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Autore: Pandora86    27/01/2013    5 recensioni
Una spiaggia deserta. Il rumore delle onde.
Il mare di notte che fa da sfondo all’incontro di due persone che si odiano… o almeno, così credono.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il secondo capitolo della fic.
Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite.
Grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo, ma anche tutti i lettori silenziosi.
Attendo, come sempre, i vostri pareri.
Ci vediamo a fine capitolo per le note e le informazioni  riguardo le prossime pubblicazioni.
Scusate se troverete degli errori. Io leggo e rileggo ma qualcosa sfugge sempre.
Buona lettura.              
 
Capitolo 2.
 

Sakuragi osservava silenzioso il mare.

Gli piaceva quella parte della giornata. Il cielo iniziava a incupirsi e la spiaggia si sfollava.

Fino a che, solo il rumore delle onde rimaneva come sottofondo.

Nel frattempo il mare prendeva i suoi colori serali e Sakuragi si godeva in pace la tranquillità di quello stesso posto che di mattina sembrava così diverso.

Da quando era diventato così riflessivo?

Da quando preferiva il silenzio serale della spiaggia rispetto al caotico vociare dei bagnanti della mattina?

Non lo sapeva. Sapeva solo che qualcosa dentro di lui stava cambiando.

Non fraintendiamoci… non è che non apprezzasse più il rumore e la gente anzi… nelle ore mattutine, quando lui lavorava come bagnino in quella piccola spiaggia sperduta, si divertiva molto.

Giocava con i bambini, si esibiva in acrobazie acquatiche che poi si rivelavano sempre delle figuracce clamorose e rideva con e più degli altri.

E non fingeva, quel lavoro gli piaceva davvero e il suo umore era veramente sereno in quei momenti.

Solo che, quando scendeva la sera, quella serenità rumorosa si trasformava in una quiete molto più tranquilla che lo portava ad apprezzare quello stesso paesaggio in un momento così diverso.

In un momento diametralmente opposto.

Opposto…  già… questa parola gli portava alla mente una sola persona: Rukawa.

Perché era questo che erano lui e Rukawa: due persone diametralmente opposte.

Eppure… in passato non ci aveva mai fatto caso più di tanto.

Non aveva mai considerato il numero undici se non per batterlo su un campo di basket.

Peccato che poi battere Rukawa fosse diventata un’ossessione sin dai primi momenti in cui l’aveva conosciuto e, solo ora, si accorgeva come il pensiero del numero undici fosse stato un chiodo fisso per lui durante tutto l’anno.

Come ho fatto a non accorgermene prima? Pensò sconsolato.

Come aveva fatto a non accorgersi che il pensiero di Rukawa lo accompagnava in ogni momento della giornata?

Ma forse, se ne era accorto solo che aveva dato un significato diverso a quello che provava.

Si era sempre ripetuto che era normale, in fondo, avere sempre in testa la persona che si vuole battere.

Che era normale il fatto che Rukawa rappresentasse il suo chiodo fisso visto che rappresentava la sua sfida personale.

E non si era mai curato più di tanto di tutto ciò.

Ma poi, qualcosa era cambiato.

Lui si era infortunato e aveva seriamente temuto di dover rinunciare ai suoi sogni nati da poco.

Aveva avuto paura di dover rinunciare alla tanto agognata carriera di basket che aveva sperato per se da quando aveva cominciato le superiori.

E un volto era comparso nella sua mente: Rukawa.

Era grazie a quel volto che faceva gli esercizi che gli assegnavano in clinica. Era grazie a quel volto che non si lamentava mai.

Perché Rukawa, ancora una volta, era il suo chiodo fisso. E lui lo voleva battere a tutti i costi.

Ma neanche allora si era interrogato sulla natura di questo interesse.

Fino a che non lo aveva visto comparire sulla spiaggia.

Leggeva una lettera di Haruko. Lettere che aspettava con impazienza o almeno, così credeva.

Poi, da quando aveva visto Rukawa, le lettere avevano perso d’importanza.

Un Rukawa che gli mostrava la maglia della nazionale.

Un Rukawa che lo fissava con uno sguardo strano.

Non si era interrogato su quello sguardo né sulla strana sensazione che gli provocava. Non subito almeno.

Il giorno dopo era andato lì alla stessa ora. E neanche di quello si era chiesto il perché. Era solo andato e basta, assecondando un desiderio a cui non aveva ancora dato un nome.

Nei giorni seguenti però si era fatto tutto più chiaro.

