non poté biasimarlo.
Però c’era anche una scintilla di interesse nei suoi occhi, quasi come se volesse davvero credere a ciò che si stesse dicendo ma non sapesse se avrebbe dovuto.
 
Con la coda dell’occhio, Dean vide Castiel farsi piccolo, impercettibilmente, e le sue mani si strinsero a pugno. L’atmosfera era tesa, nessuno in quella stanza si fidava degli altri, e Castiel era infastidito da Lucifero… Perfetto, davvero perfetto… non poteva andare meglio.
 
« Non penso di aver bisogno del vostro aiuto. » disse infine Sherlock, come se avesse realmente considerato di accettare il loro aiuto, cosa che di certo non aveva fatto. « Questo caso non ha nulla a che vedere con dei demoni. »
 
Gli occhi di Dean si strinsero e stava quasi per sputare fuori qualcosa di davvero cattivo, ma il Dottore parlò per primo: la voce del Signore del Tempo era calma e rassicurante, quasi volesse alleggerire la tensione nella stanza. « Sherlock, dovresti pensarci meglio. Questi tre sono degli esperti, loro sicuramente sapranno se demoni o qualcos’altro di sovrannaturale sono coinvolti. »
 
Dean decise immediatamente che il Dottore gli piaceva, mandandogli un silenzioso ‘Grazie’ con uno sguardo. Quel tizio era strano, ma almeno aveva un cuore. Il Dottore annuì leggermente, impercettibilmente, ma Dean lo vide. Tuttavia, lo vide anche Sherlock.
 
 « Qual è il tuo punto, Dottore? » chiese il detective, i suoi occhi da gatto socchiusi nello studiare il volto del Signore del Tempo. « So che tu conoscerai molte creature sovrannaturali, ma sei d’accordo con loro? So chi è stato, e so che non è stato un demone. »
 
« Forse hai torto! » sibilò Dean, appoggiandosi allo schienale del sofà, incrociando le braccia al petto, non guardando Sherlock. « Sai, solo perché tu sei il fottuto geniale Holmes non significa che abbia sempre ragione, okay? » Sherlock arricciò le labbra, ma si rimangiò un commento quando guardò John, che scosse la testa.
 
Sam sospirò e Dean era certo di averlo sentito sussurrare « Deaaaaan… ! » , ma decise di ignorarlo.
 
« Chi è stato, allora? » chiese Sam, voltandosi verso Sherlock. « Voglio dire, chi pensi sia stato? » Non che avesse davvero importanza, perché Sam e Dean non avrebbero potuto conoscere il tizio in ogni caso…
 
Sherlock aprì la bocca, ma prima che quell’arrogante cazzone potesse aggiungere altro, qualcun altro parlò.
 
« Dean - » Una bassa voce provenne leggera dall’angolo della stanza, una voce che Dean avrebbe sempre riconosciuto non importa quanto leggera e silenziosa fosse comparata alle chiacchiere e i suoni attorno. Gli occhi di Dean si rivolsero a Castiel, che aveva il braccio attorno alla vita, il volto una perfetta maschera senza emozioni. Era paurosamente pallido e i suoi occhi erano annebbiati e distati. Dean sapeva cosa stava succedendo, lo sapeva, non solo perché aveva visto quello stesso sguardo sul volto di Sam ma anche perché lo poteva fottutamente percepire. « Ci vediamo nelle nostre stanze d’hotel. C’è qualcosa di cui mi devo occupare. »
 
Dean voleva che aspettasse, voleva dirgli che non doveva stare da solo, che era la cosa peggiore che poteva fare in quel momento, ma Castiel se n’era già andato; si sentì il fruscio delle ali e tutto ciò che rimase fu uno spazio vuoto, dove l'Angelo era stato fino ad appena pochi secondi prima.
 
Qualcuno trattenne il respiro, qualcun altro boccheggiò sorpreso.
 
« Dov’è? Dov’è andato? » chiese Sherlock, pretendendo una risposta. Era probabilmente scioccato perché non era capace di spiegare cos’era appena successo.
 
John divenne pallido tutto d’un tratto, gli occhi alla ricerca di Castiel come se pensasse che fosse ancora lì.
 
