Libri > Dieci piccoli indiani
Segui la storia  |       
Autore: U N Owen    27/01/2013    2 recensioni
Dieci ragazzi si riuniscono a Dreadpeak Lodge, una lussuosa baita di montagna, ma non tutto andrà come previsto.
A cena, una voce rievocherà l'oscuro passato che li accomuna, per poi recitare un'inquietante filastrocca:
"Dieci piccoli indiani andarono a mangiar,
uno fece indigestione, solo nove ne restar
[...]
Solo, il povero indiano, in un bosco se ne andò,
ad un pino s’ impiccò e nessuno ne restò"

Ispirata a "Dieci Piccoli Indiani" di Agatha Christie, questa storia è scritta a quattro mani da U N Owen e Belfagor, il cui profilo è qui consultabile: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=51754
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 7
 

Alexis lasciò cadere di botto l'accetta nella neve soffice, come se fosse quella l'arma del delitto, come se fosse una prova che la potesse incriminare.
«No. No no no. No!» gridò Eveline. «È solo un incubo! Non c'è niente di vero, è solo un sogno, un orribile incubo!» Continuò la ragazza, gli occhi stralunati, iniettati di sangue, la testa tra le mani. Sembrava completamente impazzita. Anzi, probabilmente lo era, o, forse, vista la situazione, lo erano tutti. Alexis, cercando di confortarla, allungò una mano verso di lei e cominciò a dire: «Eveline ...» ma il suo tentativo fu bruscamente interrotto dalla ragazza stessa.
«Non mi toccare! Non osare toccarmi, stronza!» strillò con voce rotta dall'angoscia. «E' solo colpa tua se siamo in questa situazione, tua!» Della ragazza bella e sicura di un tempo era rimasta solo una pallida ombra.
«Come osi, maledetta! L'idea sarà anche stata mia, ma non è che tu ti sia opposta, anzi, eri parecchio contenta di partecipare!» Anche Alexis, dopotutto, non era degli umori più rosei.
«Sentite, cerchiamo di calmarci. Così ...» intervenne allora Robert.
«Calmarci un cazzo! Nessuno si calma qui, idiota! Non vedi in che situazione ci troviamo?! Come facciamo a stare calmi, maledizione!» Eveline era sempre più fuori di sé. Quasi sull'orlo delle lacrime la ragazza si voltò di scatto e fuggì via, ignorando i richiami degli altri. Erano tutti scossi, sconvolti. Stranamente anche Robert, che aveva quasi sempre mantenuto molta calma, sembrava perso. Isabel osservava ciò che restava di Desmond e Dover era perso nei suoi pensieri.

«E ora cosa facciamo?» chiese cupo James. Sembrava non essere l'unico ad essersi posto tale domanda, anche gli altri erano molto pensierosi.
«Stabilire l'ora del decesso è molto difficile» disse all'improvviso Isabel, china sul cadavere di Desmond. «Il freddo rallenta il processo del rigor mortis, che infatti non è ancora iniziato. E' tutto molliccio.»
«Bene, ma cosa facciamo?» disse nuovamente James, con una punta di irritazione.
«Beh, di sicuro abbiamo abbastanza neve per un bel pupazzo.»
Gli altri quattro guardarono Isabel come se fosse completamente fuori di testa, ma lei non sembrò curarsene.
«E' colpa di tutti.» intervenne allora Dover, guardandosi le punte dei piedi. «Quella voce aveva ragione. Onym ha ragione. Nessuno di noi è innocente, tutti meritiamo di essere qua. Lo capisco, e va bene. Anche io sono colpevole. »
«L'avevo detto io, che si faceva venire i sensi di colpa!» James cominciò ad inveire contro Dover «va a finire che hai spifferato tutto, non mi stupirebbe affatto! Imbecille!»
«No, te l'ho detto, non ho “spifferato” un bel niente! E comunque, mi sarei messo nei pasticci da solo. Un po' stupido, non ti pare? In ogni caso ti sbagli a pensare che io abbia partecipato solo per mettermi in mostra con voi. Nemmeno io ero così disperato da arrivare a tanto. Ho solo colto un'occasione; insomma, non è che Wesley fosse uno stinco di santo. Ritenevo che meritasse una buona lezione, tutto qui, e ne ho approfittato. Ma non sarei mai arrivato a tanto. Mai. Tuttavia non ho detto nulla. Siamo tutti colpevoli, e dobbiamo pagare.»
Guardò ancora una volta gli altri tre, dopodichè si voltò di scatto e si addentrò di corsa nella villa, al seguito di Eveline.
James, ancora furioso, fece per lanciarsi all'inseguimento a sua volta, ma venne trattenuto per un braccio da Robert, che fissava il vuoto, pensieroso.
«E adesso che si fa?» chiese Alexis, con voce velata dall'ansia.
«E' ovvio.» intervenne Robert, che si era fatto accigliato. «Aspettiamo.»
«Come sarebbe a dire “aspettiamo”? Ti ha dato di volta il cervello?!» fece James, sempre più fumante di rabbia.
«Assolutamente no, sei tu che non ragioni più. Pensaci. Lì dentro sono in due. E, come aveva detto Dover, i morti non possono essere colpevoli, sono automaticamente scagionati, dunque, chi dei due morirà ci svelerà indirettamente chi è Onym. E noi tre avremo salva la vita.»
«Ma certo! Il sopravvissuto sarà per forza Onym!» esclamò Alexis. Tuttavia James non sembrava altrettanto convinto.
«Sarà.» si limitò ad aggiungere, con un'alzata di sopracciglio «Comunque dubito che morirà qualcuno.»
«Che vorresti dire?!» Alexis si stropicciò nervosamente un lembo dell'abito, guardando il ragazzo con sospetto.
«Intendo dire che non è detto che uno di quei due sia il prossimo della lista, sempre che ce ne sia una. E che non credo che Eveline sia la colpevole. Sebbene il suo comportamento sia alquanto sospetto, è troppo fuori di testa per star fingendo. Dover, invece, è troppo uno smidollato per essere un maledetto assassino.»
«Tu dici? Io non ne sarei tanto sicura. Al contrario, sospetto proprio di Dover.» replicò Alexis.
«Quindi, presumo tu riterrai che l'assassino sia uno di noi tre.» commentò poi Robert, aggiustandosi gli occhiali sul naso, sempre rivolto a James. «Interessante.»

