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Autore: Rouge_san    27/01/2013    8 recensioni
Maka Albran, diciotto anni. La sua vita cambierà alla sua prima volta a letto con Soul. Lui l'abbandonerà a se stessa in un terribile momento. Da sola la nostra protagonista si ritroverà a contare solo su Kid. Un nuovo nemico si nasconde nell'ombra.La Shibusen sarà a rischio. Soul ormai diventato falce della morte tenterà di proteggere la persona che ama. Tuttavia otto anni di assenza sono molti e quando il nostro eroe ritroverà la sua Maka dovrà fare i conti con qualcosa più grande di lui...Due gemelli indemoniati.
Dal capitolo uno...
L’unico ricordo che avevo di lui, è in loro.
In loro, già. Il mio più prezioso tesoro…I miei due splendidi figli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After you, the show must go on'
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Capitolo 23
 
Ero seduta accanto al letto di Soul, che dire ero devastata. Aveva la faccia lacerata e per quanto Stein ce la mettesse tutta non riusciva a curarlo. Ne lui, ne Shinigami. La battaglia era conclusa, da due giorni ormai e tutto grazie ai gemelli, che dormivano nei letti vicini beatamente. Loro grazie a Dio non si erano fatti nulla, avevano solo esaurito la energie, come non so dirlo. Avevano emanato luce propria dal momento in cui si erano tenuti per mano, poi tutto era svanito come nel nulla.  Mi afflosciai sulle calde coperte del letto di Soul e senza accorgermene mi ero addormentata. Al mio risveglio non ero più accanto a Soul. Ero nel panico più totale, dov’era? Ma soprattutto perché non ero con lui? Ero sdraiata bellamente sulle gambe di Kid, che mi accarezzava dolcemente i capelli.
«Dov’è Soul?» gli avevo domandato con riluttanza.
 «E’ in sala operatoria, ti ho portata io qui, quindi non preoccuparti. I gemelli sono ancora addormentati»
«C-Come è in sala operatoria?!» ero in preda al panico.
 «Anche mio padre è là, Stein ha deciso di provare con qualcosa di…ehm...radicale, ecco»
«Radicale in che senso?»
 «Non ne ho idea» stavo per ucciderlo, lo giuro, ma cecavo di trattenermi.
«Grazie davvero illuminante, peccato non sia servito a molto»
 «Ti ho detto quello che so Maka, ora non ci resta che aspettare e sperare»
E così abbiamo fatto. Nelle ore successive avrò bevuto almeno una decina di tazzine di caffè e continuavo a camminare avanti e indietro  a parlottare cose senza senso come una povera squilibrata.
Cosa avrei fatto senza Soul? Nulla. Mi sarei sentita a metà, forse per il resto della mia vita. E i gemelli? Ora che lo avevano conosciuto, cosa avrebbero fatto? Avrebbero superato la sua morte? Non ne avevo idea. Non tutto era perduto, dovevo pensare positivo. Continuava a riaffiorarmi alla mente il ricordo delle parole che mi aveva detto prima dell’attacco: “qualunque cosa accada, qualunque sia la nostra sorte, io ti amerò sempre e ,sempre ti sarò vicino, anche se dovessi morire. Perché per te e per i gemelli lo farei”al solo pensare quelle parole, avevano scatenato una tempesta nel mio cuore, tanto da farlo sentire a pezzi. Una lacrima scendeva leggera e calda sulla mia guancia, non credevo potesse sacrificarsi per noi, ciò è lui è sempre stato abbastanza di parola, ma io non  gli avrei mai permesso di fare una cosa del genere. Il dottor Stein irruppe nella sala con i guanti sporchi di sangue. Il sangue di Soul. Il mio cuore aveva perso un battito.
«Come stanno?» aveva domandato Kid al posto mio.
 «Ho fatto il possibile, ma non è bastato» addio ad un altro palpito.
«Cosa intende Stein sia più chiaro!» aveva urlato il mio amico, facendomi perdere un’ulteriore pulsazione.
 «Più chiaro? Benissimo, abbiamo cercato di rimuovere il veleno, le scorie e le schegge velenose dai due corpi, ma non è stato possibile, il veleno aveva già fatto effetto e troppo bene. E’ stato impossibile tenerli in vita» pugnalata. Quella frase era stata una coltellata dritta la cure.