Il Dottore invece era meravigliato, i suoi grandi occhi marroni addirittura spalancati, un sorriso sulle labbra che illuminava tutto il viso. « È stato magnifico! Non l’avevo previsto! » Aveva probabilmente visto qualcos’altro, qualcosa in più rispetto agli umani nella stanza. Dean ancora non comprendeva COSA esattamente fosse il Dottore, e perché si chiamasse Dottore, ma era certo che quell’uomo vedesse le cose in una prospettiva diversa… specialmente Castiel. Era stato così affascinato da Castiel, dalle sue ali e la sua vera forma, che Dean si ritrovò un po’ geloso della sua abilità di vedere effettivamente Castiel com’era realmente. Aveva sempre voluto vedere quelle dannate ali.
 
« Quello - » disse Dean, sporgendosi in avanti per osservare Sherlock mentre un sorriso compiaciuto appariva sulle sue labbra. « - Quello era un Angelo del Signore che volava via dal vostro appartamento. E può fare delle cose molto migliori di semplicemente scomparire usando le sue ali. Dovreste vedere il suo potere, può guarire ferite così. »
 
Il dubbio negli occhi di Sherlock Holmes fu soddisfacente.
 
« Ma, le ali… » John quasi balbettò, chiaramente scioccato per formare una frase di senso compiuto. « Non ho visto nessun ala... lui è semplicemente - » fece un movimento con le mani « - scomparso! »
Sherlock sibilò, torcendosi le mani mentre scuoteva la testa. « Non è possibile. Uno non può semplicemente - » grugnì « Scomparire! »
 
Dean roteò gli occhi e sospirò. « Gente, non potete vedere le ali, quello è il punto. Noi siamo umani, non abbiamo l’abilità di poter vedere le ali. »
 
Sam annuì d’accordo. « In realtà, neanche noi le abbiamo mai viste. Solo l’ombra, è tutto ciò che possiamo percepire. La loro vera forma probabilmente brucerebbe i nostri occhi o qualcosa del genere… »
 
Il Dottore fischiò e alzò le sopracciglia. « Davvero? » la voce si affievolì, mentre si perse nei suoi pensieri. A Dean sarebbe piaciuto chiedergli come fossero, se davvero fossero luminose e bianche, se davvero fossero fatte di luce o piume, se davvero fossero grandi e forti o piccole e morbide… ma quello non era il momento adatto per fare queste domande, Dean avrebbe chiesto a Castiel direttamente… un giorno.
 
« Chi se ne frega! » Dean si alzò e guardò in giù verso Sherlock, che ancora cercava di scoprire come Castiel avesse lasciato l’edificio senza essere visto. « È il nostro turno di fare domande. »
 
Dean si girò verso John, poi ritornò su Sherlock, la testa inclinata mentre guardava giù verso il detective.
 
« Moriarty. »
 
Dean sbatté le palpebre quando la voce cupa di Sherlock tagliò il silenzio nella stanza.
 
« Mori… arty? » chiese Dean, lentamente, le sopracciglia corrugate e l’espressione ‘oh-mio-dio-sei-serio’ dipinta sul volto. Sam appariva sorpreso come Dean.
 
« Mi stai prendendo in giro? Intendi James Moriarty, sì? Il tizio che ti ha buttato giù da un dirupo? »
 
Sherlock increspò il naso. « Nessuno mi ha buttato giù da un dirupo. » Ad essere onesti, Dean era sorpreso che finora nessuno ci avesse mai provato.
 
« Non ancora… » disse Sam, più a se stesso. « Dean, posso parlarti per un minuto? » Dean annuì ed insieme lasciarono il soggiorno per arrivare nel piccolo corridoio di fianco la porta.
 
« Pensi che questo sia un universo parallelo? O qualche mondo dei sogni? » chiese Sam immediatamente dopo che si era accertato che nessuno potesse sentirli, la sua voce un sospiro. Dean alzò le spalle e scosse la testa. « No, non ne ho idea… ma è fottutamente strano! Voglio dire, mi ricorda Gabriel e i suoi giochetti, ma il caro Gabby è fuori discorso. E Cas, non avrebbe detto qualcosa? Scommetto che avrebbe notato se fossimo stati imprigionati in un’illusione. »
 
Sam aggrottò le sopracciglia e lanciò a suo fratello uno sguardo serio. « Sei sicuro, nella sua posizione attuale? È già abbastanza difficile per lui credere che noi due siamo reali… »
 
Dean si morse il labbro inferiore, annuendo, e sentendosi male mentre pensava agli sguardi che Castiel gli mandava qualche volta, quelli che guardavano attraverso Dean come se lui nemmeno ci fosse.
 