«Maledizione!» disse tra i denti Eveline, correndo a perdifiato su per le scale «Maledizione, maledizione!»
Un solo pensiero martellava nella sua testa, incessante. “Devo scappare”. Ormai stava perdendo quel poco di lucidità che le rimaneva. Pensò ad un solo posto dove poteva rifugiarsi. La sua camera. Non pensò a nient'altro. Non guardò nulla. Non sentì neppure la voce che la chiamava. Solo la sua stanza.

«C'è un problema.» proruppe d'improvviso Alexis, dopo meno di un minuto. «Il tuo “brillante” piano è fallito in partenza. Non ci stiamo dimenticando di qualcuno?»
«Ma che... ?» cominciò Robert, con aria interrogativa, interrotto immediatamente da James, che mormorò «Isabel.»
«Già. E dunque, al diavolo te e le tue elucubrazioni, io vado a vedere che sta succedendo!»
E partì anche lei, decisa. Non senza aver prima raccolto la sua accetta.
James fece per seguirla, ma venne nuovamente trattenuto da Robert, il quale, senza proferire parola, si limitò ad accasciarsi sulle ginocchia, incurante della neve.
«Beh, che c'è ora?!»
«Almeno noi due, non separiamoci. E dovremmo anche portare dentro il cadavere di Desmond.»
«Ma chissene frega di Desmond! Non lascerò che quelli si scannino ancora! Tu fai come preferisci.»

Dover si aggirava per le molte sale della grande casa. Per un momento aveva intravisto Eveline fuggire di corsa. Aveva provato a chiamarla, ma non era servito a nulla. In quel momento udì altri passi risuonare da qualche parte dietro di lui. Continuò comunque ad avanzare, deciso a raggiungere la propria meta. Ormai era vicino, mancava poco. Eccolo. Ci siamo. Non gli restava che aspettare, teso come una corda di violino. Ad un tratto sentì nuovamente quei passi. Erano vicini, molto vicini. Infine, con il cuore in gola, Dover si voltò.
“I-Isabel?”

Alexis era spaventata. Terribilmente spaventata. Stringeva l'accetta tanto forte da essersi fatta sbiancare le nocche. Cambiava direzione continuamente, nel terrore di essere seguita, ma contemporaneamente rischiando di perdersi. In breve tempo, tuttavia, raggiunse la sala da pranzo. Si guardò rapidamente intorno. Era sola. Gettò uno sguardo al tavolo, e tirò un sospiro di sollievo. Le statuine erano ancora sei.
«Bene bene.» disse tra se la ragazza, con un ghigno. «Vediamo come reagisci a questo.»

