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Autore: MirnaLoShadow    27/01/2013    1 recensioni
Due persone diverse sia caratterialmente che per ceto, si incontravano/scontravano in una mattinata gelida e accomunati solo dalla presenza della neve. Due perosne differenti il cui destino sol per un gioco meschino del fato aveva invertito le loro vite facendolo loro vivere due spaccati di quotidianità che dovevano essere invertite. Un moro e un biondo, un falso povero e un falso ricco dinnanzi alla follia di una donna il cui unico sogno era quello di possedere il figlio mai nato da un uomo molto povero ma ricco di talento per l'arte che l'aveva fatta innamorare follemente. Una vicenda in cui due cuori e due anime si fondevano in un solo corpo, lottando per la supremazia di un amore unico e controverso quanto la loro stessa nascita.
Genere: Commedia, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Spazio della scrittrice: piccolo angolo smussato di cui prendo possesso, sperando di non arrecare noia e danno a coloro che si accingono a leggermi per la prima volta. Mi chiamo MirnaLoShadow, ho 23 anni e questa è davvero la mia prima fanfiction a sfondo romantico/lemon/yaoi. Non sono mai stata brava a descrivere sentimenti spiccati, esempio come l'amore tra due persone.Per la prima volta, me masochista lo ammetto, lo vorrei affrontare tra due persone dello stesso sesso. Indi per cui ecco la prima mia Sasu/Naru.
Avviso: la vicenda è fuori ambientazione da quello trattata nel manga. Tratta semmai un contesto di vita quotidiana, ambientata ai giorni nostri. Detto questo...o.o buona lettura (glom- deglutisce a vuoto e si fa coraggio).

 

 

 

Snow white

 

Un'ennesima fredda giornata di inverno aveva inizio e tutto attorno rimaneva ricoperto dalla coltre bianca e soffice di neve appena caduta. Seppur molti fossero ignari del fatto che quella neve, ora così innocua e ferma, era figlia di una tempesta turbolenta che senza pietà sferzava coi suoi venti gelidi le povere scarne membra di senza tetto avventuratisi fuori nella notte in cerca di un riparo.
Ad ogni modo normalmente la neve suggerisce un sentimento di serenità e pace seppur figlia di turbolenze gelide. Per un ragazzo biondo difatti, la neve,stava a significare che era tutto semplicemente bianco e soffice. Felice come un bambino appena svegliatosi si affacciava alla finestra. Poggiando la fronte e le mani contro le guance, come dei para occhi per non distrarsi, osservava estasiato la coltre di neve bianca. Non c'era nessuno, tutto soggiaceva come in uno stato irreale di quiete prima dell'avvento della tempesta. Il proprio piccolo mondo di ragazzo benestante come unica via di fuga era rappresentato da quello scorcio offerto dalla finestra ora illuminata da una luce irreale offerta dal riflesso dei raggi solari sulla neve. All'improvviso qualcosa però oscurava tale serenità, una figura fisica composta da un ammasso di stracci di forma quasi umanoide. Pensando quasi in modo infantile ad un innocente: “uno spaventa passeri dinnanzi alla finestra?!”, per via dell'abbigliamento fatto di stracci e mal ridotti da non poter concepire che fossero appartenenti ad una persona in carne ed ossa. La povertà se non la si prova, non la si conosce. Beata innocenza e ignoranza. Tuttavia la propria stoltezza veniva messa a dura prova sol alzando lo sguardo poiché si ritrovava a fissare e venire fissato da un paio di occhi contornati di occhiaie profonde e scure. Uno sguardo scuro passò dinnanzi ai propri, differenti da quelli dell'altro sia per colore che per sentimento, tanto che gli pareva di venire incenerito all'istante poiché mai prima di ora era stato sottoposto a giudizio da qualcuno vivendo in un ambiente sotto vetro. Le proprie iridi incredule fissavano quei bulbi oculari così in netto contrasto coi propri, con quei carboni ardenti che si palesavano d'improvviso davanti a sé e alla visuale benefica della neve. Il biondo scattava indietro convinto di essere in presenza di uno zombie o di una presenza comunque maligna venuta a giudicarlo. Inquietato sino nel profondo intimo dalla visione del ragazzo dalle labbra e dita viola, i cui guanti lisi non riuscivano nemmeno a coprire la punta dei polpastrelli, tremava dal gelo provato fissando la figura del roseo biondino al di là del vetro. Sguardo colmo di invidia e colmo di risentimento, capaci di fondere quella sostanza inodore e insapore e trasparente, ma solida e se scheggiata poteva divenire un'arma. Vetro.
Dall'altra parte un ragazzo biondo sui ventidue anni si chiedeva chi fosse la persona,o creatura maligna, che al di là della finestra lo fissava con occhi ardenti e color del carbone con tanta ferocia immeritata. Beata ignoranza. Poi come un miraggio, appena il ragazzo biondo girava sui tacchi per andare a chiamare qualcuno per chiedere aiuto, voltandosi di scatto,come resosi conto di aver colto con la coda dell'occhio qualcosa di anomalo, non vedeva più la figura del ragazzo dallo sguardo truce e dall'aspetto trasandato. Una mano sul petto andava a tentare di calmare il pericoloso battere di un cuore impazzito, il proprio, dato il clima di tensione surreale appena vissuto. Molto simile a un film horror, solo che qui mancava la musica di sottofondo che creava una tensione sempre più palpabile e crescente. Fissandosi allo specchio notava come fosse ancora pallido e suggestionato:
“ suvvia è stato semplicemente una cosa così...una mia allucinazione...magari sto ancora dormendo”