Suo fratello aveva ragione, erano da soli in tutto ciò, ma comunque… in qualche modo Dean era sicuro, davvero sicuro, che fosse tutto reale. Non sembrava sbagliato ma, d'altronde, cosa sembrava ‘giusto’?
 
« È reale, ne sono sicuro. » disse Dean con voce silenziosa, gli occhi che guizzavano verso il soggiorno; riusciva a vedere John Watson parlare con Holmes, che era ancora seduto sul sofà, del quale solamente la testa con i ricci scuri e disordinati era visibile a Dean. Il Dottore era tranquillo nella sua poltrona, ma Dean poteva quasi sentirlo pensare. « Se fosse falso… perché lui sarebbe qui? » Dean fece un cenno verso il Dottore. « Non ha senso, Sam… Quell’uomo non ha senso. Signore del tempo, davvero, che roba è? »
 
« Non un demone, questo è certo. » replicò Sam mentre guardava il Dottore. « Lui è okay, ma non è umano… » gli occhi di Sam si spostarono su John e la nuca di Sherlock. « Per quanto riguarda Holmes, non sono certo… sembra un po’ strano, non ti pare? »
 
Dean grugnì, incrociando le braccia dietro la schiena. « Giusto un po’. »
 
Sam sorrise divertito. « Non ti piace, vero? »
 
Dean grugnì di nuovo e roteò gli occhi. « Ottima osservazione. È un arrogante figlio di puttana! Basta vedere il modo in cui ci guarda, o guarda Cas… »
 
Sam sospirò e si grattò il dietro della testa. « Beh, adesso cosa? Voglio dire, Moriarty, davvero? » scosse la testa stupito. « Voglio dire, ero sorpreso riguardo Watson e Holmes, ma, anche Moriarty? C’è un po’ troppo Sherlock Holmes, non credi? »
 
Dean annuì d’accordo e appoggiò il suo fianco al muro, la schiena al soggiorno. « È questo il punto. Ci deve essere qualcuno dietro a tutto ciò. Un demone, angeli, non lo so cazzo… »
 
Il più giovane dei Winchester tamburellò il suo dito indice contro il mento, mentre cercava di trovare una soluzione. « Dovremmo tornare là. » disse infine, le sopracciglia corrugate. « Dovremmo dirgli che sospettiamo che qualcosa stia fuori posto. »
 
Dean gemette. « Davvero, Sam? Sei sicuro? Non ci crederebbero mai. ‘Hey, Sherlock, comunque, ci potrebbe essere qualcosa di stregato. In realtà, tu sei solamente un personaggio di un romanzo e Moriarty è il tuo acerrimo nemico. So che può sembrare strano, ma forse è posseduto da un demone e forse, fooorse, sei anche tu un demone, heey’. »
 
Adesso fu il turno di Sam di roteare gli occhi. « Dean, non così. Ma, pensaci, hanno visto Cas scomparire, quindi forse ascolteranno cosa abbiamo da dire sui demoni. » Dean ne dubitava, ma non dissentì. Entrambi tornarono nel soggiorno e si sedettero sul sofà. Era un sofà sorprendentemente comodo…
 
« Quindi… beh, ascoltate. » disse Sam, le mani sulle ginocchia mentre volgeva lo sguardo da Sherlock a John, che l’osservavano con occhi sospetti. « Chiunque potrebbe essere un demone. Non puoi mai esserne certo. Questo Moriarty, si comporta in maniera strana? O, sembra diverso? Occhi neri a volte? Odore di zolfo nell’aria? » Sam s’interruppe quando Sherlock sorrise. Non era un sorriso gentile, più che altro uno di quelli arroganti che puoi vedere fare nelle persone che non credono ad una singola parola che stai dicendo.
 
