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Autore: TheStarbucksGirl_    27/01/2013    13 recensioni
Era forte, infatti. Lo era sempre stata. Affrontava tutto senza arrendersi. Be’ forse non esattamente tutto. Le mancava una cosa: la sua famiglia. Non aveva mai dimenticato Jacob, suo fratello, ucciso dalla Gestapo mentre tentava di salvarsi; sua madre, che s’ammalò di tisi mentre erano in viaggio da Memel; sua sorella, Miriam, trucidata a soli 15 anni e Onika di cui non aveva più notizie; suo padre cremato vivo senza pudore; i suoi parenti, i cari , gli affezionati; ed infine, lui, il suo amore: Liam.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Marzo, 1945, Inghilterra.

Era lì, Kara. Presa dal suo lavoro ed era molto stanca, i suoi occhi lo lasciavano intravedere, eppure pareva assai strano dato che non si scomponeva mai, non lasciava che gli altri vedessero la stanchezza nei suoi occhi, così come qualsiasi altro stato d’animo o sensazione. Inaccessibile. Come una fortezza. Solo il Cielo sapeva tutto ciò che aveva passato, nella sua vita. Era forte, infatti. Lo era sempre stata. Affrontava tutto senza arrendersi. Be’ forse non esattamente tutto. Le mancava una cosa: la sua famiglia. Non aveva mai dimenticato Jacob, suo fratello, ucciso dalla Gestapo mentre tentava di salvarsi; sua madre, che s’ammalò di tisi mentre erano in viaggio da Memel; sua sorella, Miriam, trucidata a soli 15 anni e Onika di cui non aveva più notizie; suo padre cremato vivo senza pudore; i suoi parenti, i cari , gli affezionati; ed infine, lui, il suo amore: Liam. Li aveva visti morire tutti con i suo stessi occhi caramello, color del dolore. Erano morti tutti, tranne Liam stesso. Non aveva mai saputo che fine avesse fatto davvero, e spesso desiderava averlo visto morire e incontrarlo all’altro mondo, che rimanere per anni nell’ignoto. Nessuna notizia. Nulla. Eppure il suo cuore era tormentato di continuo da un sentimento che aveva imparato a conoscere, soprattutto lì al campo: la speranza. Non smetteva mai di sperare; in bilico tra l’ennesima delusione e la prima gioia dopo tutto quel tempo. Già, era tanto che non gioiva, ma non ne aveva mai avuto buoni propositi, tanto la sua vita era straziata dai ricordi. Quei ricordi che non smettevano di farle pizzicare gli occhi, anche mentre accoglieva i vagabondi e portava una tisana calda ai meno fortunati.
Anche quella mattina Liam era lì. C’era sempre stato, e spesso desiderava rivelarle la sua identità ma sapeva benissimo che non poteva. Preferiva guardarla per un po’ di giorno in giorno, che non poterla vedere mai più. Sapeva che un giorno avrebbe potuto abbracciarla senza che lo rispedissero laggiù. Aspettava, con ansia, fervore, rabbia. Aspettava che la guerra finisse. Non sapeva quando sarebbe successo ma sapeva che l’epilogo non sarebbe tardato a venire. Era così che trascorreva l’attesa dell’armistizio, guardando la sua amata, fingendosi un vagabondo per essere accolto, cercando di amarla con gli occhi. Ed erano proprio quegli occhi che tutte le mattine incontrava quelli di lei, e le sorridevano. Come di consueto, la ragazza gli chiedeva cosa desiderasse e lui acconsentiva ad un semplice tè caldo che bevevano insieme da circa un anno. Quanto avrebbe potuto dimostrarle il suo amore! Quanto avrebbe voluto abbracciarla di nuovo! Quanto avrebbe voluto dirle che il ‘suo Liam’ era tornato ed era sopravvissuto solo grazie alla forza che lei gli dava ogni giorno. Prima o poi lo avrebbe fatto e si sarebbe scollato da quella sedia in plastica che, la mattina, lei gli riservava. Aspettava solo i Russi.

Estate,1945, Inghilterra.