 Ero caduta sulle ginocchia mi sentivo peggio di quando Soul mi aveva abbandonata la prima volta, solo che ora era per davvero. Che avrei detto ai gemelli? Mi spiace vostro padre è morto dobbiamo tornare alla nostra solita vita ora, quindi fate come se nulla fosse accaduto, dimenticatevi di lui. No, non lo avrei mai fatto e loro non me l’avrebbero mai perdonata, ma come glielo avrei detto?
Kid affianco a me si era lasciato cadere sulla sedia, con gli occhi persi nel vuoto, ma che comunque, facevano cadere calde lacrime di dolore e di angoscia.
«Ora dovrai prendere il posto di tuo padre ed io? Cosa farò? I gemelli cosa faranno?» avevo chiesto a Kid tutte le mie paure, gli avevo aperto il mio cuore e glielo avevo messo in mano, ora lui doveva decidere che cosa farne.
 «Ritorniamo alla nostra vita di prima, io non ho intenzione di fare il preside, non intendo neanche far finta che nulla sia accaduto, fingendo di fottermene. Io torno ai miei doveri di architetto, tu continui il tuo lavoro di giornalista e ai gemelli diremo la verità più assoluta. Sono grandi è inutile stare a mentirgli, non voglio che la loro vita sia basata su una menzogna, sono abbastanza grandi per capire» ero d’accordo con tutto quello che aveva detto.
 «Si, è la cosa migliore per tutti, credo, ma come la mettiamo con i funerali?»
«Vedremo, ogni cosa a suo tempo, ora pensiamo a dirlo ai ragazzi e nella maniera più delicata possibile»
 Siamo andati nella loro camera e c’era Yuki che si studiava attentamente i tubi che aveva nel naso, mentre Hayate si leggeva l’ultimo numero del “Ghost Rider”, il suo fumetto Marvel preferito, ci aveva messo ben cinque anni per farsi tutta la serie.
 Mi sentivo mancare, mi tremavano le ginocchia, mi mancava il respiro e sudavo freddo, ero terrorizzata. Kid mi aveva afferrato la mano e capivo che loro dovevano sentire la mia voce per essere rassicurati e se dovevo parlare lo avrei fatto.
«Ragazzi, è successa una cosa tremenda. Io non vogli spaventarvi, ne sconvolgervi, ma vi farà male comunque»
 «Cos’è successo mamma?» aveva domandato Yuki in tono preoccupato.
«Vostro padre è…» era difficile, ma dentro me dovevo trovare la forza di dire quella parola «…è morto, piccoli. Lui non c’è più»
Vedevo le loro facce sconvolte, dai loro occhini da bambini scendevano lacrime a fiotti, anche dai miei occhi, ormai però erano abituati.
«Non può essere!» aveva gridato Hayate, mentre ingoiava le lacrime, la rabbia e forse anche il rancore. Non volevo ne covasse, era troppo giovane. Sentivo dentro di me un calore per la prima volta dopo ore di dolore e avevo finalmente capito ogni cosa.
Mi ero avvicinata ad Hayate e cercando di dimostrarmi più forte di quanto non fossi in quel momento incominciai a parlare.
«Tesoro è successo, prima o dopo moriamo tutti, ma lui non andrà mai veramente via, lui rimarrà sempre qui» dissi io mettendogli una mando sul cuore «lui vive in te, ora e per sempre, Hayate. Si è sacrificato per noi perché ci amava, voleva ricostruire il rapporto con la sua famiglia, voleva riprendersi gli anni perduti, non disonorare la sua memoria provando odio e rabbia, ti rovineresti la vita e basta» mi abbracciò ed io lo strinsi più forte che potevo. Aveva capito ed io ho trovato la forza per dirglielo. Successe quello che aveva detto Kid, tornammo alla nostra vita normale. Avevamo fatto i funerali in Arizona, così saremmo potuti andare tutti i giorni a trovare Soul e Shinigami. Le esequie erano state lente e dolorose, solo allora mi resi conto delle catastrofi che erano ricadute non solo sulla mia famiglia, ma anche sui miei amici: Patty aveva perso un braccio, Black Star una gamba e mio padre un orecchio . Almeno erano sani e salvi, con la vita rovinata, ma salvi. I mesi passavano, mi sentivo tutti i giorni con Tsubaki, che poi aveva finalmente partorito un maschietto, Cory; mio padre era diventato il preside della Shibusen, mia madre aveva detto di non preoccuparmi, che ci avrebbe pensato lei se non rigava dritto, dato che si erano rimessi insieme; Patty e Liz erano tornate a Milano, da cui ci inviavano spesso delle cartoline e in quanto a noi, beh, la nostra vita non fu mai più la stessa.