« Mi spiace deludervi, ma no. Niente occhi neri, niente zolfo. »
 
« Ma il suo comportamento… è strano. » disse d’un tratto John, e Sherlock voltò la testa verso il dottore militare, un accenno di tradimento sul suo volto come se fosse arrabbiato con John per aver detto qualcosa senza averglielo chiesto. « Andiamo, Sherlock, non puoi negarlo! » John alzò le mani quasi come se volesse difendersi. « Ciò che ha fatto a quelle persone, ciò che ha fatto a me? » pose la sua mano destra sul suo cuore e scosse la testa mentre si ricordava qualsiasi cazzo di cosa fosse successa a lui e agli altri. « Non è normale, nemmeno un po’. »
 
Il volto di Sherlock divenne triste e la sua schiena s’irrigidì, quando si voltò verso Dean.
 
« Mi è venuto in mente che ha un comportamento strano, ma non significa necessariamente che sia un demone. Potrebbe essere un umano furbo. »
 
John tossì alla parola 'furbo' di Sherlock perché sembrava sostenere un’altra opinione. « Sherlock, ha cercato di uccidere parecchie persone. Con bombe, mentre tu dovevi risolvere indovinelli! Onestamente pensi che una persona normale FAREBBE ciò? »
 
Sherlock alzò le sue ossute spalle senza guardare John. Per qualche motivo a Dean non piaceva la camicia viola che il detective stava indossando; era troppo scura per quella pelle pallida, il che rendeva l’aspetto del detective simile a quello di un cadavere o un vampiro. Forse era un vampiro. Avrebbe spiegato molte cose… « Fai tante cose quando sei annoiato. » Lo sguardo di John si rivolse immediatamente al muro, dove Dean poté osservare diversi fori di proiettile. Holmes maniaco. Perfetto. Quel caso stava andando di bene in meglio.
 
« Okay, ascoltate. » Dean iniziò a cercare il suo cellulare e lo ripescò dalla tasca del completo. « Vi do il mio numero, okay? Lo so che queste sono state un sacco di informazioni per un giorno solo, quindi forse ci dovete dormire su, huh? » scrisse il suo numero su un piccolo foglietto di carta e lo diede a John, che guardò il pezzo di carta come se non fosse sicuro cosa farci: buttarlo o tagliarlo a pezzettini.
 
« Noi resteremo in città, perché siamo certi che questo tizio sia un demone - o almeno non sia umano. Non importa cosa pensate voi, noi continueremo la nostra caccia. Sta a voi decidere se unirvi a noi o no. » Dean mise via il telefono e si alzò in piedi, e Sam fece lo stesso.
 
« Aspettate. » Anche il Dottore si alzò in piedi. Dean notò che aveva delle gambe davvero molto magre e lunghe; di fatto, tutto il suo corpo era magro e alto. « Cosa succederà a lui? »
 
Dean alzò un sopracciglio. « A chi? »
 
Il Dottore lo fissò intensamente con i suoi occhi marroni spalancati, occhi seri, occhi sapienti. « Al demone. » disse.
 
« Beh -  » Dean alzò le spalle, sentendosi lievemente a disagio sotto lo sguardo del Dottore. « Lo rimanderemo indietro all’Inferno, o lo uccideremo. »
 
« Uccidere? » chiese il Dottore, le sopracciglia tirate insieme e le labbra ancora più sottili.
 
Sam annuì. « Sì. Beh, devi sapere che i demoni prendono possesso di un tramite. In effetti loro sono solo una specie di… fumo nero. Non hanno un’anima e nemmeno un corpo, almeno non sulla terra, quindi posseggono persone. »
 
« Certamente noi dobbiamo cercare di salvare il tramite. » annuì Dean. « Ma non sempre funziona… » la voce si affievolì mentre ripensò alle povere anime che avrebbero potuto essere state salvate da loro.
 