“ Quest’oggi è stato firmato l’armistizio con la Germania. Il Fuhrer si è arreso. I Russi hanno varcato le soglie dei campi ed ora i nostri sopravvissuti sono liberi. Il mondo ritorna a respirare aria pulita e non polvere da sparo!” - la radio annunciò testuali parole. Liam rimase a spolverare il bancone del locale in cui lavorava e solo dopo qualche secondo fece mente locale e concepì il significato grandioso dell’annunciò. L’aveva sognato tanto che non riusciva a crederci. Si bloccò e si precipitò al telegrafo aspettando qualche minuto che arrivasse un telegramma. “Annuncio a tutti i collegati. Stop. La guerra è finita. Stop. Armistizio firmato. Stop. Russi liberatori. Stop.” Il ragazzo saltò dalla gioia e cominciò a piangere pur sorridendo come non faceva da tanto.
Kara aveva fatto altrettanto quello mattina. Appena la radio diede l’annuncio le gambe cedettero e cadde in un pianto liberatorio. Probabilmente versò tutte le lacrime che aveva tenuto dentro fino ad allora. Ancora con gli occhi lucidi aprì la porta dell’infermeria, dove indossava il suo camice per lavorare, e uscì in corridoio trovando già qualcuno ad aspettare di essere aiutato. Quella mattina c’era un uomo che mai aveva visto in quello studio eppure sapeva con certezza che quel volto la riportasse ad un ricordo. Lo osservò a lungo con un vassoio colmo di cibo per i trovatelli senza preoccuparsi, per la prima volta nella sua vita, delle altre persone lì presenti. Il corridoio bianco lasciava risaltare l’abbigliamento beige dell’uomo che continuava a sorridere e a piangere. Egli le si avvicinò e le prese entrambe le mani dopo aver poggiato il vassoio su un mobile rigorosamente bianco, come gli interni dell’edificio. La guardò negli occhi e con un sussurro pieno di emozione le disse semplicemente: “Kara …” . La ragazza non comprese ma non si sottrasse poiché sentiva che qualcosa, ben più forte di lei, la spingeva a non andar via, probabilmente da qualche senzatetto. Passarono dei secondi, forse secoli per loro due, e Kara si ritrovò stretta in un abbraccio. Si staccò a malincuore e sussurrò: “Liam …” Non dissero nient’altro  di tutto ciò avevano desiderato per anno di dirsi in quel momento, ma si compresero ugualmente.

Novembre, 1989, Berlino.

“Tesoro … ne sei sicura?”  - le domandò.
“Siamo venuti da Londra fin qui, caro. Ne sono sicura.” - disse Kara guardando l’enorme muro davanti a lei.
Entrambi avevano un volto tracciato dalle lacrime, chi per un motivo, chi per un altro. Kara, in particolare, piangeva perché sapeva che Onika era sopravvissuta e si era rifugiata a Berlino sotto gli occhi di tutti dove, i nazisti non sarebbero andati a cercare. Ora Kara stringeva un martello fra le mani. Ora vedeva il muro davanti a sé, crollare come se fosse si carte, abbattuto dalla voglia di riabbracciare i proprio cari di tutte le persone che piangevano da una parte o dall’altra del muro. Il viso di Onika si fece spazio tra i cumuli di cemento e un sorriso rugoso le illuminò gli occhi. Si abbracciarono, piangendo, dicendosi quanto si volessero bene. Ed ora Kara era lì a circa settant’anni a stringere la mano di suo marito, Liam, e sua sorella Onika, sicura che anche se fossero andati via per un po’ li avrebbe rivisti lì dove diceva che fosse la sua famiglia. La famiglia. Era l’unica cosa che le mancava, ma ora non più, e Ruth e Miriam, figlie di Liam e di Kara, lo sapevano bene e non solo perché portavano il nome delle loro zie perseguitate. Da quel momento il ragazzo era tornato ad essere il ‘suo Liam’ e Kara aveva compreso che in quel momento era capace di affrontare davvero TUTTO.
 
27 Gennaio, Per non dimenticare.
   
 
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