così si pizzicava varie volte le guance, le braccia e persino le cosce, sino a divenire un livido unico e pure urlante. Eppure aveva la netta sensazione che quella non fosse una semplice apparizione.

io credo a ciò che vedo...ma sono un'artista e potrei anche essere vittima della mia immaginazione, ne possiedo sin troppa, pure troppo fervida. So benissimo che spesso mi auto suggestiono talvolta con storielle di fantasmi che invento...sino a non riuscire a dormire per settimane”. Piccole scosse di tremarella percorrevano la autostrada dei nervi lungo la colonna vertebrale di un atletico biondino ancora in boxer, scalzo, in mezzo alla stanza da letto lussuosa a fissarsi come un cencio ectoplasmatico senza ben capire cosa voler fare. Proprio quando si era destato in lui un sentimento e sensazione di rassegnazione per l'auto suggestionarsi ecco che riappariva nuovamente una presenza. Sta volta “sonora”. Un rumore di passi attutito dalla coltre di neve bianca provenivano dalla finestra e poi verso la porta di ingresso. Successivamente poteva udire distintamente lo sbatter della imponente maniglia e lo scricchiolare delle travi centenarie del portone. I cardini cigolanti, scalpiccii di piedi senza scarpe e con pantofole sui marmi pregiati di Carrara posti all'ingresso e in tutta la casa. Ogni rumore di passi riecheggiava denso come la paura provata e riversata nella figura sempre più rarefatta riflessa nello specchio, bionda e pallida quanto un cadavere appena espirato. Poi l'apertura della porta e la fine era oramai annunciata:

  • AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH! NON FARMI DEL MALE! GRANDE DEMONE CELESTEE!- un getto di acqua tonica veniva spruzzato da un guerriero Highlander che , di nordico aveva solo il colore dei capelli eternamente a punta, avventandosi su uno spaurito maggiordomo ignaro di essere divenuto uno zombie mangia cervelli. Per la sorpresa sia per lo spavento il povero maggiordomo faceva volare all'aria il vassoio e il suo contenuto. Il cui contenuto non tardava a ricadere addosso al maggiordomo e in gran parte sulla testa di un ragazzo biondo fuori di sé. Ovvero le pietanze di una deliziosa e abbondante colazione oramai spalmata letteralmente sul pavimento e parte come emulsionante nutriente sulla capigliatura del ragazzo biondo. Un vero spreco. Questo pensava un inconsolabile giovane uomo dal crine biondo. Cadendo in un silenzio surreale, venne interrotto da un quanto turbato maggiordomo, dallo sguardo molto dispiaciuto si accingeva a prendere parola:

  • Signorino c'è qualcosa che vi turba, ho notato che stamani siete piuttosto suscettibile- il povero maggiordomo, tentava di rimanere il più impassibile che poteva ma a tutto c'era un limite. Si ripuliva da quello scempio che doveva essere una “sostanziosa colazione per il signorino” ma oramai divenuta immangiabile.

  • Oddio Vittorio, mi dispiace...pensavo fossi...fossi..ma invece eri tu! - con desolazione,il signorino dalla capigliatura color oro, si ripuliva da solo dello scempio commesso come meglio poteva arraffando con fazzolettini di carta il cibo sparso per la stanza.

  • Non mi dica che ancora ha ripreso la sua attività del paranormale anche se applicato in letteratura. Lo sa che sua madre non approva, inoltre, sa anche bene che non le fa bene- il paziente maggiordomo dava lezioni di vita ad un signorinello la cui massima aspirazione era di scrivere e dipingere, altro non gli importava.