Sin dalla mattina si accorgeva di guardare l’ora sperando che il tempo passasse velocemente.

Aveva guardato una lettera di Haruko accorgendosi che non gli importava granché.

E allora aveva capito.

Aveva capito perché aspettava con tanta impazienza l’orario in cui avrebbe potuto vedere Rukawa.

Aveva capito perché per tutto l’anno il numero undici era stato il suo chiodo fisso.

Aveva capito… ed era sprofondato!

Si era innamorato di Rukawa… provava attrazione per lui.

E questa verità aveva aperto un baratro sotto i suoi piedi.

Perché non era possibile. Ma soprattutto, perché il suo, era destinato a essere un desiderio irrealizzabile.

In realtà ci aveva messo tempo ad assimilare la cosa.

C’era voluto tempo perché accettasse il tutto. Però oramai aveva passato la fase di accettazione.

E ora si ritrovava lì, a osservare le onde scure, sospirando.

Lui… e Kaede Rukawa.

Sorrise a quella strana associazione di nomi.

Se qualcuno glielo avesse detto un anno fa, probabilmente si sarebbe ritrovato all’ospedale.

Invece adesso, quanto avrebbe voluto che qualcuno non ritenesse impossibile che il suo nome e quello di Rukawa fossero abbinati in qualcosa che non fosse insultarsi o fare a pugni.

Che poi, negli ultimi mesi, neanche quello era avvenuto.

Ripensò a quando era ritornato a scuola e ripreso gli allenamenti.

Lo aveva cercato subito con lo sguardo in palestra.

Ma non aveva fatto di più; né insultarlo, né provocarlo.

Aveva salutato allegramente gli altri e poi il signor Anzai era intervenuto spiegando quanto la squadra dovesse appoggiarlo in quella che sarebbe stata una lunga e difficile riabilitazione su un campo di basket.

Tutti si erano mostrati allegri e disponibili a dare una mano.

Lui aveva sorriso sincero guardandoli tutti con affetto.

Tutti tranne uno. Uno che non aveva battuto ciglio. Uno che non si era mostrato minimamente interessato alle sue condizioni fisiche.

Valgo così poco per te, Rukawa? Aveva pensato, guardandolo con odio.

Mai gli avrebbe rivelato quello che provava. Mai qualcuno l’avrebbe saputo.

Lo avrebbe cancellato, per quanto possibile, dalla sua vita e dal suo cuore.

In fondo, non era difficile. Non erano amici e mai lo sarebbero stati.

Non lo avrebbe più provocato. Non lo avrebbe più considerato.

Tra l’altro, ora come ora, non poteva permettersi di fare a botte con lui. La sua schiena non lo consentiva.

E poi, avendo capito la vera natura dei suoi comportamenti, in altre parole attrazione verso il numero undici e non vera antipatia, li avrebbe modificati di conseguenza.

Però, aveva ancora un obiettivo; se Rukawa non lo considerava allora lui lo avrebbe umiliato e battuto.

Certo, in quella condizione questo gli appariva più difficile che mai, ma non si sarebbe arreso.

E aveva, per tutto l’anno, cercato di mantenere i suoi buoni propositi.

La sua schiena era migliorata e lui aveva imparato molto.

Anche se, non era riuscito a togliersi Rukawa dal cuore.

Ripensò alle loro ultime disastrose partite.

Nonostante tutto, gli era dispiaciuto per com’erano andate le cose.

Gli era dispiaciuto vedere la kitsune perdere.

In realtà non aveva perso lui anzi, si era dimostrato, tanto per cambiare, uno dei migliori giocatori della prefettura.

Però era pur vero che non poteva giocare da solo.

Ma l’anno seguente sarebbe stato diverso.

Ci sarebbe stato lui sotto canestro, in piena forma, e nessuna squadra l’avrebbe spuntata.

Guardò l’ora pensando che fosse il caso di rientrare.

Lavorare come bagnino era faticoso, anche se divertente, e lui doveva essere in piena forma per assicurare l’incolumità ma anche il divertimento dei bagnanti.

Stava per alzarsi quando una voce lo costrinse a rimanere sul posto, con un’immobilità che non era consona al suo modo di essere.

“Do’hao!”
 

Continua….

Note:

Questo era il capitolo riguardante i pensieri di Hanamichi e il suo punto di vista.
Come avrete notato, il capitolo si conclude nello stesso momento di quello precedente; la cosa è stata voluta.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.

Ci vediamo domenica prossima con il nuovo capitolo.

Pandora86.
  
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