«Alexis!»
La ragazza lanciò un grido terrorizzato e si lanciò su per le scale.
«Alexis, fermati! Sei impazzita?!»
James era appena entrato nell'atrio, e aveva visto la ragazza salire cautamente le scale. Incautamente aveva deciso di chiamarla.
Alexis si volse di scatto, pallida in volto.
«Sei impazzito tu! Volevi farmi venire un infarto?! Beh, se sì, ci sei andato parecchio vicino!»
Le tremavano le mani, tanto forte da farle quasi cadere l'accetta.
«Ora calmati, dobbiamo trovare gli altri. Hai visto qualcuno?»
«N-no. Li stavo giusto cercando. Probabilmente Eveline si è chiusa in camera, era sconvolta.»
D'improvviso risuonarono passi in una delle stanze attigue. Entrambi si bloccarono, gli occhi sbarrati e dilatati dalla paura. James deglutì, nonostante la bocca arida.
«Ragazzi?» risuonò una voce familiare.
«Robert?» fece Alexis incerta.
Dopo breve, egli spuntò da una delle porte.
«Ah, siete qui! Meno male! State bene? Ho sentito un grido, è successo qualcosa?»
«No, in realtà è che ...»
«E' che quel deficiente mentecatto mi ha fatto prendere un colpo, ecco cos'è!»
Robert si impensierì. «Capisco. Beh, almeno ci siamo riuniti. Dove sono gli altri?»
«Li stavamo appunto cercando.» rispose James «Prima proviamo con le camere, Alexis crede che Eveline sia lì.»
«Ipotesi logica.» annuì Robert.
«Come sarebbe a dire, logica?!» James non pareva molto d'accordo «Precludersi ogni via di fuga tappandosi in una stanza, in questa situazione?!»
«Beh, era sconvolta. E' ovvio che cercasse riparo.» replicò saccentemente Robert.
«Allora, vogliamo continuare con questo ameno talk show ancora a lungo, oppure facciamo qualcosa di utile?!» Isabel sembrava essere spuntata come un fungo.
«E tu da dove sbuchi? Bah, non ha importanza, andiamo a cercare Eveline. E Dover.» Robert sembrava aver riacquistato l'autocontrollo.
I quattro si avviarono su per la scala, a metà della quale Isabel commentò «Comunque, non è che sia stato difficile trovarvi, con tutto il casino che fate.»

James alzò una mano per bussare, ma quando la toccò, la porta si aprì. Non era stata chiusa.
Eveline giaceva in un angolo, con gli occhi sbarrati e fissi. E nel mentre, dondolando ritmicamente il busto, farfugliava parole confuse. Non sembrava essersi accorta degli altri. D'improvviso sì voltò, si alzò e si mosse verso di loro. Poi disse «Dove sono le api? Le avete viste? Ci sono delle api? Dobbiamo trovarle! A-ahahaha-ha-ha! Non capite?! Le api! Ha ha!»
Isabel l'afferrò per un braccio, alzò una mano e le diede un sonoro schiaffo sulla guancia.
Eveline la fissò per un momento allibita, dopodichè abbassò gli occhi e mormorò «Grazie.»
Alexis aprì la bocca, ma non disse nulla. Dopo qualche secondo articolò «Perchè?»
«Una crisi isterica, ecco perchè. Non possiamo permetterci di perdere tempo con una cosa del genere.»
James annuì brevemente, poi chiese «Ma, perchè stavi parlando di api, prima?»
«La filastrocca. Dice così: Sei piccoli indiani giocan con un alvear, da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar. Ormai mi sta ossessionando, la so tutta a memoria. Insomma, il prossimo omicidio dovrebbe coinvolgere un'ape, no?»
«Forse sì. Forse no.» intervenne Robert «In ogni caso dobbiamo ancora trovare Dover. Quindi diamoci una mossa.»

«Cioè, ditemi che almeno abbiamo un'idea di dove andare.» Fu Isabel a spezzare il silenzio, dopo diversi minuti, nei quali il gruppetto aveva vagato apparentemente senza meta per la villa.
«Tu ce l'hai?» chiese con più che una punta di nervosismo James.
«Io? No.»
«E allora come pretendi che ce l'abbiamo noi!» sbottò il ragazzo, riprendendo a camminare.
Seguì nuovamente un periodo di silenzio, in cui la tensione palpabile continuò a sfibrarli.
All'improvviso Robert si bloccò e alzò una mano, facendo segno anche agli altri di fermarsi.
«Co ...» fece per chiedere Eveline, ma Robert la zittì, portandosi un dito alle labbra. Fissava il vuoto, assorto. Dopo alcuni secondi chiese, facendo sobbalzare tutti «Lo sentite anche voi? Questo strano suono. Mi ricorda qualcosa, ma non riesco a capire cosa.»
Passarono alcuni momenti di attento ascolto, nessuno osava nemmeno fiatare.
«Sì. Sì, lo sento anche io, ora.» disse Alexis. Al che James si illuminò.
«Ma certo, lo riconosco! Viene dalla sala cinematografica, è il vecchio proiettore! Però, un momento … perchè è acceso?»
Tutti si guardarono. Un terribile interrogativo era sospeso.