  • Vittorio, si lo so...ma ti prometto che smetterò. Devi credermi sta volta non c'entra niente la mia fervida immaginazione alla finestra ho visto per davvero...QUALCUNO!- proprio in quel momento, voltandosi vedeva nuovamente il ragazzo il cui aspetto trasandato contrastava moltissimo con lo sguardo fiero e diretto che gli mandava di pura invidia. Il maggiordomo intento a sistemare il casino prodotto dal vulcanico signorino, non dava retta ai vaneggiamenti di quest'ultimo più per buon cuore che per reale menefreghismo. Appena alzatosi dalla posizione prona di raccoglimento dei fazzolettini caduti di mano dallo sbadato e goffo padroncino, ovviamente, stile film per paranoidi, la persona che stava terrorizzando il giovane non c'era. Scomparso per magia dalla finestra. Con un sospiro, credendo che fosse uno dei tanti scherzi per spaventare un povero vecchio, il maggiordomo replicava:

  • Signorino non vedo nessuno..siete sicuro di avete dormito bene?- tono preoccupato per poi aggiungere: - vi consiglio vivamente di prendere aria oggi, di andare a trovare i vostri amici, ne avete davvero bisogno.- detto ciò il saggio maggiordomo – con permesso- si dileguava dalla stanza ripulita e splendente del padrone rimasto a terra quasi privo di sensi, in stato del tutto deplorevole.

    Una volta avvertita la porta sbattere qualcuno di nostra conoscenza, il giovane signorotto rimasto senza pudore a gambe e sedere all'aria, tentava lentamente di riprendere una calma di nervi che in quella strana giornata, stentava a rimettersi in status di normalità e non di all'erta. Ma proprio quando era convinto di essere sicuro e oramai la decisione scaturita dal pensiero passava a divenire un impulso bioelettrico del muscolo incitato a issarlo nuovamente in posizione bipede rimaneva cristallizzato in un spasmo di sospensione dei sensi surreale. Un brivido di adrenalina lo percorse dalla base della nuca al coccige: qualcosa lo raggelava. Un sinistro suono di legno e un cigolio nei pressi della finestra, a cui dava le spalle sdraiato supino con la testa volta al pavimento gelido, ove avvertiva distinti rumori di introduzione impropria nella propria stanza da letto. Un sinistro pensiero andava a incunearsi in una mente debole e già in preda alle più folli allucinazioni mai percepite e inventate, che fosse qualcuno che lo volesse morto. In preda al panico e ai vaneggiamenti più sfrenati di sceneggiature mentali di congetture sulla propria morte frutto di complotti alle proprie spalle, non lo spingeva a fare l'unica cosa sensata ovvero: a voler sincerarsi della reale presenza di un effettivo intruso nella propria stanza da letto. Quel qualcuno non si fece molto attendere, si palesava posando un piede scalzo quasi congelato malfermo sulla figura riversa di un biondino apparentemente privo di sensi, quasi a saggiare la consistenza del corpo credendo di trovarlo freddo e non molle e caldo. Un sopracciglio corvino andava a sollevarsi fortemente in contrasto con una espressione impassibile e sfingea ma colma di virilità quanto beltà sopraffine, rare a vedersi su di un ragazzo.

    L'ostaggio dal canto proprio prendeva a commemorare l'intelligente stratagemma di alcuni simpatici piccoli animaletti indifesi, come gli opossum, fingendosi morto stecchito nella tipica posa stile raptus mortis con lingua di fuori e occhi chiusi. Con una nenia nella testa stile mantra personale:
    “ pensa di essere morto, pensa di essere morto. Tu sii morto, sei un morto. Tu cosa sei? Sono morto!” e via discorrendo tentava in tutti i modi di far credere di essere realmente morto, anche da pochi minuti, da giustificare il tepore del corpo ma il respirare forte dovuto alla paura provata non andava di certo a incantare uno scaltro morettino la cui mano andava a sfiorare la guancia ricoperta da peluria ancora bionda, da bambino, liscia come pesca. Un tocco gentile e un tocco inaspettatamente piacevole avvertire per ambo i due soggetti: uno aguzzino, nell'atto di saggiare la gota vellutata, e l'ostaggio, il ricevente della carezza.
    Cristallizzati in un idillico sfondo da romanzo quasi a tinte ottocentesche, seppur ambiguo, veniva interrotto da un brusco starnuto, con inelegante fuoriuscita di moccio, da parte del “morto”.
    Il che provocava una certa riluttanza del mantenere quello status di raptus mortis da parte del commediante e dell'unico spettatore presente nella stanza ancora intriso di incredulità per la stoltezza del gesto compiuto dall'ostaggio.