 Una sera mi ero diretta da sola fino al cimitero, mi faceva sentire meno sola quando andavo a trovarlo, ero difronte alla sua tomba. L’edera era crescita su un lato della lapide, c’erano ancora le rose rosse che gli avevamo portato un mese prima e al centro della lastra di granito c’era la foto di Soul mentre suonava il piano.  Non smettevo più di alternarmi nel guardare la foto e nel leggere le intestazioni.
Soul Evans, pianista, amico e padre di famiglia”  dicevano tutto ciò che era a parer mio. Una forte folata di vento spazzo via le mie orchidee, che finirono ai piedi di un uomo, dal profumo familiare.
Avevo alzato lo sguardo e davanti a me c’era…Soul?
Esattamente come lo ricordavo: con la giacca di pelle, jeans strappati, sorriso malizioso e (permette) da bastardo cronico, ma senza ferite, senza la cicatrice sul torace. Tuttavia era lui e mi sorrideva sereno.
«Sei...vivo?» ero riuscita a biasciare.
 «No, sei tu che sogni» mi aveva detto ridendo, come se fossi appena caduta dal per. Cosa che in effetti era vera.
«C-Come sarebbe a dire? Io c’ero al tuo funerale i-io l’ho organizzato» avevo detto confusamente.
Soul mi si era avvicinato e mi aveva abbraccia, era caldo, profumato, era così…umano.
 «Povera la mia piccola Maka, non hai ancora capito che stai sognando?» mi aveva bisbigliato all’orecchio.
«Vuoi dire che sta accadendo tutto nella mia testa?» avevo domandato incredula.
 «Esatto, però direi che ti converrebbe svegliarti, ti stai perdendo parecchie cose»
«Che genere di cose?»
 «Il tuo ragazzo ti sta scrollando come un dannato, ma tu ancora non senti la sua voce, per cui…»
«Ma che dici, tusei qui!» avevo urlato, il vento si faceva più forte e in lontananza sentivo come un bisbiglio che pronunciava il mio nome.
«Oh, ma io non sono Evans, io sono  colui che ha cercato di ucciderlo, ma i tuoi dannati mostri hanno conosciuto i loro poteri proprio ora e hanno mandato in fumo i miei piani»
 «Chi sei tu?» avevo domandato terrorizzata. La voce era diventata più forte ed ora la riconoscevo chiaramente: era Soul che mi chiamava.
«Io? Io sono Mephisto, sono colui che ha creato la DSSI. Ah! Quel cretino di James, la mia spia, mi aveva detto di aspettare prima di attaccare la Shibusen e ora so perché. Non credere di avermi sconfitto Maka, mi hai solo rallentato, ma un giorno tornerò e i tuoi figli ne pagheranno le conseguenze» si era trasformato in un orribile mostro con le corna e delle zanne al posto dei denti, mi stava tirando un’unghiata e tutto si dissolse, mentre nell’aria risuonava il mio grido di terrore.
«Maka, mi hai fatto preoccupare santo cielo, non ti svegliavi più!» Soul si era avventato su di me abbracciandomi forte.
 «Ah io ti ho fatto preoccupare, e di te che mi dici incosciente?! …A proposito, com’è che sei sano come un pesce?» ero appena cascata dal pero, perché lui si stava sganasciando dalle risate.
 «Maka io sono guarito e lo è anche Shinigami, i gemelli ci hanno guariti con i loro poteri. Stein è risalito alla fonte, l’ha chiamata onda Gemini,qualcosa del genere. Hayate e Yuki insieme hanno poteri curativi che possono estendere per più di mezzo chilometro, ma dipende dall’emozione scatenante» non avevo capito una mazza, ma lui stava bene e i gemelli pure, il resto non mi importava, gli ero salta al collo e lo stavo quasi strozzando, ma continuava a non interessarmi.
 Poco dopo ci raggiunsero Yuki e Hayate che mi illuminarono meglio sulla situazione, tutti  stavano bene, anche se mal ridotti. Star aveva veramente perso una gamba, Patty un braccio e mio padre un’orecchia, ma stavano bene.
Io, Kid, Soul e i gemelli siamo tornati subito in Arizona a ricostruire la casa; mia madre e mio padre si erano rimessi insieme e lavoravano per Shinigami; Liz e Patty erano tornate a Milano come nel sogno, ma  avevano promesso di venirci a trovare il prima possibile; a Tsubaki era nato il bambino, ma non si chiamava Cory, bensì Jason. Direi tutto bene quel che finisce bene, o quasi….
 
