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Autore: Glenda    18/08/2007    3 recensioni
Lethia Ballard fa l'investigatrice virtuale e viene ingaggiata da una potente corporazione per un incarico delicato: trovare e intrappolare uno scissista, ovvero un pericoloso hacker dotato di poteri esp, che riesce a vagare nella rete scindendo la propria mente dal corpo. Ma l'incontro con Kevin Lockport è diverso da come lo immaginava e l'uomo le rivela qualcosa di completamente inaspettato...Dove porteranno le indagini di Lethia? E cosa c'entra in questa faccenda di inganni e potere l'ingenuo ragazzo biondo uscito da un lungo coma, che fa l'antiquario in una bottega che pare fuori dal mondo e dal tempo? Giallo cyberpunk con elementi sovrannaturali. VERSIONE RIVISTA E CORRETTA DELLA FAN FICTION POSTATA LA PRIMA VOLTA NEL 2007.
Genere: Science-fiction, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 6

 

Lethia non pensava, quando aveva accettato l'incarico, che il suo ingaggio per la Omega prevedesse anche una trasferta a Reole, e tanto meno in un sobborgo come quello. Detestava le grosse metropoli industriali, le ricordavano il luogo in cui era cresciuta. Da quando il suo potere le aveva aperto le porte della carriera, era sempre vissuta nella capitale e provava una sorta di aristocratico fastidio per quelle città che non avevano nemmeno un centro storico ed erano state costruite a tavolino per ospitare fabbriche, aziende e centri commerciali.

Ma il caso di Kevin Lockport aveva inferto un brutto colpo al suo orgoglio, e il desiderio di rivlasa aveva vinto le sue reticenze.

Da quando si era dissolto davanti a lei per non farsi catturare, non era riuscita a togliersi dalla testa l'idea che quella faccenda fosse finita in modo troppo semplice. Uno di quello stampo, era il classico tipo che aveva in serbo un asso nella manica.

Così, quando Adrianov l'aveva fatta chiamare d'urgenza e le aveva esposto l'accaduto, non si era stupita.

Dopo oltre due mesi di tranquillità, gli esperti della Omega avevano rilevato l'intrusione, nel loro sistema, di un altro scissista, i cui paremetri erano stranamente simili a quelli di Lockport. Simili, ma non identici, il che escludeva che si trattasse di lui, ma lasciava ipotizzare che avesse un complice, da qualche parte: magari un parente di cui era riuscito a nascondere l'esitenza.

Lethia aveva preso tutti i dati necessari e si era rimessa subito al lavoro.

Per molti giorni non si era staccata un attimo da Zeus, e si era resa conto di trovarsi di fronte ad un fenomeno quantomai strano: la presenza che talvolta si affacciava negli archivi riservati della Omega, per quanto fosse certamente di uno scissita e per molti aspetti potesse ricordare Lockport, non sembrava avesse un piano, né aveva ancora compiuto alcuna azione lesiva nei confronti del sistema dell'azienza. A volte sembrava quasi capitarvi per errore, e per pochi istanti, come un osservatore passivo, che gli ricordava un po' le tante coscienze disperse nella rete che le era capitato di recuperare.

Inoltre, l'intruso non sembrava aver innalzato particolari difese: se avesse compiuto anche una sola azione, o avesse allungato di qualche secondo la sua permanenza, non sarebbe stato difficile immobilizzarlo e visualizzare la sua proiezione virtuale. Ma le sue visite erano più brevi d'un intermittenza, e le sue intezioni impossibili da prevedere.

L'unica cosa che Lethia era riuscita a fare, in settimane di estenuante lavoro, era stato circoscrivere la presunta zona da cui l'individuo operava: l'ex area portuale di Reole.

Era stato allora che Adrinov l'aveva spedita lì, nello sperduto sobborgo di Seaside Corner: nome poetico per un luogo assai poco ameno!

"Beh, qua non ci saranno problemi di parcheggio" pensò Lethia, mentre guidava per le strade spopolate "questo quartiere sembra il paese dei morti!"

La giornata era limpida e il sole alto: aveva impiegato quasi un'ora, con la sopraelevata, a percorrere il tragitto che separava l'aeroporto di Reole da Seaside Corner, ed aveva notato il flusso di traffico che si muoveva nella direzione opposta. La scarsa densità di popolazione, per quanto deprimente, le facilitava il lavoro: probabilmente quello era una specie di paese-dormitorio, dove i pendolari potevano affittare case a prezzi ragionevoli, e, se era fortunata, la persona che cercava non era tra questi, visto e considerato che aveva registrato la maggior parte delle sue presenze nelle ore diurne.

Si diresse verso quello che le sembrava il luogo più vivo della zona: il punto dove sorgevano due grossi grattacieli gemelli, che spiaccavano sul piattume delle case popolari.