    - Pensi di rimanere a recitare questa parte di morto ancora a lungo?

    Chiedeva con timbro di voce insolitamente ferma ma intrisa di raucedine, dovuta al trascorrere una

    vita all'aperto inadeguata, ma colma di densa ironia quanto pungente sarcasmo che faceva più male che del silenzio appena spezzato in cui erano immersi poc'anzi, da parte dello spettatore della commedia appena consumatasi.
    - mmmh... - il morto appena faceva un atto di comparsa e di “risveglio miracoloso” dopo la morte apparente il che provocava nel moretto una decisa sana vena di divertimento, tanto che gli stirava le labbra in un ghigno di sana malignità pietrificata sul viso di innaturale bellezza.
    - Oddio..uno zombie...stammi lontano- cominciava la commedia atto secondo, con la voce colma di stordimento per via del terrore provata in modo simulato dal bel moretto andando a cadere fallosamente sulle natiche sgraziato, innaturalmente goffo tipica simulazione di grande e palpabile terrore dinnanzi al mostro.
    L'impavido zombie si alzava impaurito e tremante, con voce stridula urlava verso lo sconosciuto:
    - DOVE DOVE?!!!- con voce stridula di donnetta in preda ad una crisi nevrastenica andando ad allacciarsi letteralmente con le braccia all'intruso, realmente terrorizzato tanto da sconvolgere l'intento di divertimento dell'ingannatore.
    - che pollo...- appena mormorava sbuffando di rabbia mal repressa, il giovane moretto dall'aria di essersi bruciato l'unico momento di spasso della giornata. Attendendo che il pollo si staccasse da sé, aveva modo di riflettere che il calore umano scaturito dal figlio impavido di papà era piuttosto piacevole, tanto che provocava strani brividi di natura ambigua al di sotto dei tessuti logori di ciò che si potrebbero tranquillamente definire: stracci maleodoranti.

    L'impavido non morto, non la smetteva più di tremare e in attesa di un responso dall'ancora di salvezza, si acquattava maggiormente contro quel corpo caldo e asciutto, scheletrico ma anche molto stagno e dalla muscolatura presente quanto di acciaio. La propria seppur presente e atletica, appariva maggiormente morbida, ben modellata e la carnagione piacevolmente bronzea calda come il tepore emanato e goduto dall'esile figura che stava approfittando un po' troppo della situazione, quando un singulto del biondino diede modo di proseguire oltre la loro strana situazione:
    - insomma dov'è finito?! - lagnosamente richiamava a mo di pigolio il biondino verso la chioccia presso cui tentava di mettersi sotto al calduccio e al riparo, ma la chioccia presa in considerazione non aveva alcuna intenzione di soddisfare tale richiesta implicita tanto che con una mano andava a dare un buffetto:

    - sei proprio un allocco...- semplice risposta acida e schietta, seppur un timido arrossamento di gote compariva sulle gote della chioccia bruna– nemmeno mi scacci via? Sono un intruso...- la chioccia replicava timidamente e insolitamente fragile verso un pulcino dal piumaggio dorato e distratto la cui espressione facciale era cristallizzata in una O di stupore sia nello sguardo bovino quanto nell'apertura della bocca.
    - Io...tu...Zombie...aiutoooo! - ma di punto in bianco il ragazzo dalla capigliatura bionda puntuta, andava a nascondersi sotto alla maglia lacera della chioccia che tentava disperatamente di difendersi ma senza alcun risultato. Carezze di capelli profumati e setosi andavano a stimolare zone erogene della propria persona, rendendo maggiormente pericoloso il già ambiguo contatto con quel tepore e profumo che quel corpo pareva volerlo drogare sino a farlo peccare di lussuria.
    - ehi..tu..ma che cavolo?!- una lotta disperata senza quartiere per mantenere in sede sangue e neuroni senza che espatriassero ai piani dabbasso, dove una rumba di sensazioni e piacevoli sentimenti andavano a stuzzicare/bussare i lombi fertili del giovane morettino.
    Infine la disfatta completa. La testa quadra puntuta nascosta nella maglia e una cunetta pulsante esigente di attenzioni tra le cosce mal ricoperta da due lembi di tessuto logoro.
    Una espressione di somma disperazione dipinta sul volto dello sconfitto, mentre il pulcino biondo andava a rincarare la dose delle pene di inferno provate dalla chioccia bruna: alitandogli addosso il proprio respiro caldo e strusciando la gota proprio all'altezza del petto, provocando ulteriori imprecazioni mal trattenute e le mani tenute a stento ferme adese al proprio corpo da parte della chioccia ansimante e disperata!
    - tu...che diamine s-stai facendo nnh...- gote infiammate e una voglia di toccarlo implacabile volevano prendersi possesso totale della razionalità vacillante ma con una mossa contro producente, pizzicava una natica del pulcino testardo come un mulo.