Due mesi dopo…
 
«Scordatelo Tsubaki non voglio fare la figura dell’emerita imbecille con i tacchi alti e il vestito pomposo, ho un lavoro, ho due figli, anzi quasi tre e direi che…. Ok, va bene chiederò, ma è una botta al mio orgoglio di donna, lo sai vero? Okay, ciao, ci vediamo presto» buttai giù la cornetta.
Ero nel negozio di abiti da sposa, e lo ammetto non sapevo più da che parte girarmi mi facevano l’uno più scifo dell’altro, ma avevo promesso a Soul che avrei tentato di entrare e a Tsubaki che avrei chiesto ad una commessa dei consigli soltanto poco fa.
 Proprio  in quell’istante era passata di lì una signorina, piuttosto giovane, mingherlina, vestita in modo informale.
«Salve» iniziai «avrei bisogno di una consulenza, non è che  potrebbe darmi una mano con l’abito?»
  «Ma certamente, lei segga, che io torno subito» in quello sciagurato momento mi era squillato il telefono, ed era Liz questa volta.
 «Si? A che devo questa dannata chiamata?» avevo domandato innervosita
  «Ehi! Ho soltanto chiamato per sentire come va la prova abito, sai che adoro queste cose»
Intanto la commessa stava arrivando con un vestito pomposo di pizzo bianco pieno di volant e strass.
«Di male in peggio ecco come va, ora devo andare, mrs. zucchero filato viene da me, poi ti dico come è andata»
Mi ero diretta verso la signorina, e giuro che da dietro quel vestito sorrideva tutta contenta per la sua scelta, mi dispiaceva quasi romperle le uova nel paniere.
 «Scusi, ma non è quello che intendevo, sa ho avuto due gemelli all’età di diciotto anni, direi che il bianco come colore non mi si addica tanto» le avevo ridotto l’autostima ad un fazzoletto usato, ma ehi, io non voglio spaccarmi l’osso del collo con tutti quei pizzi.
Alla fine sono riuscita a scegliere un vestito monospalla verde, simile ad una tunica greca, era l’ideale per una donna come me, al secondo mese di gravidanza.
Il matrimonio è stato il giorno più lungo e straziante della mia vita, l’unico momento bello è stato quello delle promesse….e va bene, anche entrare in quella benedetta chiesa e vedere che non sembravo un idiota mi è piaciuto. Alla fine all’altare mi ci aveva portata mio padre, se lo meritava e poi ho capito che non era poi così male….almeno finchè non ho detto al mondo di essere incinta, allora si è scatenato l’inferno, letteralmente ci è uscito di testa, gli ho dovuto tirare il mio più forte Maka-chop per stenderlo.
Beh, direi che per ora finisce così: io e Soul siamo sposati, abbiamo due figli che amiamo immensamente (quasi tre),una bella villa e dei buoni lavori. Soul è diventato insegnante di musica nella scuola dei gemelli, ma non è il loro insegnate, ha detto che voleva farli ancora andare in giro con un briciolo di orgoglio; Yuki e Hayate continuano a venire a scuola qui in Arizona, la Shibusen non è ancora sicura; Tsubaki e Black Star si trasferiranno qui in Arizona con noi; Kid continua a fare l’architetto e in quanto a me…beh, non posso vivere nella paura. Ho rivelato il sogno e Shinigami mi ha giurato che terremo gli occhi aperti e che continueremo a mobilitare gente per formare un esercito, ogni giorno dopo la scuola io e Soul cerchiamo di insegnare ai gemelli le tattiche di combattimento che conosciamo. La mia vita è perfetta e sono felice che la morte di Soul fosse solo un sogno, anche se credo sia questo il più grande potere di Mephisto: la paura.
 Comunque io ho Soul e lui ha me ed insieme lo sconfiggeremo rispedendolo all’inferno
 
 
 
 
Ringraziamenti:
 

Grazie a tutti i coloro che mi hanno sostenuta, alla mia amica Minori-san ( che non solo ha avviato l’idea, mi ha anche aiutata nei punti cruciali), insomma un enorme bacio e un grande grazie a tutti.
 Forse ci sarà una seconda serie ( mi sembra d’obbligo), ma non prima dell’ estate. Questa serie prevedrà Yuki e Hayate come protagonisti e non i loro genitori ( anche se ci saranno anche loro), non ho messo la canzone perché vorrei sapere che canzone questo capitolo vi suscita e dato che ognuno ha le sue idee, io dico la mia e spero di sapere presto le vostre…io hop pensato a “time of dying” dei Three days Grace.
Beh, spero che la recensiate e che vi piaccia.
 Qui Rouge-san che chiude la storia a presto! :D
 
  
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