« Ma - » il Dottore scosse la testa incredulo, dolore dipinto su tutta la faccia. « Uccidere non è mai un’opzione! »
 
Dean rise seccamente mentre si passò una mano tra i capelli. « Credimi, lo pensavo anche io una volta ma la vita reale è una stronza… »
 
Il Dottore premette le labbra insieme, i suoi occhi caldi sorprendentemente duri. Qualcosa suggerì a Dean che quell’uomo aveva perso molte più persone di quanto Dean potesse contare, e all’improvviso si sentì dispiaciuto per lui. Non disse niente, però. Neanche il Dottore, ma il modo in cui stava, le braccia incrociate sul petto, le spalle dritte e il corpo in tensione, dissero a Dean molte di quanto avessero potuto le parole. Conosceva quella postura, e conosceva quello sguardo; il Dottore stava cercando di nascondere i suoi sentimenti. Dean non poteva leggere la mente dell’angelo, nemmeno quella del fottuto Sherlock Holmes, ma poteva leggere il linguaggio del corpo come se fosse una lettera.
 
« Sentite, noi dovremmo andare adesso. Abbiamo ancora delle ricerche da fare. » Visto che Holmes è un coglione e non ci vuole dire niente.
 
« Certo. » Sherlock mosse la mano verso John. « John, ti dispiacerebbe scortare i nostri ospiti alla porta? Io devo pensare. »
 
John aprì la bocca, la chiuse di nuovo e si alzò.  Dean lo associò ad un cane, ma rimase in silenzio. Watson li accompagnò alla porta e l’apri per i fratelli. « Mi scuso per il suo comportamento. » sussurrò. « È un bambino delle volte, ma è un vero genio. Vi chiameremo domani per farvi sapere cosa abbiamo deciso di fare. »
 
Dean e Sam annuirono e lo ringraziarono, poi entrambi scesero le scale, ma non prima di avvisarlo di assicurarsi di lasciare una striscia di sale di fronte la finestra e nelle fessure della porta. Non si poteva mai essere troppo prudenti.
 
« Amico. » disse Sam e prese un lungo respiro di aria fresca. « È stato strano. »
 
Dean rise quasi di cuore e aprì lo sportello della sua bambina. « Dimmi qualcosa di nuovo… » guardò nello specchietto retrovisore e all’improvviso pensò a Castiel, che normalmente sedeva dietro.
 
Doveva ammetterlo, era preoccupato. Dannatamente preoccupato. L’Angelo non era stato mai solo dal momento in cui lo avevano tirato fuori dall’ospedale, e se qualcosa fosse andato storto… e se si fosse fatto seriamente male? Uno stupido pensiero, dato che Castiel era un angelo, ma Dean non riusciva a smettere di preoccuparsi per quell’idiota alato.
 
Il tragitto fino all’hotel fu quasi finito, e Dean fu più che sollevato quando finalmente arrivarono.
 
Quel dannato hotel era costoso come l’inferno, anche se condividevano una sola stanza con due letti, però, Dean doveva ammetterlo che ne valeva la pena. Era un hotel carino, non troppo sfarzoso… A Dean piaceva il fatto che non ci fossero mura divisorie. Seriamente, aveva la strana sensazione che quelle pareti lo seguissero in ogni hotel.
 
Dean parcheggiò l’Impala vicino all’hotel. Aveva appena iniziato a farsi scuro fuori e l’aria si era fatta fresca e umida.
 
L’hotel era caldo e le luci erano luminose.
 
Dean e Sam entrarono nella loro stanza e Dean quasi temette che Castiel non  sarebbe stato lì, che gli fosse successo qualcosa, ma per il suo sollievo l’Angelo era seduto su uno dei due letti.
 
Castiel appariva leggermente esausto, sebbene si potesse a malapena vedere, e i suoi capelli erano arruffati come avesse corso o lottato. I suoi vestiti, d’altra parte, erano in perfetto ordine e il suo volto neutrale come sempre. Però, le labbra apparivano tristi, ma almeno lo sguardo vacuo nei suoi occhi era scomparso lasciando il posto ad una lieve accettazione.
 
« Ciao Cas. » disse Dean mentre lanciò la sua giacca verso la sedia più vicina. Cercò di sembrare allegro, o almeno positivo, ma riuscì solamente a forzare un sorriso.
 
Era contento di aver visto Castiel di nuovo, ovviamente lo era, ma l’atmosfera attorno a loro era sempre tesa. Doveva essere per quello che era accaduto, per quello che stava ancora accadendo, e Dean desiderò davvero che le cose fossero diverse. Lo fece urlare interiormente.
 