Accostò lungo il bordo della strada, ai piedi di una delle due costruzioni, quando, all'improvviso, qualcosa di pesante si schianò sul suo parabrezza, incrinandolo pericolosamente.

"Cristo!!!" gridò lei, saltando fuori dalla vettura con foga "Che è stato?"

Sul cruscotto, anch'esso ammaccato, vide una grossa spatola per vetri, che aveva lasciato una larga chiazza di sapone e acqua sporca sulla carrozzeria. Lethia comprese di cosa si trattava: alzò gli occhi e infatti vide, sospeso all'altezza del terzo piano, il carrello scorrevole dell'impresa delle pulizie.

"Razza di cretini!" strillò "Potevate ammazzarmi!"

Era veramente furente: non solo si trovava in un paese abbandonato da dio, ma adesso doveva pure rendere conto del danno all'autonoleggio, scomodare l'assicurazione, eccetera eccetera...Come se cercare uno sconosciuto in mezzo a una città di sconosciuti fosse un'impresa da niente!

"Scendete giù, deficienti!"

Il carrello scese, e, man mano che si avvicinava, Lethia riusciva a sentire sempre meglio le voci dei due operai.

"E' la terza volta, cazzo! LA TERZA VOLTA!"

Una voce rude stava inveendo contro qualcuno che non rispondeva.

"Stavolta basta! Non voglio finire nei guai! Ti ho fatto un favore, ma non ne voglio farne le spese!"

Il carrello arrivò al piano terra, e fu allora che la donna riuscì a distinguere anche l'altra voce, e a vedere a chi appartenenva.

"Mi...mi dispiace! Non mi succederà più...io cercherò di..."

Il ragazzo che aveva parlato si teneva la testa tra le mani, e non aveva l'aria di stare bene: era pallido e stava tremando in modo visibile. Lethia lasciò per un attimo da parte la rabbia e si avvicinò a loro, mentre il più anziano dei due - a quanto pareva, il datore di lavoro - continuava ad urlare.

"Che cazzo cercerai di fare?! Tu non sei in condizioni di lavorare, porco cane! Se solo lo viene a sapere l'ispettorato del lavoro...."

"Che cosa dovrebbe venire a sapere, prego?"

La donna lo fissava con occhi taglienti: alta, bella, con un elegante tallieur scuro, emanava una certa autorità, che lasciò per un attimo l'uomo a bocca aperta.

"Niente..." la voce del ragazzo si intromise timida "niente, signorina..."

Alzò lo sguardo e sforzò un sorriso.

"Mi perdoni, sono mortificato...è colpa mia..."

Cercò di scendere dal carrello, ma una fitta di dolore gli attraversò il cranio: si tenne la testa con entrambe le mani e si lasciò cadere con la schiena contro il muro, emettendo un gemito.

Lethia non perse tempo: lo sorresse, lo aiutò a scivolare lungo la parete e a stendersi per terra e, china su di lui, gli sostenne il capo con una mano.

"Non stia lì impalato, lei" intimò all'altro individuo "Mi aiuti. Vada alla mia macchina e prenda la mia valigetta"

L'uomo obbedì, e la donna estrasse dalla ventriquattrore una scatola di metallo piena di strani congegni elettronici.

"Sei portatore di un impianto neurale, vero?" domandò, rivolta al ragazzo.

"Si..." ammise lui, a mezza voce.

La donna scelse un piccolo cip, e, con dimestichezza, glielo posizionò alla base della nuca, fissandolo con un gel adesivo.

"Dovrebbe attenuare il fastidio, ma è meglio se resti qualche minuto immobile"

"Ehi" si intromise l'uomo "Si può sapere che diavolo succede?"

Lethia appoggiò delicatamente la testa del ragazzo per terra e si alzò, fronteggiando l'interlocutore.

"Succede che il suo collega ha un problema di cyber-brusio" spiegò, tecnica "ovvero soffre di un'interferenza tra il newralware e zeus. E' un problema di impainti di installazione recente o di qualità non alta. Se lei è, come sembra, il suo capo, dovrebbe saperlo. I portatori di impianti sono tutti registrati ed hanno una tessera apposita che ne descrive il tipo: è fondamentale esserne in possesso, in caso di incidenti sul lavoro..."

Gli lanciò un'occhiata allusiva, e con un cenno della testa ammiccò alla sua auto.

"Dunque...paga la ditta, vero?"

L'uomo azzardò una timida resistenza

"Veramente il responsabile dell'incidente è..."

"Signore, la prego, niente questioni. Lei fa lavorare in nero un ragazzo che ha un pezzo di metallo nel cervello, e neppure lo sa. Mi faccia il piacere..."

Il poveretto incassò il colpo.

  
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