In breve raggiunsero la sala, guidati da James, che trattenendo il respiro, con un colpo deciso aprì la porta ed entrò.
La scena che si trovarono davanti era quantomeno grottesca. Alexis levò un grido pieno di terrore e sgomento.
Il proiettore, in funzione in fondo alla sala, stava girando un documentario, in bianco e nero, riguardante l'ecosistema delle api. Nelle file centrali era seduta una figura, accasciata ed inerte, che sembrava seguire il filmato. Era Dover.
«Avete visto?! Le api! Le api c'erano! Avevo ragione!» Eveline aveva di nuovo uno sguardo stralunato, folle, ma questa volta si ricompose da sola, alla minacciosa vista della mano di Isabel.
«Dover? Cosa fai lì?» chiamò allora James, avvicinandosi. «Dover, rispondi, non è divertente.»
«Non credo che ti risponderà.» disse Alexis. Senza aggiungere nulla, si avvicinò, seguita dagli altri, quasi timorosamente, e toccò la spalla di Dover. Questi non rispose. Al tocco successivo si limitò ad accasciarsi su un lato, inerme.
Isabel lo tastò ed aggiunse all'ovvio «Non c'è polso.»
«Un altro, assolto troppo tardi.» le parole di Robert caddero, pesanti come piombo. Per un po' regnò il silenzio, mentre i presenti assorbivano l'accaduto. In ogni caso, ci pensò Isabel a romperlo.
«Chissà com'è morto!» esclamò, cominciando ad esaminare il corpo. Alla fine esclamò, trionfante «Eccolo!». Con il dito stava indicando un minuscolo forellino nel collo di Dover.
«Cos'è, un'iniezione?» chiese timorosa Eveline.
«Di sicuro non una coltellata.» commentò James, caustico.
«Dovrebbe essere atropina, visto com'è messo.» precisò Isabel.
«Atropina?» chiese Alexis. «Già, cos'è?» fece eco Robert.
«Oh, una cosa che io so e tu no! Ha!» fece Isabel, evidentemente soddisfatta della cosa ed incurante del cadavere che si trovava davanti.
«E' una sostanza utilizzata come medicinale, in forti dosi può anche essere letale. Dovrebbe essere quello, ma per esserne sicura dovrei fare un esame del sangue. In ogni caso, non mi sembra l'occasione giusta.»
«Per favore, qualcuno spenga quel proiettore, mi sta facendo impazzire!»

Il desiderio di Eveline venne esaudito e i cadaveri di Desmond e Dover portati nelle rispettive stanze.
Una volta riposte anche le spoglie di Dover nel letto, James fece la domanda. «E la statuetta? Strano che, con tutta quella messinscena, Onym si sia dimenticato proprio di quel particolare.»
«Ecco» Alexis arrossì. Cosa che non era mai capitata prima. «In realtà manca già. L'ho presa io.» Estrasse la statuetta dalla tasca, con mano tremante e la poggiò sul comodino. «Che stupida. Pensavo che questo in qualche modo potesse fermarlo. E' evidente che mi sbagliavo.»
«Non preoccuparti, non è successo nulla di grave. E' chiaro che quel mostro non si fermerà davanti a nulla.» la rassicurò Robert «Ma adesso è il momento di fare qualcosa. Abbiamo già stabilito che Onym è uno di noi, che ci vuole morti, e che sta seguendo quella stupida filastrocca. Quindi, perlomeno direi di dargli del filo da torcere. Prenderemo delle misure di sicurezza. Innanzi tutto eseguiremo una perquisizione di ognuno di noi, e tutte le armi in nostro possesso verranno messe al sicuro da qualche parte, è evidente che armarsi non serve, anzi, è solo pericoloso. Poi troveremo quella siringa. Inoltre, come misura preventiva, staremo sempre in salotto, e lasceremo uscire una sola persona alla volta. Se ci muoveremo, lo faremo sempre tutti assieme. In questo modo ci potremo tenere d'occhio a vicenda e Onym non avrà grandi possibilità di manovra. Se tutto andrà bene, giungeremo sani e salvi fino all'arrivo dei soccorsi. Qualche obiezione?»


______________________________________________________________________________________________________________
Messaggio dell'autore
Scusate per il ritardo! Lo so, ci ho messo un'eternità a scrivere questo capitolo, e chiedo perdono, ma essendo sotto esami ho avuto (e ho tuttora) parecchio da fare (senza contare un "simpaticissimo" esonero di chimica che mi ha portato via una marea di tempo).
In ogni caso, spero che continuerete a seguirci, e mi raccomando, recensite! Qualsiasi opinione è bene accetta.
A questo proposito, ne approfitto per ringraziare LadyM5, che ci ha sostenuti dall'inizio.

Owen

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Dieci piccoli indiani / Vai alla pagina dell'autore: U N Owen