« Come stai? » Quella era molto probabilmente la domanda più stupida, fra tutte quelle che avrebbe potuto porgli. Dean si schiaffeggiò mentalmente.
 
Castiel lo guardò per qualche minuto, i suoi occhi alla ricerca di qualcosa sul volto di Dean o nel cervello di Dean o qualunque altra cosa, finché finalmente non rispose con la sua voce seria. « Sono stato meglio, ma sto bene. » Sempre la stessa risposta.
 
Dean annuì lentamente, distogliendo lo sguardo da Castiel. « Avete ottenuto le informazioni necessarie? » chiese l’Angelo, i suoi occhi ancora su Dean.
Era così fottutamente calmo! Come si può essere così fottutamente calmi quando si ha Lucifero in testa? La forza di volontà di Castiel e il suo orgoglio erano davvero straordinari…
 
Di chi era stata la colpa, ed era importante sapere chi aveva iniziato a fare errori?
 
Dean desiderò che dimenticare fosse facile, ma non lo era.
 
« Sì, le abbiamo ottenute. » rispose Sam per Dean. Il giovane Winchester si sedette di fronte al suo laptop, gli occhi incollati allo schermo. Davvero, Sam era innamorato di quello stupido coso. « Almeno abbastanza per iniziare le nostre ricerche. »
 
Castiel annuì solennemente e unì le mani al suo grembo; sembrava abbastanza perso e pallido nella luminosa luce della stanza d’hotel, con le sue spalle curvate in avanti e i suoi occhi blu con due scuri cerchi sotto. Fragile, sembrava fragile anche non lo era, ovviamente. Diamine, era così lontano dall’essere fragile, probabilmente non si sarebbe mai rotto come il vetro. Beh, ma non si poteva mai essere sicuri… chi sapeva cosa Lucifero avrebbe potuto fare alla sua mente e al suo corpo? Dean deglutì sonoramente e si focalizzò sulle ampie spalle di Sam. Sam era così fottutamente alto, Dean riusciva ancora a ricordare i giorni in cui LUI era stato il più alto.
 
« Voglio aiutare. » disse l’Angelo, più onestamente che mai.
Dean sospirò mentre si appoggiava sulle sue mani, gli occhi sul fratello assorto con le ricerche.
 
« No, va bene così, Cas, tanto non sappiamo molto comunque. Aspettiamo fino a domani quando c’incontreremo con Holmes e Watson di nuovo. »
 
Dean poté vedere con la coda dell’occhio Castiel fare una faccia seria, le sopracciglia corrugate e gli occhi socchiusi. « Perché aspettare, Dean? Pensavo che ogni secondo fosse importante per voi, quindi perché non mi dici cosa posso fare per aiutarvi? » chiese.
 
Forse ha bisogno di distarsi, pensò all’improvviso Dean mentre si voltava verso Castiel, che lo guardava con i suoi intensi occhi blu. Forse non fare niente rende le cose peggiori…
 
« Ascolta - » sospirò Dean. « Sappiamo solamente il suo nome. »
 
Castiel socchiuse gli occhi ancora di più, Stai inventando scuse, sembravano dire.
 
« Quindi? » chiese Castiel; quasi scattò, e ciò sorprese Dean. « Un nome sarà sufficiente per me. Mi conosci, Dean, sai di cosa sono capace, quindi non prenderti gioco di me. » sembrava arrabbiato, non quel tipo di rabbia di quando urli agli altri, più che altro la parte calma dell’essere arrabbiati. Fanculo, perfino incazzato cercava di mantenere il controllo.
 
Non ti prendo in giro, voleva dire Dean, io cerco solo di… di fare cosa? Proteggerlo? Sì, certo, perché era coooosì bravo a proteggere gli altri.
 
« Diglielo e basta. » disse calmo Sam mentre digitava. Non voleva che scoppiasse una lite fra loro due, perché Sam sapeva che una lite non sarebbe stata buona per loro in quel momento.
 
Per nessuno di loro.
 
Dean strinse i denti e prese un respiro. Perché era così arrabbiato comunque? Castiel era un uomo adulto, quasi, quindi non c’era nessun bisogno di preoccuparsi.
 