    - ahiiiiiiiiii! Ma che fai?!!!- un risentito biondino finalmente lasciava la sede del proprio nascondiglio per pigolare arrabbiato contro chi l'aveva pizzicato, ma notando il rossore e l'ansimare del ragazzo appena si rendeva conto che stesse male:

    - Oddio, che ti succede?! - pigolava sempre più forte il biondino.
    - Devo chiamare qualcuno?! - seguitava a pigolare dato che la chioccia mora non dava alcun segno di essere lì se non quello di ansimare sempre più in modo ravvicinato.
    - D-Dannazione quanto strilli..sta zitto...- rancorosa la chioccia bruna “beccava” a suon di frasi acide il pulcino che con le lacrime agli occhi, prendeva la testa dello sventurato ansimante morettino facendogli provare altre pene di inferno per avvertire quel suo aroma forte e calore del corpo. Oramai al limite decise di rischiare alzando il volto e ...la visione del suo viso così vicina, così perfetta. Quelle labbra voluttuose e imberbi, ben disegnate rosee. Gonfie succose. Una tentazione. Un respiro, un mancamento, un tentennamento e poi...la decisione finale, una deglutizione a vuoto sonoro nella gola occhi serrati, avvicinamento sempre più vicino a quel viso bronzeo di lui, il pulcino...

    Infine una testata sonora faceva vedere le stelle a tutte due, poiché il biondino non capendo cosa stesse accadendo sentendosi attaccato, agiva per primo guidato da puro istinto lasciando a bocca asciutta un disperato intruso. Stile non solo cornuto ma pure mazziato da una testata poderosa. Ora steso su di lui privo di forze e privo di alcuna vena di compassione per quello sciagurato colpisci a tradimento di fronti altrui. Ira che bolliva nelle membra, quello che era una volta un sentimento di pura lussuria ora diveniva un altro peccato capitale, sino a farlo tremare. Venuzze pronte a esplodere su comando...implosione pronta per essere convertita a esplosione stile bomba H. Meno dieci, meno nove, meno otto, meno sette...ma il count down veniva interrotto da una voce pigolata:
    - ehi aspetta, scusa..mio dio...- dolcemente una mano amica sconosciuta andava a tirare su con forza da sé il corpo esanime dell'intruso mal vestito. Tanto che lo mise a sedere sorreggendolo col proprio corpo:

    - mi dispiace ti ho mal interpretato nella realtà mi sa che stavi male...e hai la febbre posso fare qualcosa?! Ti prego ti prego!!!- pigolante il biondino andava a cercare il perdono del colpito a tradimento con una poderosa testata.
    Invano tentava di trovare qualche segno della sua presenza quando infine un rantolo, simile ma era un ringhio trattenuto malamente in gola serrata, andava a palesare la presenza del ferito di guerra colpito a tradimento da una poderosa testata da parte del pulcino biondo:
    - dimmi il tuo nome..e vedi di renderti utile...perchè da ora in poi sei debitore a vita...- con uno sforzo erculeo, si metteva a sedere un rancoroso moretto dallo sguardo truce rivolto altrove.
    Col rischio di far esalare l'ultimo respiro anche a una innocente piantina posta sul davanzale.
    - mi chiamo...mi chiamo Naruto Uzumaki e sarò felice di riscattare questi debiti anche per tutta la vita se necessario...posso sapere solo come ti chiami? Poi promesso non ti chiederò più niente!- croce sul cuore fatta, firmata la propria condanna inconsapevolmente .
    - ne sei sicuro? Hai giurato quindi non puoi rimangiarti la parola...Naruto. Io ti basti sapere che sono Sasuke. - detto questo lo fissava, ora voltatosi verso di lui con aria indecifrabile e poi agguerrito:
    - bene Naruto, ora c'è qualcosa che potresti fare per alleviare...i miei dolori...- detto ciò sinuosamente, si faceva passare una mano su di sé libidinosamente e lasciva, spalancando le cosce semi divaricate osservando il biondino negli occhi e alludendo alla propria persona zona piani bassi...un rossore su tutti e due andava a imporporare, per motivi diversi, le gote imberbi di due giovani uomini.

  
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