Certo, perché è solo Lucifero quello che sta nella sua testa, giusto!
 
« Dean. » la voce di Castiel era bassa e urgente, come se avesse davvero bisogno di sapere quel maledetto nome.
 
« Okay! » fischiò Dean e si alzò dal letto, facendo oscillare Castiel in avanti, che però non perse il suo equilibrio. Sicuro, dannato angelo e la sua grazia… « Moriarty, James Moriarty. » ringhiò e camminò avanti e indietro, cercando di calmarsi. Perché era così arrabbiato? Non sapere perché era così arrabbiato lo faceva diventare ancora più furioso. Era stupido.
 
Castiel prese un brusco respiro, i suo occhi spalancanti mentre si tirò su.
 
« Dean, sei sicuro? » chiese lentamente.
 
Dean si voltò verso Castiel, che non era stato mai così pallido come in quel momento con un totale shock sul volto. Sembrava così fuori dal personaggio che Dean quasi rise, ma era troppo concertato sullo strano comportamento dell’angelo. « Sì, questo è ciò che ci ha detto Holmes. Perché? »
 
Castiel scosse la testa mentre i suoi occhi si diressero verso la destra di Dean; Dean sapeva che non c’era niente da vedere, sapeva che Castiel stava vedendo Lucifero di nuovo e si chiese a se stesso cosa il diavolo stesse facendo in quel momento. I grandi occhi di Castiel si socchiusero di nuovo, le sue labbra si contorsero mentre si voltava nuovamente verso Dean. « Dean. » disse, la voce di nuovo insistente. « Quell’uomo non è un demone. »
 
L’angelo trasalì, e Dean era sicuro che Lucifero stesse bloccando Castiel dal dire qualcosa al riguardo.
 
Il click click click della battitura si fermò e Sam si voltò, i suoi occhi curiosi e preoccupati. « Che vuol dire che non è un demone? »
 
Castiel prese un respiro fremente, le sue braccia nuovamente strette in vita. « Quello che voglio dire è che è qualcos'altro… » si bloccò, le labbra premute in una linea sottile.
 
Qualsiasi cosa avesse voluto dire, Lucifero gli stava dando delle grosse difficoltà a formare delle parole.
 
« Allora, cos'è? » chiese Dean, avanzando di due passi verso Castiel, che indietreggiò di due passi. L’angelo scosse la testa, le sopracciglia corrugate, e Dean sapeva che lo stava perdendo. « Hey Cas, andiamo amico! Guardami! » Avanzò di un altro passo, le sua mani distese. « Dimmi solo cos'è, huh? È importante. »
 
Qualunque cosa avesse detto, era stata quella sbagliata; Castiel sembrava ferito, solo per un secondo, i suoi occhi scuri divennero scuri mentre indietreggiò di parecchi passi. « Non questa volta. » Dean non era certo di aver compreso cosa avesse voluto dire, o se stesse parlando con lui. « Devo andare. » E poi scomparve.
 
Dean sospirò in frustrazione mentre si passò una mano tra i capelli.
 
Perfetto.
 
Fottutamente perfetto.
 
Tutti gli premi a Dean Winchester.
 
Perché era sempre capace di mandare a puttane le cose invece di renderle migliori?
 
« Amico, penso che tu abbia ferito i suoi sentimenti. » disse Sam con naturalezza, come se Dean non lo sapesse già, e Dean avrebbe potuto schiaffeggiarlo. « Ma davvero? » ringhiò e prese la giacca di pelle.
 
« Hey, hey, dove stai andando? » chiese Sam con le sopracciglia alzate mentre Dean camminava verso la porta.
 
« Fuori per una camminata, stronzo. » sbottò. Non aveva intenzione di essere scortese con Sam, che non aveva fatto niente di male, ma non poteva trattenersi.
Comunque, a Sam non sarebbe importato. Fece sbattere la porta e attraversò di corsa il corridoio.
 
Non un demone…
 
Quindi cos'era?
 
Dean cercò di interessarsi all’argomento, me non ci riuscì, perché tutto ciò a cui riuscì a pensare era lo sguardo che Castiel gli aveva rivolto. 
   
 
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